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L’analisi semiotica delle passioni: soggetto, oggetto, valore

2. P AURA , TERRORE E ORRORE : UNA ANALISI DI SEMIOTICA DELLA CULTURA

2.5. L’analisi semiotica delle passioni: soggetto, oggetto, valore

La tradizione filosofica occidentale ha da sempre inquadrato il problema del sentire emotivo come un problema di disfunzione del senso: la passione si anteponeva alla ragione e alle capacità raziocinanti. Semplificando molto diremmo che se nella tradizione occidentale l’uomo (e non l’essere umano) è un animale raziocinante, la passione è da sempre stata

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La semiotica, a partire dalla fine degli anni Settanta, nel quadro di un cambiamento epistemologico molto più ampio e generale nell’ambito delle scienze umane e sociali, ha cominciato a pensare la passione non come un fenomeno limitato ad alcuni universi di discorso, come può essere per esempio il discorso amoroso, ma come a una componente essenziale del senso.

Particolarmente fruttuosa in quest’ambito è l’opera di Algirdas Julien Greimas di cui passerò in rassegna i punti che mi sembrano più importanti al fine della mia analisi. Il progetto teorico greimasiano soprattutto negli anni sessanta, con Semantica strutturale (1966), e poi con la raccolta Del senso (1970) accompagnato da una analisi testuale ormai classica come quella di “Deux amis” di Maupassant (1976b), era quella di creare un metalinguaggio interdefinito e una metodologia d’analisi rigorosa che rendesse conto di una logica dell’azione partendo da una ipotesi teorica di base molto forte: “la narratività generalizzata” (Greimas e Courtès, 1979: /narratività/). Con l’ipotesi della narratività generalizzata Greimas intendeva sostenere che le strutture narrative possono essere “definite come costitutive del livello profondo del processo semiotico” (ib.) costituendo il principio fondamentale di produzione della significazione e organizzazione del senso.

In questa prima fase della teoria greimasiana l’attenzione è puntata sull’azione, come momento di trasformazione nel regime di congiunzione-disgiunzione di un soggetto con un oggetto investito di valore. Tali soggetti, detti attanti a livello semio-narrativo, subiscono una modalizzazione del loro “fare”: dovere, volere, sapere e potere. Le prime due modalità virtualizzano il soggetto, nel senso che lo predispongono nel contesto dello schema narrativo canonico alla performanza che sarà poi resa possibile dall’attualizzazione, momento dell’acquisizione di una competenza (saper fare o poter fare). La fase trasformatrice, momento della performanza, è la realizzazione del Programma Narrativo del Soggetto che vuole far essere un certo stato di cose (per esempio la congiunzione con un proprio oggetto di valore). Tutta questa fase del percorso di ricerca greimasiano è quindi tesa a ciò che definiamo modalità del fare: la grammatica narrativa greimasiana, che distingue gli enunciati di fare da quelli di stato, si concentra soprattutto sull’analisi dei primi e della loro struttura attanziale e lascia in ombra i secondi e il loro soggetto.

Nonostante ciò già in questa fase vi sono tre elementi che pongono le basi a uno studio delle passioni:

• il rapporto tra Soggetto e Oggetto fondato sul concetto di valore; • il concetto di timia;

• la semiotica modale prima tagliata sulle modalità del fare e poi su quelle dell’essere.

2.5.1. Il problema del valore in Greimas

Già in Semantica strutturale Greimas, sulla scorta degli studi di Propp e Souriau, pone il rapporto tra Soggetto e Oggetto all’interno di una relazione teleologica sotto la categoria di “desiderio”. Più di un decennio dopo nel Dizionario si parla del desiderio come di una “lessicalizzazione della modalità del volere” dalla quale partire per sviluppare una logica volitiva da affiancare a una logica deontica (cioè relativa alle modalità del dovere) a cui correlare strutture semantiche più complesse.

Il livello del desiderio in Del Senso 2 diviene un problema di “semiotica volitiva”, all’interno delle semiotiche modali che per Greimas segna lo spostamento dei limiti della disciplina in un ambito, quello passionale, da sempre precluso per la necessità di “proporre come prima cosa una definizione di attanti considerati come semplici ‘agenti’ liberi dal secolare fardello di determinazioni psicologizzanti che si era formato intorno ai ‘caratteri’ e ai ‘temperamenti’” (1983: 13 trad. it.).

La necessità, ormai superata, di pervenire a un modello descrittivo soddisfacente del soggetto del fare, cioè dell’agente, lascia così posto alla necessità di definire meglio il soggetto in quanto soggetto dell’essere, cioè il paziente “colui che riceve passivamente tutte le sollecitazioni del mondo” ( ib.: 93).

L’oggetto e il soggetto esistono soltanto nella loro relazione:

l’oggetto diviene il luogo di investimento di valori, “un ’altrove’ che media il rapporto del soggetto con se stesso […] il valore investito nell’oggetto desiderato semantizza in qualche modo l’intero enunciato e diventa di colpo il valore del soggetto. Quest’ultimo incontra il valore nella ricerca dell’oggetto, anzi, sarà determinato nella sua esistenza semantica proprio in virtù della sua relazione con il valore. (ib.: 20-21 trad. it.)

Ora il nostro problema è definire il concetto di valore e lo definiremo partendo in particolare da una teoria della stratificazione del contenuto (Violi, 1997: 340 e ss.), ispirata alla teoria di Louis Hjelmlsev così come rinvenibile nei saggi “La stratificazione del linguaggio” (1954) e “Per una semantica strutturale” (1957). Secondo Hjelmslev la sostanza del contenuto si dà semanticamente per giustapposizione di un “livello fisico da una parte” e di un livello di “appercezione e di valutazione o di apprezzamento collettivo dall’altra” (Hjelmslev, 1957: 142 trad. it.). Il rapporto tra il primo livello e l’ultimo è però per Hjelmslev invertito nell’ordine di importanza (e forse persino sotto un punto di vista “genetico”):

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caratterizzare in maniera utile l’uso semantico adottato da una comunità linguistica e appartenente a una lingua che si vuole descrivere; al contrario questo lo si ottiene tramite le valutazioni effettuate da questa comunità, con gli apprezzamenti collettivi, con l’opinione sociale. (Hjelmslev, 1954: 54 trad. it.)

In questo quadro ciò che Hjelmslev chiama apprezzamento collettivo costituisce “la costante che è presupposta (selezionata) dagli altri livelli” (1957: 142 trad. it.)

Nella teoria greimasiana questo tipo di impostazione del problema della costituzione dell’universo semantico e della descrizione di un lessema si dà – nei primi tentativi di sistematizzazione – nella scomposizione dei componenti del significato nei seguenti termini:

• configurativa: si scompone l’oggetto nelle sue parti costitutive ricomponendolo poi come una forma;

• tassica: il lessema viene posto in un paradigma risultante dai tratti differenziali che lo distinguono da altri elementi;

• funzionale: pratica o mitica (prestigio, potenza, evasione, ecc…)

Greimas non ha ancora chiaro in “Un problema di semiotica narrativa: gli oggetti di valore”, come pensare il terzo componente, in cui sembra concentrarsi il problema valoriale. Infatti come mi sembra subito evidente la definizione greimasiana del livello funzionale è una esemplificazione specificatamente tagliata sul lessema preso in esame, quello di /automobile/. Ma già qui il livello funzionale sembra essere il livello delle determinazioni-valori che saranno meglio articolate in seguito nel saggio “Della modalizzazione dell’essere”. Greimas ha però già ben presente il fatto che l’oggetto è uno spazio di iscrizione dei valori, un termine- risultato della relazione del soggetto. Una efficace metafora è quella dell’oggetto come trompe-l’oeil: sebbene ciò che si para ai nostri occhi è l’oggetto nella sua presenza fenomenologica, in realtà esso è costituito nelle sue determinazioni fisiche a partire dal “valore per il soggetto nel senso assiologico del termine” (Greimas, 1983: 21 trad. it.).

2.5.2. Assiologia: dallo spazio timico allo spazio modale

Alla voce assiologia del dizionario di Greimas e Courtès possiamo leggere:

si intende generalmente con assiologia la teoria e/o la descrizione dei sistemi di valori (morali, logici, estetici). […] Si può ritenere che ogni categoria semantica, rappresentata sul quadrato semiotico (vita/morte, per esempio), è suscettibile di essere assiologizzata per effetto dell’investimento delle deissi positive e negative ad opera della cateforia timica euforia/disforia. (1979: /assiologia/)

Greimas concepisce l’assiologia come l’aggiunta della categoria timica a un livello d’analisi descrittivo e tassonomico (corrispondente al livello tassico e configurativo visto

sopra). Per categoria timica si intende, secondo il Petit Robert, l’”umore o la disposizione affettiva di base” e quindi la categoria timica articola “il semantismo direttamente legato alla percezione che l’uomo ha del proprio corpo” (ib.: /timica [categoria -]/). La categoria timica si articola in euforia e disforia ed è una categoria “primitiva” che attiene al livello propriocettivo rendendo conto del “modo in cui ogni essere vivente, inscritto in un ambiente e considerato come ‘un sistema di attrazioni e ‘repulsioni’, ‘sente’ se stesso e reagisce a ciò che lo circonda” (Greimas, 1983: 89 trad. it.).

Sebbene da un punto di vista metodologico Greimas aggiunga la categoria timica solo come supplemento alla categoria tassonomica – che per dirla con Hjelmslev rende conto del livello fisico dell’oggetto – egli ha ben presente che a livello generativo esso si colloca più in profondità del primo. La categoria timica infatti istituisce la relazione tra soggetto e oggetto, in termini attrattivi o repulsivi, costituendo quindi i due termini e consentendo ogni investimento semantico successivo soprattutto nei termini delle categorie modali:

lo spazio timico, che a livello di strutture astratte è considerato rappresentare le manifestazioni elementari dell’essere vivente in relazione con il suo ambiente (cfr. /animato/), al livello più superficiale, antropomorfo, del percorso generativo trova la sua corrispondenza nello spazio modale. (Greimas, 1983: 91 trad. it.)

Così per Greimas il senso in prima istanza si dà nei termini di attrazione e repulsione tra soggetto e oggetto. Ed è a questo livello che si viene a instaurare la relazione e dunque l’esistenza stessa dei due attanti. Ritroviamo come precondizione al senso – nella costituzione di soggetto e oggetto nella relazione e quindi come condizione di ogni investimento semantico successivo – prima di tutto una “intenzionalità pulsionale” fatta di “affetti, di attrazioni e repulsioni” (Violi, 1997: 348).

Su questa possiamo poi evidentemente costruire una struttura modale e una serie di percorsi virtuali a partire dallo “spacchettamento” di lessemi, trompe-l’oeil dell’analisi semantica, e dalla loro lettura in termini di configurazioni discorsive. Consideriamo cioè i lessemi come “microracconti con un’organizzazione sintattico-semantica autonoma e suscettibili di integrarsi in unità discorsive più ampie” sul modello hjelmsleviano che vede tra lessema e testo non una differenza di natura ma di taglia. Il lessema è infatti il luogo in cui una cultura sedimenta e condensa una serie di percorsi narrativi e discorsivi virtuali possibili, poi espansi e attualizzati in testi (il rapporto tra lessema e testo non è però unidirezionale e casuale ma circolare e reciproco: il lessema è cioè una “ipotesi regolativa” sulla strutturazione di un testo e il testo può anche ristrutturare il lessema, imponendone una ridefinizione).

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particolari configurazioni discorsive, dette appunto passionali che, nello specifico contesto del problema della costruzione dei confini, ci permetteranno una serie di ipotesi sul rapporto tra passione e pericolo.

Paolo Fabbri ha individuato nell’analisi passionale quattro livelli fondamentali (Fabbri, 1998: 39-42): modale, e cioè relativa sia alle modalità classiche (potere, volere, sapere, dovere) sia ad altri tipi di modalità (certo/incerto, possibile/impossibile, ecc…); temporale, relativa alla tematizzazione del rapporto con il futuro, il passato o il presente; aspettuale secondo il modo di descrizione del processo; estesica che descrive il livello somatico.