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La nascita dell'Impero

Prima di affrontare la costituzione dell'Impero, Negri e Hardt analizzano il lungo processo di transizione dal diritto sovrano degli stati-nazione al diritto imperiale.

Il punto di partenza dell'analisi di Hardt e Negri è proprio la crisi della forma-stato ovvero dello stato- nazione: "Il declino della sovranità dello stato-nazione e la sua crescente incapacità di regolare gli scambi economici e culturali è infatti uno dei primi sintomi che segnalano l'avvento dell'Impero. La sovranità dello stato-nazione era la pietra angolare su cui, per tutto il corso dell'epoca moderna, le potenze europee avevano costruito i loro imperialismi170".

Vincolati all'idea che gli stati nazionali siano prossimi all’estinzione completa, i nostri autori riconoscono quale verità inconciliabile l'opinione dell'ex segretario del Lavoro degli Stati Uniti, Robert Reich, secondo il quale “posto che quasi tutti i fattori di produzione - il denaro, la tecnologia, le industrie e le

169 Ivi, p. 18.

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infrastrutture - attraversano senza alcuno sforzo le frontiere, la stessa idea di un'economia nazionale va perdendo di significato. Nel futuro non ci saranno prodotti o tecnologie nazionali, né imprese o industrie nazionali171”. Ciò significa per Negri e Hardt che la configurazione odierna del mercato mondiale tende a decostruire i confini degli stati-nazione; i quali, se in passato sono stati i primi agenti della moderna organizzazione imperialistica dello scambio globale, oggi sono diventati degli ostacoli.

Secondo lo studioso argentino di scienze politiche Atilio Boron, è singolare che un intellettuale come Negri possa identificarsi con la tesi di Reich, il quale non a caso parlava di “quasi tutti i fattori produttivi”, per evitare di riferirsi alla realtà inassimilabile di un altro fattore cruciale per la produzione, la forza lavoro, che “non attraversa senza sforzo le frontiere 172 ”. La fiducia nella libera circolazione dei fattori produttivi è un punto centrale dell'ideologia d'impresa nordamericana, che condanna qualsiasi tipo di intervento statale che sia ostile alla costituzione dei monopoli o che introduca il minimo controllo popolare o democratico nei processi economici.

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R. Reich, The Work of Nations, Random House, New York, 1992, pp. 3-8. (Cit. in Negri, Hardt, Impero, cit., p. 147).

172 A. Boron, Impero & Imperialismo. Una lettura critica di Hardt e Negri, trad. it. di A. Greco e A. Calvi, Punto Rosso, Milano, 2003, p. 46.

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Hardt e Negri sembrano ignorare che Reich è stato il segretario del Lavoro in un governo a capo di uno dei periodi più drammatici di concentrazione delle ricchezze in tutta la storia degli Usa, quando i salariati subirono la perdita di garanzie in passato offerte dal diritto del lavoro, la precarizzazione raggiunse livelli senza precedenti in Alabama e California e centinaia di negozianti reclutavano migranti irregolari pagandoli al di sotto del minimo legale173. “Forse i nostri due accademici non hanno potuto percepire che nessuno di questi immigrati illegali si muove senza sforzo per le frontiere nordamericane o francesi.[….] Uomini con storie fatte di miseria, di violenza e morte, in cui l'attore principale è quello che H&N descrivono come in declino, lo stato-nazione. Una veloce occhiata ad alcuni documenti dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) avrebbe impedito a H&N di commettere un errore così grossolano174”.

Per Boron la fiducia negriana nella scomparsa di prodotti, imprese ed industrie nazionali è contraddetta dalla quotidiana evidenza, dalla presenza, in particolar modo nei paesi più sviluppati, delle tariffe doganali, delle barriere non doganali e dei sussidi speciali con i quali i governi locali cercano di favorire in mille modi i prodotti nazionali e le proprie imprese. “I nostri autori

173 Ivi, pp. 45-47.

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vivono in paesi in cui il protezionismo ha una forza straordinaria. Gli stessi cittadini europei si trovano sicuramente protetti dalla “Fortezza Europa”, che, mentre declama le virtù del libero commercio, chiude le porte alla minaccia costituita dai prodotti di Africa, America Latina ed Asia.[...] Se le imprese fossero globali, allora ci si aspetterebbe che comparisse in nome dei mercati globali e dell'economia mondiale, per far pressione su un governo disposto ad espropriare la succursale locale di una impresa globale (come Microsoft, McDonald's o Ford), il signor Kofi Annan o il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio175”. Boron sostiene invece sia molto più probabile che si presenti l'ambasciatore degli Usa, o della Germania o del Regno Unito per chiedere il contrario, minacciando sanzioni e penalità.

Non solo, ma egli cita un articolo della rivista d'affari Fortune, dal quale emerge che le cento imprese transnazionali più grandi di tutto il mondo, senza una sola eccezione, hanno riconosciuto di aver beneficiato degli interventi a loro favore fatti da governi dei “propri paesi” e che il 20% di esse ha ammesso di aver evitato la bancarotta grazie a sussidi e prestiti agevolati pubblici176. Perciò, proprio in polemica con gli autori, Boron sostiene che gli stati-nazione continuano ad

175 Ivi, pp. 48- 49.

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essere attori cruciali nell'economia mondiale e le economie nazionali continuano ad esistere177.

Per contro, Negri e Hardt sono convinti che già durante la prima guerra mondiale, nonché in occasione della nascita della Società delle Nazioni, la vecchia nozione di ordine internazionale sia entrata in crisi. Essi sostengono che la nascita delle Nazioni Unite consolidi ed estenda poi lo sviluppo di un nuovo ordinamento giuridico internazionale e, con esso, una nuova nozione di ordine globale, perché l'idea di diritto contenuta nella Carta dell'ONU denota un centro di produzione normativa capace di giocare un ruolo giuridico sovrano178 .

Nella prospettiva di Impero, il nuovo assetto politico riflette la costituzione dello Stato Romano secondo Polibio, ossia una sintesi delle tre fondamentali forme di governo: il potere monarchico (il governo dell'uno), il potere aristocratico (il governo dei pochi), il potere democratico (il governo dei molti). Nel concetto di Impero, queste tre forme di governo

convivono, ma non si fondono mai. L'Impero è così

177

Ibidem. 178

Negri, Hardt, Impero, cit., pp. 21-22. Di contro, cfr ancora Boron, op. cit., pp. 25-27: “Il medesimo ordine mondiale appare in Impero non come l'organizzazione internazionale dei mercati, gli stati nazionali e le classi dominanti sotto la direzione di una borghesia internazionale, bensì sotto le linee dell'organizzazione formale del sistema delle Nazioni Unite […] ma i due filosofi sembrano ignorare che le NU non sono affatto ciò che sembrano essere. Infatti, per loro natura burocratica ed elitaria, sono un'organizzazione destinata a difendere gli interessi delle grandi potenze imperialiste, e in particolare quelli degli Stati Uniti. Difatti la produzione giuridica dell'ONU è di scarsa sostanza e di debole impatto quando si tratta di temi o assunti che contrastano gli interessi degli Stati Uniti e/o dei suoi alleati”.

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un'entità viva, dialettica e conflittuale, non è la fine della Storia. È però onnipresente e comprende tutto ciò che esiste sul globo. È il nuovo ordine di comando mondiale.

Il potere monarchico è impersonato dal ruolo di unica potenza militare e poliziesca svolto dagli Stati Uniti, che detengono, dopo la fine della guerra fredda,

il monopolio mondiale della forza. Non c'è intervento

militare che non debba rispondere a tale prerogativa assoluta statunitense, mentre, viceversa, gli Usa possono intervenire senza chiedere il permesso ad alcuno179. Negli anni del declino della Guerra Fredda, la responsabilità di esercitare un potere di polizia internazionale ricadde direttamente sugli USA che applicarono su mandato degli organismi internazionali la giustizia in nome del diritto globale.

La Costituzione americana è stata disegnata per resistere alla corruzione e, diversamente da quelle europee, non si basa sull'espansione di uno spazio chiuso, sull'allargamento dei confini dello stato- nazione, bensì sull'espansione illimitata di uno spazio di comprensione e non di esclusione180.

“Così come, nel I secolo avanti Cristo, i senatori chiesero ad Augusto di assumere le prerogative imperiali per l'amministrazione del bene comune, allo

179 Negri, Hardt, Impero, cit., p. 290. 180

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stesso modo, anche oggi, le organizzazioni

internazionali, come le Nazioni Unite, FMI, WTO, chiedono agli Usa di assumere il ruolo centrale all'interno del nuovo ordine mondiale. Questa è una delle caratteristiche determinanti dell'Impero: esso risiede in un contesto mondiale che lo invoca di continuo181”.

Se, in questo contesto interpretativo, la stessa Guerra del Golfo può essere considerata un'azione repressiva di scarso interesse182, la critica rivolta a Negri è che il paragone tra Impero Romano e Impero contemporaneo sia illegittimo183. “Una cosa sono i senatori romani ed un'altra che ci siano stati popoli sottomessi al giogo romano che sollecitassero una cosa di questo tipo. C'è sicuramente una maggioranza di senatori nordamericani che ripetono alla Casa Bianca la necessità di agire come un asse che organizzi l'Impero. Una cosa ben diversa è che popoli, nazioni e Stati sottomessi al loro dominio, abbiano mai voluto una tale cosa.[….] Il FMI, la Banca Mondiale o il

181 Ivi, p. 173.

182 Negri, Hardt, Impero, cit., p. 172. “Vale la pena ricordare che quella operazione non era stata precisamente una guerra, bensì una strage. Però la visione degli autori di quanto fatto dall'Impero, fa sì che i loro occhi guardino decisamente dall'alto e non possano, così, vedere gli orrori e la miseria che le attuali politiche dell'imperialismo producono”. (Boron, op. cit., p. 70). Secondo Boron hanno rinunciato a riconoscere e a denunciare l'enorme numero delle vittime civili, che solo tra i bambini ha raggiuto una cifra superiore ai 150.000 come risultato dei bombardamenti, le “vittime collaterali” ed il criminale embargo che ha seguito la guerra. Quanto può essere realista un'analisi che considera la Guerra del Golfo, svolta non a caso nella zona in cui si trovano le più importanti riserve petrolifere del mondo, come un avvenimento d'importanza marginale per gli Stati Uniti? Questo è ciò che si chiede Boron.

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WTO sono nei fatti membri informali del governo americano e mancano di legittimità universale per

assumere un'iniziativa come quella appena

menzionata184”.

E in realtà, Impero sembra condividere le ragioni di Bush, nel senso che la guerra del Golfo ha annunciato la nascita di un nuovo ordine mondiale185per cui le iniziative belliche degli USA sarebbero state il frutto delle pressanti richieste da parte delle organizzazioni internazionali (le Nazioni Unite, gli organismi finanziari internazionali e le organizzazioni umanitarie). Anche se riluttanti, i militari americani avrebbero risposto alle chiamate in nome dell'ordine e della pace. Questa è infatti una delle caratteristiche determinanti dell'Impero: esso risiede in un contesto mondiale che lo invoca di continuo.

Secondo Maria Turchetto, la ricostruzione di Hardt e Negri sull'Impero è suggestiva ma fuorviante, in primo luogo per la separazione tra potere economico e potere politico-militare che suggerisce. “Qui si fa un brutto passo indietro rispetto alle vecchie teorie

dell'imperialismo. Questo termine, coniato tra

Ottocento e Novecento, infatti, designava la

connessione tra le politiche di aggressione militare praticate da quelle che erano gli Stati forti, le grandi

184 Ibidem.

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potenze dell'epoca, da un lato, e, dall'altro, processi

economici quali l'esportazione di capitali, la

formazione del capitale finanziario, l'azione dei grandi monopoli internazionali186”.

Il termine Impero proposto da Hardt e Negri, secondo la Turchetto, spezza tale connessione. La globalizzazione del mercato risulta in quest'ottica un processo esclusivamente economico, pertanto pacifico, esente da conflitti intercapitalistici, grazie alla gestione sovranazionale degli strumenti monetari. Viceversa, la guerra ha ragioni extraeconomiche, è puro esercizio di potere da parte degli Usa, o è condotta a garanzia di valori universali affidati a un tertium super partes, nulla a che fare con gli interessi del mercato e del capitalismo. “Sarà anche vecchio economismo, ma è così sbagliato vedere questioni economiche dietro le ultime guerre condotte dagli Stati Uniti? Questioni di petrolio dietro la Guerra del Golfo; la necessità di garantirsi il controllo di un'area economicamente strategica dietro l'attuale intervento in Afghanistan; la volontà di dare segnali forti a possibili competitori economici (come la Germania con le sue mire verso i mercati dei paesi ex socialisti) dietro la guerra di Jugoslavia?187” si chiede la Turchetto.

186 M. Turchetto, Il Sacro Impero, per una critica della “Bibbia” di Negri e Hardt, in Appendice di Kohan, op.cit., pp. 142-143.

187

Ivi, p. 143: “La guerra è un enorme business; alimenta un potente settore industriale come quello delle armi e gli Stati Uniti esercitano anche un'egemonia economica. Dopo la crisi degli anni '70 e le paure degli anni '80, gli Usa hanno ampiamente consolidato anche una supremazia economica;

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Ad esemplificare questo contesto e, di conseguenza, il processo di formazione dell'Impero contribuisce il rinato interesse nei confronti del concetto di bellum

justum o “guerra giusta”, concetto riapparso proprio al

centro delle discussioni politiche all'inizio della guerra del Golfo. “Quando uno Stato è minacciato da un'aggressione che può mettere in pericolo la sua integrità territoriale[…], esso possiede uno jus ad

bellum (il diritto di muovere guerra). La guerra viene

ridotta ad un intervento di politica internazionale […] e non è più, in alcun modo, un atto di difesa o di resistenza. […]È divenuta un atto che si giustifica da sé, per esempio per ottenere l'ordine e la pace desiderati188”.

Non solo, ma al concetto di bellum justum si lega il cosiddetto “diritto di intervento”, e cioè il diritto o il dovere, da parte dei soggetti che dominano l'ordine mondiale, di intervenire nei territori di altri soggetti nell'interesse della prevenzione e risoluzione di problemi umanitari, garantendo il rispetto degli accordi e imponendo la pace189. Si tratta in effetti di uno degli strumenti più importanti previsti dalla Carta delle

grazie all'industria bellica, alle ricche ricadute di questa nell'industria civile, grazie alla ricerca scientifica, a un accorto protezionismo, a politiche monetarie pro domo sua, a interventi di sostegno delle aziende in crisi: proprio politiche da stato-nazione, per un paese che- a dar retta a Hardt e Negri –stato-nazione non è mai stato. Alla faccia del conclamato neoliberismo, la ricetta Usa sembra decisamente più mercato e più Stato”.

188 Negri, Hardt, Impero, cit., p. 29. 189

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Nazioni Unite per garantire la convivenza

internazionale. A differenza di quanto è accaduto in passato, né i singoli stati sovrani, né il potere sovranazionale (ONU), intervengono esclusivamente per imporre l'applicazione di accordi internazionali volontariamente pattuiti; i soggetti sovranazionali intervengono per fronteggiare ogni genere di emergenza in nome di principi etici di ordine superiore. In altre parole il diritto di polizia è legittimato da valori universali, come quello della giustizia190.

Sennonché questa legittimazione rinvia a nuove forme dell'esercizio efficace legittimo della forza, non solo di tipo militare ma anche a carattere morale e giuridico, praticato dalle cosiddette “Organizzazioni non governative” (ONG), come Amnesty International,

Oxfam e Médecins sans frontierés 191 le quali

“conducono delle guerre giuste senza armi, senza

violenza e senza confini.[...]Le ONG sono

completamente immerse nel contesto dell'Impero e anticipano il suo potere di intervento portatore di pace e di giustizia192”.

Questa estensione, in realtà anch'essa “momento del dominio del capitale”, richiama da vicino il passaggio, già descritto da Focault, Deleuze e Guattari,

190 Ibidem. 191 Ivi, p. 49. 192 Ivi, p. 50.

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dalla società disciplinare alla società del controllo193.

Infatti Impero si fonda sulla considerazione che il capitalismo e la sovranità imperiale, per sopravvivere, abbiano la necessità, tutta parassitaria, di controllare e appropriarsi della creatività e della produttività della vita sociale, primum movens dello sviluppo capitalista.

Nel primo caso, quello cioè della società

disciplinare, il dominio della società avviene attraverso

le strutture repressive classiche (famiglia, scuola, fabbrica, carcere, ospedale), le quali strutturano il terreno sociale e regolano gli usi, i costumi e le pratiche produttive della disciplina.

Il caso delle società di controllo, tipico della postmodernità, consiste invece nel fatto che i meccanismi di comando divengono sempre più “democratici”, sempre più immanenti al sociale, e vengono distribuiti attraverso il cervello e il corpo degli individui. Il controllo avviene attraverso l'influenza esercitata sulla sfera biologica, sulla vita stessa dell'uomo.

In queste società il potere, che diventa biopotere, si esercita con le macchine che colonizzano direttamente cervelli e corpi, indirizzabili verso uno stato sempre più grave di alienazione dal senso della vita. “Il

biopotere agisce dunque in un contesto in cui ciò che è

in gioco per il potere è la produzione e la riproduzione

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della vita stessa194”. L'Impero non solo amministra un territorio e una popolazione, ma vuole creare anche il mondo reale in cui abita, cercando di dominare la natura umana. L'oggetto del suo potere è la totalità della vita sociale: quella esercitata dalla società del controllo è una manipolazione totalitaria.

A tal riguardo, Negri sembra far propria la lezione di Focault, il quale, da esponente del poststrutturalismo degli anni '70, aveva riconosciuto la natura biopolitica del nuovo paradigma di potere, sostenendo che, dopo gli avvenimenti del '68, fosse improponibile una visione della società capitalistica composta dalla somma di una struttura economica e di una sovrastruttura politica. Secondo il pensatore francese, il potere e la politica odierni divengono biopotere e

biopolitica, in quanto mirano a farsi carico e a porre

sotto controllo la vita stessa della specie umana

attraverso specifiche tecnologie di governo

(occupandosi della salute e delle malattie, della regolamentazione degli indici di natalità e mortalità, ecc.). Il potere non è mera istanza repressiva, ma un apparato che produce individui sociali attraverso

pratiche di disciplinamento dei corpi e

regolamentazione delle popolazioni. Detto

diversamente, “si potrebbe dire che al vecchio diritto di

194

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far morire o di lasciar vivere si è sostituito un potere di far vivere o di respingere nella morte195”.

Non diversamente Negri e Hardt descrivono il

biopotere come una forma di potenza che regola il

sociale dall'interno e che impone un comando effettivo sull'intera vita della popolazione: proprio questo l'esito della trasformazione del capitalismo196.

Alla fase capitalistica delle origini, basata sulla produzione artigianale e di mestiere, è subentrata la fase fordista taylorista, dove la produzione di massa, garantita dalle tecnologie meccaniche e ripetitive ad alta produttività, si coniuga con il consumo di massa, grazie al welfare state e alle politiche redistributive keynesiane (politica degli alti salari, nel senso di salari superiori al livello di sussistenza). Ma la realtà contemporanea vive ora una nuova fase, caratterizzata dalla commistione di lavoro materiale e lavoro

immateriale, conseguenza dei processi di

trasformazione tecnologica e riorganizzativa del lavoro, nella quale l'attività produttiva si è terziarizzata, diffusa sul territorio, scomposta e frammentata in strutture a rete, dando origine a nuove forme di gerarchie e

195

M. Foucault, La volontà di sapere, trad. it. di P.Pasquino e G. Procacci, Feltrinelli, Milano, 1988, p. 122.

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controllo sociale che tendono a sussumere la vita: è

nata appunto la bioeconomia197.

Sempre nella prospettiva della costituzione

dell'Impero come forza di governo misto, se sul piano

militare gli Usa dispongono di un potere assoluto, su

quello politico il “potere monarchico” è gestito da entità sovranazionali quali il G8, attraverso reti di consultazioni con agenzie militari quali la Nato, mentre il potere economico viene gestito in modo assoluto e unilaterale da organizzazioni economiche quali il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), la Banca Mondiale (Bm) e l'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto). Queste organizzazioni sono parte rilevante della prospettiva della costituzione giuridica sovranazionale, se vengono considerati nella dinamica

della produzione biopolitica dell'ordine mondiale.

Al di fuori di tale ordine imperiale sono assolutamente inutili. “Le enormi corporation internazionali costituiscono la fabbrica che connette il mondo

biopolitico.[…] Esse strutturano e articolano direttamente territori e popolazioni. Tendono a relegare la funzione degli stati-nazione a quella di semplici strumenti di registrazione dei flussi di merci, monete e popolazioni che esse mettono in moto198”.

197 Ivi, pp. 42-45.

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Sempre nella prospettiva interpretativa dell’Impero come forma di governo, il potere aristocratico invece è composto da un gruppo di stati-nazione che controlla i principali strumenti monetari di regolazione degli scambi internazionali, con il sostegno delle società

capitalistiche transnazionali e delle oligarchie

economiche impersonate dalle multinazionali

produttive e finanziarie di cui esso rappresenta gli interessi199.

Il potere democratico è, infine, composto da enti e istituzioni delegate dal "popolo" (organizzazioni