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I Promessi spos

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 176-179)

Dei Promessi sposi modeniani sappiamo purtroppo poco.

La riduzione messa a punto dall’attore viene rappresentata almeno in tre circostanze, una prima volta nel maggio del 1829 a Milano, una

38 [Sia], Teatro Re – I Promessi sposi, in “I Teatri”, 16 maggio 1829. Difficile stabi- lire i rapporti fra questa riduzione e quelle giunte fino a noi, pubblicate fra il 1827 e il 1829, di Giambattista Nasi e Marc Aubert, per cui vedi C. Molinari, La (s)fortuna tea-

trale di Manzoni, in “Biblioteca teatrale”, 1986, n. 1 (nuova serie).

39 Vedi la lettera a Giovanni Tadolini del 28 aprile 1837, ora in E, p. 25. 40 [Sia], Teatro Re – I Promessi sposi, cit.

41 Ibidem.

seconda nel gennaio del 1830 a Venezia, una terza pochi mesi dopo a Lucca.

Dall’unica recensione utile di cui disponiamo, del maggio ’29, rica- viamo qualche informazione preziosa.

Innanzi tutto Modena elimina dalla vicenda il personaggio di fra Cristoforo, espungendo così dal testo i riferimenti al volto più miseri- cordioso della Chiesa, sostituendo per di più in alcuni passaggi la fi- gura di fra Cristoforo con quella di Don Abbondio. Come quando l’autore della riduzione concepisce “lo stranissimo pensiero di man- dare quel coniglio di Don Abbondio a far tenere a Don Rodrigo gli stessi discorsi d’ammonizione e di minacce, che nel romanzo sono te- nute dallo stesso padre Cristoforo”38.

Per questa via Don Abbondio risulta nella versione teatrale un ca- rattere probabilmente più sfaccettato (non a caso Modena tiene la sua figura in speciale considerazione fra i personaggi del romanzo39) ma

non meno negativo (un “coniglio”), riconsegnando alla ragione servi- le, incarnata dal “povero Abbondio”, anche il momento delle “am- monizioni” a Don Rodrigo40.

Il personaggio di Renzo, recitato da Brenci, viene restituito in sce- na con una sottolineatura collerica e minacciosa “che sarebbe più convenuta a un bravo di Don Rodrigo”41, evidenziando così un tratto

ruvido e aggressivo ben diverso da quello fissato nel romanzo. Da ultimo, il finale, brusco, sembra voler troncare ogni indugio sulle virtù della Provvidenza.

Alla fine del quart’atto noi eravamo giunti a quel punto del romanzo in cui i promessi sposi sono con Tonio e Gervasio da Don Abbondio […] che Agnese tiene a bada Perpetua; che i bravi di Don Rodrigo sono in casa d’A- gnese […] i bravi si credono inseguiti e fuggono; i Promessi Sposi fanno lo stesso: onde non sapevamo che cosa dovesse poi succedere al quint’atto per terminar la commedia. Ma il nostro poeta, pari a quello di buona memoria, che, intricatosi troppo in un argomento, per scioglierlo presto tentò al quint’atto di far nascere un terremoto che subbissasse [sic] i suoi personaggi,

Arte e politica: le Dantate 177

42 Ibidem.

43 Lettera a Giovanni Sabatini del 12 [manca il mese] 1851, in Biblioteca Civica di Torino, Fondo Flechia (la lettera non risulta altrimenti pubblicata).

44 [Sia], Teatro Re – I Promessi Sposi, cit. 45 V. Andrei, Gli attori italiani, cit., p. 49.

manda un supremo preside che fa legar quanti trova e decreta poi al quint’at- to che sian mandati in galera Don Attilio, Don Rodrigo e i bravi, che Renzo e Lucia si facciamo sposi, e dà un’intemerata al povero Abbondio42.

Modena cerca evidentemente di smorzare i tratti in cui si manifesta con più chiarezza il moralismo dell’“arcicattolico” Manzoni43. Porta

un po’ all’eccesso l’“intrico” e lo scioglie con un coup de théâtre. Finisce così per emergere, ancor prima che un affresco “storico”, una lettura disincantata delle vicende narrate, più farsesca che dram- matica, probabilmente attraversata da un sottile afflato parodico.

Forse anche per questo il pubblico non apprezza, nonostante gli sforzi degli attori:

L’esito […] fu sfortunato. Gli attori della compagnia Modena, che sosten- nero questa commedia procurarono quanto fu in loro di non rendere maggior questa sfortuna44.

Modena non sembra prendere parte alla rappresentazione; il re- censore infatti non lo cita mai fra gli attori.

Eppure una curiosa testimonianza di Vincenzo Andrei – molto più tarda, però – ci dice che Modena

terminò le sue ricerche con un personaggio, il quale rispondeva a tutte le ragioni del suo modo di giudicare sulla morale in teatro: l’Innominato45.

Non avendo altri riscontri non sappiamo se (e quando) Modena abbia davvero recitato il personaggio manzoniano, né se lo fa in que- sta circostanza. Dobbiamo dunque, per il momento, fermarci qui.

Ciò che invece siamo in grado di affermare con maggior sicurezza è che i primi approcci al dramma storico operati da Modena, oltre a rivelare un’attenzione nei confronti di Manzoni che si manifesterà an- cora, diversi anni più tardi, al ritorno alle scene dopo l’esilio, con al- cuni “esperimenti” sul Conte di Carmagnola e Adelchi, muovono in una direzione diversa da quella tracciata da Mazzini. Decisamente più didascalico l’intento di quest’ultimo, maggiormente interessato al- l’espressione di un sentimento critico-parodico il primo. La comune attenzione per il “dramma storico” è così per un verso certamente il

46 G. Modena, Il falò e le frittelle, ora in S, p. 227 47 Ora in S, pp. 314-315.

48 G. Mazzini, Ai lettori (1861), in Id., Scritti editi e inediti, vol.II, Commissione editrice degli scritti di G. Mazzini, Roma 1887, p. 13.

49 G. Modena, Il teatro educatore, cit., pp. 248-249.

50 G. Modena, Stramberie di Democrito (1856), ora in S, p. 267.

segno e la conferma di una reciproca influenza, di uno scambio e di un arricchimento vicendevole, per un altro un ulteriore esempio della di- stanza che, pur nell’afflato comune, separava spesso i due negli esiti.

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 176-179)