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CAP VI SIGNORIA VESCOVILE E ARIMANNI: TRIBUTI DI ARIMANNIA E DI FODRO

6.4. L’esenzione dal fodro signorile per i vassall

Anche gli abitanti del distretto, oltre ai monasteri e ai cittadini padovani (110), che acquisivano, a fitto o in proprietà, beni nella Saccisica, cercavano di non essere assoggettati alla corresponsio- ne del fodro. Di tale diritto godevano certamente i vassalli vesco- vili: le testimonianze recate in un paragrafo precedente a proposi- to del fodro e degli arimanni hanno già ampiamente posto in luce come un elemento concreto essenziale della condizione di vassal- lo siano l’esenzione dal pagamento del fodro per le terre possedu- te, a vario titolo, [173] e la possibilità di riscuotere il fodro dalle terre di altri, qualora il vassallo potesse vantare tali diritti, a lui concessi direttamente dalla chiesa vescovile o giunti per altre vie.

(108) Cfr. sotto, par. 9.1.

(109) Cfr. sotto, t. c. nota 67 di cap. VII, per una testimonianza che con- ferma come i vassalli della Saccisica, detentori di feuda equi, non fossero tenuti all’adiutorium al vescovo per la spedizione regia, mentre vi erano tenuti coloro che disponevano in feudo delle decime.

(110) Ad esempio, Gaspaldo del fu Giovanni vende a Lemizo terre in Piove, investendolo dei diritti di fodro e di decima «ad feudum sine fidelita- te et omatico», per tre termini ovvero tre omaggi in Padova o in Sacco: CDP, III, n. 950, 1169 febbraio 27, Padova; Lanfranchi, S. Giorgio cit., III, n. 423, 1182 dicembre 14, Codevigo: vendita tra abitanti di Codevigo con l’impegno di «defendere foydrum». Accade anche che cittadini padovani vendano ad un abitante di Piove appezzamenti in Piove con la concessione del fodro «ad rectum feodum sine fidelitate et homatico et ulla condicione servicii», tranne che per la presenza alla curia feudale in Piove: CDP, III, n. 1325, 1179 marzo 20, Piove = Gaeta, S. Lorenzo cit., n. 16.

Possiamo seguire le vicende di una famiglia che vive tra la città e la Saccisica, non certo fra le maggiori della prima età co- munale, per quanto ci consta. Nell’anno 1130 l’arciprete della pieve di S. Martino di Piove, con il consenso degli altri canonici, concede a livello perpetuo ad Omodeo di Bernardo di Bellino della città di Padova terre condotte da certo Plebano, che dai pro- genitori dello stesso erano state donate alla chiesa, per il censo di dodici denari (111). Lo investe anche ad feodum sine fidelitate et

comendacione – ne trattiamo subito – del censo stesso e della di-

stricta ovvero dei diritti minori di giurisdizione (112).

Manfredino, figlio di Omodeo de Padua (113), venne a lite, mezzo secolo dopo, con un abitante di Piove, Miliano, che appar- teneva al gruppo parentale dei Farisei, vassalli vescovili (114). Avvalendosi probabilmente anche delle terre da poco acquisite (115), Miliano cercò di impedire il flusso delle acque di una fos-

sa (116), che usciva [174] dalla località di Marimonda (117), e

(111) Malipiero Ucropina, Ss. Secondo cit., n. 4, 1130 aprile 18, Piove, già edito per estratto in CDP, II, n. 210, ove si omettono i passi relativi all’investitura in feudo. Questa particolarità mostra che per l’appro- fondimento di alcuni aspetti, come quello che stiamo considerando, l’edizione dei documenti del secolo XII effettuata dal Gloria non offre affi- dabilità.

(112) Cfr. sopra, par. 3.5.

(113) Manfredino è attivo in Piove: acquista un appezzamento cum om- ni honore in Marimonda, che confina con possessi di uno dei Farisei, Do- minico di Adamo Santo (cfr. sotto, cap. XIV), al cui atto assistono altri Fari- sei, fra cui un Fariseo e Albrigeto di Pidone: Malpiero Ucropina, Ss. Secon- do cit., n. 39, 1185 gennaio 28, Piove. In seguito è presente all’atto con cui il vescovo Gerardo concede il privilegio dell’anno 1186 ai Farisei (cfr. sot- to, par. 12.4.). Si veda anche una permuta da lui effettuata: Gaeta, S. Loren- zo cit., n. 25, 1188 marzo 20, Piove.

(114) Cfr. sotto, par. 14.1.

(115) Doc. dell’anno 1185, citato sopra, nota 113.

(116) Malipiero Ucropina, Ss. Secondo cit., n. 42, 1186 dicembre 7, Piove.

(117) La fossa scorreva anche presso il nemus de Maraulis e con terre dei Marauli confinavano quelle acquistate da Miliano.

scorreva nelle terre di Manfredino di Omodeo di Padova (118). La lite giunse al tribunale del vescovo Gerardo, comes de Sacco, e del visdomino Tanselgardino, che inviarono quattro iurati Ple-

bis (119), tutte persone note e certamente due di loro in rapporti

di vassallaggio con il vescovo (120), ad investigare sul luogo, il che essi fecero, con l’aiuto di veteres homines de Plebe, ordinan- do, per l’autorità conferita loro dal vescovo e dal visdomino, che le acque della fossa scorressero senza impedimenti. La sentenza fu confermata dal visdomino, dal gastaldo Basilio, dai marici e dai plovegani (121) [175] di Piove (122).

(118) Si noti l’insistenza con cui padre e figlio sono dichiarati di Pado- va, un’insistenza non consueta nella nostra documentazione, che riteniamo trovi spiegazione probabilmente più tardi: cfr. sotto, par. 11.3.1.

(119) Sull’impiego di iurati si veda sotto, t. c. nota 71 di cap. VIII. (120) I quatto iurati erano Ugo di Caramele, Nicolò Badesia o di Bade- sia, Enrico di Dionisio e Gunterio. Di Enrico tratteremo a parte (cfr. sotto, par. 12.2.). Ugo di Caramele risulta vassallo vescovile, investito del suo feudo nell’anno 1214 (cfr. sotto, parr. 11.2.-11.3.), compreso nell’elenco generale dei vassalli di Piove (cfr. sotto, par. 11.4.3.), partecipe della curia dei vassalli riunita dal vescovo in Piove per la controversia delle decime (sotto, par. 7.4.) e testimone anche ad atti giudiziari relativi ai Giustini (doc. dell’anno 1199, citato sotto, nota 42 di cap. XII, deposizione di Basilio di Riccarda). Due figli di Gunterio, Domenico e Danisio, testimoniano al pro- cesso Farisei: cfr. sotto, capp. XIII e XIV. Nicolò Badesia testimonia al pro- cesso Giustini, cui ora abbiamo accennato; verso la fine del secolo è sindi- cus, con altri due, del comune e dello iudicatus di Piove di Sacco in un atto di permuta con il cittadino padovano Oliverio di Aldrigeto: L. Nussio, Il monastero di S. Maria della Riviera dalle origini alla riforma olivetata (ca. 1230-1349), con una silloge di 317 documenti inediti (1197-1299), tesi di laurea, Istituto di Storia medioevale e moderna, Università degli studi di Padova, a. acc. 1969-1970, II, n. 2, 1198 marzo 13, Padova, palazzo vesco- vile, alla presenza del vescovo; in seguito Nicolò di Badesia permuta terreni con i sindici del comune di Piove: Pinton, Codice diplomatico cit., pp. 56- 57, n. 289, 1205 ottobre 2.

(121) Sulla presenza e funzione dei plovegani o publicani si veda, in re- lazione a Pernumia, Bortolami, Territorio cit., pp. 41, 108-109.

(122) Furono testimoni agli atti molti dei Farisei: Witiclino e Laca, figli di Fariseo, Uberto Avoxato, Fariseo, Enchelerio o Engelerio di Fariseo, Al- brigeto di Pidone, Giovanni di Fariseo, quasi tutti presenti all’investitura dell’anno 1186: cfr. sotto, par. 12.4.

I figli dei due litiganti si accordarono alcuni anni dopo (123), per procedere ad una permuta di terre a Brugine, nella Saccisica, con la quale Benedetto, figlio, ancora in minore età, del defunto Miliano, cedette, su licenza dell’arciprete della pieve locale – probabilmente la pieve deteneva il diritto eminente sulla terra o sulla decima –, a Bono figlio di Manfredino di Omodeo anche il diritto di decima, asserendo che la terra era esente dal pagamento del fodro, sine condicione foidri. Nell’eventualità che Benedetto non fosse riuscito a garantire l’esazione dalla decima e dal fodro, si impegnò egli stesso e i suoi eredi ad assolvere ai due obblighi (124).

Nell’anno 1177, stando sotto il portico della casa dell’acquirente (125), Enrico di Armanno, che apparteneva al medesimo gruppo parentale dei Farisei (126), vendette un appez- zamento di terra arativa in Piove, nella località Marimonda, a Mi- liano, cedendo con essa i diritti di decima e di fodro in feudo sine

fidelitate et homatico, salvo l’obbligo per l’acquirente di presen-

tarsi due volte l’anno in Piove, se richiesto dal venditore. Questo obbligo, invero, comportava la prestazione di un servizio, che tale nei fatti non era, poiché si presentava come eccezionale e che aveva solo il fine di accrescere il prestigio [176] del concedente (127).

(123) Malipiero Ucropina, Ss. Secondo cit. n. 51, 1192 gennaio 5, Pio- ve.

(124) Fra i testimoni furono presenti Enrico di Armanno, Giovanni di Fariseo e Sacheto, che sappiamo figlio di Ubertino Avoxato, tutti del gruppo parentale dei Farisei: cfr. sotto, par. 12.4.2.

(125) Lanfranchi, S. Giovanni cit., n. 63, 1177 novembre 28, sotto il portico della casa di Miliano.

(126) Cfr. sotto, par. 12.4.2.

(127) Rippe, Feudum cit., pp. 187-239; ibidem, p. 214, l’autore sottoli- nea che l’impiego del feudum sine fidelitate avviene soprattutto in relazione ai diritti di natura pubblica e di decime.

Miliano, poco tempo dopo (128), compì da due fratelli, che sembrano del luogo, un altro acquisto di una terra arativa in Pio- ve, nella stessa località, ricevendo anche in questo caso i diritti di decima e di fodro ad feudum sine fidelitate, con l’obbligo di pre- sentarsi in Piove per due volte all’anno ai venditori.