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Passaggi di sovranità

Quaranta, nelle numerose lotte di liberazione degli anni Sessanta, sino a quelle del 1989, si formarono, si svilupparono e si consolidarono le condizioni della cittadinanza della moltitudine.[...] La costituzione dell'Impero non è la causa, ma la conseguenza del sorgere di questi nuovi poteri228”.

Viene così riconfermato uno dei principi

dell'Operaismo italiano: l'idea che le trasformazioni del capitalismo sono indotte dai processi di sovversione che internamente vi maturano, costringendo il sistema ad una nuova fuga in avanti.

4.3 Passaggi di sovranità

“Così come la Bibbia contiene due diversi racconti della creazione del mondo, anche Impero contiene due differenti narrazioni della genesi dell'Impero. La prima è una storia del pensiero politico in cui il filo rosso è costituito dalla genealogia del concetto di sovranità229”. È proprio questo l'oggetto del capitolo Passaggi di

sovranità, che offre una ricostruzione storica e

filosofica delle origini della modernità in Europa.

Gli autori trattano di “Due Europe e due modernità” e delineano l’irruzione dell'immanenza in una

228 Ivi, pp. 364-365.

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concezione trascendente del mondo medievale, in crisi tra il XIII e XIV.

Secondo Hardt e Negri la modernità non è né uniforme né omogenea, ma è costituita da almeno due tradizioni distinte, in contrasto tra loro.

La prima inizia con la rivoluzione dell’Umanesimo

rinascimentale, attraverso un ritorno al piano

dell'immanenza, che anticipa e nega la divisione del piano ontologicamente superiore del divino da quello inferiore umano e terrestre. La svolta posta da Duns Scoto (“Omne ens habet aliquod esse proprium”- Ogni ente possiede un'essenza singolare) e da Guglielmo d'Occam (“Ecclesia est multitudo fidelium”- La chiesa è costituita dalla moltitudine dei fedeli) produce la

nascita successiva dell'Umanesimo e del

Rinascimento230. “La tesi di partenza è un particolare

Umanesimo, collocato tra il 1200 e il 1600, e

interpretato come una rivoluzione culturale nel segno del laicismo, rovesciamento della Trascendenza in Immanenza, della divinità creatrice in umanità produttiva: la moltitudine scopre se stessa231”.

La seconda tradizione, che gli autori indicano con il nome di Termidoro del Rinascimento232,è caratterizzata

230 Negri, Hardt, Impero, cit., pp. 80-82. 231

Turchetto, Il Sacro Impero,cit., p. 134. 232

Negri, Hardt, Impero, cit., p. 138. “L'inizio del processo di modernizzazione sarebbe così corso verso il suo Termidoro, nel senso che nella lotta tra il piano dell'immanenza e il piano della trascendenza la vittoria avrebbe arriso al secondo e dalle forze dell'ordine che avrebbero così neutralizzato gli esiti

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dal tentativo di tenere sotto controllo le forze utopiche così liberate sino alla concettualizzazione della sovranità moderna. “Le origini rivoluzionarie della modernità hanno attivato reazioni contro-rivoluzionarie, con il compito di riassorbire e annullare gli effetti emancipatori della riappropriazione da parte delle moltitudini della libertà di agire, di pensare e di immaginare la propria vita. L'antitesi è che questa

moltitudine sia troppo potente e vada tenuta sotto

controllo inventando una “trascendentalità mondana” che la controlli e possibilmente la sfrutti233”. Ma il

Termidoro della rivoluzione, anziché chiudere la crisi

indotta dal passaggio dall'età medievale all'età moderna, l'avrebbe perpetuata, nel senso che la crisi diviene un elemento strutturale ed immanente al processo di modernizzazione.

L'impresa controrivoluzionaria, orientata alla

risoluzione della crisi, è proseguita sino all'Illuminismo, il cui compito si sarebbe esaurito nella costruzione delle strutture formali atte a consentire il dominio del piano dell'immanenza, senza ricadere nei limiti dei condizionamenti medievali: in altri termini, per gli autori, l'Illuminismo avrebbe concorso a costruire un sistema complesso della trascendenza, lo Stato, dotato dei mezzi necessari per disciplinare e controllare una

della rivoluzione”. (G.Sabbatini, Globalizzazione e governo delle relazioni tra i popoli, Franco Angeli, Milano, 2003, p. 255).

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moltitudine di soggetti solo formalmente liberi234 . Ed ecco allora l'evoluzione degli Stati Europei e la costruzione della sovranità moderna che si identifica con tale storia: dalle grandi monarchie del Settecento all'invenzione ottocentesca del “popolo”, allo stato- nazione che vorrebbe basarsi sul consenso, ma degenera nei regimi totalitari del Novecento. Un'evoluzione che mostra come l'antitesi del potere statale sia insufficiente a contenere le tesi della moltitudine.

“Tutto questo succede in Europa. In America la storia prende un'altra direzione e produce un'Antitesi all'Antitesi: l'Impero. L'esodo dei coloni verso le Americhe – moltitudine che si sottrae alla modernità – riscopre l'umanesimo rivoluzionario del Rinascimento perfezionandolo in scienza politica e costituzionale, ponendo le premesse di una forma di sovranità affatto diversa da quella prevalsa in Europa. La Rivoluzione americana è autentica e gli Stati Uniti sono fin dall'origine - fin dalla sua Costituzione - Impero e non stato-nazione. Un Impero del bene, o almeno un Impero del Meno Peggio235”.

Secondo i due studiosi, nel mondo dell’Impero, la distinzione tra un «dentro» e un «fuori» non ha più

234 Sabbatini, op. cit., p. 255. In particolare per Hardt e Negri, la pace di Westfalia, che pone fine alla Guerra dei Trent'anni, non è la pace di Erasmo, una pace di libertà e di uguaglianza, bensì una pace con cui si costituisce un nuovo potere, l'assolutismo del moderno Stato sovrano, “dispositivo trascendentale” per eccellenza.

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senso, non è più possibile circoscrivere un «fuori» perché i confini scompaiono. Lo spazio della modernità era costituito da luoghi fondati su un continuo rapporto dialettico con un “fuori”. Lo spazio della sovranità imperiale, al contrario, è libero. Libero dalle divisioni prodotte dai “confini” della modernità, lo spazio imperiale è percorso da un numero imprecisato di linee di frattura, che lo fanno apparire come uniforme e continuo. In tal senso, alla crisi della modernità, ormai così netta e definita, subentra la crisi dell’Impero.

Nello spazio dell’Impero non c’è un luogo del potere. Il potere è, a un tempo, ovunque e in nessun luogo.

Dunque, l'Impero globale che si è materializzato, senza più barriere economiche e culturali, distinzioni tra interno e esterno, senza vincoli spaziali grazie all'informazione e alla comunicazione in rete, è un non-

luogo236. Gli Stati Uniti non ne costituiscono il centro per il semplice motivo che un non-luogo non ha centro. “Gli Usa sono stati gli ispiratori dell'Impero, nato dall'espansione mondiale del progetto costituzionale americano e per questo hanno una posizione privilegiata. Ma sono essi stessi inglobati, sussunti, al limite cancellati in una logica più vasta237”. Dunque,

236 Negri, Hardt, Impero, cit., p. 181. 237

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l'idea di Impero nasce nel 1787 con la Costituzione americana, si sviluppa contraddittoriamente, si compie oggi nell'Impero globale, senza centro e senza leadership. Ha un'anima autenticamente democratica.