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Giacomo Modena

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 63-66)

Sono probabilmente tre gli attori che esercitano le influenze maggio- ri su Modena: il padre Giacomo, Luigi Vestri e Giuseppe De Marini.

Dal padre, Modena eredita soprattutto un approccio critico com- plessivo al teatro. Giacomo (1773-1841) è un attore colto, di accese convinzioni repubblicane e democratiche, molto cosciente di ciò che fa. Adatta e traduce diversi testi drammatici, fra cui un Lear re d’inghil-

terra derivato dal testo shakespeariano ma rielaborato da lui stesso43,

scrive alcuni interventi sul teatro pubblicati sui periodici del tempo44. Tradizione e innovazione 63

45 A. Colomberti, Cenni artistici dei comici italiani, manoscritto riportato in nota da Alberto Bentoglio in A. Colomberti, Memorie di un artista drammatico, cit., p. 298n.

46 D., Gazzetta teatrale, in “Il Pirata”, 10 gennaio 1840. 47 T., Teatro Re, in “Corriere delle dame”, 30 settembre 1840.

48 Regli, Gazzetta teatrale, in “Il Pirata”, 11 settembre 1840. In una lettera del 1853 al fratellastro, Vincenzo Lancetti, Gustavo fa riferimento alle “lezioni manoscrit- te” del padre (“otto o dieci legati in cartone”) di cui non abbiamo però altrimenti trac- cia (Lettera a Vincenzo Lancetti del 12 maggio 1853, ora in E, p. 166).

49 Vedi G. Modena, Massime e assiomi sull’arte della parola, cit. 50 Ibidem.

51 Lo si legge su “Il Poligrafo”, 6 dicembre 1812: recensione riportata in A. Bento- glio, L’arte del capocomico, cit., p. 112.

52 “Il Poligrafo”, 16 agosto 1812 (recensione riportata in A. Bentoglio, L’arte del

capocomico, cit., p. 105).

Colomberti annota che aveva “figura alta ed erculea”, “voce forte, robusta e nel tempo stesso pieghevole”45. Un attore apprezzato e ri-

spettato, un “vero veterano dell’arte”, scriverà di lui “Il Pirata” nel 184046, quando – “molto innanzi negli anni e debole della voce”47– si

stabilirà a Milano per dare lezioni di declamazione48.

Un artista che partecipa a suo modo di quel clima artistico di pro- gressiva introduzione di elementi di realismo in scena49, restando

però complessivamente legato a una poetica di impianto classicistico, ad esempio per ciò che riguarda la necessità di attenersi in scena al “bello scelto”:

La drammatica copia la natura sia nel suo bello scelto e giudicato dal buon criterio, che a riguardo a tutte le circostanze, e specialmente alla conformità, alla convenevolezza, alla verità: così il buon gusto nella drammatica, in cui il bello è indispensabile, è la natura scelta. Chi ama il bello, apprende a sceglie- re; chi apprezza e discerne il bello, possiede buon gusto50.

Un approccio piuttosto chiaro, che per un verso gli impedisce di vedere ciò che il figlio invece sperimenterà al massimo grado, e cioè che la frequentazione del realismo, portata alle sue conseguenze più profonde, conduce inevitabilmente al rovesciamento del sublime tra- gico. Per un altro non gli permette di affrancarsi da una dimensione giudicata un po’ “artificiosa” della recitazione. In questo senso vanno lette alcune cronache che raccontano di un attore “sovente lezioso”51,

oppure poco convincente quando per esempio affronta Saul, lascian- do “travedere più d’artificio che di naturalezza nell’esprimere la pas- sione o il delirio dello sciagurato re d’Israello”52. E ancora in questo

senso va intensa la garbata censura di Prividali che, nella stessa recen-

53 [L. Prividali], Teatro Re, in “Il Censore universale dei teatri”, 29 aprile 1829. 54 Il padre di Gustavo Modena è quasi certamente quello stesso Giacomo Modena di cui si è conservato un Discorso politico (“pronunziato dal cittadino Giacomo Mode- na nel Gran Circolo costituzionale / proclamato di stampa nel di 7 ventoso anno 6. re- pubblicano”). Un intervento appassionato, retoricamente molto efficace, pienamente all’interno di quell’accesa sensibilità caparbiamente “repubblicana” che, sull’onda dei sommovimenti rivoluzionari francesi dell’89, intravede la possibilità di rafforzare le bat- taglie “democratiche” e di estendere il “vento della libertà” all’intera Europa (G. Mo- dena, Discorso, Per le stampe del Genio democratico, Bologna 1798).

55 G. Modena, Un mio pensiero, cit. 56 Ibidem.

57 Ibidem. 58 Ibidem.

sione in cui registra la sorpresa ma anche la diffidenza nei confronti di Gustavo, scrive del padre Giacomo: “io ritrovo sempre ed in tutte le sue parti lo stesso, sensato, intelligente, pratico della scena, ma sem- pre Modena, che mi rappresenta varj personaggj, e non vari perso- naggj rappresentati da Modena”53. Dove, più che la perplessità per

un attore che sovrasta il personaggio (pur presente), si registra soprat- tutto lo scarso interesse per una recitazione che appare probabilmen- te per certi aspetti irrigidita in una forma ripetitiva.

L’eredità più profonda che Giacomo lascia al figlio va invece forse ricercata in quella propensione allo studio e all’approfondimento che lo porterà anche, fra l’altro, a una particolare sensibilità nei confronti del significato e del valore “educativo” del teatro54. Leggiamo ancora

Giacomo Modena in uno scritto intitolato Un mio pensiero:

Nel teatro drammatico italiano la classe infima, atteso la modicità del prezzo d’ingresso, è quasi sempre la più numerosa; da ciò nasce che vi abbon- da l’ignoranza, aumentata poi maggiormente da non pochi delle classi supe- riori, che v’aggiungono la propria55.

Non si tratta tanto di “ignoranza letteraria”, argomenta Giacomo, ma di ignoranza teatrale, “dell’arte”56. Perciò diventa fondamentale

“istruire” gli spettatori, per “condurre e mantenere sul retto sentiero della verità artistica, delle incon[ne]sse regole, e della giusta imita- zione della natura” tanto gli attori quanto gli scrittori57. Il modo ci

sarebbe, suggerisce Giacomo: inframmezzare la serata, fra una rap- presentazione e l’altra, anziché con quelle “due o tre spesso rancide sinfonie e del frastuono delle conversazioni”, con un “certo prepara- to dialogo istruttivo sull’arte drammatica”58. Un dialogo didattico, Tradizione e innovazione 65

59 Ibidem. 60 Ibidem.

con una struttura definita:

vorrei che a fine di renderlo chiaro e interessante, uno de’ due attori fosse dell’arte ignorante, di basso gusto e di false massime impressionato; vorrei che l’altro fosse dotato della migliore scienza dell’arte, tanto pratica, che teo- rica, di fino gusto, di molta erudizione e di franco spirito e vivace per ben confutare i pregiudizii del volgare avversario, per isferzarlo e proverbiarlo con propositi ridicoli e graziose facezie, per istruirlo snocciolandogli d’ogni cosa la ragione e provandogli ad evidenza la sua ignoranza e la rozzezza del suo gusto59.

Dialoghi che devono essere “ridevoli e spiritosi” per “formare du- revole impressione negli spettatori” e per poter essere “con piacere ascoltati, e più quindi desiderati”, dal momento che “presto s’insinua nella mente e nel cuore ciò che volentieri e attentamente si ascolta; ed è sempre il diletto che sveglia l’attenzione”60.

L’interesse di Giacomo per gli aspetti educativi del teatro avrà una significativa influenza sul figlio. Troveremo infatti questi stessi temi ri- presi ampiamente negli scritti di Gustavo, anche se con ben altra for- za e nel contesto di una più robusta consapevolezza complessiva (non solo artistica ma anche culturale e politica), e soprattutto accompa- gnati da una voluta, battagliera contrapposizione al teatro del suo tempo.

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 63-66)