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Un “recitare vero che sbalordisce”

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 81-84)

Il pubblico è profondamente ammirato, e rapito, dalla potenza e dall’efficacia espressiva del realismo grottesco di Modena; allo stesso

Il realismo grottesco: lo stile, i personaggi 81

25 G.I., Critica drammatica, in “Figaro”, 4 settembre 1844. 26 T., Teatro Re, in “Corriere delle dame”, 10 settembre 1840.

tempo intimamente spiazzato e scosso da quella forza. Il suo, scrive Imperatori, è un “recitare vero che sbalordisce”25.

Di fronte a Saul – in questi anni probabilmente il suo capolavoro, insieme a Luigi XI e alle Dantate – i critici e almeno una parte del pubblico perdono i riferimenti consueti: messi in difficoltà, procedo- no a tentoni, oscillando fra attrazione e rifiuto. Tra i molti possibili, ri- portiamo un ampio, significativo brano di una recensione pubblicata sul “Corriere delle dame” nel settembre del 1840.

Nel Saul sembra che l’Alfieri presentisse in certa guisa il destino della poe- sia drammatica e tentasse, sebbene invano, di scuotere il giogo della tragedia antica. Ed è appunto ciò che ne rende tanto difficile la rappresentazione. […] tutto quel sublime delirio del re impenitente hanno fatto del Saul più che un uomo più che un eroe, un personaggio pressoché divino, che conserva ancora a’ nostri dì tutta la lirica grandezza dei tempi primitivi. Ora il Saul s’è rappic- ciolito nella rappresentazione del Modena, quella sublime creazione divenne natura, la poesia realtà: perché il Modena vuol essere vero ad ogni costo, vero anche là dove non trovasi che arte. […] Noi non vogliamo negare che il me- todo di recitare del Modena non sia eccellente, anzi il solo da seguirsi, prefe- ribile in ogni caso alla leziosa e rimbombante declamazione del volgo dei co- mici: solo neghiamo ch’ei possa adattarsi a tutte le rappresentazioni, e a quel- la del Saul specialmente. Fors’anche avvezzi come siamo a un recitar maniera- to e convenzionale, la reazione è troppo violenta, e i nostri occhi mal s’accon- ciano a veder così manifestamente la natura nuda e vera. Di ciò si sarà avve- duto lo stesso Modena, perché nei momenti in cui la parola nudamente inter- pretata richiedeva un gesto comune e familiare troppo, la sua azione era tenu- ta per bassa e triviale e destava quasi un senso di disgusto nei più caldi suoi ammiratori. Perocché quando l’Alfieri pose in bocca al Saul quei versi così sublimi, non sognò al certo di volerli accompagnati con atti men che dignitosi e sublimi. Del resto fuori di queste poche situazioni in cui la soverchia verità faceva a pugni coll’arte, il Modena ebbe momenti di vera inspirazione [sic], ne’ quali pareva in lui trasfusa una scintilla di quel fuoco che scaldava il fiero Astigiano. Il suo modo di spezzare i versi, e la sua frequente appoggiatura sul- le parole danno una forza straordinaria al suo dire, e gli prestano quell’arcano senso onde gli animi sono scossi involontariamente e credono nella sua inter- pretazione. Noi vorremmo che tutti i comici imitassero il Modena non nel metodo, perché non può essere imitato, ma nello studio di avvicinarsi al vero, e forse potremmo sperare un alba di restaurazione per teatro drammatico26.

Un Saul decisamente inaspettato, diverso da tutti gli altri, “rappic-

27 Regli, Milano. Teatro Re, in “Il Pirata”, 11 settembre 1840. 28 Ibidem.

29 Ibidem.

ciolito” rispetto alla “lirica grandezza” che dovrebbe appartenere a un “personaggio pressoché divino”. La reazione alla rappresentazione è “troppo violenta”: “i nostri occhi mal s’acconciano a veder così ma- nifestamente la natura nuda e vera”. Eppure, anche se il recensore censura Modena per questa scelta (quell’azione “bassa e triviale” che “destava quasi un senso di disgusto”; quegli “atti men che dignitosi e sublimi”), non può fare a meno di riconoscerne la forza, l’efficacia, la verità artistica: “non vogliamo negare che il metodo di recitare del Modena non sia eccellente, anzi il solo da seguirsi”; “vorremmo che tutti i comici imitassero il Modena non nel metodo, perché non può essere imitato, ma nello studio di avvicinarsi al vero”; “il suo modo di spezzare i versi, e la sua frequente appoggiatura sulle parole danno una forza straordinaria al suo dire”.

Torneremo fra poco su Saul e su queste parole.

Vediamo ora come alcuni recensori percepiscano chiaramente la compiutezza e la consapevolezza della proposta modeniana, pur senza condividerla o comprenderla del tutto.

Francesco Regli, quando scrive della Zaira recitata da Modena, an- cora nel settembre del 1840, è letteralmente entusiasta: “se abbiamo ammirato il signor Gustavo Modena nel Saul, nella Zaira dobbiamo confessare che ne ha incantati, rapiti”27. L’attore, che fa “partir” gli

spettatori “dal teatro inebbriati”, arriva ad “aumentare le bellezze” della tragedia di Voltaire (“certamente l’Autor dell’Enriade aver non potea un migliore interprete di Gustavo Modena, che seguendo gl’im- pulsi del genio ch’inspiralo, fu vero, fu grande, e ci commosse alle la- grime, e si internossi nello spirito della tragedia, che giunse persino ad aumentarne le bellezze”28).

Eppure non mancano i punti dove lo stile di Modena lascia Regli dubbioso e perplesso.

Forse egli dovrebbe domandare a Zaira con modi meno triviali, e non co- me Lindoro a Zelinda, se piange. Forse, allorché si abbandona allo sdegno, al furore, e poi accortosi dell’eccessiva sua ira, dice all’amico che sa pure quant’ei sia violento, non dovrebbe gridare, dappoiché se l’uomo arriva a ri- flettere si ricompone tostamente, né fa una riflessione ad altissima voce29.

E ancora

Il realismo grottesco: lo stile, i personaggi 83

30 Ibidem. 31 Ibidem. 32 Ibidem.

33 L. Bonazzi, Gustavo Modena, cit., p. 93.

34 A. Piazza, Teatro Re, in “Gazzetta privilegiata di Milano”, 13 settembre 1840. 35 A. Ghislanzoni, Libro serio, cit., p. 120.

36 V. Andrei, Gli attori italiani, cit., p. 28 (così anche Salvini in un brano che ab- biamo già citato: T. Salvini, Ricordi, cit., p. 47).

Forse quella fatal lettera che gli sparge un feral brivido nell’anima vor- rebb’esser letta con maggior arte, non tutta di seguito, non come farebbe col- la sua lezione un ragazzo. […] Forse, a finirla, egli fu anche nella Zaira a quando a quando esagerato30.

Dove registriamo nuovamente i modi “triviali”, più da commedia (Zelinda e Lindoro) che da tragedia; alcune esagerazioni, che sembra- no mettere a dura prova la verosimiglianza (e che fanno da contraltare – e a ben vedere spiegano meglio – gli elementi di realismo); il sottile rovesciamento parodico della lettura della “fatal lettera”, svuotata del

pathos tragico, quasi buttata via, detta “tutta di seguito […] come fa-

rebbe colla sua lezione un ragazzo”.

Ciò nonostante, queste “mende” (peraltro “commiste a sì rare e squisite bellezze”) sono “figlie d’un alto sentire”31. Il nuovo “genere”

portato in scena da Modena va considerato perciò – suggerisce Regli – nella sua interezza, complessivamente, e quelle “pecche” sono in realtà “inseparabili” dallo stile proposto e ne fanno parte a pieno titolo.

Appunto perché le sue teorie e il suo genere sono appoggiati sul cuore e da esso ripetono la loro vita, ci parrebbe indiscretezza il persistere sulle lievi sue pecche, le quali certamente, giusta il parere d’alcuni, sono inseparabili dal modo di recitazione da esso adottato32.

Nel documento Gustavo Modena. Teatro, arte, politica (pagine 81-84)