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CAP VII DECIMA, ARIMANNI, TERRE NUOVE E CONFLITTI DEL VESCOVO CON I VASSALL

7.2. La riduzione a coltura delle superfici boschive

Negli ultimi decenni del secolo XII si sviluppa (24), anzi si accelera, nel territorio della Saccisica, come nel resto del territo- rio padovano (25) e in molti altri territori della bassa pianura pa- dana (26), un processo di conquista delle terre incolte, con la ri- duzione delle [184] superfici boschive e con l’attività di bonifica in senso proprio. Questo processo si intrecciò con la questione dell’esazione delle decime, soprattutto, come è ovvio, di quelle delle terre nuove, per cui scaturirono liti complesse (27).

Oggetto precipuo del contendere tra il vescovo e i suoi vassal- li, particolarmente con i Farisei (28), erano le decime che dove- vano essere corrisposte per le terre poste a coltura da uno o due decenni in una zona a ridosso del Brenta e in quella ove sorgeva il vicus di Roveda (29), attestato già nell’anno 1179 (30), quando

(24) Ricordiamo che in un documento dell’anno 1158 si fa riferimento allo sfruttamento delle terre nuovamente poste a coltura, ampla sive novalia: CDP, III, n. 705, 1158 novembre, Padova.

(25) S. Bortolami, Pieve e ‘territorium civitatis’ nel medioevo. Ricerche sul campione padovano, in P. Sambin (a cura di), Pievi e parrocchie nel Veneto dal X al XV secolo, Venezia, 1987, pp. 55-70.

(26) Ci limitiamo a rinviare a quanto delineato in Castagnetti, La pianu- ra cit., pp. 54 ss., par. 6: “L’epoca dei grandi disboscamenti: secoli XI- XIII”.

(27) Ad esempio, il processo per decime e decime novalium nella Sco- dosia, cui abbiamo già accennato: Zorzi, Il territorio cit., app. n. 4, anno 1199; ancora, un processo per le decime dei ronchi di Busiago, i cui atti sono editi da Bortolami, Pieve cit., app., nn. 1-8, anni 1188-1192.

(28) Cfr. sotto, cap. XIII.

(29) Riportiamo alcuni passi, tratti dagli atti processuali (pergg. 79, 88, 89 e 100), senza soffermarci ad indicare puntualmente le singole testimo-

il nemus vici de Roveta (31) è indicato nella confinazione di un appezzamento nel territorio di Piove, in finibus Plebis, oggetto con altri di una permuta fra il vescovo e Martino canevarius (32). Il vicus va identificato [185] con l’odierna località di Vigorovea, ora in comune di Sant’Angelo di Piove di Sacco, sulla strada da Padova a Piove, allora in territorio di Piove, come la località vi- cina di Brugine, cui sotto accenniamo. Questo aspetto conferma quanto è noto per il periodo (33): pur nella scarsità di una docu- mentazione che attesti in modo diretto l’attività colonizzatrice, molti dei nuovi villaggi derivano il loro nome da fitotoponimi, da boschi e da attività di disboscamento, come Ronchi e simili (34).

Tutta la zona a nord-ovest di Piove era rimasta fino ad allora, per quanto abbiamo potuto constatare, priva di centri abitati della consistenza di un villaggio. Anche il villaggio di Brugine, a sud di Vigorovea e ad ovest di Piove, risulta attestato nell’anno 1138, per la prima volta, come località minore, essendovi collocato uno dei sedici appezzamenti variamente dislocati nel territorio della nianze: «ampla de fossa de Luvolo; pro decima unius pecie de terra iacente in vico de Roveda, que terra est de amplis novis Plebis; pro decima suorum runcorum seu novalium vici de Roveda; pro decima sue terre nove vici de Roveda; ampla nemoris de Brenta; in vico de Roveda et in ampla de Brenta; ampla novalium ... nemorum Plebis et villarum eius iudicatus; mansus de terra novalium in vico Roveda; nemus Saci ... runcatum, a XVII in ça; vicus de Roveda prata et buscus de Brenta fuere runcata; in vico de Roveda in prata et a Brenta; ecc.».

(30) CDP, III, n. 1343, 1179 dicembre 2, Padova, palazzo episcopale: fra i testimoni appaiono persone già incontrate o che incontreremo: Gnanfo, Lanfranco di Giso, Pietrobono giudice, Enrico Duca di Piove.

(31) Olivieri, Toponomastica veneta cit., p. 63: il toponimo, secondo l’indicazione dell’autore, che cita espressamente anche il nostro villaggio, si riallaccia a rubus: rovo, pruno, spino.

(32) Martino canevarius appare con frequenza nella documentazione re- lativa a Piove e alla Saccisica; egli è presente anche all’atto di investitura dei Farisei dell’anno 1186, secondo alcune testimonianze: perg. 88, Enrico di Dionisio e Gumberto di Lantelda.

(33) Castagnetti, La pianura cit., p. 54.

(34) Negli atti del processo Farisei sovente la zona di nuova acquisizio- ne alla coltura, runci nemoris, viene definita come runchi noviter facti e le sue terre quali runcate et ad novam cultura reducte.

villa Plebe e pertinenti di un sedimen, situato nella villa stessa

(35).

La riduzione di nuove terre alla coltura aveva interessato an- che la cittadinanza padovana, che aveva potuto acquisire nella zona dei mansi o poderi contadini (36). Alla fine del secolo, i

caneparii del [186] comune cedono a livello perpetuo quattro

mansi, con l’obbligo di un censo di dodici denari per campo e al prezzo di centoquaranta lire per manso (37): gli acquirenti do- vranno porre coltivatori che abitino sui mansi; i coltivatori saran- no esentati dagli onera rusticana e i loro carichi fiscali equiparati a quelli dei cives Paduani (38).

La superficie dei mansi è di venti campi per ciascuno, una ri- partizione regolare che è di per se stessa indizio di recente forma- zione; ancor più, essi appaiono costituire un blocco compatto

(35) CDP, II, n. 352, 1138 novembre 29, Padova = Lanfranchi, S. Gior- gio cit., II, n. 193; cfr. anche CDP, III, n. 676, 1157 marzo 8; n. 711, 59 gennaio 12; n. 1132, 1173 novembre 19; n. 1397, 1181 marzo 14, Piove: un appezzamento in campagna di Brugine è situato in confinio Plebis. Ancora, Malipiero Ucropina, Ss. Secondo cit., n. 51, 1192 gennaio 5, Piove: un ap- pezzamento in Brugine, finibus Plebis; Benasaglio, Per la continuazione cit., n. 40, 1191 ottobre 7, Monselice: decime per terre in Brugine; n. 49, anno 1192: Brugine in confinio Plebis. Nei documenti citati Brugine non appare indicato quale vicus o villa, villaggio al centro di un proprio territo- rio.

(36) Circa la costituzione di poderi contadini, mansi, sulle terre nuove, significativo è un documento dell’anno 1158, nel quale si fa riferimento ad ampla e novalia, che sono stati assegnati o occupati secundum morem man- sorum: CDP, III, n. 705, 1158 novembre, Padova. Per la zona di Vigorovea si vedano i riferimenti ai mansi di Albertino da Baone: sotto, t. c. note 98-99 di cap. XV. Ancora, Nicolò de Landis deteneva un manso «de terra nova- lium que iacet in vico de Roveda», per il quale aveva richiesto e ricevuto dal vescovo un privilegio, senza, tuttavia, ottenere l’esenzione della decima: cfr. sotto, t. c. nota 45 di cap. XIII.

(37) Malipiero Ucropina, Ss. Secondo cit. n. 67, 1199 ottobre 5, Padova. (38) Sull’equiparazione con le condizioni fiscali dei cives per gli abitan- ti chiamati a popolare i nuovi centri si veda A. Castagnetti, Primi aspetti di politica annonaria nell’Italia comunale. La bonifica della ‘palus comunis Verone’ (1194-1199), «Studi medievali», ser. III, XIII (1974), p. 398.

(39), dal momento che hanno confinazioni in comune, una delle quali è costituita, si noti, dal «nemus quod fuit illorum de Plebe»: è possibile che una parte delle superfici acquisite con il disbo- scamento sia stata assegnata al comune di Padova (40), che forse avrà partecipato all’impresa o ne avrà sfruttato gli esiti (41). Un intervento del [187] comune, del resto, è attestato all’inizio del secolo XIII, quando una sentenza podestarile obbliga la comunità di Piove a consegnare alla chiesa di S. Martino dieci campi in

roncis de Brenta (42).

L’attività di dissodamento era stata compiuta dalle comunità di Piove e dei villaggi del suo iudicatus. Sappiamo che, almeno in un’occasione, rappresentanti o procuratori della comunità era- no stati incaricati di procedere alla vendita a singole persone e famiglie di terre comuni da dissodare, come afferma nella sua testimonianza Acerbo di Rosara (43), anch’egli vassallo vescovi- le (44), che fu incaricato dal comune di Piove assieme ai suoi

socii, di vendere queste terre agli abitanti di Piove e dei villaggi

del suo iudicatus, il che egli fece, vendendo anche a Spinello dei

(39) Regolarità e contiguità sono proprie degli appezzamenti e dei pode- ri ricavati nelle zone di recente acquisto, come attesta, anzitutto, la bonifica della “palude del comune di Verona”, attuata proprio nell’ultimo decennio del secolo, le cui terre furono assegnate ai cittadini veronesi: Castagnetti, Primi aspetti cit., pp. 399 ss., ripreso succintamente in Castagnetti, La pia- nura cit., p. 81; ibidem, pp. 83-83 per bonifiche successive.

(40) Un cittadino padovano, Oliviero di Aldrigeto (di Rolando) apparte- nente al ceto dirigente (cfr. sopra, nota 83 di cap. VI), risulta avere possessi in Vigorovea, ove si trova anche un appezzamento boschivo che da lui pren- de il nome, appunto nemus Oliverii: doc. dell’anno 1198, citato sopra, nota 120 di cap. VI. Oliviero con il padre Aldrigeto aveva venduto pochi anni prima ad un monastero veneziano sei mansi in Piove, forse risultato di un’attività di colonizzazione : doc. citato sopra, nota 82 di cap. VI.

(41) Per l’intromissione violenta del comune padovano in una zona bo- schiva, soggetta ad intensa attività di bonifica, si veda Bortolami, Pieve cit., p. 67.

(42) Pinton, Codice diplomatico cit., p. 216, regesto di un documento dell’anno 1201; confinano con la terra ceduta il visdomino Tanselgardino ed Egidiolo di Curzo. Possiamo citare anche un intervento del comune cittadi- no in Codevigo: doc. citato sopra, testo seguente la nota 108 di cap. IV.

(43) Perg. 88.

Farisei; ma il teste ha cura di precisare che la vendita non inclu- deva il diritto di decima.

7.3. La questione della decima delle terre nuove e il conflitto