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CAP IV AVVOCATI E VISDOMINI 4.1 L’ufficio di avvocazia

4.5. I visdomini Tanselgardino e Forzaté

Ci è pervenuto l’atto dell’anno 1185, con cui il vescovo Ge- rardo provvide a investire Tanselgardino dell’ufficio di visdomi- no per la Saccisica, vicedominatus Sacci, con i diritti di giurisdi- zione, honor e districtus, ad eccezione dei territori di Celeseo, Sabioncello e Sopracornio, della locazione di mansi – un’espressione non chiara, forse riferita ai mansi concessi diret- tamente dal vescovo – e della giurisdizione sui chierici locali,

districta clericorum de Sacco. Due parti, su tre evidentemente,

del lucrum proveniente dall’esercizio dell’ufficio, detratte le spe- se, dovevano essere corrisposte alla chiesa vescovile. Anche se nella sostanza l’investitura dovette essere intesa come

(66) CDP, III, n. 1456, 1182 settembre 29, Padova, nella casa di Otta- viano.

(67) CDP, III, n. 892, 1166 marzo 10; cfr. Castagnetti, Le città cit., p. 165.

(68) CDP, III, n. 1118, 1173 agosto 14; cfr. Castagnetti, Le città cit., p. 198.

(69) Ibidem, p. 203. (70) Ibidem, p. 204.

un’investitura feudale, nel testo del documento edito non viene fatto ricorso al formulario feudale (71).

La concessione della giurisdizione al visdomino non compor- tò l’esclusione del vescovo da ogni atto di giurisdizione nella Saccisica: come vedremo, il vescovo in alcune occasioni esercite- rà direttamente le sue funzioni signorili, a volte anche senza la presenza del visdomino.

Tanselgardino, come Giovanni di Tado e diversamente da Ot- taviano, non è per noi sconosciuto (72). Egli può essere riallac- ciato (73) [103] a un Pietro di Tanselgardo, documentato nell’anno 1130 (74) e scomparso poco dopo, quando si conosce Marcoardo, figlio appunto del defunto Pietro di Tanselgardo. Nell’anno 1124 Marcoardo stipula un contratto di matrimonio

(71) F. S. Dondi Dall’Orologio, Dissertazione sesta sopra l’istoria ec- clesiastica padovana, Padova, 1812, n. 116, 1185 luglio 27, Padova, palaz- zo vescovile.

(72) Rippe, Commune urbaine cit., pp. 687-688, nota 126, lo ha posto in relazione con un Tanselgardo, documentato fra XI e XII secolo e di condi- zione sociale modesta, quale non è, come appare dall’atto che consideriamo nel testo.

(73) La parentela di Tanselgardino con Pietro di Tanselgardo è verosi- mile, ma non ne conosciamo il grado specifico: potrebbe essere stato anche suo figlio. Figli di Tanselgardino sono Forzaté, futuro visdomino, e Gual- perto, nominato anche negli atti relativi ad Adamo giudice (cfr. sotto, t. c. nota 49 di cap. XI) e nelle investiture di feudo in Corte dell’anno 1215 (doc. dell’anno 1214, citato sotto, nota 7 di cap. XI); Gualperto de Tanselgardis risulta scomparso da un atto del 28 novembre del 1214, ove appare un tutore dei suoi figli e sono nominati beni in Corte: ACVP, Feuda Varia = t. 30, perg. 45; di Tanselgardino è conosciuta anche una figlia, Iacobina, che spo- sa uno dei Cattani di Vigonza (Bortolami, Fra alte ‘domus’ cit., p. 37, nota 146; cfr. anche p. 31, nota 114); è suo figlio forse anche Alidux, che è detto appunto figlio di Tanselgardino, per il quale non si specifica la qualifica di visdomino: CDP, III, n. 965, 1169 settembre 1, e n. 1371b, 1180 giugno 10.

(74) CDP, II, n. 213, 1130 giugno 18; cfr. anche n. 360, 1139 marzo 8. India figlia del defunto Pietro di Tanselgardo dona al monastero di S. Giu- stina una massaricia in Rovolone per l’anniversario del figlio defunto Litul- fo; un altro figlio di Tanselgardo, Rainaldo, effettua una permuta con il mo- nastero di Praglia: n. 337, 1138 aprile 30.

con un da Fontaniva per i loro figli (75), con il quale si vengono ad intrecciare vicende, interessi e funzioni tra la famiglia degli avvocati vescovili e quella che in futuro diverrà la famiglia dei visdomini vescovili. L’atto viene redatto in Venezia, nella casa di Steno Ziani, appartenente ad una famiglia che si viene afferman- do in ambito pubblico dalla fine del secolo XI: Steno assistette nell’anno 1116 ad un privilegio di Enrico V per il duca Ordelaffo Falier (76). La presenza in Venezia di un da Fontaniva è ben giu- stificata, del resto, dalla funzione di avvocazia che mezzo secolo prima Uberto aveva assunto per il monastero veneziano dei Ss. Ilario e Benedetto (77). Non seguiamo Marcoardo e i suoi di- scendenti, [104] per i quali non abbiamo ricostruito in modi certi i rapporti familiari (78).

Tanselgardino, fin dalla sua prima comparsa nella documen- tazione, verso la fine del sesto decennio del secolo, appare attivo nell’ambito della società cittadina: è in relazione con il conte di Padova Manfredino (79) e con alcuni fra i maggiori esponenti del ceto signorile (80), in contatto assiduo con la chiesa vescovile,

(75) CDP, II, n. 149, 1124 maggio 7: i testimoni sono padovani e vene- ziani; fra i primi appare un genero di Ariprando, questi probabilmente un da Fontaniva: cfr. anche n. 176, 1127 giugno 15, Caselle, testamento di Milone di Giovanni Punga.

(76) Lanfranchi, S. Giorgio cit., II, n. 110, 1116 marzo 11, Venezia. (77) Doc. dell’anno 1064, citato sopra, nota 6.

(78) Marcoardo, figlio di Pietro di Tanselgardo, è testimone a vari ne- gozi; ne citiamo alcuni significativi: CDP, II, n. 224, 1131 giugno 5, Vene- zia: donazione dei da Baone al monastero di S. Cipriano; n. 431, 1144 giu- gno 14: donazione del vescovo Bellino al monastero di S. Maria Carceri; n. 599, 1153 ottobre 3, Padova: concessione vescovile della chiesa di Tencaro- la al monastero di Praglia, cui assistono anche il conte Iacobo e Ottaviano visdomino; III, n. 714, 1159 febbraio 14, Padova: investitura vescovile di feudo. Difficile proporre l’identificazione del nostro con Marcoardo console nel 1142, che ha un figlio Corrado, console nel 1166: Castagnetti, Le città cit., p. 204.

(79) Doc. dell’anno 1177, citato sopra, nota 60 ex.: Tanselgardino pri- mo testimone, precede Alberto Terzo (cfr. sotto, t. c. nota 29 di cap. V), Guglielmo di Compagno (cfr. sotto, t. c. nota 38 di cap. VI), Gnanfo (cfr. sotto, t. c. nota 4 di cap. IX), Ottaviano visdomino e altri.

(80) CDP, III, n. 893, 1166 marzo 17: si tratta di un atto complesso che vede implicati Manfredo d’Abano, di un ramo cadetto dei conti di Padova

testimone ad atti del vescovo (81), investito di beni in feudo (82), proprietario, infine, di terre nella Saccisica (83). Qui eserci- ta una propria [105] influenza, prima ancora di divenire visdomi- no: interviene, egli in persona e poi un suo inviato, nella contro- versia fra il vescovo e Adamo figlio di Adamo giudice di Sacco (84); ivi dispone di propri uomini (85); ancora, una controversia viene portata al cospetto di un suo gastaldo, Giovanni di Curzo (86), del cui figlio Egidiolo avremo occasione di riparlare (87).

Tanselgardino, come Giovanni di Tado e Ottaviano, riveste la magistratura consolare nell’anno 1184, secondo un documento inedito citato dal Gloria (88).

(cfr. sopra, t. c. nota 39), il quale ha dato un feudo a domina Berta, che rite- niamo debba essere identificata con la vedova di Giovanni Sicherio (Berta, moglie di Giovanni Sicherio, è nominata nel documento dell’anno 1144, citato sopra, nota 21, e, quale vedova, nel documento dell’anno 1147, citato nella stessa nota 21), Dalismano e Ubertino di Marcoardo; n. 966, 1169 no- vembre 30: concessione di un feudo da parte di Albertino da Baone; Sam- bin, Nuovi documenti cit., n. 48, 1174 dicembre 2, atto concernente Engele- rio da Montagnone.

(81) CDP, III, n. 655, 1156 febbraio 2; n. 946, 1189 gennaio 3.

(82) CDP, III, n. 937, 1168 agosto 8: permuta di feudi con il vescovo, che investe Tanselgardino di un molino in San Giorgio delle Pertiche «ad unam fidelitatem et ad unum servicium».

(83) Lanfranchi, S. Giorgio cit., II, n. 280, 1158 giugno 13, Tanselgar- dino confinante in Codevigo; n. 919, 1167 dicembre 3, confinante in Corte; n. 995, 1169 maggio 26, confinante in Corte; n. 1192, 1175 ottobre 19, con- finante in Piove, in campagna di Brugine; n. 1408, 1181 aprile 21, confinan- te in Piove. Altre notizie su Tanselgardino e sui suoi discendenti si leggono, sulla scorta di documentazione anche inedita, in Bortolami, Fra ‘alte do- mus’ cit., p. 8, nota 19.

(84) Cfr. sotto, t. c. nota 48 di cap. XI. (85) CDP, III, n. 1427, 1181 novembre 29.

(86) CDP, III, n. 940, 1168 settembre 3, Piove, nella casa di Giovanni di Curzo = E. Malipiero Ucropina (ed.), Ss. Secondo ed Erasmo, Venezia, 1958, n. 24.

(87) Si veda sotto, par. 12.1.

(88) A. Gloria, Monumenti della Università di Padova (1222-1318), I, Venezia, 1884, p. 14, nota 8, e p. 15, nota 1. Ad un consolato di Tanselgar- dino, con Dalismanino, si allude forse in un passo di una testimonianza da- tabile intorno al 1184: Zorzi, Il territorio cit., p. 126 e app., doc. 1. Secondo il Liber regiminum Padue, in RIS, VIII/1, Città di Castello, 1905-1908, ed.

Nell’anno 1186 Tanselgardino assiste, primo fra i testimoni, all’investitura vescovile a due membri del gruppo parentale dei Farisei (89); egli viene ricordato più volte negli atti del processo Farisei, una volta anche, erroneamente ma significativamente, con il titolo di comes Plebis (90).

[106] Sempre nell’anno 1186 egli ordina, per il vescovo, di compiere atti di inquisizione connessi ad una controversia relati- va alle acque di un fossato (91). Pochi anni dopo, assiste ad una vertenza fra la stessa chiesa vescovile e l’arciprete della pieve di S. Martino di Piove (92).

Nell’anno 1190 (93) Tanselgardino con Ugolino, avvocato dell’episcopio (94), si rende garante con gli inviati di Enrico VI del pagamento di cento marche d’argento che il vescovo deve per la spedizione regale e per il fodro (95); partecipa anche alla curia vescovile indetta per l’adiutorium alla spedizione regia per l’in- coronazione (96).

Nell’anno 1199, assiste il vescovo Gerardo, che, nel suo pa- lazzo padovano, accoglie la richiesta dei marici, con un seguito di vicini, dei comuni di Corte, Campolongo Maggiore e Boione, che si rivolgono al vescovo, affinché, proprio per il suo ruolo di

dominus, comes e defensor delle comunità, intervenga in loro di-

fesa, ponendo il bannum, proteggendo cioè da invasioni e usur-

A. Bonardi, pp. 294-295, ripreso da Bortolami, Fra ‘alte domus’ cit., p. 8, Tanselgardino sarebbe stato console negli anni 1183 e 1188.

(89) Cfr. sotto, par. 12.4.

(90) Perg. 100, teste Enrico di Danisio; il passo è riportato anche in Zor- zi, Il territorio cit., p. 287.

(91) Malipiero Ucropina, Ss. Secondo cit., n. 42; cfr. sotto, t. c. nota 116 di cap. VI.

(92) Benasaglio, Per la continuazione cit., n. 33, 1191 gennaio 29, Pa- dova, nel palazzo vescovile; cfr. sopra, t. c. nota 97 di cap. III.

(93) Doc. dell’anno 1190, citato sotto, nota 1 di cap. IX. (94) Cfr. sopra, t. c. note 24 ss.

(95) Cfr. Brühl, Fodrum cit., I, p. 698, nota 596, e Haverkamp, Her- rschaftsformen cit., II, p. 676, nota 17, e p. 692, nota 77.

pazioni, sui beni comuni, sui boschi, le valli e le paludi, sulle ter- re da poco poste a coltura (97).

Ad alcuni atti vescovili, più o meno rilevanti, concernenti le comunità della zona, Tanselgardino risulta assente. Nell’anno 1188 il vescovo definisce una controversia fra il comune di Piove di Sacco e i comuni dei rimanenti villaggi del ‘suo’ plebatus – si noti la sostituzione del termine plebatus a iudiciaria o iudicatus – , rappresentati da Codevigo, Arzere, Curtis Folverti, Vallonga, Tognana e Cambroso, [107] ancora una volta per regolare lo sfruttamento delle superfici boschive (98): i marici dei villaggi debbono avere la stessa facoltà dei marici di Piove nel concedere di tagliare la legna sui boschi dello iudicatus; diritti pari debbono avere le comunità anche per la regolamentazione dei boschi, lo scavo dei fossati, l’utilizzazione delle fornaci.

Nell’anno 1201 (99) due abitanti di Cambroso e di Tognana, procuratori di Piove e dei villaggi del suo iudicatus – Arzere, Vallonga, Codevigo, Tognana e Cambroso –, concedono ad Al- berico di Cambroso in livello perpetuo, ricevendone un prezzo – nei fatti si tratta di una vendita –, un appezzamento situato nel territorio di Sacco, di proprietà del comune di Sacco e di tutti i comuni di Sacco (100). In seguito, il vescovo e i procuratori – tra i quali appare Uberto Avosatus, che apparteneva, come vedremo, al gruppo parentale dei Farisei –, di Piove e del suo iudicatus ap- provano il livello.

(97) P. Sambin, Aspetti dell’organizzazione e della politica comunale nel territorio e nella città di Padova tra il XII e XIII secolo, «Archivio Ve- neto», LVIII-LIX (1956), app. n. 1, 1199 gennaio 26, Padova, palazzo ve- scovile.

(98) Pinton, Codice diplomatico cit., pp. 52-53, n. 285, 1188 febbraio 9. (99) M. Bonfioli, Per la continuazione del Codice diplomatico padova- no, tesi di laurea, Istituto di Storia medioevale e moderna, Università degli studi di Padova, a. acc. 1975-1976, II, Documenti ed Indice, n. 6, 1201 apri- le 11, Cambroso, e 1201 settembre 5, Padova, palazzo vescovile.

Dopo la morte di Tanselgardino, il vescovo Gerardo nell’anno 1204 (101) investe il figlio Forzaté (102) del visdominato di Sac- co, [108] in feudo e con la prestazione del giuramento di fedeltà, come è questa volta espressamente dichiarato. Viene specificato che l’investitura del vicedominatus concerne Piove con il suo iu-

dicatus e Corte con il suo iudicatus, ed ancora Sant’Angelo, ec-

cettuati i beni che il vescovo detiene direttamente, ad suas ma-

nus. Il lucrum sarà ripartito come in precedenza. L’anno seguente

(103) il vescovo investe Forzaté anche del podere, già detenuto da Girardino de Clavellis nei villaggi di Rosara, Melara e Cam- broso e nel loro iudicatus (104).

Forzaté, tuttavia, non è nominato in un atto complesso, che si svolge all’inizio dell’anno 1205 con l’autorizzazione del vescovo (105). Torello di Codevigo, procuratore (106), per mandato di

(101) Dondi Dall’Orologio, Dissertazione sesta cit., n. 167, 1204 agosto 24, Padova, palazzo vescovile.

(102) Bortolami, Fra ‘alte domus’ cit., p. 37, nota 146, si sofferma su Forzaté, figlio di Tanselgardino e visdomino vescovile, citando un docu- mento inedito dell’anno 1186, non quello, edito, di investitura dell’anno 1185 (doc. citato sopra, nota 71); i discendenti, fra cui va annoverato, se- condo la tradizione, anche il vescovo padovano Giordano, assumono il no- me di Forzaté: A. Rigon, Religione e politica al tempo dei da Romano. Giordano Forzaté e la tradizione agiografica antiezzeliniana, in G. Cracco (a cura di), Nuovi studi ezzeliniani, voll. 2, Roma, 1992, II, p. 392, che se- gnala anche l’assunzione, per breve tempo, da parte di Forzaté dell’avvocazia del monastero di S. Giustina.

(103) Dondi Dall’Orologio, Dissertazione sesta cit., n. 168, 1205 mag- gio 5, Padova, nel palazzo vescovile, edizione ignorata dal Rippe, Commune urbaine cit., p. 687, nota 124, che segnala il documento come inedito.

(104) Questo terzo iudicatus conferma la posizione esterna con cui, a volte, si presentano i villaggi rispetto al territorio di Piove. Cfr. sotto, par. 5.1.2.

(105) Bonfioli, Per la continuazione cit., n. 37, 1205 gennaio 15, Code- vigo. Ancora, per l’azione dei procuratori di Piove e dei villaggi del suo iudicatus, si veda ibidem, n. 39, 1205 marzo 27, Sacco, presso il campanile, ove, come in altre occasioni, Sacco equivale a Piove, come nel testo risulta l’equivalenza tra il comune Sacci e i villaggi del suo iudicatus e il comune Plebis e i villaggi del suo iudicatus.

Gerardo, vescovo e conte di Sacco, con il consenso dei procura- tori suoi soci, fra i quali erano Enrico di Danisio (107), Egidiolo di Curzo (108) e Bertaldo di Curtis Folverti – non è detto di chi fossero procuratori, ma sembra di poter dedurre, per un accenno successivo, dei comuni di Piove e di quelli del suo iudicatus, nei quali era compreso anche Codevigo, rappresentato da Torello –, investe a livello Albertino di Bertaldo di Codevigo di terre del comune di Codevigo, per risarcirlo di terre incolte nel territorio di Sacco, a lui assegnate, come agli altri uomini di Codevigo, ter- re che egli aveva ridotto a coltura e delle [109] quali era stato e- spropriato dal comune di Padova, non è detto per quale fine.

Nell’agosto dello stesso anno, un atto dei procuratori di Piove e del suo iudicatus, con il quale essi danno a livello un appezza- mento, è compiuto alla presenza e con l’autorizzazione del vi- sdomino Forzaté (109). Nell’ottobre il visdomino, stando nel ci- mitero della pieve (110), approva e conferma, con la sua integra

auctoritas, una permuta di terra effettuata da Baialardo di Anse-

disio, uno dei Giustini (111), e da Lusco di Almerico, sindici del comune di Piove e del suo iudicatus, con Nicolò di Badesia.

Nell’anno 1209 è presente nella curia dei vassalli vescovili radunata per l’adiutorium al re Ottone IV (112). Non lo seguia- mo nelle vicende ulteriori. Ci limitiamo a ricordare che egli dà inizio e nome ad una famiglia magnatizia, ancora potente nella

(106) Torello di Codevigo è procuratore con altri del comune di Piove e del suo iudicatus anche l’anno seguente: ibidem, n. 50, 1206 giugno 25, Piove.

(107) Cfr. sotto, par. 12.2. (108) Cfr. sotto, par. 12.1.

(109) T. Pesenti, Per la continuazione del Codice diplomatico padova- no, tesi di laurea, Istituto di Paleografia e diplomatica, Università degli studi di Padova, a. acc. 1973-1974, II, Documenti, n. 53, 1205 agosto 29, Piove.

(110) Pinton, Codice diplomatico cit., pp. 56-57, n. 289, 1205 ottobre 2, Piove.

(111) Cfr. sotto, par. 12.3.

seconda metà del secolo XIII (113), dalla quale proverrà anche un noto vescovo (114).

(113) Hyde, Padova cit., pp. 274-275: i Forzaté sono inseriti nell’elenco dell’anno 1278 comprendente i signori che hanno giurisdizione sui villaggi del comitato padovano, specificando che a loro sono soggetti, subditi, i vil- laggi di Codevigo, Rosara, Melara, Cambroso e Vallonga. Nel naufragio della signoria vescovile – non a caso il vescovo non è più ricordato in questa lista, mentre era presente tra i magnati elencati prima e dopo la metà del secolo – i Forzaté avevano saputo mantenere ed anche estendere la loro in- fluenza politica nel contado, un processo, questo, caratteristico dei rapporto tra il comune padovano e il suo comitato e, almeno parzialmente, un proces- so in ‘controtendenza’: Castagnetti, La Marca cit., pp. 127-128; G. M. Va- ranini, Istituzioni, società e politica nel Veneto dal comune alla signoria (secolo XIII-1329), in Castagnetti, Varanini, Dai comuni cittadini cit., pp. 348-351. Alcuni membri della famiglia furono posti al bando fra XIII e XIV secolo: Hyde, Padova cit., pp. 227-228.