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Il melodrammatico e il comico

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 90-93)

Modena recita in questi anni personaggi fortemente contraddittori, figure lacerate, scisse, veri e propri impasti di comico e di tragico, creature dai sentimenti contrastanti, a volte terribili, di cui forse gli esempi più nitidi sono Saul e Luigi XI, con le loro smorfie di dolore attraversate da un’inquietante venatura comica, in una commistione che sfocia nel “pauroso grottesco” di cui scrive Andrei62.

Diremo fra poco di entrambi.

Fermiamoci prima a rilevare come tracce di questa impostazione siano presenti in Modena anche quando egli si cimenta con personag- gi non classificabili dai contemporanei come “tragici”. È il caso della rappresentazione di testi recitati per lo più per la “cassetta”, molto amati dal pubblico, dalla corda prevalentemente melodrammatico- sentimentale come I due sergenti di Maillard e Daubigny (nella ridu- zione di Roti) o Il giocatore di Iffland, oppure di alcune commedie, come Zelinda e Lindoro di Goldoni.

Abbiamo già detto del Giocatore a proposito delle differenze fra la recitazione di Modena e quella di De Marini. Aggiungiamo ora che l’evidente rovesciamento del sublime messo in opera da Modena (che, lo ricordiamo, sembra qui “un De-Marini spogliato della sua nobiltà”) sta insieme, senza contraddizione logica, con una costante oscillazione nel corso della vicenda fra corde molto diverse fra loro, producendo piuttosto contraddizione nel senso di una maggiore ricchezza espres- siva. Se è vero infatti che Regli sottolinea il complessivo raffreddare il testo caratteristico di Modena (laddove invece De Marini appariva

63 [Sia], Trieste, in “Il Pirata”, 8 novembre 1839.

64 T., Teatro Re, in “Corriere delle dame”, 3 ottobre 1842. Vedi a questo proposito le osservazioni di Sandra Pietrini sulla recitazione di Modena in rapporto alla coerenza psicologica del personaggio in La recitazione grottesca e l’eredità mancata di Gustavo

Modena, in AA.VV., Ripensare Gustavo Modena, cit.

65 R., Drammatica. Ancora di Gustavo Modena, in “Il Pirata”, 27 ottobre 1849. 66 S. Vallier, Teatro D’Angennes. Gustavo Modena, in “Il Messaggiere torinese”, 5 settembre 1846.

67 R., Drammatica. Ancora di Gustavo Modena, cit. 68 Ibidem.

69 Lettera a Paolo Ferrari dell’8 ottobre 1853, ora in E, p. 168.

palpitante e convulso), è altrettanto vero che sempre Regli osserva al-

trove come forse l’attore eccedesse un poco e “piagnucolasse un po’ troppo”63. A sottolineare cioè la costruzione di un personaggio polie-

drico, sfaccettato, che è precisamente la via imboccata da Modena per misurarsi con l’impraticabilità del sublime. Non un personaggio ma

più personaggi insieme, tanto che – scrive Tenca – “ogni scena di que-

sto dramma ci offre, diremmo quasi, un nuovo personaggio”64.

Nei Due sergenti, dramma “del cattivo genere” (ma “d’immanca- bile effetto”), Modena recita con una “energia” e una “potenza” alla quale “è impossibil resistere”65. Variando l’intensità fra un atto e l’al-

tro66, controllando ogni passaggio e ogni effetto (“Modena in questa

parte ha calcolato su tutto. Ogni suo gesto, ogni sua occhiata è un concetto”67), raggiunge una notevole efficacia calcando sulla corda

sentimentale, “lagrimando e facendo lagrimare”68, richiamando il

tratto “patetico” di cui si è detto. È proprio assistendo ai Due sergen-

ti che Regli scrive del “misterioso incanto” che produce la sua recita-

zione.

Modena dunque sembra spingere fino in fondo l’accento melo- drammatico. Un po’ perché si tratta di un testo – questo come altri – che recita per necessità (“per non morire nella paglia”69). Un po’ per-

ché è proprio così, favorendo il coinvolgimento immediato del pub- blico, che riesce poi a immettere, per contrasto, singoli elementi spiazzanti che a un secondo livello di lettura trasformano il tratto sen- timentale in qualcosa di più complesso, in un accento che presenta anche spunti contraddittori e spigolosi.

All’interno di un ingranaggio che sembra perfettamente oliato Mo- dena dissemina qualche piccolo granello di sabbia. Così avviene quando aggiunge una sottolineatura ironica a una delle battute cen-

Il realismo grottesco: lo stile, i personaggi 91

70 I due sergenti. Dramma in tre atti del Signor D’Aubigny ridotto per le scene italia-

ne da Carlo Roti, Placido, Milano 1829, p. 51.

71 G.I., Teatro Re, in “La Moda”, 3 settembre 1840. 72 Ibidem.

73 S. Vallier, Teatro D’Angennes, cit. 74 Ibidem.

75 K. Kraus, Nestroy e la posterità (1912), in J. Nestroy, Teatro, a c. di I.A. Chiusa- no, Adelphi, Milano 1974, p. 544.

trali del secondo atto (“Almeno morirò giustificato”, nel testo70). Scri-

ve al proposito uno spettatore attento come Imperatori: “Chi non ri- corderà […] quelle due parole, proferite con un misto d’affetto, di fierezza, di soddisfazione, e di beffarda ironia: Morrò giustificato?”71.

Modena concentra la battuta in due parole, asciugandola, e contem- poraneamente riesce a trasmettere al pubblico un sentimento con- traddittorio, il cui suggello, impercettibile, è la “beffarda ironia”.

E così avviene anche per quei dettagli tipici della recitazione di Mo- dena (fra cui “una controscena così accurata”72), che “farebbero ridi-

colo un qualsiasi imitatore che dotato non fosse del fino discernimento di Gustavo Modena” ma che in lui sono “stupende pecche”73. Situa-

zioni giocate dunque al limite della credibilità, sul filo del “ridicolo” (lo sarebbero per altri attori), ma “stupende” se realizzate da lui.

Come accade nel caso della “sincope” – un’altra delle “rivelazioni” modeniane – che ancora nel secondo atto interrompe la “piena d’af- fetti” di Guglielmo, lasciando gli spettatori perplessi e ammirati allo stesso tempo.

Sembra che il sommo artista abbia voluto porre un argine […] agli affetti che lo travagliano con una sincope… ma essa è sì rapida (e l’azione non la permetterebbe più lunga) che, a vece di produrre lo sperato effetto, paralizza invece l’andamento della scena, senza giustificare il ritorno dell’attore alla pietosa simulazione, per irrompere poscia di nuovo e con viemaggior violenza74.

Un’improvvisa “paralisi” dell’azione, che a ben riflettere – sembra voler dire il recensore – determina una situazione strana, poco credi- bile, ma che lì per lì evidentemente non compromette l’efficacia com- plessiva della recitazione, né l’andamento della vicenda.

Qui Modena “avvolge nell’ovatta la sua dinamite”, per usare un’e- spressione che uno scrittore come Karl Kraus riferisce a un attore contemporaneo di Modena, Johann Nestroy75. Si fa carico cioè fino in

fondo del “turbine” emotivo di Guglielmo, investe il pubblico di una

76 V. Andrei, Gli attori italiani, cit., p. 31.

77 L. Bonazzi, Gustavo Modena, cit., p. 116 (giudizio ripreso poi in G. Soldatini,

Gustavo Modena, in Collana biografica illustrata dei celebri artisti e autori di teatro, Giu-

lio Mucci, Siena 1875, p. 37).

78 [Sia], Pura storia, in “Il Ricoglitore di notizie teatrali”, 4 luglio 1840.

fortissima e ‘ovattata’ commozione, ma contemporaneamente, imper- cettibilmente, dissemina la scena di dettagli imprevedibili (“quella fa- talità che mi punge”): piccole cariche di dinamite. Il piacere dello spettatore viene così per un verso accresciuto da questi contrasti, che aumentano di fatto la forza espressiva del personaggio, per un altro accompagnato da una sottile inquietudine, inseparabile dal piacere estetico provato a tutta prima.

Qualcosa di simile accade anche in occasione della rappresentazio- ne di alcuni testi comici.

Le testimonianze sono meno frequenti e meno dettagliate, ma il senso dell’operazione risulta comunque chiaro. Come quando Mode- na trasforma Le gelosie di Zelinda e Lindoro di Goldoni in una vicen- da dal risvolto inquieto, fatta di luci e ombre, mostrando le “svenevo- lezze” di Lindoro “con le forme dell’innovatore”76 e mescolando il

pianto al riso: “anche nelle comiche gelosie di Lindoro cavava le lacri- me”77. Al punto da rovesciare l’impressione complessiva del testo: “il

Goldoni ci diè quelle Gelosie come fiori di primavera; noi le vedem- mo converse in frutti d’autunno”78. Dove abbiamo l’ennesima confer-

ma di una recitazione segnata da un tratto negativo, costruita critica- mente per contrasti, non solo, come abbiamo visto, nel più frequente voler accostare la corda comica a quella tragica ma anche, come in questo caso, nella sottolineatura di una sottile nota tragica all’interno del comico.

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 90-93)