2. P AURA , TERRORE E ORRORE : UNA ANALISI DI SEMIOTICA DELLA CULTURA
2.7. Paura e vergogna: l’analisi di Lotman
Il Sabatini e Colletti riporta la seguente definizione di paura:
Paura: 1. Stato di forte turbamento e inquietudine, di ansia, che si avverte in presenza di pericoli reali o immaginari. Sinonimi: inquietudine, panico, spavento. Essere assalito/colto/invaso/preso dalla paura
2. estens. Condizione abituale di timore, preoccupazione, sospetto nei confronti di qualcuno o di qualcosa. Aver paura dell’acqua/vivere nella paura di essere derubato/di ammalarsi
3. Presentimento, sospetto. Questa è la mia paura (Sabatini, Colletti, I edizione)
Le varie definizioni si differenziano soprattutto sotto un punto di vista aspettuale: mentre la prima accezione si focalizza sull’aspetto puntuale del processo, portando il lemma vicino al campo semantico del panico e del terrore, la seconda e la terza accezione fanno riferimento all’aspetto durativo. E su queste due accezioni che mi vorrei soffermare, mettendo in evidenza un altro aspetto a mio avviso molto importante: la paura in questo caso è il risultato di una prospettiva futura, di una possibilità. “Ho sempre paura di ammalarmi” esprime una proiezione del soggetto dell’enunciazione in un futuro possibile, quello in cui appunto il soggetto è colpito da una malattia, e tale prospettiva produce un durativo stato d’animo di timore e preoccupazione.
Descriviamo quindi, come prima ipotesi, la paura come uno stato d’animo durativo e che è provocato dal timore da parte del soggetto di perdere un oggetto di valore, nell’esempio precedente “la salute”, a cui nel presente è congiunto. Si tratta dunque dell’installazione nel discorso di un possibile futuro immaginato. Questa definizione distingue la paura dalla speranza: costante l’aspetto durativo e proiettivo, la speranza è legata all’immaginarsi un futuro in cui il soggetto si congiunge a un oggetto di valore che nel presente non possiede. La paura si distingue dai suoi quasi sinonimi, come panico e terrore, per l’aspettualizzazione del
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Cosa vuol dire spostare l’analisi di queste passioni dal livello individuale a livello di “emozione collettiva”? Vuol dire verificare come una certa cultura, a partire da una analisi dei testi, costituisca il soggetto individuale e collettivo da un punto di vista psicologico e passionale. Lotman ha dedicato a questo tema un piccolo saggio intitolato “Semiotica dei concetti di “vergogna” e “paura”” (1975), in cui analizza le due passioni da un punto di vista semiotico e in rapporto alla formazione-costruzione di una collettività. Dice Lotman:
L’individuazione di una collettività di un gruppo organizzato dalla vergogna e di un gruppo organizzato dalla paura coincide con l’antitesi “noi-loro”. Il carattere delle limitazioni imposte a “noi” e a “loro”, in questo caso, è profondamente distinto. Il “noi” culturale è una collettività all’interno della quale agiscono le norme della vergogna e dell’onore. La paura e la coercizione definiscono il nostro rapporto con gli “altri”. (Lotman, 1975: 271-272)
Il semiotico russo riconduce dunque le due passioni ai processi di costruzioni di entità e soggetti collettivi, la comunità e gli altri, e traccia brevemente una storia e un uso di tali passioni.
In primo luogo la vergogna opera nel campo del “noi”: all’interno di un gruppo sociale – una classe di scuola, una associazione, una confraternita o gruppi criminali – vige la regola dell’onore, cioè del rispetto fermo delle norme interne che regolano il gruppo. La trasgressione di queste norme comporta sul trasgressore la riprovazione da parte degli altri membri e la vergogna per la rottura dell’ordine sociale.
La paura invece regola il rapporto con gli “altri”, cioè con ciò che è fuori dalla cerchia sociale. La paura sarebbe quindi una passione del confine nel senso che definisce ciò che è oltre l’orizzonte della comunità.
L’analisi di queste due passioni mette in evidenza, nel pensiero lotmaniano, l’idea che le comunità e i soggetti collettivi si costruiscano in particolare sui confini sanciti dal “non” che le norme culturali fissano: la paura unisce il “noi” nella prospettiva che l’”altro” penetri e distrugga la comunità; la vergogna unisce l’”io” al “noi”, nella prospettiva che una infrazione delle regole sociali provochi la sanzione o l’uscita dal consesso comunitario.
Lotman prova a tracciare una successione logica-euristica del rapporto tra queste due passioni.
La paura rappresenta una passione naturale, in quanto già presente nel mondo animale, mentre la vergogna è una passione culturale che deriva dall’introduzione nella vita della comunità di divieti. La comunità in tal senso sancisce per esempio che non si possono espletare bisogni corporei pubblicamente o che non si possono avere rapporti sessuali con parenti prossimi, pena provocare il disgusto negli altri e la vergogna.
L’efficacia del divieto deriva dalla capacità di questo di provocare vergogna in chi lo compie e disgusto nel resto della società. In questo senso la vergogna “è una passione sociale dettata dalla presenza di un osservatore giudicatore che emette una sanzione negativa sulla base di un sistema di valori e conseguentemente di attese che il soggetto della vergogna condivide” (Cavicchioli, 1997: 117). Studiosi di diverse discipline hanno indagato questo fenomeno da diverse prospettive: l’apparato psichico dei membri di una comunità viene orientato dal vivere comune e tende a creare un “habitus”, nel passaggio dalle eterocostrizioni, cioè da norme imposte esternamente dal potere, alle autocostrizioni, cioè da forme di autocontrollo del comportamento introiettate dal soggetto (Elias, 1939). In questo senso il processo di civilizzazione sarebbe descrivibile proprio come creazione dei confini tra individui singoli e tra gruppi più o meno numerosi.
Il secondo passaggio è per Lotman la trasformazione della paura in emozione culturale e, aggiungo io, politica per eccellenza. Ciò avviene soprattutto “nel momento del sorgere dello Stato e di gruppi sociali antagonistici [cioè quando] l’uomo cominciò a definirsi un “animale politico”, e la paura divenne il meccanismo psicologico fondamentale della cultura” (Lotman, 1975: 273).
Nella terza tappa sullo sfondo dell’organizzazione statale nascono “gruppi più particolari” come associazioni parentali, vicinali, professionali, corporazioni, anche queste rette dalla vergogna come emozione organizzatrice interna, anteposti a volte alla stessa autorità.
Secondo Lotman la vergogna e la paura, giunti alla terza tappa, sarebbero due passioni complementari: una ipertrofia della paura comporta una scomparsa dei meccanismi di vergogna e viceversa. Si pensi – per fare un esempio vicino a noi – a quello che provocò l’istituzione del numero della Guardia di Finanza negli anni Novanta (il 117). Le critiche si appuntarono in particolare sulla presunta promozione della pratica della delazione: secondo molti lo Stato in questo modo invitava i cittadini ad abbandonare proprio quel senso di vergogna che segue all’azione dello spiare e tradire altri cittadini, seminando quindi un senso di timore.
Nei contesti mafiosi la regola è non collaborare con l’autorità, riferendo fatti che potrebbero provocare danni a uno dei membri del gruppo sociale. All’interno del gruppo sappiamo che chi sottostà a questa regola è uomo d’onore; all’esterno del gruppo e dalla prospettiva dello Stato si parla di omertà. La minaccia all’interno del gruppo per chi rompe il patto di silenzio e non-collaborazione verso lo Stato è la vergogna, a fronte della mancanza di
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Queste descrizioni ci forniscono l’opportunità, che è una degli obiettivi di questa ricerca, di tracciare delle tipologie della cultura cioè vedere quali meccanismi passionali regolano la formazione di identità individuali e collettive. Allo stesso tempo ci permettono di avanzare ipotesi su come concepiamo il pericolo e su come collochiamo la minaccia rispetto a noi. Il modo di concettualizzare il pericolo e la minaccia costituiscono poi la base essenziale per la costituzione di un principio d’azione. Mi soffermerò in particolare sul secondo passaggio messo in luce da Lotman, cioè la trasformazione della paura in emozione culturale con le sue diverse possibili variazioni.