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Democrazia della moltitudine: dal progetto alla realtà

Hardt e Negri, che si autodefiniscono “i nuovi

partigiani settecenteschi della democrazia”,

sottolineano come nel mondo attuale i sostenitori della democrazia debbano fare i conti con un grande scetticismo: nel senso che, si obietta, il governo del

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187 popolo può andare bene nei confini nazionali, ma

diviene irrealizzabile negli sconfinati territori del mondo globale. La proposta (ovviamente provocatoria) dei due filosofi è quella di tornare al Settecento, quando “il concetto di democrazia non era così corrotto come adesso415”.

Il ripensamento del concetto di democrazia alla luce delle nuove sfide e delle nuove possibilità offerte dal nostro mondo416: è questo, appunto, lo scopo fondamentale di Moltitudine.

È vero che nella concezione tradizionale “soltanto

l'Uno può governare ed essere sovrano e non ci può essere politica senza sovranità417”. Di qui il problema contemporaneo perché Hardt e Negri sono convinti che, in quanto la moltitudine è irriducibile all'Unità e non si sottomette alla volontà di Uno, non può essere sovrana perché ciò che è molteplice non può prendere decisioni per l'intera società.

Tuttavia, nel mondo di oggi, la sovranità politica e il potere dell'Uno non hanno né ragione né diritto di essere. Se la sovranità è fondata sul consenso e sull'obbedienza dei subordinati, la capacità, acquisita da quest'ultimi, di configurarsi come moltitudine rende superflua la figura di un unico sovrano. “Non solo la

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Ivi, p. 357. Si veda in proposito il commento di Hawkesworth, op.cit., p. 361. 416 Negri, Hardt, Moltitudine, cit., p. 378.

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sovranità non ha più alcuna funzione, ma non ha proprio più alcuno spazio perché la moltitudine la mette al bando418” e nel momento in cui la moltitudine è capace di governare autonomamente, la democrazia diventa possibile.

Le nuove possibilità della democrazia devono comunque confrontarsi con le difficoltà apposte innanzitutto dalla guerra civile globale e permanente, protagonista del mondo contemporaneo. Ma “malgrado la minaccia della violenza e della guerra, malgrado la malattia che ha colpito il pianeta e i sistemi politici, l'impazienza per la democrazia e la libertà non è mai stata così diffusa nel mondo419”: un desiderio che cresce grazie alle numerose rivendicazioni contro l'attuale ordine globale, la povertà, la fame, le ingiustizie, le disuguaglianze e la corruzione. Funzionale alla realizzazione di quel desiderio, del desiderio di democrazia, è appunto la distruzione della

sovranità.

Riflettendo su ciò che nel passato della letteratura comunista, e soprattutto nel pensiero di Lenin, era stato oggetto di polemica, proprio riguardo al rapporto tra Stato e sovranità, Negri e Hardt arrivano alla realizzazione di uno slogan: «Un altro mondo è

418 Ivi, p. 392.

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possibile!420». Ed è possibile nella misura in cui alla distruzione della sovranità si affianca la costituzione di nuove istituzioni democratiche: secondo Hardt e Negri,

proprio gli scritti di Madison nei Federalist mettono a

disposizione un metodo per questo progetto

costituzionale, ossia la creazione di un sistema di diritti e garanzie.

Così lo studioso americano Timothy W. Luke commenta questo passaggio: “Citando il saggio di Lenin Stato e Rivoluzione, che proponeva l'abolizione della sovranità tramite l'azione di una legge sovietica vera e propria o tramite il controllo materiale esercitato attraverso nuove forme popolari di lavoratore, soldato, contadino o consigli di intellettuali, H&N vedono altri centri per i collettivi di collaborazione e di comunicazione delle società e delle economie postcapitaliste. Per Hardt e Negri, simili interventi devono essere atti d'amore fatti dalla moltitudine421”.

I due autori sostengono infatti che è necessario recuperare un'idea più generosa dell'amore, che può divenire un atto politico con cui costruire la moltitudine stessa. “L'amore è la base stessa dei nostri progetti politici in comune e della costruzione di una nuova società. Senza questo amore non siamo

420 Ivi, pp. 407-408.

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niente422”. La decisione fondamentale della moltitudine è quella di creare una nuova stirpe, un'umanità nuova. Nel momento in cui l'amore viene inteso politicamente, allora la creazione di una nuova umanità costituisce il supremo atto d'amore.

Il potere costituente della moltitudine è maturato in modo così profondo che è diventato capace, attraverso le sue reti comunicative e la cooperazione, di sostenere una società democratica alternativa, in cui le singolarità e le differenze possono esprimersi liberamente. “La rivoluzione della moltitudine non potrà sopportare un altro Termidoro: (essa) dovrà mostrarsi capace di organizzare i suoi progetti in sintonia con i tempi, facendoli cioè determinare da procedure istituzionali che li salvaguardino da drammatici rovesciamenti e da errori irreparabili e suicidi423”.

Ma quando avverrà la rottura? Dopo una lunga stagione di violenza, di guerra e di corruzione, ecco che, grazie alle numerose rivendicazioni e proposte di riforma, prende vita un evento di grandi proporzioni. “Possiamo già renderci conto di come oggi il tempo sia diviso tra un presente già morto e un futuro che è già vivente. Un giorno, un evento ci proietterà come una

422 Negri, Hardt, Moltitudine, cit., p. 405. 423

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freccia verso questo futuro che già vive. Questo sarà il momento di un vero atto d'amore politico424”.

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UNA BREVE CONCLUSIONE

Nel corso degli anni, Negri ha vissuto un continuo affinamento della ricerca intellettuale: il pensatore degli anni Sessanta che lottava nelle industrie petrolchimiche di Marghera ha lasciato il posto a un teorico più maturo, che ha saputo rinnovarsi nelle idee ponendosi come maestro delle nuove generazioni della contestazione no global.

A questa stregua, la continuità non ha escluso la svolta, vera svolta di registro interpretativo, e non solo, la pubblicazione di Impero e Moltitudine.

In questi testi Negri utilizza innanzitutto un lessico più semplice ed uno stile di scrittura scorrevole, adatti ad un pubblico di massa: l’autore abbandona il

linguaggio criptico, tipico dei cenacoli

extraparlamentari degli anni Settanta, per adottare una forma argomentativa più chiara e comprensibile.

Non solo, ma a questi cambiamenti di forma si accompagnano una nuova prospettiva interpretativa, che rinuncia, oltreché al lessico, a temi e strumenti tipici della letteratura marxista a cui il giovane Negri era pur sempre rimasto legato. È un fatto che, proprio con l’opera Moltitudine – che riprende ed approfondisce una linea argomentativa già anticipata in

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fondamentali del marxismo, quali “classe operaia” e “proletariato”, a favore di una più complessa elaborazione dell’ordine sociale e politico mondiale. Lo stesso titolo fa riferimento ad una realtà composita, trasversale, una sorta di ‘classe subalterna transnazionale’ oppressa dal moderno sistema globale di potere del capitale.

In questa prospettiva, la teoria negriana giunge certo a conclusioni di notevole impatto comunicativo ed emozionale, che si sono rivelate fondamentali per il successo editoriale ottenuto agli albori del nuovo millennio. Ma non hanno forse del tutto torto coloro che imputano a quest’ultimo Negri l’incapacità di andare oltre una semplice visione utopistica, in

mancanza di un vero programma politico

concretamente realizzabile. La nuova teoria, insomma, tenderebbe a rimanere tale, senza alcuna possibilità di trasformarsi in prassi.

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