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L’esordio Gli “affettuosi e patetici modi”

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 37-40)

Modena esordisce tardi, lo si è detto. Inizia a recitare soltanto a 21 anni, dopo una laurea in Diritto e diversi spostamenti (Venezia, Pado- va, Modena, Bologna, Roma) che testimoniano sin dagli anni giovanili una forte inquietudine anche esistenziale3.

L’esordio è folgorante. Nel settembre del 1824 compare per la prima volta sulle scene del teatro San Benedetto di Venezia in una delle com- pagnie più celebrate d’Italia, la Fabbrichesi, nel cui organico figurano i due attori più importanti di quegli anni: Luigi Vestri e Giuseppe De Marini4. Nel giro di pochi mesi il giovane Modena attira l’attenzione su

di sé. Già nel novembre Lodovico Piossasco, Delegato dalla Direzione della Compagnia Reale Sarda per la formazione dell’organico, si ram- marica di non aver scritturato in tempo il giovane esordiente5. La prima

recensione vera e propria alla compagnia Fabbrichesi per il lungo corso

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6 T.L., Appendice, in “Gazzetta privilegiata di Venezia”, 29 gennaio 1825. 7 P.L.R., Teatro d’Angennes, in “Gazzetta piemontese”, 22 novembre 1825. 8 “La comica compagnia Fabbrichesi intende di dare nuova vita e splendore du- rante il prossimo carnevale al Teatro Carcano [...]. Diremo abbastanza ripetendo che De-Marini, Vestri, Modena il giovine, Leonesi, le due Bettini, i due Cristiani e la Bocco- mini figlia ne compongono le parti principali” ([Sia], Cenni teatrali, in “Corriere delle dame”, 10 dicembre 1825).

9 [Sia], Cenni teatrali, in “Corriere delle dame”, 31 dicembre 1825. 10 [Sia], Cenni teatrali, in “Corriere delle dame”, 4 febbraio 1826.

di recite veneziane, del gennaio ‘25, nomina Modena subito di seguito ai due mostri sacri, Vestri e De Marini, come “giovine delle più alte speranze” che “diede abbastanza prova di sé per lasciar travedere le sue future corone”6. Nel novembre dello stesso anno, a Torino, è segnalato

dai cronisti come “primo Attore”7. A dicembre il “Corriere delle da-

me” lo saluta a Milano come uno dei protagonisti della compagnia8e si

spinge fino al punto di considerarlo alla stregua di Vestri e De Marini: “Né fia a que’ due secondo mai il bravo giovane Modena, che con tanta grazia, con tanta ingenuità ed espressione ci rapisce e ci diletta”9.

Torneremo su queste parole perché evidenziano un tratto che sarà poi ricorrente, a riprova della loro non genericità, nella recitazione del giovane Modena, l’“ingenuità”. Ma di questo diremo a breve.

Ora fermiamoci ancora a sottolineare come in poco più di un anno, un tempo davvero molto esiguo, Modena sembri aver conquistato le platee teatrali. Emblematica in questo senso una cronaca del febbraio del 1826, che lascia discendere dalla sua “indisposizione continua” – e dalla conseguente sua assenza dalle scene – alcuni cambiamenti (in peggio) nel repertorio della compagnia Fabbrichesi. Circostanza che testimonia tanto l’importanza assunta da Modena all’interno della compagnia quanto il favore rapidamente guadagnatosi agli occhi del pubblico:

al Carcano talvolta le rancide od insulse commedie scemano in gran parte il diletto che la rinomata compagnia Fabbrichesi potrebbe arrecarci. L’indi- sposizione continua dell’egregio Modena ha forse portato qualche sconcerto nel Repertorio, e pur troppo non isperiamo di vederlo per ora rianimare la scena co’ suoi affettuosi e patetici modi10.

Dunque l’assenza dell’“egregio Modena” lascia il pubblico, e il cronista, a bocca asciutta.

La recensione è però importante anche per altri due motivi. Innan- zi tutto si tratta di una delle prime testimonianze sullo stato cagione-

11 P.A. Curti, Gustavo Modena, cit.

12 [Sia], Biografia drammatica, in “I Teatri”, fasc. VIII, giugno 1827. Vedi anche, a proposito dello stato di salute di Modena in questo periodo, i documenti sui disturbi alla gola riportati in A. Paladini Volterra, Antonio Raftopulo contro Gustavo Modena:

un’azione giudiziaria di fronte alla deputazione ai pubblici spettacoli, in “Biblioteca tea-

trale”, n. 11, 1989. A differenza però di quanto sostenuto dalla Paladini sulla scorta di una ipotesi di Meldolesi, Modena, come si è visto, fu in compagnia Fabbrichesi non per sei mesi ma per quasi un anno e mezzo, dal settembre del 1824 fino all’inizio del 1826.

vole di salute che tormenterà Modena per tutta la vita. Secondo uno dei primi biografi modeniani, Pier Ambrogio Curti, l’attore contrae proprio in questo periodo una febbre itterica che “parve principio di tante altre indisposizioni e malattie”11. Una “seria infermità” – leggia-

mo l’anno successivo su “I Teatri” – che lo costringe all’abbandono della compagnia Fabbrichesi “e per qualche tempo [de]lla scena”12.

Proprio la salute fu un ulteriore ostacolo che si frappose, di qui in avanti, alla continuità della presenza di Modena nei teatri. Non si trat- ta solo, in questa circostanza, dell’abbandono forzato delle scene (e della compagnia Fabbrichesi) dopo un avvio così brillante. Da ora in poi è tutta la vita dell’attore a essere costellata di recite rinviate e di temporanei abbandoni dell’attività teatrale, causati spesso dalla feb- bre, dalla tosse e più avanti dai guai al cuore e dalla sifilide. Avviata la compagnia “dei giovani” nella primavera del 1843 – per limitarci a un solo esempio – Modena già nel gennaio ’44 è costretto dalla malattia a rimanere lontano dalle scene per qualche periodo: non ultima ragio- ne, forse (come vedremo), dell’acuirsi delle difficoltà e poi del falli- mento del progetto.

L’altro motivo di interesse della recensione è quel riferimento agli “affettuosi e patetici modi” della sua recitazione, che rimanda e con- ferma l’“ingenuità” che avevamo già richiamato: un carattere del lin- guaggio della scena così preciso e così ben rilevato da configurarsi co- me un vero e proprio tratto stilistico nel giovane attore.

Si tratta infatti di aggettivi insoliti per le cronache teatrali di questi anni. Definizioni che trasmettono la percezione in chi scrive per un verso di un tratto leggermente sopra le righe, quasi caricato, che è il segno in realtà di una forza espressiva declinata in modo insolito e perciò difficile da classificare. Per un altro di un modo di restituire le passioni sulla scena in cui l’intensità si mescola con una forma velata ma percepibile di disincanto. Nel tratto “ingenuo” c’è qualcosa di di- sarmante (“La qualità del XIX secolo non è precisamente l’inge-

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13 T. Gautier, Notizia su Charles Baudelaire. Saggio critico, Gallino Editore, Milano 2006, p. 21. La Notizia di Gautier viene pubblicata per la prima volta nel 1868 come in- troduzione ai Fiori del male.

14 [Sia], Biografia drammatica, in “I Teatri”, fasc.VIII, giugno 1827. 15 [Sia], [Sit], in “I Teatri”, 8 maggio 1828.

16 M., Al Signor A.*** G.*** a Parigi intorno all’ultima tragedia di G.B. Niccolini, in “Antologia”, ottobre 1827, p. 119. Vedi anche G. Montani, Scritti letterari, a cura di A. Ferraris, Einaudi, Torino 1980, p. XCIV. Ringrazio Enrico Mattioda per l’indicazione bibliografica.

nuità”, scrive Gautier nella sua Notizia su Baudelarie13). In quello

“patetico” qualcosa di talmente eccessivo da rasentare la parodia. Una somma di opposti, che determina una forma contraddittoria. Modena, infatti, impareggiabile “nell’intelligenza e nell’arte di so- stenere le parti amorose o di sentimento”14, spiazza abilmente le atte-

se del pubblico immettendo in una recitazione così intensa un tratto

negativo, di sottrazione e di rovesciamento, come a voler dimidiare il

sublime: “il giovine Modena eccita un entusiasmo, che sarebbe più ge- nerale, se studiasse il suo comporsi su la scena in modo da non isve- gliare l’idea di un De-Marini spogliato della sua nobiltà”15.

Un’efficace testimonianza in questo senso ci viene offerta nel 1827 da Giuseppe Montani, sulle pagine dell’“Antologia” di Vieusseux. Questi nutre grandi aspettative nei confronti dell’attore, avendone conservato un buon ricordo nella Virginia di Alfieri, dove recita “qua- si come avrebbe potuto farlo […] Talma”. Ma di fronte al modo in cui imposta il personaggio in Antonio Foscarini di Gian Battista Nic- colini manifesta un forte disappunto, restituendoci in negativo una descrizione eloquente del rovesciamento del sublime tragico già evi- dentemente caratteristico del suo stile.

È vero dunque […] che du sublime au ridicule il n’y a qu’un pas. – Vero pur troppo […] Questa prova l’ho avuta il 29 [agosto] al Teatro Nuovo, e non ho potuto riderne perché la bile mi soffocava. – Modena! Modena! Tu quoque Brute! […] La Musa della tragedia gli perdoni il modo con cui ha fat- to da Foscarini16.

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 37-40)