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Corpus, metodologia e obiettivi d’analis

4. P REVENT , P URSUE , P ROTECT AND P REPARE : DIFENDERE L ONDRA DAL PERICOLO

4.2. Corpus, metodologia e obiettivi d’analis

La scelta è quella di concentrarmi sui testi verbali e visivi prodotti dalle istituzioni per realizzare i vari obiettivi (programmi narrativi) che il governo inglese si è posto con la strategia denominata 4Ps.

Adotterò la metodologia tradizionale della semiotica testuale (Greimas, 1983; Eco, 1979; Pozzato, 2001), con l’obiettivo di descrivere l’enciclopedia (Eco, 1984) sottesa alle pratiche di sicurezza nel loro complesso e in particolare di descrivere come viene rappresentato il pericolo e il valore della sicurezza e della difesa della comunità. La mia scelta però è di non seguire un ordine rigido nell’analisi dei testi, bensì di articolarli tra di loro.

Per esempio, come vedremo nel caso del poster Trust Your Senses, sarà necessario da una parte far riferimento alla storia del logo 7M1llion Londoners/1London e alla relativa campagna e, dall’altra, al concetto di suspicious behaviour, come costruito nelle campagne della Metropolitan Police. Inoltre, nell’analisi della fase di protezione, mi troverò obbligato a ricostruire i riferimenti ai concetti molto importanti di preparedness e resilience, e alla loro storia. Infine gli attentati del 7/7 si inseriscono in un più generale cambiamento nella rappresentazione del rischio terroristico inserito tra i “future major emergencies, whatever the cause”, come recita al punto 88 il documento Addressing lessons from the emergency

response to the 7 July 2005 London Bombings. Ciò vuol dire che dobbiamo inserire il rischio terroristico nella voce più generale delle catastrofi possibili, in particolare quando passeremo a parlare della pratiche di protezione e preparazione.

Ogni testo diviene quindi anche una porta d’accesso che rinvia ad altri testi, che costituiscono nel loro complesso ciò che potremmo chiamare formazione discorsiva, dove il discorso in questione è quello della sicurezza con le sue regolarità, i suoi funzionamenti e le sue trasformazioni. Intendo organizzare l’analisi seguendo questo principio di concatenazione

dei testi: non quindi l’analisi di un testo, ma di un intero corpus, concepito come formazione discorsiva.

Articolerò il corpus seguendo in parte la CONTEST strategy, delle varie fasi della pratica di sicurezza: sorveglianza, protezione e preparazione. Possiamo pensare queste tre fasi come dei programmi narrativi all’interno di uno più generale che possiamo chiamare pratica di

sicurezza. L’oggetto della pratica di sicurezza è, come recita il punto 41 del documento

Countering International Terrorism: “to reduce the risk from international terrorism, so that people can go about their daily lives freely and with confidence” (il testo verrà ripreso all’interno del sito UK resilience), cioè appunto garantire la vita e la serenità dei cittadini di fronte alla minaccia terroristica. Come ho detto però nelle ultime fasi del programma di protezione e preparazione rientra non solo il rischio terroristico ma anche tutto ciò che più generalmente può minacciare la vita comune.

Tutti i testi che prenderò qui in analisi sono accomunati dal fatto che invitano il cittadino a immaginare un rischio verosimile e futuro. Sono per essere più precisi dei testi che istruiscono a delle pratiche (Fabbri, 2005). Occorre dunque precisare che quando userò il termine “pratica” mi riferirò sempre all’analisi sempre di un testo che però istruisce a una pratica42.

Ciò che distingue queste pratiche istruite nelle tre fasi che ho individuato è la modalità di esistenza del rischio.

Le pratiche di sorveglianza sono quelle che si attuano per esempio nella metropolitana. Si chiede agli utenti e alla popolazione di segnalare movimenti sospetti e azioni sospette di cui possono essere testimoni. In questa fase l’attentato terroristico è un anti-PN che alcuni anti- soggetti vogliono attuare. Da un punto di vista semiotico parliamo di un PN virtualizzato.

Nella pratica di protezione siamo invece di fronte alla costruzione di una re-azione preventiva: l’attentato non c’è stato ma la comunità pone in essere una serie di misure di contenimento della sua forza distruttiva immaginata; oppure l’evento disastroso non si è ancora verificato ma potrebbe accadere da un momento all’altro. Così come una fortezza reca in sé già inscritta, come in negativo, l’immagine dell’esercito “immaginato” che la assalirà, così i comportamenti delle persone o la struttura degli edifici vengono ripensati a partire dalla immaginata forza d’urto che un attentato o un evento disastroso potrebbe avere sulla vita individuale e collettiva. Le pratiche di protezione sono pensate quindi a partire dall’immagine di un attentato che degli individui possono e sanno (competenza) realizzare, o di un evento

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possibile che può verificarsi. Da un punto di vista semiotico parliamo quindi di un PN attualizzato.

Nella pratica di preparazione siamo di fronte al fatto ormai compiuto, cioè l’attentato o l’evento pericoloso è avvenuto e il soggetto si deve proiettare nel dopo-disastro. Una pratica di preparazione durante la guerra fredda era per esempio, in alcuni paesi, la costruzione di rifugi antiatomici nel caso di una guerra nucleare o la preparazione di valigette con il necessario per la sopravvivenza. Ci troviamo in questi casi di fronte a un PN realizzato, in quanto l’anti-PN dei terroristi o delle forze avverse alla comunità (siano esse naturali o meno) è stato posto in essere.

Il PN della sicurezza si costruisce quindi strategicamente sulla base della costruzione simulacrale del nemico o dell’agente distruttivo per la messa in atto di azioni più generalmente protettive. La prevenzione è dunque una re-azione reale ad azioni immaginate prospettate come possibili.

Possiamo articolare il corpus come segue:

• pratiche di sorveglianza: prenderò in esame la campagna Trust Your Senses messa in atto dalla Greater London Authority e le campagne della Metropolitan Police. In questi casi si invita a sorvegliare affinché il nemico che vuole mettere in atto un attentato, non giunga al punto di poterlo e saperlo fare. A questo aggiungerò l’analisi della campagna One London con la relativa costruzione dell’immagine della comunità dopo il 7/7. Questa sezione, dedicata a una analisi della rappresentazione del rischio terroristico, costituirà buona parte della presente analisi;

• pratiche di protezione: analizzerò la campagna London Prepared, così come è possibile prenderne visione su internet. Analizzerò inoltre i concetti di preparedness e resilience applicati alla comunità-metropoli. In questi casi il pericolo è immaginato non come possibile ma certo, il problema è quando esso avverrà. La preparazione consiste nell’organizzare una reazione preventiva;

• pratiche di preparazione: l’evento disastroso è già avvenuto e occorre garantire la sopravvivenza e il ritorno a una vita normale. Questa fase è sempre rappresentata all’interno del sito London Prepared.

Molti di questi testi sono poster, quindi combinazioni di immagini e parole che invitano a immaginare il nemico, il pericolo e la comunità, divenendo anche il luogo di definizione dei significati e delle categorie sociali.

Con Nicholas Mirzoeff, sulla scorta degli studi sociologici di Michel De Certeau, vedo in questi testi la possibilità di descrivere una cultura visuale come “una tattica [che] viene adottata quando vediamo il nemico, nella società del controllo in cui viviamo” (Mirzoeff, 1999: 38-39 della trad. it.). L’immaginazione gioca in questo contesto una particolare e forse nuova funzione che Arjun Appadurai ha definito in questo modo:

per comprendere questo ruolo dobbiamo mettere assieme la vecchia idea di immagine – soprattutto immagine riprodotta meccanicamente (…); l’idea di comunità immaginata (in senso andersoniano); e l’idea francese di imaginaire come panorama costruito di aspirazioni collettive (…) Immaginare, immaginato, immaginario: si tratta in tutti i casi di termini che ci dirigono verso qualcosa di criticamente originale nei processi culturali globali: l’immaginazione come pratica sociale. Non più pura fantasia (oppio dei popoli, le cui attività reali stanno altrove), non più pura via di fuga (da un mondo definito prima di tutto da più concreti obiettivi e strutture), non più passatempo per le élites […] e non più pura contemplazione […] l’immaginazione è diventata un campo organizzato di pratiche sociali, una forma di opera (nel duplice senso di lavoro fisico e di pratica culturale organizzata), e una forma di negoziazione tra siti d’azione (individui) e campi globalmente definiti di possibilità. (Appadurai, 1990: 50 della trad. it.)

Quello che qui cercherò di fare è descrivere i modi in cui viene immaginata la comunità da proteggere (e che si deve proteggere), il nemico e il pericolo, cioè descrivere la pratica di sicurezza come pratica sociale che istruisce una collettività a immaginare Sé, nella dimensione individuale e nell’appartenenza a una entità collettiva, e l’Altro.