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CAP II STRUTTURE TERRITORIALI, ASPETTI SOCIALI ED ECONOMICI, RAPPORTI CON VENEZIA

2.1. Vicus, curtis e fines di Sacco

[39] Complessi dovettero essere i rapporti eventuali tra vicus e curtis di Sacco. Poiché la curtis, certamente, traeva il nome dall’antico vicus di Sacco, è probabile che questo villaggio fosse in origine il solo o, almeno, il più importante centro demico della zona, poi affiancato da altri insediamenti, divenuti vici, centri di un proprio territorio, per quanto ancora gravitanti verso Sacco: tale appare alla fine del secolo IX il vicus di Campolongo, quan- do l’abate di S. Zeno, stando, si noti, nel vicus di Sacco, dà in locazione alcuni poderi (1). La crescita di nuovi villaggi fu favo- rita, forse, anche dal distacco, per donazione dei sovrani carolin- gi, di alcuni poderi dalla grande curtis fiscale di Sacco.

La curtis regia, che, nel periodo stesso delle locazioni effet- tuate dall’abate del monastero veronese, viene donata nella sua rimanente interezza da Berengario I alla chiesa padovana, si do- veva estendere, nella parte più consistente, sopra Piove, nella zo- na settentrionale della Saccisica, sulla destra del fiume Cornio, come appare dallo schizzo geografico in appendice. Dal centro domocoltile con tutta probabilità si venne sviluppando un villag- gio, che ne assunse anche il nome, quello appunto di villa de

Curte, attestato nella seconda metà del secolo XI (2): esso man-

tenne a lungo il carattere originario di centro amministrativo di un vasto territorio, dal momento che, ancora nell’anno 1080, nell’ambito delle trattative fra la chiesa vescovile e le comunità della Saccisica, un gruppo di consortes, con a capo un [40] ga- staldo, si qualifica come abitante nel ministerium di Corte (3). Di questa villa pochi anni appresso si dice che è inserita nel distretto di Sacco (4).

(1) Cfr sopra, t. c. nota 51 di cap. I.

(2) CDP, I, n. 189, 1064 giugno 2: il documento, giuntoci in copia del secolo XV, suscita alcuni dubbi.

(3) CDP, I, n. 262, doc. 1080 gennaio 9, Piove; cfr. sotto, t. c. note 37 ss. di cap. III.

Nel frattempo si erano venuti sviluppando altri centri demici della consistenza di un villaggio, a loro volta dotati di un territo- rio proprio. Il nome di Sacco, forse in origine proprio di un solo villaggio, poi assunto anche dalla grande curtis fiscale, rimase a connotare un territorio assai vasto, tuttavia non più facente capo solo al vicus omonimo. Mentre la zona, che vedeva crescere al proprio interno nuovi centri demici, si evolveva in un distretto ed assumeva la denominazione propria di fines di Sacco e, sempre più, di fines Sacisica (5), il vicus di Sacco abbandonò progressi- vamente, anche se in modo non definitivo (6), il nome originario. Si assiste dapprima ad una fase di incertezza terminologica con la prevalenza progressiva di un centro abitato situato presso la chie- sa plebana, il quale prende nome, appunto, di Plebs (7), donde l’odierna Piove di Sacco, che venne a sua volta inserita nei fines della Saccisica, nel comitato di Treviso. Questa collocazione, di- venuta consueta, rimase in vigore fino al secolo XII.

Dalla considerazione della documentazione privata, più tardi anche da quella pubblica (8), emergono via via altri villaggi inse- riti nel distretto della Saccisica (9): citiamo, per il periodo più

(5) Ci limitiamo a segnalare il primo documento: B. Lanfranchi Strina (ed.), SS. Trinità e S. Michele Arcangelo di Brondolo. II. Documenti 800- 1199, Venezia, 1981, n. 4, 988 febbraio 8, Codevigo: un abitante «de loco qui dicitur Sacco» dona terre in Arzere, «in fine Sacisicca», nel comitato di Treviso.

(6) CDP, I, n. 221, 1073 agosto 25, in vico Saco. (7) Cfr. sotto, par. 2.2.

(8) Cfr. sotto, par. 5.1., la documentazione dell’età di Federico I.

(9) Nella prospettiva delineata, che va verificata con indagine approfon- dite sul territorio, si inseriva già G. Fasoli, Castelli e signorie rurali, in A- gricoltura e mondo rurale in Occidente nell’alto medioevo, Spoleto, 1966, poi in G. Fasoli, Scritti di storia medievale, Bologna, 1974, p. 62, che se- gnalava la curtis di Sacco come “esempio tipico” di un centro propulsore di bonifica e di dissodamento di terre paludose, osservazione ripresa da G. Andenna, La signoria ecclesiastica nell’Italia settentrionale, in Chiesa e mondo feudale nei secoli X-XII, Milano, 1995, p. 115, che vi aggiunge di suo il ruolo decisivo della fortificazione, per cui si veda sotto, t. c. note 19- 21; cfr. anche sotto, nota 90 di cap. III.

antico, [41] Codevigo, posto nei fines (10) e, una volta, in loco

Sacco (11), ed Arzere (12); più tardi Rosara (13). Un tale pro-

cesso fu dovuto, insieme, alla crescita della popolazione e all’aumento delle superfici coltivate, secondo un’evoluzione ge- nerale avvenuta in quei secoli nell’Italia padana (14).

[42] 2.2. La pieve di S. Martino di Piove di Sacco e il castello Poche sono le notizie relative ad un castello nel territorio. La sua esistenza è documentata per la prima volta nell’anno 1005, quando di un gruppo di abitanti che si erano recati a Venezia, presso il duca, viene detto che sono «homines habitantes Sacco

(10) CDP, I, n. 72, 988 dicembre: donazione al monastero della SS. Tri- nità e di S. Angelo di Brondolo di due appezzamenti situati «in comitatu Tervisionense et in fine Sacissica, in loco et fundo Caput de Vicco»; Lan- franchi Strina, SS. Trinità cit., n. 4, 998 febbraio 8, atto concernente terre nella Saccisica, redatto in Codevigo.

(11) CDP, I, n. 104, 1019 agosto 12 = L. Lanfranchi (ed.), S. Giorgio Maggiore. II. Documenti 982-1159; III. Documenti 1160-1199 e notizie di documenti, Venezia, 1968, II, n. 4: due coniugi longobardi «habitatores in loco Sacco ubi dicitur Caput de Vicco», a testimoniare che l’antica dicitura Sacco per indicare il distretto viene occasionalmente ripresa, essendovi in- serito in questo caso il villaggio di Codevigo.

(12) Lanfranchi Strina, SS. Trinità cit., n. 4, 998 febbraio 8, Codevigo; CDP, I, n. 85, 1008 aprile 13; n. 108, 1024 dicembre 30; ma anche fines di Arzere nel comitato di Treviso: ibidem, n. 104, 1019 agosto 12. Arzere può essere accostata con cautela all’odierna Arzergrande: cfr. sotto, nota 75 di cap. VI.

(13) CDP, I, n. 180, 1060 aprile 8, Rosara; ma ancora nell’anno 988 non era specificato che il vicus di Rosara si trovasse nella Saccisica, pur posse- dendo un abitante del vicus di Rosara beni in Codevigo nella Saccisica: CDP, I, n. 72, 988 dicembre, in villa Rosaria.

(14) Un’esemplificazione della crescita di villaggi nell’ambito dei di- stretti signorili nella bassa pianura veronese, tra X e XII secolo, può essere colta con immediatezza nelle due cartine storico-geografiche, tracciate da A. Castagnetti, La pianura veronese nel medioevo. La conquista del suolo e la regolamentazione delle acque, in G. Borelli (a cura di), Una città e il suo fiume. Verona e l’Adige, voll. 2, Verona, 1977, I, pp. 47-48.

castellumque pene posito» (15), espressione che rivela un altro aspetto dell’incertezza terminologica, cui abbiamo testé accenna- to. Sul documento dell’anno 1005 torneremo a soffermarci.

Il castello viene menzionato una seconda volta, in riferimento alla chiesa di S. Martino, che è situata in castro Pleve (16), chie- sa che nella documentazione rimanente coeva è solitamente desi- gnata come situata nel locus di Pleve o Piove (17). Sulla stretta connessione tra castello e pieve (18) possiamo avanzare due ipo- tesi: il castello fu edificato nel luogo della chiesa plebana, inglo- bandola, o una chiesa privata, edificata, come di consueto, entro o presso il castello, ascese alla dignità di pieve, anche per la spin- ta dei rispettivi signori, spesso [43] vescovi e abati di grandi mo- nasteri, processo ampiamente accertato per altre zone padane (19).

Non sembra che il castello abbia svolto un ruolo determinante nel processo di formazione e di sviluppo della signoria vescovile: del castello praticamente si tace nella documentazione disponibi-

(15) Doc. dell’anno 1005, citato sotto, nota 41.

(16) CDP, I, n. 142, 1041 ottobre 31. Abbiamo rinvenuto la menzione occasionale di un castello verso la fine del secolo XII: doc. dell’anno 1199, citato sotto, nota 22 di cap. XIV.

(17) CDP, I, n. 143, 1044 ottobre 15; anche n. 86, 1008 luglio 6, per quanto lacunoso: «ecclesia Sancto Martino in loco [...]»; n. 89, 1009 set- tembre: riferimento alla plebs, detta poi chiesa di S. Martino «... que est constructa in fundo *** qui dicitur Plebe»; n. 214, 1072 febbraio 27, in villa Plebe: «ecclesia Sancto Martino sita loco Pleve».

(18) Sui rapporti tra castelli e pievi si veda A. A. Settia, Castelli e vil- laggi nell’Italia padana. Popolamento, potere e sicurezza fra IX e XIII seco- lo, Napoli, 1984, pp. 250-251 per il riferimento a Piove. Sui rapporti e le connessioni, a volte anche di evoluzione, di curtis e capella fiscali con ca- strum e plebs posteriori, si vedano, per ambiti circoscritti, le numerose e- semplificazioni con esito ‘positivo’ illustrate, per il territorio veronese, in Castagnetti, La pieve cit., pp. 141-152; Castagnetti, La pianura cit., pp. 52- 54; per i territori reggiano e modenese, Castagnetti, L’organizzazione cit., osservazioni conclusive rispettivamente a pp. 124-126 e a pp. 145-147, 157- 158.

(19) Per l’acquisizione della dignità di pieve da parte delle cappelle ca- strensi si vedano, per il territorio veronese, Castagnetti, La pieve cit., pp. 148-152, e per i territori reggiano e modenese, Castagnetti, L’orga- nizzazione cit., pp. 125-126, 158.

le, anche in quella inedita fra XII e XIII secolo. Nei rapporti complessi e, a volte, decisivi che si svolgono fra signore e uomini liberi, detti più tardi arimanni, del villaggio di Sacco e, poi, degli altri villaggi del distretto, non sembra incidere la presenza di una forza militare signorile nel castello o di obblighi che gli abitanti debbono assolvere nei confronti del castello, come, invece, av- viene in molti altri distretti signorili, anche nel territorio padova- no, sia nell’ambito della stessa signoria vescovile, come a San Giorgio delle Pertiche (20), come di signorie laiche, come per quella della dinastia marchionale estense nella Scodosia per il castello di Montagnana (21).

La pieve di Sacco rappresenta una delle pievi più antiche dei territori di Treviso e di Padova: tralasciando il comitato trevigia- no, per il quale la documentazione è assai scarsa fra X e XI seco- lo, segnaliamo per quello di Padova la pieve di S. Giustina di Monselice (22), il centro ecclesiastico di un distretto pubblico, già comitato e poi iudiciaria (23).

Non sappiamo se la pieve di S. Martino fosse soggetta fin dal- le origini dalla chiesa vescovile padovana: se così fosse stato, ciò potrebbe significare che l’organizzazione diocesana ecclesiastica aveva conservato nella sua struttura circoscrizionale l’ambito di- strettuale del [44] territorio di età romana. Questo aspetto conser- vativo, rispetto alle trasformazioni di età longobarda, avrebbe potuto facilitare il riassorbimento progressivo della zona nell’influenza padovana, dapprima attraverso l’assegnazione di beni estesi e di poteri giurisdizionali alla chiesa vescovile, alla fine con l’affermazione del controllo politico in età comunale, come vedremo.

La chiesa plebana di S. Martino è attestata dall’inizio del se- colo XI; in essa vive un clero numeroso: cinque preti e almeno

(20) Cfr. sotto, t. c. nota 73 di cap. V. (21) Cfr. sotto, t. c. nota 39 di cap. VIII. (22) CDP, I, n. 51, 968 luglio.

(23) Castagnetti, Il Veneto cit., pp. 192-193; cfr. anche Settia, Monselice cit., pp. 88-89.

due diaconi sono presenti nell’anno 1008 (24). La pieve ha dato, con tutta probabilità, il nome al villaggio situato presso di essa, dapprima designato genericamente quale locus Plebe (25), poi

villa Plebe (26). Il villaggio poteva essere costituito dall’antico

insediamento del vicus di Sacco od anche essere di formazione più recente, cresciuto presso il centro plebano, che poteva essere stato edificato in una zona non coincidente con l’antico centro demico: questo spiegherebbe, almeno in parte, l’oscillazione del- le designazioni topografiche e il nome stesso, Plebs, attestato già nel penultimo decennio del secolo X (27).

Chiesa e clero potevano disporre di un patrimonio consistente [45], che venne costantemente accresciuto nel corso del secolo XI, come attestano le donazioni effettuate dagli abitanti (28).