“Una volta che abbiamo iniziato a riconoscere in che misura le singolarità del lavoro postmoderno tendano a comunicare e a cooperare sino a convergere verso un essere sociale comune, è ora tempo di immergerci in questo essere sociale per metterne in evidenza l'immensa ricchezza, la produttività ma anche la sofferenza e la sua mancanza di forma. Questo
336 Ivi, p. 162.
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154 essere sociale comune è la potenza matrice della
produzione del mondo contemporaneo, ma soprattutto possiede le potenzialità per creare una società alternativa 338 ”. Hardt e Negri paragonano questo “essere sociale comune” a una carne amorfa, che per il momento non forma ancora alcun corpo. E al riguardo essi prospettano due possibilità: o queste singolarità comuni si sottometteranno al servizio del corpo del capitale, oppure si organizzeranno autonomamente grazie al potere della carne, in grado “di trasformare noi stessi, attraverso l'azione storica, per creare un mondo nuovo339”.
Ci sono autori che indicano la società globale come un regime di sicurezza mondiale: dato che gli Stati nazionali e il vecchio ordine internazionale non sono più sufficienti per proteggerci dalle minacce del mondo, è necessario creare modalità diverse di sovranità per gestire i conflitti e mantenere l'ordine globale340 .
In questa prospettiva, è di solito agli Stati Uniti che viene fatto riferimento: essi, come unica superpotenza rimasta, devono esercitare una sovranità che sia in grado di garantire l'ordine della società mondiale in quanto corpo politico341. Ci sono però anche gli autori
338 Ivi, pp. 186-187. 339 Ivi, p. 187. 340
S. Huntington, Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine mondiale, trad. it. di S. Minucci, Garzanti, Milano, 2000 e J. Nye, Il paradosso del potere americano, trad. it. di E. Colombo, Einaudi, Torino, 2002. 341
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repubblicani contemporanei342, il cui obiettivo è quello di espandere le istituzioni politiche moderne oltre i confini nazionali per garantire “una governabilità cosmopolitica mediante un ordine costituzionale mondiale343”.
Secondo Hardt e Negri, nessuna di queste ipotesi è adeguata a rappresentare la democrazia globale: una moltitudine democratica non può essere un corpo politico. “Essa è come una singola carne che rifiuta l'unità organica del corpo344”.
Per cogliere appieno la nuova natura del corpo politico, occorre rendersi conto delle gerarchie da cui esso è costituito in senso economico e politico, senza riguardo alla costituzione dei modelli nazionali. Grazie ai moderni processi della globalizzazione, il corpo politico mondiale possiede una nuova fisiologia. Gli Stati sono trasformati dal potere globale che sta emergendo: contano ancora molto, ma, nell'odierno contesto mondiale, il loro ruolo è mutato radicalmente. Le loro azioni sono sempre meno orientate verso gli interessi nazionali, e sempre più verso la nuova struttura del potere che viene affermandosi a livello globale.
342
Il riferimento di Negri è alla tesi della “società civile globale” di M. Kaldor, L'altra potenza. La società civile globale: la risposta al terrore, trad. it. di M. Mangialaio, Università Bocconi, Milano, 2004, nonché della rivista annuale Global Civil Society che ha iniziato a uscire nel 2001.
343
Negri, Hardt, Moltitudine, cit., p. 190. 344
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È stato obiettato che questa ricostruzione sia largamente inattendibile in quanto le uniche fonti di informazione e ispirazione derivano dalla rivista
Foreign Policy, “attraverso la quale Washington
vende i suoi prodotti345”. E da questa premessa critica, il filosofo franco-egiziano Amin muove per rilevare che non c'è segno dell'inizio del declino dello Stato, funzionale al sistema capitalistico/imperialistico, bensì piuttosto dell’affermazione del suo potere. “Non ci sarebbe il neoliberismo globalizzato senza uno Stato
attivo, sia che si tratti di assumere le funzioni del
potere egemonico (gli Stati Uniti e i suoi alleati subalterni) o sotto forma di Stati da comprare, fissando, dal centro, le prestazioni delle società periferiche ai requisiti della dominazione imperialista346”.
Resta il fatto che, secondo Hardt e Negri, il corpo politico globale è definito da rigide divisioni del lavoro e da spartizioni del potere347. Un esempio complesso dello spostamento dello sfruttamento sotto il controllo del sistema globale è rappresentato dalle alterne fortune delle economie dei cosiddetti dragoni e tigri asiatiche: paesi che prima furono trasformati dal “fordismo periferico”, in cui la produzione industriale esportata dai paesi dominanti fornì il carburante per un
345
Amin, op. cit., p. 8.
346 Ibidem. 347
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eccezionale sviluppo negli anni Ottanta, e poi colpiti da una grave crisi economica alla fine degli anni Novanta.
Le strategie delle organizzazioni nazionali e internazionali sono determinate dalla sete di profitto delle grandi multinazionali, che non vogliono investire nelle parti più povere del mondo: la povertà e la malattia sono diventati i mezzi indiretti di controllo demografico. I due filosofi sottolineano come la stessa
discussione di demografia (e la conseguente
sollecitazione a una politica di contenimento delle nascite nei paesi sottosviluppati) non sia motivata da un fine di miglioramento della vita dei poveri, ma riguardi prevalentemente la scelta di quali gruppi
sociali debbano riprodursi e quali no. “Questo diventa ancora più chiaro se pensiamo al
legame tra i discorsi sulla crisi demografica e le previsioni catastrofiche del declino della popolazione bianca rispetto alla crescita di tutte le altre popolazioni.
Molti progetti contemporanei sul controllo
demografico sono pervasi da una sorta di panico razziale, che provoca una macchinazione politica e uno stato di generale allarme demografico348”. In pratica, secondo i due autori, la politica delle nascite si sta adeguando alla conservazione delle gerarchie dello spazio mondiale per garantire la riproduzione dell'ordine politico del capitale: il numero è potere, e
348
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dunque la riproduzione di tutte le popolazioni deve essere strettamente controllata. “Viviamo in un sistema di apartheid mondiale. Non un semplice sistema di esclusione, bensì uno produttivo di inclusione gerarchica che perpetua la ricchezza di pochi con il lavoro e la povertà di molti349”.
Dunque la carne comune produttiva della moltitudine è plasmata nel corpo politico globale del capitale, gerarchizzata geograficamente dal comando della divisione del lavoro e della ricchezza, e dominata da una struttura a più livelli in cui operano i poteri economici, politici e giuridici.