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La teoria delle emozioni di Martha Nussbaum

2. P AURA , TERRORE E ORRORE : UNA ANALISI DI SEMIOTICA DELLA CULTURA

2.6. La teoria delle emozioni di Martha Nussbaum

Martha Nussbaum ha compiuto sul tema delle emozioni un percorso molto vasto e articolato raccolto in particolare in due opere: L’intelligenza delle emozioni (2001) e

Nascondere l’umanità: la vergogna, il disgusto, la legge (2004). Ciò che ci interessa particolarmente è la seconda opera che costituisce l’applicazione delle sue tesi teoriche al campo della legge. La tesi che Nussbaum cerca di confutare può essere espressa nel modo seguente: se individuiamo nella legge il principio stesso della ragione e applichiamo a questa affermazione il vecchio schema che anteponeva ragione e passione, dovremmo concludere che la legge è indenne da ogni analisi passionale e da ogni “corruzione” emotiva.

La filosofa americana ritiene al contrario che “l’intera struttura di una legislazione penale implica un’immagine di ciò per cui abbiamo ragione di provare rabbia, di ciò che abbiamo ragione di temere” (ib.: 29 trad. it.). Da qui la sua interrogazione di natura morale su quali emozioni sia legittimo utilizzare nell’ambito della legge e quali invece siano da evitare in particolare a riguardo di due configurazioni passionali: la vergogna e il disgusto.

La questione viene posta da Nussbaum in particolare rispetto a casi concreti e anche rispetto a teorie giuridiche che affermano la necessità dell’utilizzo di una argomentazione passionale che giustifichi l’ordine normativo. In particolare Nussbaum si oppone all’idea che molte decisioni in ambito giuridico e morale siano prese ponendo alle basi il senso di disgusto, misurato su quello del cosiddetto uomo medio di una società.

Alcuni teorici politici e del diritto, come per esempio William Miller, pensano che “il grado di civiltà di una società può essere correttamente misurato in base alle barriere che è riuscita ad erigere tra se stessa e ciò che è disgustoso” (ib.: 96 trad. it.). Tali barriere sono il simbolo dei processi di civilizzazione Più di recente decisioni nell’ambito della bioetica negli Stati Uniti sono state prese alla luce di quella che Leon Kass, presidente del Council on

2002 e il 2005 – ha definito la “saggezza della ripugnanza”: le ricerche sulle cellule staminali sarebbero da vietarsi in quanto il disgusto che proviamo di fronte a tale evenienza è la “difesa del nucleo centrale della nostra umanità” (ib.: 98).

Queste teorie e l’analisi che ne fa Nussbaum confermano l’ipotesi di Douglas che a questo punto non è limitabile al solo funzionamento delle società primitive ma anche di quelle moderne: lì dove il sistema morale, dato in forma di legge, non riesce a sostenere una sanzione e a organizzare la riprovazione sociale, intervengono le norme della contaminazione e il richiamo al disgusto che sostengono e organizzano l’istituzione e il rafforzamento del confine, appellandosi a un ordine naturale e dunque giustificando delle scelte.

Sebbene Nussbaum critichi e liquidi l’approccio di Douglas in un capoverso (ib.: 117 trad. it.) preferendo l’impostazione data al problema data dallo psicologo Paul Rozin, mi pare che i due approcci siano perfettamente compatibili e le due ipotesi si completino vicendevolmente.

Secondo Nussbaum “il disgusto possiede un contenuto cognitivo complesso focalizzato sull’idea dell’incorporazione di un elemento contaminante” (ib.: 113 trad. it.) e riguarda in particolare i limiti del corpo, tematizzando il problema del superamento del confine tra mondo e individuo e soprattutto tra l’essere umano e l’essere animale. Il disgusto, concordemente alle analisi di Rozin, sarebbe infatti il sentimento che si prova quando l’essere umano è messo di fronte alla propria natura animale, specie quindi nella gestione dei processi fisiologici e corporali.

Questi stati d’animo hanno un potere coercitivo in quanto – anche qui confermando l’ipotesi di Douglas – minacciano l’individuo nel caso di un attraversamento del confine socialmente fissato. Secondo Nussbaum disgusto e vergogna organizzano le società selezionando “determinati gruppi ed individui, costringendoli a vergognarsi, bollandoli come “anormali” ed esigendo che essi arrossiscano a causa delle loro caratteristiche e della loro identità” (ib.: 209 trad. it.).

Per porre le basi di una critica sociale all’uso di queste passioni Nussbaum adotta una teoria delle relazioni oggettuali abbinandola però all’analisi delle famiglie di credenze a cui una emozione è associata.

Per relazione oggettuale in ambito psicanalitico si intende “il modo di relazione del soggetto con il suo mondo, relazione che è il risultato complesso e totale di una certa organizzazione della personalità, di una apprensione più o meno fantasmatica degli oggetti e di alcuni tipi privilegiati di difesa” (Laplanche e Pontalis, 1967: /relazione oggettuale/)7.

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Basti qui ricordare che il termine viene utilizzato nell’ambito psicanalitico nel senso di “scelta d’oggetto” o di “amore oggettuale”. Per esempio un individuo diviene oggetto all’interno di una relazione non nel senso che ne viene negato lo statuto di persona, ma nel senso che tale persona diviene la sede di investimenti pulsionali e passionali (amore, odio, ecc…). La relazione tra soggetto e oggetto è una interrelazione in cui il soggetto costituisce i suoi oggetti e, di ritorno, questi agiscono su di lui esercitando delle azioni (persecuzione, rassicurazione, ecc…). L’oggetto, come nella teoria greimaisiana, è costituito come tale prima di tutto in ragione dell’investimento pulsionale, cioè a partire dalla categoria timica che si dà come repulsione o attrazione.

Ciò che avvicina Martha Nussbaum all’approccio semiotico, allontanandola da una impostazione psicologizzante, è l’attenzione al “contenuto cognitivo” della passione. Non basta infatti dire che una passione causa determinate reazioni fisiche riassumibili in spinte attrattive o repulsive, ma occorre anche associarle a delle famiglie di credenze. Così per comprendere cosa è una specifica emozione dobbiamo concentrarci sul suo “oggetto intenzionale”, dove il “ruolo di tale oggetto nell’emozione dipende dal modo in cui esso è visto e interpretato dalla persona che prova l’emozione” (Nussbaum, 2004: 43 trad. it.).8

Ciò che mi pare molto importante da ritenere della lezione di Nussbaum nell’analisi del rapporto tra legge e passioni è l’enfasi posta sulla capacità di quest’ultime di tracciare i confini sociali, essendone allo stesso tempo causa e conseguenza. In questo senso alcune passioni sarebbero passioni del confine, cioè dispositivi tesi a mantenere l’ordine sociale tenendo lontano ogni membro della società da comportamenti ritenuti nocivi o pericolosi alla collettività o a se stessi come componenti della collettività. Inoltre alcune passioni hanno il potere di selezionare alcuni individui costituendoli come soggetto collettivo che può assumere, secondo il punto di vista installato la posizione di un “noi” che si contrappone a un “loro” esterno. Le passioni sono dunque un forte regolatore nei processi di formazione di passioni individuali e collettive.

Abbandoniamo in questo senso gli studi di Nussbaum per concentrarci su quelli di Lotman che, in ambito semiotico, ha posto particolare attenzione all’analisi della passione della vergogna. Lotman ha collegato tale passione a quella della paura, sottolineando come

8 Utilizzo qui i termini “passione” ed “emozione” come sinonimi. Nussbaum usa il termine “emozione”

distinguendolo dagli “appetiti fisici” e dagli “umori privi di oggetto”. Mentre l’emozione ha un oggetto intenzionale e delle credenze valutative, rinvenibili in una analisi lessematica del termine, gli appetiti fisici e gli umori privi di oggetto. I primi sono semplici stimoli come la fame e la sete, i secondi non hanno un oggetto su cui esercitare un giudizio valutativo.

In ambito semiotico è stato preferito a passione a quello di emozione, in quanto il primo fa meglio riferimento, per opposizione, al dominio dell’azione che, come precedentemente detto, ha dominato la riflessione semiotica sulla narratività fino agli anni Ottanta (Fabbri, 1998).

entrambe, conformemente alla nostra ipotesi, costituiscano dei veri e propri regolatori nei processi di costituzione delle identità collettive. Se il patto fondativo di una società, come dice Douglas, include i pericoli da cui difenderci e la legislazione è l’immagine dei pericoli da cui una società vuole difendersi implicando una componente passionale, come sostiene Nussbaum, allora una analisi di alcune passioni ci aiuterà molto a capire il funzionamento dei meccanismi semiotici nella formazione del confine e quindi di costruzione di tutto ciò da cui una società vuole differenziarsi e proteggersi.