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I dettagli “pungenti” del realismo

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 84-90)

Anche dal punto di vista della caratterizzazione fisica – a giudicare dalle descrizioni dei contemporanei – Modena unisce tratti contrastan- ti e riassume in sé elementi apparentemente di segno opposto. Attore dalla figura alta (“quasi colossale” scrive Bonazzi33), dal “portamento

maestoso”34, dagli occhi “bruni, fosforescenti, pieni di fascino”35, dalla

“bellezza aristocratica delle mani”36, allo stesso tempo alcuni suoi gesti

e movenze danno una sensazione come di disarmonia: la “rigidezza di

37 G. Costetti, Il teatro italiano, cit., p. 122. 38 T. Salvini, Ricordi, cit., p. 61.

39 G. Costetti, Il teatro italiano, cit., p. 122. 40 T. Salvini, Ricordi, cit., p. 61.

41 E. Franceschi, Studii teorico-pratici, cit., pp. 234-235.

42 A. Piazza, Teatro Re, in “Gazzetta privilegiata di Milano”, 13 settembre 1840. 43 H. Stieglitz, Gustavo Modena, e Luigi Ferrari. Lettera da Padova, in “La Favilla”, 31 luglio 1843 (poi parzialmente ripubblicato in: H. Stieglitz, Drammatica. Gustavo

Modena, in “Figaro”, 10 gennaio 1844). Le testimonianze sulla voce nasale di Modena

sono diverse: oltre ai Ricordi di Salvini vedi anche quanto scrive Ghislanzoni nel suo Li-

bro serio (cit., p. 79).

44 Canova, nelle sue Lettere sopra l’arte d’imitazione, scritte alla fine degli anni Venti, considera negativamente la voce che “si drizza al naso” (“disgusta, scortica l’o- recchio e ristucca potentemente”: Lettere sopra l’arte d’imitazione, cit., p. 109). Anto- nio Colomberti indica in Carolina Internari una attrice brava nonostante la sua voce nasale (la Internari fu fra l’altro in compagnia con Modena proprio in questi anni: A. Colomberti, Memorie, cit., p. 270). Lo stesso Stieglitz, nel brano già citato, lascia inten- dere che Modena trasformasse in elemento d’arte ciò che andrebbe considerato in realtà un difetto: “egli sa vincere e coprire colla giusta intonazione e coll’accento espressivo il suono nasale del suo organo di voce, sicché passato il primo momento si può appena avvedersene” (H. Stieglitz, Gustavo Modena, cit.). D’altra parte, una delle prime testimonianze sulla voce nasale di Modena è di un cronista lucchese che, nel 1830 dopo averlo definito “uno dei migliori comici che al presente siano sul teatro”, aggiunge: “è una disgrazia che abbia il naso rovinato” (F. Minutoli, Memorie degli spet-

tacoli teatrali di Lucca, cit. in A. Bentoglio, Documenti e note per una biografia del gio- vane Modena, cit., p. 82). Sulla “nasalizzazione” dell’attore italiano vedi le osservazioni

svolte da Sandro d’Amico in un’intervista pubblicata su “Teatro e storia”. Proprio nel- l’ambito di una riflessione sull’eredità di Modena, D’Amico si chiede se vi siano dei precedenti ottocenteschi alla nasalizzazione: “sarei curioso di conoscere l’origine della nasalizzazione (ai limiti del birignao) che nell’attore italiano continua a trasmettersi mi- steriosamente… Da Ruggeri a Ricci, da Gassman a Bene, l’attore italiano nasalizza. Ma

un braccio ferito”37 che gli “rendeva difficile protenderlo liberamen-

te”38, oppure l’“alzar de’ piedi, camminando, quasi a tirar calci”39che

porterà i suoi “imitatori” – annoterà pungente Tommaso Salvini – ad “alza[re] il tacco come per dar di sprone a un cavallo”40.

Enrico Franceschi scrive come i suoi “atteggiamenti” e le sue “po- se” fossero “più scultorie che pittoresche”, alludendo al tratto instabi- le, mosso, e perciò poco armonico della sua figura: “se [quelle pose] fanno desiderare talvolta per gentilezza – aggiunge Franceschi – sono però decisamente espressive”41.

La voce, bellissima e intensa, aveva una “lieve tendenza all’aspro”42

ed era caratterizzata per il deciso “suono nasale”43, particolare consi-

derato fino a questo momento un difetto per la recitazione e che pro- prio Modena trasforma in elemento compiutamente stilistico44, con- Il realismo grottesco: lo stile, i personaggi 85

non si sa quando sia cominciata. Salvini non nasalizzava: abbiamo in Museo [dell’Atto- re di Genova] una registrazione della sua voce nel Saul, “Bell’alba è questa…”. Dun- que allo stato delle mie conoscenze tutto comincia con Ruggeri. Dopo di lui Benassi, Gassman e Carmelo Bene”. Come abbiamo visto, l’avvio va retrodatato in realtà alme- no a Modena (V. Venturini, Colloqui con Alessandro D’Amico, in “Teatro e storia”, n. 24, 2002-2003, p. 543).

45 T. Salvini, Ricordi, cit., p. 49.

46 G. Cosentino, Modena Lombardi e Vestri a Bologna, cit., p. 21.

47 G. S-A., Dell’arte comica in Italia e di Gustavo Modena, in “Rivista europea”, II trimestre 1843, p. 113.

48 H. Stieglitz, Gustavo Modena, cit.

49 [Sia], Teatro Carcano, in “Il Pirata”, 7 agosto 1847.

50 G.I., Teatro Lentasio – Gustavo Modena, in “La Moda”, 14 febbraio 1842. 51 E.L. Franceschi, Studii teorico-pratici, cit., p. 233.

vertendo la “nasalità” (causatagli da un’operazione per la sifilide) in “sonorità”, come suggerisce ancora Tommaso Salvini con un’immagi- ne molto efficace: “La sua voce nasale, ma sonora, sembrava uscire non dalla bocca, ma dagli orecchi, dagli occhi e più ancora dalle nari- ci”45. Dove è evidente fra l’altro quanto in Modena vocalità e fisicità

fossero tutt’uno, intrecciate a comporre la forza espressiva complessi- va dell’attore.

La recitazione di Modena trasmette per un verso un tratto di so- brietà di fondo: “Sobrio nell’azione molto egli seppe significare con lo sguardo, l’atteggiamento, ed il gesto, con straordinaria efficacia ado- perando il silenzio e le pause”46. Padroneggia assai bene “il colorito

intermedio, le secondarie finezze”47, quelle “tante delicate graduazio-

ni”48che ne rendono impareggiabile lo stile.

Allo stesso tempo vi è in Modena una forte attenzione ad alcuni singoli dettagli, al particolare che balza repentinamente in primo pia- no e concentra su di sé una speciale significazione. Un procedimento raffinatissimo di condensazione del senso che spiazza gli spettatori (“Ne parve forse notare che a certe piccole cose egli dia troppo rilievo a scapito di alcune di maggior importanza che spiccherebbero meglio, se non entrassero, a così dire, nella tinta delle prime”49) ma spesso li

affascina (“quanto valore ad una brevissima inflessione di voce, ad un sorriso, ad un torcer di labbro, ad un girare di sguardo!”50).

Così accade quando Modena ferma l’attenzione del pubblico su una parola, o su una espressione “a così dire, sacramentale, quella che in sé comprende tutta la forza della espressione medesima”51. Le

“esplosioni” – come scrive lo stesso Modena – “dove l’attore dic[e]

52 Lettera a Giacinto Battaglia del 25 aprile 1844, ora in E, p. 69 (Grandi attribui- sce erroneamente la lettera al 1845).

53 V. Andrei, Gli attori italiani, cit., p. 55. 54 Ivi, p. 88.

55 Ivi, pp. 86-87. 56 Ivi, pp. 87-88.

molto con una sola parola: Quell’“io l’ebbi” di Oreste, quel “piango!” di Orosmane… e via così”52.

E così accade anche quando, più frequentemente, il dettaglio è un gesto, un movimento, una postura.

Per esempio il “breve brivido come di febbre” che Modena mostra agli spettatori quando Saul esce dalla tenda all’inizio del II atto.

Quel terrore egli lo manifestava con quella ingenua paura, che i più rino- mati guerrieri e reggitori di popoli […] ebbero nell’antichità per i fenomeni cosmici. Ciò faceva per la manifestazione psichica, l’azione fisica l’esprimeva con un breve brivido come di febbre da cui era invaso all’idea dell’avvicinarsi della tempesta53.

Oppure, nel finale del Luigi XI, con l’invenzione di un semplice ma terribile “bagliore” dell’occhio che “ricordava il lucido acciaio delle scure”54conferito da Modena al suo personaggio quando questi

– creduto morto ma non ancora morto – ha un ultimo rantolo di vita:

quando il Re [è] creduto morto […] viene eletto il successore […]. Ricor- derete, che quell’imberbe, per preghiera dei circostanti, prende la corona, che è sul tavolo, e si apparecchia a cingerla, quando a un tratto il terribile Re ria- pre gli occhi. Per ottenere un effetto scenico gl’imitatori derogano, cioè, si al- zano a metà […] e strappano, o fermano la mano del Delfino, e riprendono la corona; teatralità che il Modena si sarebbe ben guardato di commettere, tanto più sapendo, che un tiranno, temuto come Luigi Undecimo, non aveva biso- gno per paralizzare l’altrui volontà, che dell’occhio55.

Ed ecco tutta la forza espressiva dell’accento “realistico” di Mo- dena:

il proprio occhio severo rivolgeva sul figlio, poi lentamente, quanto le for- ze glie lo permettevano, lo fissava su tutti gli Attori che lo circondavano. Ap- pariva un nuovo quadro che aveva per colorito l’atterrimento; tutte le fronti, erano angosciosamente curve, tutte le figure indietreggiavano […]. Una sola cosa, era assoluta: l’occhio, che aveva un bagliore, che a quei derelitti ricorda- va il lucido acciaio della scure. Quella trepidazione pareva eterna, quell’oc- chio nero profondo fiammeggiava sempre, il silenzio era sepolcrale, però di mano in mano quella fiamma si oscurava per spegnersi affatto56.

Il realismo grottesco: lo stile, i personaggi 87

57 G. Bottiroli, Teoria dello stile, cit., pp. 263-264. 58 Ivi, p. 247.

59 Ivi, p. 245.

Due esempi – il breve brivido di Saul e il bagliore dell’occhio di Luigi XI – di dettagli tipici del realismo.

Dettagli cioè non semplicemente “fattuali”, mimetici, tassonomici, descrittivi – come sarà poi nel caso dei dettagli del naturalismo – ma “prospettici”, metonimici, narrativi, come accade appunto nel caso dei dettagli del realismo. Lo ha rilevato molto efficacemente Giovanni Bottiroli in un saggio dedicato alla teoria dello stile e nell’ambito di una riflessione sul “discorso realista”:

Ci sono due forme di incontro con i dettagli. La prima è quella dell’incon- tro tassonomico o semeiotico: un dettaglio fattuale va a incastrarsi nella confi- gurazione che già contiene i tratti della sua assenza […]. La seconda forma è quella dell’incontro con un dettaglio prospettico: i dettagli di questo tipo of- frono un’occasione – non un’informazione nuova, non qualcosa di nuovo, ma un nulla che fa emergere tutto57.

Mentre cioè i dettagli banalmente “fattuali”, i dettagli del naturali- smo, realizzano una rappresentazione “perfettamente articolata” ma prevedibile, dalla quale “è stata cancellata la densità”, e sono perciò dettagli “che non pungono” e non svolgono un “ruolo di frantumazione dei cliché”58(procedimento questo che determina invece la densità arti-

stica e cognitiva di un’opera); i dettagli del realismo sono come il punc-

tum di cui ha scritto Barthes: “quella fatalità che mi punge”. Scrive an-

cora Bottiroli:

dal reale sbuca il dettaglio imprevedibile […] e questo elemento viene a infrangere la corazza trasparente del mio sguardo. Il piacere di familiarità vie- ne inciso da una ferita. Questo elemento che, partendo dalla scena, mi trafig- ge come una freccia, Barthes lo chiama punctum […]. Il punctum è il detta- glio destrutturante, sventolato dalle forze centrifughe come un trofeo di vitto- ria, qualcosa che si aggiunge allo spazio del prevedibile, al mosaico lessicale che chiamiamo realtà nell’accezione separativa di questo termine, e lo sospen- de, lo eccede. Qualcosa, in una descrizione, mi punge59.

Torniamo alla Zaira. Giuseppe Rovani, in un importante articolo che abbiamo già citato in cui la recitazione di Modena viene parago- nata a quella di Adelaide Ristori, scrive che Modena è artista delle “ri- velazioni” (i “tratti che solo attestano il genio”), al contrario della Ri- stori, e riferisce l’esempio per noi preziosissimo di quando Orosmane,

60 Rovani, Adelaide Ristori e l’arte della recitazione, in “L’Italia musicale”, 31 di- cembre 1856.

per indicare il corpo ucciso di Zaira, ricorre inaspettatamente al piede anziché alla mano:

citiamo un altro esempio: quello della Zaira, quando Orosmane, certo di essere stato tradito dalla donna amata, ne mostra il cadavere al fratello di lei. – Il poeta non pretende dall’attore, se non che accenni la Zaira al fratello con quel gesto che è voluto dall’arte e dalla natura. Qui finiscono le sue pre- tensioni. Ma Gustavo Modena ha fatto di più; vogliamo dire che ha saputo uscire dall’arte e dalla natura comune: ed ebbe dall’inspirazione e dalla natu- ra eccezionale un movimento e un gesto che nemmeno Voltaire poté aver so- spettato – ed è quello pel quale, sdegnando nel suo orgoglio musulmano di adoperar la mano per additare altrui la donna infedele, gliela mostra col piede60.

Un dettaglio “rivelatore” (“pungente”), portatore di un elemento di realismo – e non di naturalismo – che ci aiuta a capire meglio l’ope- razione artistica realizzata da Modena attraverso il testo di Voltaire.

L’obiettivo di Modena è infatti fare di Zaira un’occasione per sti- molare il pubblico alla riflessione critica, a considerare strano ciò che normalmente appare naturale, nel caso specifico attraverso il tema cruciale della tolleranza religiosa intesa come anelito, qui soffocato, a costruire un mondo di liberi e uguali.

Per farlo Modena ha bisogno di sottrarre il più possibile la vicenda alla sua piega semplicemente psicologica e sentimentale, alla storia d’amore e di gelosia dei due amanti. Ciò che interessa a Modena non è infatti lo stato d’animo di Orosmane, o di Zaira ma la contraddizio- ne generata dal conflitto lacerante fra uomo e società, fra aspirazioni singole e dimensione collettiva (laddove poi si ritrovano naturalmente gli stati d’animo dei singoli, non come oggetto primo della rappresen- tazione ma come parte di una dinamica e di un conflitto più grande e complesso). Per trasformare il testo di Voltaire da potenziale dramma a tragedia moderna, e dunque grottesco, Modena ricorre ai dettagli “eterogenei” e “conflittuali” del realismo, il cui compito è precisa- mente disarcionare a ogni piè sospinto l’“omogeneità” del naturali- smo che rischia continuamente di fare capolino in scena. “Negli uni- versi a dominanza fattuale – scrive ancora Bottiroli – da ogni partico- lare si può risalire al Tutto; ma negli universi a dominanza semantica dal particolare si risale al conflitto […]. Nel primo caso gli indizi sono

Il realismo grottesco: lo stile, i personaggi 89

61 G. Bottiroli, Teoria dello stile, cit., p. 258. 62 V. Andrei, Gli attori italiani, cit., p. 30.

omogenei, nel secondo sono eterogenei”61. Per questo i “modi trivia-

li” di Orosmane, per questo la lettura del “fatal” biglietto svuotata di ogni accento di pathos, per questo le grida così inverosimili, per que- sto il piede che indica il cadavere di Zaira. Tutti dettagli e sottolinea- ture che, attraverso una forte connotazione nel segno del realismo, sottraggono la vicenda alla forma banalmente mimetica che impoveri- rebbe la rappresentazione, restituendo così l’opera al significato com- plesso che Modena intende attribuirle.

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 84-90)