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LINEE GUIDA PROGETTUALI: INFORMAZIONE

SVILUPPI FUTUR

Questa presentata è solo una delle tante soluzioni possibili quindi la speranza rimane che questa proposta venga utilizzata da chi di dovere, anche intervenendo e modificando al meglio il prototipo. In modo da supportare la diffusione conoscenza del problema e aiutare le organizzazioni, professionisti che se ne occupano, a promuovere una comunicazione a più livelli, non solo basata sul digitale ma anche sull’analogico.

Fig 10.2 Moodboard per il prototipo di mini-brochure “Guida alle buone pratiche”

Campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne “M’ama o non m’ama?” (2018) - SVS DONNA AIUTA DONNA ONLUS

Rappresentazione visiva della depressione “Mini People - In The Jungle” (2017) - Dawid Planeta

Rappresentazione visiva delle angosce umane “From Out Nowhere” (2019)

- John Kenn Mortensen

Campagna di sensibilizzazione cyberbullismo “Stop al Cyberbullismo” (2018)

Fig 10.5 Pagine interne del prototipo “Guida alle buone pratiche” Fig 10.4 Doppie pagine del prototipo “Guida alle buone pratiche” Fig 10.3 Fronte e retro del prototitpo “Guida alle buone pratiche”

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Fig 10.6 Poster del prototipo “Guida alle buone pratiche”

CAPITOLO 11

CONCLUSIONI

Inizialmente tutti i problemi sembrano difficili nel momento in cui non si conoscono ma dopo varie ricerche ecco che si semplificano. Questa tesi non intende opporsi al sapere, bensì vuol spiegare qualcosa di molto difficile e complicato a qualcun altro, per cercare di agire di conseguenza e meglio.

Va ricordato che il rapporto col mondo è strettamente emotivo e le attività cognitive sono inseparabili dalle condizioni psicologiche e della storia culturale personale. Dopo l’iniziale ricerca empirica sugli Hikikomori, quello che è emerso in linea generale è la necessità di trattare chi ne è dentro non come un malato ma come una persona, a cui bisogna cercare di dar voce e a cui è necessario permettere di esprimere il proprio punto di vista.

Infatti, si è cercato di mettere in evidenza che le cause che portano alla reclusione sono molteplici e difficilmente da soli si riesce ad uscirne. Inoltre, se si viene a scoprire l’origine del problema che ha causato il loro autoescludersi dalla società, non è detto che questa conoscenza permetta di risolvere il problema immediatamente o da solo. Anche se, sicuramente, contiene al suo interno tutti gli elementi che una volta conosciuti possono essere utilizzati per giungere ad una soluzione che spesso però non è nemmeno quella definitiva.

Questo tipo di argomento si è dimostrato molto emblematico e difficile, perché mette in causa tantissime realtà: dagli esperti, specialisti, psicologi, terapeuti e psicoterapeuti, fino ai progettisti che forniscono a questi ragazzi reclusi dei modi per comunicare.

Anche per tale ragione è stato difficile giungere a un progetto definitivo ma solo ad un’ipotetica soluzione per comunicare e informare riguardo il fenomeno.

Sicuramente mettere in risalto e far conoscere tutto ciò che si nasconde intorno a questo fenomeno è stato fondamentale per questa tesi che si propone d’essere di divulgazione e di ricerca. In tal senso l’indagine iniziale, sia sui libri che online, è stata indispensabile per ottenere informazioni su ogni singola componente del problema. Va ribadito quindi che questo elaborato non espone la risoluzione ad un problema tramite un progetto definitivo ma è una ricerca di tipo scientifico che si propone come una riflessione ragionata tramite vari approfondimenti sul tema.

Per portare a compimento questo elaborato di laurea è stato essenziale il sondaggio online che ha permesso di capire quanto si conosca il fenomeno degli Hikikomori, quantificare la tendenza a preferire relazioni esclusivamente attraverso i social oltre che verificare la conoscenza dei rischi e della dipendenza legate al cattivo utilizzo internet. È stato anche messo in rilievo quanto sia stato fondamentale venire in contatto con persone che con questo fenomeno ne hanno a che fare da diversi anni, come la psicoterapeuta e scrittrice Maria Rita Parsi che ha evidenziato quanto manchi una comunicazione e informazione efficace ma soprattutto quanto sia necessario educare ed informare a partire dall’infanzia, soprattutto sui rischi che si corrono sul web.

Nel complesso bisogna intervenire il prima possibile, sensibilizzare sul tema e mettere in evidenza che è presente un problema ma principalmente fornire strumenti adatti ad una corretta comunicazione del fenomeno Hikikomori.

“Questi e tanti altri, sono bisogni dai quali può nascere un problema di design. La soluzione di tali problemi migliora la

qualità della vita.” (Munari, 2011, p. 36)

“Un problema può avere diverse soluzioni, anche qui occorre

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Capitolo 11 - Conclusioni

Con questa conclusione ci terrei a ribadire quanto chi progetta e si occupa di comunicazione si trovi in prima linea: quello che realizza può influire sulle dinamiche della società, sia per quanto riguarda l’apprendimento che il relazionarsi con gli altri. Bisogna, forse, iniziare a pensare come sfruttare in positivo le caratteristiche presenti nei principali media che si utilizzano, per produrre artefatti digitali o analogici che favoriscano una buona relazione e connessione tra le persone. Sicuramente è meglio prevenire che curare e questo si può fare se si utilizza bene la comunicazione, informando nel modo giusto e mediando meglio i rapporti con le persone. Per tale ragione sarebbe necessario riuscire a coordinare specialisti e progettisti, di diversi ambiti multidipliscinari, per coinvolgerli nella realizzazione di una corretta comunicazione e informazione magari realizzando eventi, campagne di sensibilizzazione, eventi, laboratori e materiali destinati ad un pubblico esterno che non conosce Hikikomori e i vari temi messi in luce durante la stesura di questa tesi.

“Non esistono azioni che offrono garanzie di successo, ma, sulla base delle esperienze raccolte tramite i genitori dell’Associazione Hikikomori Italia, sembra esistere un approccio mentale che, se interpretato correttamente e pazientemente, può creare i giusti

presupposti per un cambiamenti.” (Crepaldi, 2019, p. 86)

“In generale, la prima cosa da ricordare quando si vuole aiutare qualcuno è che non lo si sta facendo per se stessi.”

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NOTE

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