CAP IV AVVOCATI E VISDOMINI 4.1 L’ufficio di avvocazia
4.2. L’ereditarietà dell’ufficio: i da Fontaniva
Dal terzultimo decennio del secolo assume l’ufficio un Uber- to, che sembra debba identificarsi con Uberto della famiglia si- gnorile dei da Fontaniva, già investito dell’avvocazia di un mo- nastero veneziano, investitura della quale sussiste l’atto relativo costitutivo, che svela aspetti che solitamente non conosciamo.
Nell’atto dell’anno 1064, con cui ricevette l’investitura dell’ufficio di avvocazia per il monastero dei Ss. Ilario e Bene- detto, Uberto da Fontaniva si impegnò ad assolvere agli obblighi relativi nei confronti del duca di Venezia e dell’abate del mona- stero (6): finché sarà avvocato del monastero, per consenso del duca e dell’abate – si noti l’accento sulla temporaneità e revoca- bilità dell’ufficio –, egli difenderà gli interessi del monastero di fronte ad imperatore, duca, [89] marchese, vescovo e conte; pro- mette che nel suo ufficio non si lascerà influenzare da congiunti e da amici; né si sottrarrà ai suoi compiti per adempiere ad altro
servitium, rimanendo sempre constans e fidelis. Il duca e l’abate,
per il loro honor e per la fidelitas sua, gli hanno concesso propter
feudum, finché sarà avvocato, una selva, della quale sono descrit-
ti i confini, nove massaricie o poderi contadini e un molino da
(5) Cfr. Zorzi, Il territorio cit, p. 88, che lo collega con i Sicherio del secolo XII. Verso la metà del secolo appaiono due avvocati, forse avvocati del capitolo dei canonici: CDP, I, n. 150, 1048 novembre 10; n. 168, 1054 giugno 30; n. 172, 1055 ottobre 18, Mantova = Manaresi, I placiti cit., III/1, n. 400; CDP, I, n. 174, 1055 novembre 13, Volargne, comitato di Verona = Manaresi, I placiti cit., III/1, n. 401.
(6) L. Lanfranchi, B. Strina (edd.), Ss. Ilario e Benedetto e S. Gregorio, Venezia, 1965, n. 11, 1064 agosto 28, da originale, mentre CDP, I, n. 190, trascrive da copia del secolo XIV.
impiantare. Se Uberto amplierà a spese della selva la superficie coltivata, conserverà lo sfruttamento di un terzo propter feudum, mentre gli altri due terzi spetteranno al monastero, al quale rimar- rà anche la facoltà di provvedersi di legna nel bosco secondo ne- cessità. Nel caso che Uberto non rispetti gli impegni e non aiuti e difenda recte cum bona fidelitate il monastero, l’investitio con il
feudum sarà revocata. La penalità è stabilita in dieci libbre d’oro.
Il documento costituisce nel contempo per la nostra regione uno dei primi atti scritti relativi ad investiture feudali (7), il pri- mo che concerne l’avvocazia ed anche il primo nel quale viene adoperato il termine feudum, anche se si tratta non tanto di un atto di investitura o breve recordacionis, forma consueta e ben adatta alla documentazione dei rapporti vassallatico-beneficiari e poi feudali (8), quanto di una [90] dichiarazione, susseguente all’investitura, già avvenuta, dell’avvocazia.
I contenuti dettagliati dell’atto sono dovuti all’esigenza, av- vertita nel ducato veneziano, di regolare chiaramente i diritti e i doveri del destinatario dell’investitura feudale, per cui vengono specificati gli obblighi, obblighi che per consuetudine erano noti nella Marca Veronese come nel Regno, ove l’istituto feudale era diffuso; ma non nella società veneziana. ove esso era estraneo (9). All’avvocazia si fece ricorso perché si trattava di difendere
(7) Per il diffondersi fra XI e XII secolo della pratica di documentare con atti scritti le investiture di benefici e di feudo si veda Brancoli Busdra- ghi, La formazione cit., pp. 13 ss. Redazioni scritte di atti di investitura di feudi sono segnalate per il secolo XI in A. L. Budriesi Trombetti, Prime ricerche sul vocabolario feudale italiano, «Atti dell’Accademia delle scien- ze dell’Istituto di Bologna. Classe di scienze morali», LXII (1973-1974), pp. 105 ss.: il primo documento segnalato, risalente al secondo decennio del secolo XI, che già ha suscitato perplessità nell’autrice, soprattutto per l’impiego dell’espressione feudum perpetuum, va scartato, poiché si tratta di un falso (P. Torelli, Regesto mantovano, Roma, 1914, n. 46, 1011 aprile 4, dichiarato falso dall’editore: ibidem, p. 34).
(8) Brancoli Busdraghi, La formazione cit., p. 66. Per una documenta- zione che inizia alla metà del secolo XI ed è relativa ad un territorio specifi- co, quello ferrarese, si veda A. Castagnetti, Società e politica a Ferrara dall’età postcarolingia alla signoria estense (secoli X-XIII), Bologna, 1985, pp. 221-227 e osservazioni a p. 227, nota 29.
gli interessi e i possedimenti veneziani nel Regno Italico e, so- prattutto, nelle zone contermini, di fronte alle pretese ed usurpa- zioni eventuali dei potenti, dal re al duca e marchese e ai conti e ai vescovi.
Nell’anno 1077, in un periodo cruciale fra ottavo e nono de- cennio del secolo, quando il conflitto tra Impero e Papato inizia a farsi sentire anche nel territorio della Marca, pur saldamente an- cora controllata dal primo (10), in uno dei placiti (11) e in alcuni degli atti conseguenti (12), che vedono coinvolti, fra altri, la chiesa vescovile, retta dal vescovo filoimperiale Odelrico (13), il capitolo dei canonici e il monastero di S. Giustina, Uberto avvo- cato appare più volte; a [91] volte è denominato come Uberto da Fontaniva, senza la qualifica, tuttavia, in questi casi, di avvocato, come appare anche un Ogerio avvocato, che risulta appartenere anch’egli ai da Fontaniva. Non intendiamo soffermarci a lungo sulla documentazione e ricostruire in dettaglio gli eventuali rap- porti. Sottolineiamo che Uberto in un’occasione viene qualificato anche come avvocato del monastero di S. Giustina (14), mona-
(10) Cfr. sopra, t. c. note 21 ss. di cap. III.
(11) Manaresi, I placiti cit., III/1, n. 442, 1077 marzo 14, Verona: sono presenti Erizo da Carrara, Rustico da Montagnone, Ugo da Baone.
(12) CDP, I, n. 238, 1077 marzo 13, Verona, S. Zeno: Rustico da Mon- tagnone dichiara all’arcidiacono e ad altri preti della chiesa padovana di non avere diritto sulle decime di alcuni villaggi, ricevendo da loro il launechild; fra i testimoni è presente Operto da Fontaniva. CDP, I, n. 240, 1077 marzo 14, Verona: il vescovo Olderico con Uberto avvocato rimette ai canonici i diritti su alcuni beni fondiari; fra i sottoscrittori appaiono Ogerio da Fonta- niva, Rustico da Montagnone, Erizo da Carrara, Ugo da Baone. Non sono identificabili Uberto e Ogerio, come vorrebbe il Gloria nell’Indice del Codi- ce. CDP, I, n. 245, 1077 novembre 23, Padova: Ogerio avvocato dona al monastero di S. Stefano tre massaricie in Vigodarzere, nel comitato di Tre- viso; fra i sottoscrittori compare Uberto avvocato.
(13) Cfr. sopra, t. c. nota 23 di cap. III, e sotto, t. c. note 17-18 di cap. X.
(14) Manaresi, I placiti cit., III/1, n. 439, 1077 febbraio 26, Padova: nel placito presieduto da missi regis, cui assistono Olderico vescovo, Alberto comes civis Patavis, e Ogerio avvocato – di quale ente non è detto –, agisce l’abate del monastero di S. Giustina con Uberto advocato suo; tra i cives
stero soggetto all’episcopio, per cui poteva essere stato incaricato della funzione dal vescovo (15).
Pochi anni dopo, negli atti relativi alle controversie della fine dell’anno 1079 e dell’inizio dell’anno 1080, riappare nella Sacci- sica, al fianco del vescovo, come sappiamo, Uberto avvocato, questa volta svolgendo anche funzioni giurisdizionali ‘subordina- te’ (16). Uberto mantiene l’ufficio con il vescovo Milone, che assiste in un placito (17).
Ancora un Uberto, non identificabile con il precedente, ma probabilmente della medesima famiglia, risulta avvocato verso l’anno 1124 (18); nell’anno 1137 assistette al placito vescovile nella Saccisica (19). Tre anni dopo (20) fu presente il figlio suo, [93] Ariprando avvocato (21), che detiene l’ufficio almeno fino all’anno [94] 1156 (22).
scelti a giurare primo è un Azo avvocato, del quale pure non è specificata la relazione con un ente.
(15) Nel secolo XIII il visdomino vescovile Forzaté assume l’avvocazia del monastero di S. Giustina: cfr. sotto, nota 102.
(16) CDP, I, n. 262, 1080 gennaio 9, e n. 261c, 1080 gennaio 15.
(17) Manaresi, I placiti cit., III/2, n. 465, 1085 marzo 3, Padova. Uberto di Fontaniva è primo testimone ad un atto dei canonici: CDP, I, n. 294, 1085 marzo 3, Padova; Manaresi, I placiti cit., III/2, n. 469, 1090 dicembre 31, Padova; n. 475, 1095 maggio 31, Padova. Di Uberto non abbiamo rinvenuto altre notizie; due decenni dopo appare un Alberto da Fontaniva, primo sot- toscrittore per un atto in Caselle (de’ Ruffi): CDP, II, n. 72, 1115 ottobre 13.
(18) CDP, II, n. 153, 1124 giugno 21, Camposion: viene fatto riferimen- to ad un atto di permuta, del quale attori erano stati Sinibaldo e il suo avvo- cato Uberto.
(19) Doc. dell’anno 1137, citato sopra, nota 68 di cap. III.
(20) Doc. dell’anno 1140, citato sopra, nota 75 di cap. III: Ariprando avvocato è detto figlio di Uberto da Peraga; sulla discendenza dei da Peraga dai da Fontaniva si veda J. K. Hyde, Padova nell’età di Dante, I ed. 1966, tr. ital. Trieste, 1985, p. 82. Segnaliamo la presenza di Ariprando figlio di Oberto da Peraga fra i cittadini padovani che giurano la pace di Fontaniva con i Vicentini nell’anno 1147: CDP, III, n. 1541, 1147 marzo 28, p. 517; in merito si veda Castagnetti, Le città cit., pp. 119-120; Riprando da Peraga è presente anche alla concessione vescovile al monastero di S. Giustina: CDP, III, n. 655, 1156 febbraio 2.
(21) Verso la metà del secolo XII agisce un Sicherio, che, secondo Zor- zi, Il territorio cit., p. 90, va riallacciato ai Sicherio del secolo precedente
(cfr. sopra, nota 5). Secondo la medesima autrice egli scompare il 6 settem- bre 1147: la studiosa si riferisce, probabilmente, al documento del 26 agosto 1147, datato appunto «sexto kal. septempbris», edito in CDP, II, n. 493, con la data 1147 agosto 27, che concerne una donazione alla chiesa cattedrale di Padova da parte di Berta, vedova appunto di Giovanni Sicherio, la quale dona un manso, già tenuto in feudo da certo Simeone: in quest’atto la vedo- va dichiara di agire con il consilium del conte Ugo (su Ugo, conte di Pado- va, si veda sopra, nota 89 di cap. III: il fatto che egli risulti, a quanto pare, vassallo di Giovanni Sicherio eleva ulteriormente lo status sociale di quest’ultimo) e di altri, già fideles del marito, il cui assenso si era reso ne- cessario trattandosi di un bene assegnato in feudo. Giovanni Sicherio, che deteneva il feudo di gonfalone, forse ebbe diritti anche sul feudo di avvoca- zia, come si accenna in modi incerti in CDP, II, n. 556, 1152 gennaio 7, p. 404 (cfr. Zorzi, Il territorio cit., pp. 90 ss.). Un documento sconosciuto al Gloria e non utilizzato, a quanto mi consta, da altri studiosi, attesta che Gio- vanni Sicherio apparteneva alla famiglia dei da Fontaniva (Lanfranchi, S. Giorgio cit., II, n. 209, 1144 maggio 17, Padova): con quest’atto, redatto in Padova, nella sua casa, Giovanni Sicherio da Fontaniva vende al monastero veneziano di S. Giorgio Maggiore sessanta campi di terra arabile in Campo- nogara, nel territorio meridionale del villaggio, verso il Cornio e, quindi, verso la Saccisica, in una zona di recente acquisizione a coltura: «de amplis qui tendunt versus Cornium». Nella zona sono attestati possessi di altri da Fontaniva (diritti di supramarigancia per un quarto di Ubertino: CDP, III, n. 1427, 1181 novembre 29), e feudi di Rolando da Curano (CDP, II, n. 556), cui subito accenniamo. Atti di una controversia con la chiesa vescovile (CDP, II, n. 555, 1152 circa, e n. 556, 1152 gennaio 7, Padova, palazzo ve- scovile) mostrano che una figlia di Sicherio, della quale non conosciamo il nome, moglie di Rolando da Curano, muore prima del 1152; la figlia sua e di Rolando, anch’ella innominata e già scomparsa, aveva sposato Dalisma- no, per cui il feudo di gonfalone era passato alla figlia di un anno, Speronel- la, reggendolo nel frattempo il padre Dalismano; il feudo passerà poi al fi- glio di Speronella, Iacobo di S. Andrea (S. Bortolami, Fra ‘alte domus’ e ‘populares homines’: il comune padovanto e il suo sviluppo prima di Ezze- lino, in Storia e cultura a Padova nell’età di sant’Antonio, Padova, 1985, p. 8, nota 17).
(22) CDP, III n. 655, 1156 febbraio 2, copia del secolo XIV, che non tiene conto, probabilmente, della disposizione originaria delle sottoscrizioni: si tratta di un privilegio vescovile al monastero di S. Giustina di Padova, che viene sottoscritto da numerosi preti e da Tanselgardino, Alberto Terzo, Ia- cobo conte, Ongarello, Guglielmo di Compagno, Riprando da Peraga ovve- ro Ariprando da Fontaniva, advocator episcopatus.
Da questo periodo l’avvocato non sembra più svolgere un ruolo esclusivo nella Saccisica, accanto al vescovo o in sua sosti- tuzione, perché a fronte di suoi interventi sporadici, si hanno quelli frequenti del visdomino, sui quali appresso ci soffermiamo.
Nell’anno 1168 risulta avvocato Ubertino, che emette nella curia dei vassalli una sentenza in una controversia fra il vescovo e la famiglia comitale (23): pur se non è indicata l’appartenenza familiare, riteniamo che fosse un da Fontaniva.
Dal penultimo decennio del secolo assume l’ufficio Ugolino, al cui cospetto sono interrogati i testi del processo Giustini (24); egli viene ricordato anche negli atti dei lunghi processi per le de- cime della Saccisica, dei quali ampiamente tratteremo (25); egli era presente al momento in cui due Farisei chiedono al vescovo Gerardo, nella chiesa di S. Martino di Piove, il rinnovo dell’investitura del loro feudo (26), ma non è presente all’atto specifico dell’investitura (27); [94] negli anni successivi, nell’ambito della lite sulle decime, l’avvocato Ugolino presiedet- te le riunioni della curia dei vassalli (28).
Altri documenti numerosi attestano la presenza dell’avvocato Ugolino, detto anche de Arsico, che è figlio di Ariprando da Pe-
(23) CDP, III, n. 932, 1168 maggio 18; cfr. sotto, t. c. note 37 ss.
(24) Doc. dell’anno 1199 citato sotto, nota 42 di cap. XII: i testi furono escussi dal notaio Aicardino «sub domino Ugolino advocato».
(25) Cfr. sotto, parr. 7.3.-7.4. e cap. XIII .
(26) ACVP, Episcopi, I = t. 24, perg. 88 (d’ora in poi solo ‘perg. 88’: ci- teremo in tale modo abbreviato gli atti processuali contenuti nelle pergame- ne 79, 88, 89 e 100 dello stesso tomo; per informazioni più ampie, si veda sotto, note 70-71 di cap. VII), contenente atti del processo Farisei: testi Gio- vanni e Iacobino di Enrico di Danisio; nell’elenco dei presenti alla richiesta dei Farisei i due testi menzionano Ugolino avvocato dopo Tanselgardino visdomino, un ‘errore’ di ‘gerarchia’, spiegabile con l’importanza che le funzioni di visdomino avevano assunto per la Saccisica, come vediamo ap- presso.
(27) Doc. dell’anno 1186, descritto sotto, par. 12.4.
(28) Perg. 79: i testi depongono nella curia dei vassalli «coram Ugolino de Arsico advocato Paduani episcopatus»; perg. 88: Ugolino avvocato pre- siede la curia dei vassalli.
raga (29): oltre ai riferimenti nei processi Giustini e Farisei, ci- tiamo il ruolo svolto nella curia generale dell’anno 1190, della quale tratteremo (30). Una testimonianza tarda ricorda Ugolino avvocato che intorno al 1180 fa eseguire a San Giorgio delle Per- tiche una condanna per due ladri, che vengono impiccati sulla strada che conduce a Camposampiero, al confine del distretto (31).
Il figlio Albertino, detto appunto figlio del defunto Ugolino
de Arsico, presiede la curia vescovile dell’anno 1209, radunata
per l’adiutorium alla spedizione regia verso Roma per l’incoronazione (32).
L’eredità dell’ufficio di avvocazia si ritrova in altre zone della Marca Veronese, accostabile, per questo aspetto, alle regioni me- ridionali del Regno Teutonico (33). Per alcune chiese e [95] mo- nasteri della Marca esso divenne strumento di spoliazioni e pre- varicazioni, verso le chiese come verso le popolazioni soggette (34): rimangono testimonianze, ad iniziare dal territorio trevigia-
(29) CDP, III, n. 1448, 1182 maggio 18, p. 462, Padova = Lanfranchi, S. Giorgio cit., III, n. 418: si tratta di una vendita, seguita il giorno seguente da un atto di consenso da parte della moglie, che si trova in Padova, nella casa appunto di Ugolino de Arsico.
(30) Doc. dell’anno 1190, citato sotto, nota 5 di cap. IX.
(31) Zorzi, Il territorio cit., app., n. 11, anno 1223; cfr. ibidem, p. 83. (32) Doc. dell’anno 1209, citato sotto, nota 10 di cap. IX.
(33) J. Riedmann, Vescovi e avvocati, in C. G. Mor, H. Schmidinger (a cura di), I poteri temporali dei vescovi in Italia e Germania nel Medioevo, Bologna 1979, p. 45, che avvicina espressamente la situazione della Marca di Verona a quella della Germania. I. Rogger, I principati ecclesiastici di Trento e di Bressanone dalle origini alla secolarizzazione del 1236, in Mor, Schmidinger, I poteri temporali cit., pp. 196-197, sottolinea una posizione diversa degli avvocati della chiesa di Trento, che svolgono nel complesso funzioni più limitate rispetto a quelle svolte dagli avvocati delle chiese tede- sche. Ora G. Albertoni, Le terre del vescovo. Potere e società nel Tirolo medievale (secoli IX-XI), Torino, 1966, pp. 230-233, precisa che il processo di ereditarietà per gli avvocati della chiesa di Bressanone inizia dopo il se- colo XI.
(34) Esempi di famiglie che assumono la funzione di avvocazia per una chiesa o un monastero e la trasmettono ereditariamente, a partire dalla se- conda metà del secolo XI, sono illustrati, più o meno ampiamente, nei con- tributi seguenti: A. Castagnetti, La famiglia veronese degli Avvocati (secoli
no nella prima metà del secolo, che attestano la condotta sopraf- fatrice degli avvocati che commettevano spoliazioni violente dei beni, soprusi sulle persone, delitti anche sugli amministratori dei beni delle chiese.