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Convenzioni fra signori e comunità nella Marca Veronese e in territorio padovano

ALLA GIURISDIZIONE DEL COMUNE CITTADINO 5.1 Il comitato di Sacco nell’età di Federico

5.2. Convenzioni fra signori e comunità nella Marca Veronese e in territorio padovano

Sacco, a volte anche al comitato di Treviso, fino alla loro progressiva scom- parsa.

(56) Cfr. sopra, t. c. nota 63 di cap. III, per la gestione dei beni comuni. (57) Cfr. sopra, t. c. nota 104 di cap. IV.

(58) CDP, III, n. 833, 1163 novembre 5, Monselice.

(59) Come appare da un altro passo del documento le due iudicariae fanno capo ai villaggi di Piove e Corte; la menzione iniziale di Campolongo Maggiore derivava, probabilmente, dal fatto che questo villaggio e il suo territorio erano più direttamente coinvolti nella controversia per la loro prossimità a Campolongo di Liettoli e a Sant’Angelo, come risulta dalla cartina allegata.

Avvenuta la ribellione all’Impero nella primavera dell’anno 1164, probabilmente per iniziativa del comune padovano (60), la chiesa vescovile dovette riassumere la giurisdizione sull’intero distretto (61). Mancano, tuttavia, atti significativi che vedano protagonista il vescovo, almeno fino al penultimo decennio del secolo XII, dapprima con le investiture ad alcuni vassalli, poco dopo per la lunga controversia con loro in merito alle decime, sui quali atti per ora non ci soffermiamo, mentre illustriamo alcuni momenti dei rapporti tra la signoria e la comunità locale, per poi delineare le vicende dell’ultimo periodo della signoria, i rapporti con il comune di Piove, l’estensione della giurisdizione del co- mune cittadino su Piove come sugli altri comuni rurali.

Per cogliere alcune peculiarità della situazione locale, in par- ticolare del vasto movimento di crescita delle comunità rurali [124] nell’ambito dei distretti signorili, che porta alla stipulazio- ne di carte di convenzione con i signori, la poniamo a confronto con quella della Marca Veronese e del rimanente territorio pado- vano.

I primi contratti collettivi stipulati fra un signore e gli abitanti di castelli o di villaggi, possono essere riferiti nella sostanza ad un tempo anteriore, avendo il più delle volte per oggetto il rico- noscimento ufficiale di patti già sanciti nell’uso consuetudinario (62). Ogni comunità giunse a questo punto dopo esperienze di- verse, le cui differenze in qualche caso potevano risalire alle con- dizioni verificatesi al momento stesso dell’incastellamento, soli- tamente avvenuto nei primi decenni del secolo X. Fra i diritti e i doveri del signore e degli incastellati, la contrattazione concerne- va soprattutto l’esercizio della giurisdizione, che si concretizzava

(60) Castagnetti, Le città cit., p. 160.

(61) Non prendiamo in considerazione il privilegio dell’anno 1177, con il quale viene assegnato alla chiesa vescovile il castello di Pendice, perché giudicato falso: DD Friderici I, n. 1069, 1177 agosto 24, Venezia; cfr. an- che l’introduzione a DD Friderici I, n. 700.

(62) Fasoli, Castelli e signorie rurali cit., pp. 49-77; Tabacco, La storia cit., pp. 161-167; Violante, La signoria cit., pp. 373 ss.

nel placito: per reati più gravi, quelli oggetto degli iura comitalia (63) – furto, assalto, ferimento, incendio –, veniva stabilito l’importo delle pene da infliggere, importo che sarebbe stato di- viso per metà o in terzi fra gli abitanti e il signore.

La documentazione proveniente dalla Marca Veronese è fra le più antiche dell’Italia settentrionale, dopo il primo di questi patti, rappresentato dalla carta convenientiae stipulata nel 1058 fra l’abate del monastero di S. Silvestro di Nonantola, signore del luogo, e gli abitanti del castello (64). Ricordiamo, per la Marca, alcuni patti conclusi fra signori, in prevalenza chiese e monasteri maggiori, e le comunità soggette: la convenzione dell’anno 1085 fra l’abate del monastero di S. Felice di Vicenza e gli abitanti di Bressanvido (65); i patti fra il [125] capitolo dei canonici di Ve- rona e gli abitanti di Bionde di Porcile nel 1091 (66); gli obblighi assunti dagli abitanti di Marzana e di altri villaggi nel 1121 (67) e nel 1138 da quelli di Poiano (68) con lo stesso capitolo; ancora, gli accordi conclusi fra il vescovo di Treviso e gli abitanti di Montebelluna, Trebaseleghe e Semonzo, rispettivamente negli anni 1129, 1158 e 1167 (69), quelli, sotto forma di livello, con-

(63) Cfr. sopra, t. c. nota 4.

(64) L. A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, voll. 6, Milano, 1739-1742, III, coll. 241-243, doc. 1058 gennaio 4, riprodotto in Castagnet- ti, Le comunità rurali cit., app. n. 8; per il commento ibidem, p. 24; ed ora Violante, La signoria cit., pp. 373-374, 378.

(65) G. Gualdo, Contributo per un codice diplomatico vicentino, voll. 2, II, Raccolta di documenti vicentini editi ed inediti dall’anno 974 all’anno 1183, tesi di laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Padova, a. acc. 1953-1954, n. 38, 1085 settembre 30. Cfr. A. Castagnetti, Vicenza nell’età del particolarismo: da comitato a comune (888-1183), in Storia di Vicenza. II. L’età medievale, Vicenza, 1988, pp. 36-37.

(66) Castagnetti, Le comunità rurali cit., app., n. 14, 1091 febbraio 28. Ibidem, pp. 31-32: un secolo dopo, i vicini di Bionde furono fra i primi a contestare, anche con la violenza, oltre che nelle forme legali con il ricorso al tribunale del comune cittadino, l’esercizio della signoria, che si concre- tizzava nel placito generale; tumulti violenti avvennero anche in altri villag- gi vicini ad iniziare dagli ultimi decenni del secolo XII.

(67) Ibidem, app., n. 11, 1121 maggio 3. (68) Ibidem, app., n. 12, 1138 febbraio 6. (69) Biscaro, Le temporalità cit., p. 16.

clusi tra il vescovo di Padova nell’anno 1166 e i vicini del castel- lo di Thiene, nel Vicentino (70); occorre attendere la fine del se- colo per un accordo tra il vescovo e una comunità del territorio padovano, come appresso annotiamo.

Il processo investì anche le signorie laiche. Una convenzione articolata nei dettagli venne stipulata nell’anno 1127 fra gli abi- tanti della pieve di Sernaglia, nel Trevigiano, e i signori laici, che avevano in beneficio il castello dalla chiesa di Ceneda (71). Ne- gli anni 1139-1142 due membri della famiglia capitaneale vero- nese degli Erzoni conclusero un pactum et conventum con i vicini della curia di San Giorgio di Valpolicella, che fissava entro limiti precisi l’esercizio della giurisdizione, la [126] quale invero con- tinuava a svolgersi in forme legate alla tradizione pubblica, ancor viva in questa terra nel ricordo della soggezione diretta al duca e poi al conte e al vescovo, che più degli altri tale tradizione imper- sonavano e che avevano concesso la signoria agli Erzoni (72).

Per il contado padovano conosciamo una prima convenzione dell’anno 1195 tra il vescovo di Padova e i marici del castello di San Giorgio delle Pertiche (73), con la quale viene concesso a livello il castello e l’uso delle canipae (74); vengono stabiliti nel contempo i diritti consuetudinari per gli abitanti del castello, ca-

stellani, e quelli dei borghi, burgienses (75), ripartendosi i profit-

ti delle sanzioni per un terzo al vescovo e per due terzi ai castel-

lani. La qualifica di castellani sta ad indicare coloro che si inca-

stelleranno (76), con il compito di guardia, non vassalli o milites: il giuramento di fidelitas loro richiesto corrisponde nella sostanza

(70) CDP, III, n. 895, 1166 giugno 5.

(71) G. B. Verci, Storia della Marca Trivigiana e Veronese, voll. 20, Venezia, 1768-1791, I, n. 13, 1122 aprile 21.

(72) Castagnetti, La Valpolicella cit., app., n. 5, 1139 dicembre 9-1142 novembre 11, Verona; cfr. ibidem, pp. 62-65.

(73) Dondi Dall’Orologio, Dissertazione sesta cit., n.145, 1195 agosto 8, Padova, nell’episcopio; cfr. Checchini, Comuni rurali cit., 156-159; Zor- zi, Il territorio padovano cit., pp. 79-84.

(74) Settia, Castelli cit., p. 442. (75) Ibidem, p. 323.

a quello di salvamentum loci, diffuso nei rapporti tra comunità rurali e signore (77).

Poco dopo, negli anni 1200-1201, si avviene ad un concor-

dium o conventio tra i signori da Carrara e il comune di Pernu-

mia, per cui vengono ridotti alcuni tributi sui beni comuni, limita- ti i diritti di bannum dei signori, con la riduzione delle pene pe- cuniarie, concessa l’elezione delle magistrature locali (78), dopo che per il periodo [127] precedente si erano manifestati alcuni episodi di insofferenza tra la popolazione locale.

Non conosciamo un movimento ampio di riscatto dei diritti signorili, come avviene all’inizio del secolo XIII nei territori lombardi (79) e, soprattutto, nel territorio veronese, ove si assi- stette ad una drastica riduzione delle signorie, attraverso varie forme, compresa quella, più diffusa, del riscatto dei diritti signo- rili (80). Né conosciamo nel corso del secolo provvedimenti ge- neralizzati di liberazione dei rustici dai vincoli signorili, come a Vercelli e Firenze (81), o di affrancazione collettiva dei servi, come a Bologna (82). Il comune padovano si sarebbe proposto l’intento di abolire nel contado l’esercizio della giurisdizione da parte dei signori o magnati, invero non abolendola ma sottopo- nendola nei fatti al proprio controllo, con finalità prevalente di protezione dei possessi dei cittadini (83).

Difficoltà ai signori sono create, oltre che dalle comunità soggette, dagli esponenti del ceto dei signori fondiari, ancor più

(77) Cfr. sotto, t. c. nota 83 di cap. X.

(78) Bortolami, Territorio e società in un comune rurale veneto (sec. XI-XIII). Pernumia e i suoi statuti, Venezia, 1978, pp. 154-155. Non è giun- to il testo eventuale della conventio, le cui condizioni sono dedotte da testi- monianze processuali.

(79) Menant, Campagnes lombardes cit., pp. 500-502. (80) Castagnetti, Le comunità rurali cit., pp. 42-45.

(81) Ibidem, pp. 45-47; app., n. 22, riproduzione del documento di af- francazione dei rustici dell’anno 1243 del comune di Vercelli, e n. 23, prov- vedimento dell’anno 1289 del comune di Firenze sui coloni.

(82) Ibidem, pp. 47-49; app., n. 24, riproduzione della parte iniziale del- la costituzione Paradisus, emanata nell’anno 1257 dal comune di Bologna.

se risiedono nella città; essi, non accontentandosi dei diritti giuri- sdizionali minori, aspirano a conseguire quelli maggiori o iura

comitalia, alimentando conflitti sempre più aspri e lunghi con i

signori territoriali (84).

[128] Non sembra che nel contado padovano i conflitti fra si- gnore territoriale e signori fondiari, attestati per il secolo XII in Pernumia, giungano a porre in dubbio la legittimità della signo- ria: il capitolo dei canonici di Padova, ad esempio, difende in Pernumia i suoi diritti sui propri coltivatori, contro le pretese dei signori da Carrara, che li vogliono assoggettare alla propria giuri- sdizione (85), ma non si prefigge di sostituirsi a loro, servendosi di forze locali e di basi materiali, come l’erezione di fortificazio- ni.

I contrasti con i vassalli non oltrepassano, in genere, il livello della contestazione, a volte anche della ribellione verso imposi- zioni che ritengono ingiuste, perché pretese contro la consuetudi-

(84) Tali aspetti sono ampiamente documentati per il territorio veronese nelle vicende della signoria dell’abate di S. Zeno sul castello, villaggio e territorio di Vigasio. Qui ad opporsi al signore sono soprattutto cittadini, come gli Avvocati: essi, detentori in feudo dal monastero di una quota dei diritti di giurisdizione, cercano di sostituirsi alla signoria abbaziale, costi- tuendosi una base materiale di forza militare con la costruzione di un nuovo edificio fortificato, avvalendosi in un primo tempo dell’aiuto di un miles, che, tuttavia, non è di Vigasio, ma di un paese vicino, Nogara, alla cui curia locale appartiene (cfr. sotto, t. c. nota 14 di cap. VIII), poi proseguendo te- nacemente da soli (Castagnetti, ‘Ut nullus’ cit., pp. 55-87).

(85) Gli atti del processo fra da Carrara e capitolo dei canonici di Pado- va sono stati editi da L. Destro, Dominio politico e assetto agrario in terri- torio padovano agli inizi del ‘200 (con appendice di documenti), tesi di lau- rea, Istituto di Storia medioevale e moderna, Università degli studi di Pado- va, a. acc. 1982-1983, app., nn. 7 e 8, 1203 maggio-giugno. Sono stati am- piamente utilizzati da Zorzi, Il territorio cit., pp. 146 ss., che traccia anche un profilo di storia familiare dei da Carrara, e da Bortolami, Territorio cit, pp. 99-158, ripreso succintamente in S. Bortolami, Lotta e protesta contadi- na nel Veneto dal medioevo alla prima età moderna: un bilancio, in G. Che- rubini (a cura di), Protesta e rivolta contadina nell’Italia medievale, Bari, 1995, p. 52. Per i caratteri della signoria, di cui al testo, si veda Castagnetti, Arimanni in ‘Langobardia’ cit., pp. 89-91.

ne (86). Così nella Saccisica e, in particolare, a Piove, vassalli privilegiati e uomini liberi, ancora soggetti agli obblighi gravanti sugli arimanni, non giunsero, per quanto è a nostra conoscenza, a proporsi un ridimensionamento sostanziale o l’eliminazione della signoria. D’altronde, con la scomparsa [129] della signoria, sa- rebbe stata compromessa o addirittura sarebbe scomparsa anche la condizione privilegiata dei vassalli.

Le investiture del secondo decennio del secolo XIII, i lunghi elenchi di vassalli, le registrazioni dei servizi per singoli colmelli sono troppo numerosi, puntuali e aggiornati per apparire solo quali atti formali. Anche le attestazioni della corresponsione del fodro da parte degli arimanni sono altrettanto nette.

5.3. Il controllo militare e politico del comune padovano sul