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Il rovesciamento del tragico

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 93-96)

Sono però certamente i personaggi intesi dalla critica del tempo come “tragici” a offrire a Modena la possibilità di dispiegare al me- glio, più compiutamente e anche più efficacemente, la propria arte. Qui il realismo e il grottesco si saldano e si compenetrano perfetta- mente. In questo senso il riferimento implicito a Hugo sembra ben chiaro ai contemporanei.

Il realismo grottesco: lo stile, i personaggi 93

79 E. Montazio, Cronaca fiorentina, in “Appendice teatrale della Rivista”, 13 di- cembre 1844. Sulla figura di Montazio vedi: M. Brotini, Enrico Montazio, l’Aretino dei

giornalisti, in “Ariel”, n.2, 2003, pp. 59-85. Nel suo intervento Brotini però stranamen-

te tralascia gli elementi conflittuali del rapporto Modena-Montazio, su cui torneremo più avanti.

80 E. Montazio, Cronaca dei Teatri di Firenze, in “La rivista di Firenze”, 26 maggio 1847 (naturalmente, per addolcire la pillola, in questo articolo Montazio aggiunge: “co- me esecutore son io il primo a fargli di cappello!”). Sulle traduzioni di Modena vedi: M. Cambiaghi, Per un rinnovamento del repertorio: Gustavo Modena traduttore dram-

matico, in AA.VV., Ripensare Gustavo Modena, cit.

81 E. Montazio, Cronaca fiorentina, cit. 82 V. Andrei, Gli attori italiani, cit., p. 47.

Lo si deduce per esempio dalle parole di un critico importante co- me Montazio. Il quale – lo abbiamo già richiamato – accomunando Modena a Taddei e Gattinelli lamenta nella loro recitazione un ecces- so di “naturalismo”, manifestando un’avversione profonda per quella forma di realismo che porta in scena il “vero […] sì brutto che pare inverosimile”. Scrive Montazio:

Il vero è sempre vero, non v’ha dubbio; ma è anco indubitato che il vero qualche volta è sì brutto che pare inverosimile, ed è questo appunto il caso nostro [...]. Una volta che ammettiamo consistere in questa imitazione mate- riale delle infermità fisiche o morali la perfezione dell’arte, ammettiamo per conseguenza inevitabile lo stolto teorema che alcuni critici prestarono a Vic- tor Hugo, ed in tal caso non abbiamo che ad inalberare quel magnifico sten- dardo su cui sta scritto Le laid c’est le beau, e andar a cercare col lumicino tutte le imperfezioni, tutte le storture, tutte le particolarità più o meno grotte- sche onde va contraddistinta ed affetta la specie umana79.

Sulla stessa lunghezza d’onda la dura critica, sempre di Montazio, per le traduzioni messe a punto da Modena, sulle quali torneremo:

parolacce da far rabbrividire, frasi da far venire i sudori freddi, locuzioni da suscitare il vomito, barbarismi di muovere i vermi, strafalcioni da pigliarsi colla pala, mutilazioni e raffazzonamenti in odio al senso comune – ecco le principali qualità delle traduzioni di Gustavo Modena80.

L’attore in effetti rifiuta ciò che Montazio considera al contrario compito precipuo dell’arte (rappresentare “i bei modelli, i belli esem- pi, tutto ciò, insomma, che è più vicino alla perfezione, senza esserne tuttavolta l’ideale”81). E imbocca risolutamente la strada di una poeti-

ca che “squarcia” il “mistero” dell’“idealità manifestativa”82, che sbu-

83 Ivi, p. 101.

84 A. Carrière, Appendice teatrale, in “Il Ricoglitore fiorentino”, 18 novembre 1843.

85 Lettera a Zanobi Bicchierai del 6 giugno 1841, ora in E, p. 34. 86 Ivi, p. 35.

giarda il “lirismo melodico”83per denunciare in scena l’impraticabi-

lità del sublime. Qualcosa di molto simile, appunto, a ciò che Hugo – e poco più tardi Baudelaire – realizzano in Francia.

Da questo punto di vista Modena mette in opera un “sistema di ne- gazione” del teatro contemporaneo ben evidente a chi scrive su di lui:

il sistema di recitazione del Modena […] è piuttosto un sistema di negazio- ne, che l’istituzione di una formola nuova. Perché noi veggiamo è vero bandi- to il più possibile da questa Compagnia ogni sorta di convenzionalismo, ma ci sembra che per evitare questo detestabile difetto i più degli attori stiano per cadere in un naturalismo che è forse il più delle volte troppo poco artistico e troppo volgare. E il maestro stesso, vogliam dire Gustavo Modena, sebbene potente a rivelare con tutta la energia del sentimento e con tutta la evidenza dell’arte, i caratteri, ed i concetti drammatici più arditi e più nuovi, tuttavia anche esso per volere essere sempre altamente vero, cade, a parer nostro, ta- luna volta, nelle esagerazioni poco dignitose della realtà84.

Modena, che si cimenta consapevolmente con la “perdita d’aureo- la” dell’arte, avrebbe potuto replicare, con Baudelaire, “la dignità mi disgusta”.

Ecco le sue parole:

Nobiltà, coturno! e io rispondo: – potta! – come Saturno nel congresso degli Dei. – Non conosco che una legge: – il mio personaggio – Quando è contegnoso, quando è altiero devo esserlo anch’io; quando è umile, ed io umile; quando vaneggia, ed io matto; se l’ira lo vince, ed io servo dell’ira, del- la passione, meno che uomo: se l’uomo doma la passione, ed io più che uo- mo: se finge, fingo… e via così85.

Il personaggio dunque inteso come impasto di contraddizioni, dal momento che sono proprio le contraddizioni, non i “trampoli”, a ren- dere l’uomo “interessante” come oggetto di rappresentazione.

l’uomo vivo, composto di carne e d’ossa, vuol parlare ed atteggiarsi da uo- mo: gli eventi sieno pur grandi, sovrumani, e lo trascinino anch’esso a sublimar- si, non lo leveranno però mai dal suo piedistallo terreno, non ne cambieranno la natura, non lo muteranno in Silfo, o in stoccafisso. Eppoi evvi sublimità fuori del vero? e l’uomo, è egli drammatico, cioè interessante quando non è uomo?86

Il realismo grottesco: lo stile, i personaggi 95

87 Ibidem. 88 Ivi, pp. 34-35. 89 Ivi, p. 34.

90 Lettera a Giovanni Sabatini e Pietro Stefani datata 1858, ora in C. Meldolesi,

Profilo di Gustavo Modena, cit., p. 145.

91 Lettera a Giovanni Sabatini del 7 marzo 1845, ora in E, p. 65.

L’artista drammatico, secondo Modena, è perciò forzato a percor- rere un crinale sottile, dovendo evitare allo stesso tempo sia il “tron- fio” che è nel “sublime” che lo “strascico svenevole” e la “rilassatezza macelleresca” di ciò che i cronisti chiamano “naturalismo”.

Chi non sa che in tutte le arti un filo divide il vero dal falso? L’abile artista cammina su quel filo87.

Gli attori, prosegue Modena, devono guardarsi dal “tipo unico di recitazione tragica” che li porterebbe fatalmente a diventare “spau- racchi”88.

Cosa vuol dire coturno? quel che vuol dire marchese e conte: nomi vuoti che rispondono a cose che non sono più. Oh Arcadia! quanto durerà a pesar- ci addosso l’eredità delle tue parole? Puzza di morto che le nostre perucche fiutano ancora deliziando come un’aura odorosa di primavera! E molti giova- ni del 1841 si educano tuttora a codesto frasario di galle, di orci vuoti che più suonano quanto più son vuoti, di tumide vesciche! E ancora si mette studio a vestire una mezza idea di quattordici versi, e se ne sporca un bel foglio di car- ta reale, e s’affigge pei canti!!89

Il realismo, in Modena, è la via per esprimere la verità di ciò che è e di quel che l’arte è diventata. Di fronte alla caduta dell’aureola nel fango, di fronte all’“industria” che “scaccia” l’arte “con la scopa”, di fronte al teatro-“bazar”, all’artista non resta altro che manifestare fino in fondo l’impraticabilità del sublime, nella sofferenza per la sua per- dita, e rovesciare il tragico in grottesco attraverso la contraddizione. “Bell’Arte è questa!” scrive ancora Modena parodiando Alfieri “in suo merdoso ammanto”90.

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 93-96)