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Coordinazione, con questo termine s’intende l’essenzialità di coinvolgere anche la famiglia nel counseling, così da creare un ponte che possa far

ASPETTI TERAPEUTICI: DAL CONTESTO SOCIALE

N. A.Di.R è un Organizzazione di Volontariato e Associazione Medica a carattere socio-sanitario destinata alla cura e alla prevenzione dei Disturbi d

3) Coordinazione, con questo termine s’intende l’essenzialità di coinvolgere anche la famiglia nel counseling, così da creare un ponte che possa far

riallacciare i rapporti tra il paziente e i familiari (Ricci, 2009, pp. 129-130). Il tempo d’incontro dovrebbe in questo modo diventare uno spazio di tempo basato su un senso di sicurezza dove non si è più soli ma in due. Gli strumenti per creare questo senso di fiducia ci sono e alcuni sono già stati citati più volte:

- Cd, ascoltarli insieme se presenti nella stanza;

- Animale domestico, un cane o un gatto che possono partecipare attivamente all’incontro creando scompiglio, ad esempio nel caso del cane, facendo compiere azioni e dando spunti per conversare;

- Parchi con panchine, soprattutto quando si comincia ad uscire, in due in modo d’avere un rifugio molto verde con un bel paesaggio che dia spunti per condividere pensieri, inoltre una situazione così contemplativa spesso crea un punto di partenza alla formazione di sicurezza interiore nel paziente; - Locali pubblici, come caffetterie con sedie e finestre attraverso la quale guardare il paesaggio fuori creando sensazioni di relax e piacere, lo scopo è quello di trovare un luogo adatto in cui stare anche in solitaria.

L’obiettivo degli incontri è quello di riuscire a far adattare l’Hikikomori a stare in un luogo diverso rispetto alla propria camera, in cui non è più circondato dalla propria solitudine ma da altre persone e dove magari guardare il paesaggio con sottofondo musicale in un luogo pieno di vita.

Un vero passo verso il ritorno alla vita è rappresentato dal risveglio dei cinque sensi: vista, udito, olfatto, tatto e gusto. Già che a un certo punto il paziente possa affermare di “sentire qualcosa” è significativo perché vuol dire che all’interno del suo cuore sta accadendo qualcosa.

Uno dei traguardi principali dev’essere quello di aiutare l’Hikikomori durante il suo percorso per elaborare ansia, rabbia e senso di colpa; a tal punto da essere in grado di aderire alla società riprendendo possesso del proprio sé. Nel momento in cui compirà azioni da solo, comprenderà e farà valutazioni per conto proprio, allora la via per l’apertura è vicina: lo si avrà aiutato a realizzare un primo passo verso l’indipendenza.

Se in Italia quando si è troppo stressati, nervosi e si vorrebbe ritrovare la pace interiore la maggior parte delle persone si dirige alle terme, alla spa o in luoghi culturalmente legati alla parola “relax” e “pace”. In Giappone i familiari di chi è Hikikomori, quando iniziano ad essere sfiniti dal dolore e dalla situazione, si dirigono verso Koyasan. Questo è un centro monastico, luogo sacro a sud di Osaka, in cui rinnovare la propria memoria e speranza attraverso il rito di assistere al proprio funerale. Esso è una zona di pace, in cui meditazione e pellegrinaggio sono importanti; fa parte del patrimonio mondiale dell’Unesco, si trova a 9000 metri sul Monte Koya, è stato fondato 12 secoli fa e vanta circa 120 monasteri e templi dedicati allo studio e alla pratica del buddismo.

Il direttore del tempio si chiama Yushin Kinoshita mentre il grande religioso Kibun Sasaki è il responsabile della scuola materna, oltre che capo del dipartimento dei diritti umani e dei lavori sociali del tempio. Loro cercano di offrire un riparo dalla sofferenza che secondo la loro usanza si può lenire agendo sulla paura che è insita in ognuno di noi: la paura della morte. Questa pratica non è segreta è aperta a tutti, chiunque può partecipare poiché lo scopo di questa tradizione è quello di aiutare ad affrontare esperienze dolorose. Questa tradizione ha radici secolari e chi decide di far pellegrinaggio fin lassù, sceglie consapevolmente di seguire un programma atto alla conquista della pace interiore.

Per potervi accedere bisogna passare prima da una ferrovia locale ad Osaka, per poi salire su un trenino di poche vetture che attraversa la montagna e infine una funivia fa tappa sulla cima del Monte Koya mentre un autobus porta nei maggiori templi e luoghi magici.

I genitori che si dirigono in questo posto sono alla ricerca di aiuto per stare accanto ai loro ragazzi e questa tradizione sembra proprio per fare per loro. Tale rito di assistere alla propria morte consiste, una volta raggiunto questo monastero, di scacciare la propria sofferenza immergendosi nel buio e, una volta totalmente avvolti da esso, immaginare di attraversare un fiume per raggiungere il regno dei defunti, fantasticheria che i preti aiutano a formare attraverso le loro preghiere, parole e canti. Man mano che si trovano nel buio, pensando al loro decesso, le paure si allontanano; ritrovano calma e forza per poter dare una mano ai propri ragazzi.

“Per scacciare la sofferenza bisogna stendersi al buio su un futon, mentre tutto attorno la luce tremula [...] sono in grado di capire quello che è necessario all’anima e al corpo.”

(Caresta, 2018, p. 7)

Fig 6.4 Fotografia del centro monastico di Koyasan presente nel sito dell’Unesco Messa in scena della propria morte a Koyasan

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6.8 Autonarrazione della storia personale

Oltre a strategie terapeutiche è doveroso citare il manuale di 500 pagine scritto nel 2002 dal Prof. Saito Tamaki, “Hikikomori Kyushutsu Manyuaru” il cui titolo tradotto corrisponde a “Come salvare tuo figlio da Hikikomori”; riportato da Carla Ricci in “Hikikomori. Narrazioni da una porta chiusa” nel 2009.

Esso viene scritto dallo psichiatra Saito Tamaki con lo scopo di contenere le risposte a tutte le domande che i familiari rivolgono generalmente al medico o al terapeuta; così da dare un’idea delle molteplici sfaccettature dietro questo fenomeno, delle differenti situazioni e della gestione complicata.

I capitoli citati dalla Ricci sono 20, seguiti da diverse domande, ma in questa tesi sono presenti solo i titoli dei capitoli più pertinenti poiché sono gli stessi argomenti che si è cercato di indagare durante tutto il percorso di ricerca:

1° Capitolo. Quanti e chi sono gli Hikikomori 2° Capitolo. Perché Hikikomori?

3° Capitolo. Il rifiuto della scuola, un segno premonitore 4° Capitolo. Una cura standard

6° Capitolo. La cura per Hikikomori

7° Capitolo. Valutare la possibilità anche di altre malattie 8° Capitolo. La decisione dei genitori di affrontare la cura 10° Capitolo. Il modo per comunicare

13° Capitolo. La posizione dei fratelli, della madre e del padre

14° Capitolo. Come agire quando si verifica un comportamento preoccupante 17° Capitolo. Internet è indispensabile?

20° Capitolo. Supporto sociale alle famiglie

Sicuramente questo manuale risulta importante per diversi argomenti che tratta ma, così come sottolinea la Ricci, non sensibilizza chi lo legge ad acquisire una percezione differente e quindi non è ideale. L’approccio dovrebbe essere di un altro tipo, bisognerebbe andare alla base del problema mettendo in evidenza le responsabilità di ciascuno, anche col rischio di suscitare una discussione sui luoghi comuni che disegnano certezze per molti. Spesso non ci sono risposte, bensì storie personali da far emergere, in cui i protagonisti sono confusi, in crisi e stanchi. La storia è ampia, non si tratta di una vicenda e non è una sola. Spesso accade che il giovane non sappia cosa raccontare di sé, non sa cosa dire perché a lui sembra di non aver nulla da dire, ma nel momento in cui viene a galla qualcosa: ecco che la storia prende forma e tutto si contestualizza venendo così compreso.

In tal senso raccontare di se stessi può sembrare un ottimo modo di condivisione, oltre che fornire un’occasione per dar vita a dibattiti a scopo di esaminare l’accaduto o quel che sta accadendo. Come sè l’autonarrazione della propria storia personale diventasse un’attività funzionale a scopo di supporto e promozione per arrivare a coinvolgere emotivamente chi vive la stessa situazione e chi ne è estraneo.

“Narrare significa porsi da un determinato punto di vista e dare senso a fatti, eventi e persone dentro una cornice che ha una sua veridicità, coerenza e direzione. [...] Il metodo narrativo-biografico parte dal racconto della persona su uno o più temi centrali della propria autobiografia (storia o tema dominante) e la co-costruzione di una nuova versione della

stessa storia (storia alternativa) [...]” (Bagnato, 2017, p. 88)

CAPITOLO 07

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