• Non ci sono risultati.

Il modello di costituzionalizzazione del lavoro

Il modello che si impone nello Stato è di necessità totalizzante, onnicomprensivo. L’unificazione deve necessariamente avvenire nella continuità dello sviluppo145 e sulla base di una chiara quanto semplice e generale definizione del concetto di “lavoro”.

Negri si confronta con le formulazioni di autori quali Esposito, Riva Sanseverino, Balzarini. Alla loro stregua, “lavoro” significa molto semplicemente “attività 146 ”; o anche “ogni attività relativa alla produzione ed allo scambio di beni e di servizi147”. O ancora: ogni “attività giuridicamente rilevante quale manifestazione della capacità dell’uomo di modificare il mondo esterno (per soddisfare i bisogni propri e altrui) assunta costituzionalmente a diritto-dovere del cittadino148”. La generalità e l’astrazione tipiche di tali definizioni si riflettono sul processo e sugli esiti a cui

144 Ivi, p. 76. 145 Ivi, p. 80. 146

C. Esposito, La Costituzione italiana. Saggi, Cedam, Padova, 1954, pp.62-66. 147

L. Riva Sanseverino, Il lavoro nella nuova Costituzione italiana, in “Il diritto del lavoro”, 1948, II, p. 105.

148

67

l’attività lavorativa dà luogo. Di qualunque contestazione viene sottolineata l’accidentalità ed eliminata a priori la ragion d’essere149

. E attraverso quel processo di generalizzazione ed astrazione, il capitalismo giunge ad un modello di sovrastruttura assolutamente adeguato ai suoi fini. Lo Stato di diritto è l’ennesima conferma di un’affermazione netta del capitalismo e dei suoi scopi, in quanto Stato di guarentigie private: “recepisce e garantisce, nella forma del diritto, quanto il mondo economico sociale spontaneamente produce150”.

E se questo è vero del diritto in generale, è a maggior ragione vero del diritto del lavoro, che può essere “storicamente definito come un permanente tentativo di rilevare e di controllare proprio quella negazione che inerisce al lavoro concreto151”. Una siffatta negazione significa prima di tutto rifiuto

dell’uso dell’operaio come pezzo di macchina, “rifiuto

di sentirsi assegnati alla produzione come ad un processo cieco, piuttosto che ricerca di qualificazione del lavoro concreto nella mobilità capitalistica della produzione152”.

149

Negri, La forma stato, cit., p. 81. 150

Ivi, p. 82. 151 Ivi, p. 89. 152

68

In quanto poi la negazione diventa collettiva, organizzandosi in entità sindacali prima, politiche poi, essa acquista una carica sovversiva capace di coinvolgere l’intero assetto della società. Solo lo Stato, grazie al suo carattere generale, può provvedere a limitare e governare il conflitto; può farlo soltanto attraverso una positivizzazione della negazione, ossia una negazione della negazione che deve prevedere un riassorbimento del diritto del lavoro nell’intera struttura statuale153.

La frattura tra le classi viene ricomposta con l’accordo, inevitabile perché necessità sociale, imposta dalle basilari regole della convivenza: ciò che appunto si realizza nel modello dello Stato sociale pianificato, là dove “pianificare” per Negri significa assumere il lavoro a fondamento unico del valore sociale e ricostruire l’intero ordinamento giuridico, sociale e politico in sua guisa154.

La pianificazione, tuttavia, dà luogo ad un curioso paradosso. Se da una parte permette allo Stato una serie di interventi particolari di indirizzo e coordinamento, dall’altra è raffigurata come forma dell’estinzione dello Stato stesso, in quanto esaltazione del suo carattere sociale rispetto a quello meramente statuale.

153 Ivi, p. 91.

154

69

Insomma, si parla di un vero e proprio circolo, in cui si parte dallo Stato per ritornare allo Stato stesso, passando per soggetti subordinati alla totalità del processo. Il processo di mediazione è comunque estremamente mobile e continuo ed è in questo modo che il modello è potuto diventare reale. Sicuramente, lo è all’interno della scienza del capitale155

.

155

70

UN NUOVO ORDINE GLOBALE: L'IMPERO

Negli ultimi venticinque anni abbiamo assistito a un importante mutamento nei rapporti politici, economici e sociali.

Sul piano politico termina il processo di liberazione coloniale, iniziato nel secondo dopoguerra, seppur ad esso non sembri corrispondere un'effettiva emancipazione delle popolazioni africane, asiatiche e sudamericane per lungo tempo sottoposte al giogo dello sfruttamento economico e militare dell'occidente capitalistico. Allo stesso modo, si sgretola l'equilibrio politico fondato su due blocchi economico-sociali contrapposti, quello statunitense e quello sovietico. Con la scomparsa dell'Urss ed il crollo del muro di Berlino nel 1989, il socialismo pianificato va in crisi definitiva, dopo un decennio di instabilità.

La produzione si internazionalizza sul piano economico in filiere produttive mondiali, la moneta diventa il simbolo del potere della discriminazione sociale e la finanza lo strumento regolatore degli assetti di comando. Se nel Nord del mondo il lavoro si

arricchisce di nuove tecnologie linguistico

informatiche, nel Sud esso diventa sempre più alienante e subordinato.

71

Sul piano sociale, si assiste ad un poderoso intreccio delle razze provocato dall'incremento della mobilità migratoria. La classica divisione primo (capitalista), secondo (socialista), terzo mondo (sottosviluppato) non è più in grado di cogliere la vivacità della nuova complessità umana.

Impero si inserisce e proviene da questo contesto.

Lavoro a quattro mani, frutto della collaborazione di Antonio Negri con il più giovane filosofo nordamericano Michael Hardt, suo fedele discepolo, esso sviluppa una sorta di genealogia della società contemporanea, vista come epifania di Impero mondiale, che governa il nuovo sistema di comando della società e dell'economia costituitosi attraverso il processo di globalizzazione dei mercati. Di fatto, in

Impero concetti come "imperialismo”, "popolo", "lotta

per autodeterminazione", "organizzazione economica" vengono analizzati criticamente e tendenzialmente sostituiti da nuovi concetti, quali "impero", "moltitudine", "bioeconomia".

“Impero è il primo dei grandi testi scritti dopo la caduta del muro di Berlino e la crisi del neoliberismo. Il libro è una grande scommessa ideologica e politica; non si spiegherebbero altrimenti le interminabili polemiche che lo hanno accompagnato156”.

156

72

La premessa di Impero è che, a seguito del crollo del blocco sovietico, il mondo del libero mercato ha travolto le frontiere dei vecchi stati-nazione e ha globalizzato gli scambi economici e culturali 157 .

La sovranità è passata a una nuova entità globale, l'Impero appunto, a cui partecipano organismi nazionali e internazionali uniti da un'unica logica di potere: la Nato, gli organismi di controllo dei flussi finanziari, come la Banca mondiale e il Fondo monetario, le multinazionali che organizzano la produzione e la distribuzione dei beni. Di fatto, l'Impero è il nuovo soggetto politico che regola gli scambi mondiali, il potere sovrano che regola il mondo158.

Nella postmodernizzazione dell'economia globale, la creazione della ricchezza tende sempre più verso ciò che può essere definito produzione biopolitica - la produzione della vita sociale stessa - in cui l'elemento

economico, quello politico e culturale si

sovrappongono sistematicamente.

Molti hanno individuato negli Stati Uniti l'autorità suprema che domina la globalizzazione e il nuovo ordine mondiale, ma “nè gli USA, né alcuno stato- nazione costituiscono attualmente il centro di un

157

A. Negri, M. Hardt, Impero: il nuovo ordine della globalizzazione, trad. it. di A. Pandolfi, Rizzoli, Milano, 2002, p. 13.

158

73

progetto imperialista159”, e nessuno Stato sarà un leader mondiale come lo sono state in passato le nazioni europee. Chi vede gli USA come la superpotenza solitaria e onnipotente, difensori ad oltranza della libertà, sbaglia quanto chi li denuncia come soggetto

oppressore e imperialista; entrambe le parti

suppongono che la vecchia sovranità statal-nazionale sia ancora vigente, mentre essa è ormai una reliquia del passato.

Quando in Impero critica chi identifica gli Stati Uniti come “oppressore imperialista”, Negri allude

specificatamente ad Edward Said, intellettuale

palestinese docente alla New York University: uno degli oppositori più tenaci della politica estera americana, in quanto vede nella crociata contro il terrorismo arabo la riproposizione della vecchia strategia di stampo imperialistico. In Impero Negri elogia Said come “uno dei più brillanti intellettuali postcolonialisti160” ma, alla luce delle sue idee sul nuovo ordine globale, ne rifiuta l'interpretazione: “Said scrive che «le tattiche dei grandi imperi (ossia degli imperialismi europei) che furono smantellate dopo la prima guerra mondiale, vengono ripetute dagli Stati Uniti161». Ma ciò che manca è il riconoscimento delle

159

Ivi, p. 15. 160

Ivi, p. 143.

161 E. Said, Cultura e Imperialismo, Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell'Occidente, trad.it. di S.Chiarini e A.Tavaglini, Gamberetti, Roma, 1980, p. 32.

74

novità e delle logiche di potere che dirigono il mondo contemporaneo. L'Impero non è una debole eco dell'imperialismo moderno, ma una forma di comando completamente nuova162”.

Posto che storicamente l'imperialismo rappresenta una vera e propria proiezione della sovranità degli Stati nazione al di là dei propri confini, la conclusione di

Impero è che “l'imperialismo è finito. Nessuna nazione

sarà leader mondiale, nel modo in cui lo sono state le nazioni moderne163”. L'Impero non solo amministra un territorio e una popolazione, ma vuole dominare direttamente la natura umana. “Esso non poggia su confini e barriere fisse,[…] non possiede limiti temporali […] e si trova al di fuori della storia o alla sua fine164”.Si tratta di un apparato di potere decentrato,

che progressivamente incorpora l'intero spazio

mondiale all'interno delle sue frontiere ibride e che vuole porsi come fonte della giustizia e della pace perpetua, universale.

L'Impero dispone di enormi strumenti e poteri di oppressione e di distruzione, sebbene porti dentro di sé gli stessi elementi che potrebbero condurlo alla rovina:

162

Negri, Hardt, Impero, cit., pp. 143-144. Si veda al riguardo anche il seguente commento di Kohan, op.cit., pp. 66-67: “Negri difende a spada tratta una concezione del capitalismo contemporaneo dove le categorie di ‘imperialismo’ o ‘metropoli’ non hanno più un luogo e si dichiara in disaccordo con il critico palestinese quando questi sostiene che le tattiche dei grandi imperialismi europei che furono smantellati dopo la prima guerra mondiale sono adesso replicate dagli Usa”.

163 Negri, Hardt, Impero, cit., p. 15. 164

75

la moltitudine degli individui che, attraverso le lotte e nelle opportunità offerte dalla globalizzazione, possono organizzare una rivoluzione dell'ordine mondiale. "È necessario insistere sulla differenza che separa il concetto di moltitudine dal concetto di popolo. La moltitudine non può essere catturata né spiegata. In un senso più generale, la moltitudine diffida della rappresentazione, poiché ella è una molteplicità incommensurabile.[….] La moltitudine non è rappresentabile, dato che è mostruosa comicità, la comicità dei razionalismi teleologici e trascendentali della modernità.[….] Il concetto di moltitudine è quello di una molteplicità singolare, un universale concreto. Il popolo costituiva un corpo sociale, non così la moltitudine, perché essa è la carne della vita. Allo stesso modo della carne, la moltitudine è pura potenzialità, la forza non formata della vita, un elemento dell’essere. Come la carne, anche la moltitudine si orienta verso la pienezza della vita. Il mostro rivoluzionario chiamata moltitudine, apparso alla fine della modernità, vuole trasformare in maniera

continua la nostra carne in nuove forme di vita165".

Le forze creative della moltitudine possono

costruire autonomamente un controImpero 166 ,

un'organizzazione politica alternativa che sia in grado

165 A. Negri, Guide. Cinque lezioni intorno ad Impero, Paidós, Barcellona, 2004, p. 45. 166

76

di inventare nuove forme di democrazia e un nuovo potere costituente.

Già alla sua prima apparizione, non sono mancati a

Impero commenti favorevoli o addirittura entusiasti.

Così, ad esempio Etienne Balibar, il fedele discepolo di Althusser, secondo cui la nuova opera di Negri getta le basi per una teologia della lotta di classe e propugna un modello di militanza nella sostanza forse più comunista della classica teleologia marxista 167 . O Slavoj Zizek, erede della scuola di Jaques Lacan, che definisce Impero una riscrittura de Il Manifesto

comunista vista dall'ottica contemporanea168.

Impero tuttavia è stato anche oggetto di critiche e

contestazioni agguerrite.

In esse si è distinto soprattutto James Petras, il celebre sociologo della New York University, secondo cui “Impero è una sintesi generalizzata delle banalità intellettuali sulla globalizzazione, il postmodernismo e il postmarxismo, tenute insieme da una serie di supposizioni senza fondamento che violano seriamente le realtà economiche e storiche. La tesi del postimperialismo di Impero non è una novità né una

167 Cit. in Kohan, op. cit., p. 16. 168

77

gran teoria, e poco spiega del mondo reale. É un esercizio verboso privo di intelligenza critica169”.