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e Diabetologia Pediatrica S.I.E.D.P (Coordinatore Fortunato Lombardo)

Nel documento Consulenza genetica e diabete (pagine 136-146)

Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica – Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche – Università di Torino – U.O.A. Città della Salute e della Scienza di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita1;

Centro di Riferimento Regionale “G.Stoppoloni” – Seconda Università di Napoli – Napoli2

L’ETEROGENEITÀ PATOGENETICA DEL DIABETE IN ETÀ PEDIATRICA IN ITALIA

In Italia vivono circa 20.000 bambini e adolescenti con diabete mellito tipo 1 (DMT1) per i quali il Registro Italiano per il Diabete di Tipo 1 (R.I.D.I.), nato nel 1997 come progetto interassociativo SID-SIEDP (1), ha stimato nelle regioni penin- sulari un’incidenza compresa tra 8,1 /100.000 bambini di età compresa tra zero e quattordici anni e 15,1/100.000. Fanno eccezione le due isole maggiori,nelle quali si è sfiorata una incidenza di 20/100.000 in Sicilia per arrivare in Sardegna a 40/100.000 bambini di età inferiore a 14 anni. Il tasso di incidenza del DMT1 aumenta di circa il 3% all’anno con una progressiva riduzione dell’età alla diagnosi: sebbene infatti il maggior numero di esordi continui a manifestarsi nella fascia tra i 9 e gli 11, sempre più bambini vengono diagnosticati in età prescolare (al di sotto dei 3 anni).

La classificazione del diabete mellito in età pediatrica è profondamente mutata in questi ultimi anni: al DMT1 che ri- mane la più frequente entità nosologica dell’infanzia (pari circa all’88-90% della casistica) si sono affiancate altre forme di diabete non autoimmune, per lo più genetiche, con importanti implicazioni sia per le decisioni terapeutiche che per l’approccio educativo. La consapevolezza che il diabete in età infantile e adolescenziale sia molto più eterogeneo di quan- to si pensasse, rende imprescindibile, subito dopo la diagnosi di diabete, l’approfondimento della patogenesi nei singoli casi. La corretta classificazione del tipo di diabete, in precedenza fondata solo sul criterio dell’età, è stata notevolmente facilitata grazie alla proficua collaborazione all’interno tra i membri del Gruppo di Studio sul Diabete della S.I.E.D.P. e le Società Scientifiche dell’adulto. Questa ha consentito di poter utilizzare nei pazienti più giovani una serie di metodiche di indagine (dai markers autoimmuni del diabete ai test genetici più sofisticati) difficilmente applicabili soprattutto su larga scala, in altre età della vita.

In presenza di iperglicemia nel bambino e adolescente è imprescindibile il dosaggio dei markers autoimmuni (ICA = Islet Cell Antibodies; GAD = anticorpi anti Decarbossilasi dell’Acido Glutammico; IA2 = anticorpi anti tirosin fosfatasi; IAA = anticorpi anti insulina e ZnT8 = anticorpi anti trasportatore dello zinco 8) necessario per confermare o meno la diagnosi di diabete autoimmune tipo 1 (2, 3). Il dosaggio contemporaneo di tutti i 5 markers riduce la possibilità di falsi negativi e permette di diagnosticare il 98,2% delle forme autoimmuni. Il 2% circa di forme di diabete che fenotipicamente sem- brano essere autoimmuni, ma che presentano la negatività di tutti i markers, potrà essere ulteriormente ridotto con indagini di proteomica, oggi ancora considerate sperimentali.

Circa il 4-6% dei bambini con DMT1 hanno un famigliare di 1° grado con diabete e/o patologie autoimmuni. autoimmu- ni. Queste ultime possono comparire prima o dopo la diagnosi di diabete nello stesso bambino: la tiroidite di Hashimoto viene riscontrata in circa il 12-15% della popolazione pediatrica (di solito in pubertà), la celiachia nel 6% circa dei casi, la

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sclerosi multipla nell’1-2% dei casi e l’Addison nell’1% (4). I bambini nei quali la celiachia viene diagnosticata dopo l’esor- dio di diabete, hanno un’età significativamente più giovane rispetto a quella dei bambini con celiachia diagnosticata prima dello sviluppo di DMT1, suggerendo che la eliminazione precoce di glutine sia un fatto che ritarda la comparsa di iperglicemia (5).

In età pediatrica la negatività dei marker autoimmuni alla diagnosi deve indirizzare le indagini verso gli altri tipi di diabete non autoimmune, quali le 13 forme da mutazione monogenica (MODY) (Tabella 1), quelle da mutazione del DNA mitocondriale delle beta cellule pancreatiche (Diabete Mitocondriale), il diabete ad esordio nei primi sei mesi di vita (Per- manent Diabetes Mellitus of Infancy), il diabete correlato a obesità ed insulino-resistenza grave (Diabete Tipo 2 dell’adolescente), le forme secondarie a patologia o ablazione pancreatica (Fibrosi cistica e Talassemia) e le forme sindromiche (S. di Wolfram, Atassia di Friederich, Sindrome di Prader Willy ecc.).

Il MODY è la forma di diabete non autoimmune più nota da tempo e diffusa e tra le varie forme di MODY, la mutazione della glucochinasi (MODY-2) è la più comunemente diagnosticata nei bambini in Italia. Il Gruppo di Studio Diabetologia della S.I.E.D.P. sulla base della casistica raccolta nelle SDP ha recentemente validato il questionario SEVEN IF utile per l’identificazione clinica dei soggetti in cui attuare l’indagine genetico-molecolare: sette risposte affermative danno la certezza della diagnosi, sei su sette suggeriscono una elevata probabilità di mutazione (6):

LA ORGANIZZAZIONE SANITARIA E LA QUALITÀ DELLE CURE IN DIABETOLOGIA PEDIATRICA IN ITALIA L’Italia è stata uno dei primi Paesi ad aver prodotto una legge sull’assistenza diabetologica e ad aver previsto sino dal 1987 la istituzione di Strutture di Diabetologia Pediatrica (SDP) in ogni regione dirette dal pediatra diabetologo, che hanno raggiunto elevati standard assistenziali, paragonabili agli altri Paesi Europei. Le legge del 1987 ha preceduto di circa 5 anni il pronunciamento dell’IDF e dell’International Society of Pediatric and Adolescents Diabetes (ISPAD), che riconosceva le particolari necessità dei bambini e degli adolescenti asserendo che: “Poiché sono individui in fase di ac- crescimento, i bambini e gli adolescenti con diabete hanno specifiche e diverse necessità. Queste devono essere ricono- sciute e soddisfatte sia dalla popolazione generale che dagli operatori sanitari... Un bambino non può lottare per i suoi diritti. Pertanto, è compito della società fornire aiuto al bambino e alla famiglia. Quest’aiuto dovrebbe includere risorse mediche, sociali, pubbliche, impegno da parte dei Governi e delle industrie interessate nel settore della Diabetologia pediatrica” (8).

Nel 2003, sulla base delle Consensus Guidelines 2000 dell’ISPAD, la S.I.E.D.P. ha elaborato le sue prime “Linee-guida clinico-organizzative per il diabete in età evolutiva” (9), in accordo con le indicazioni legislative italiane. Il documento propone un modello d’assistenza al bambino e adolescente con DMT1 articolata su tre livelli: quello di base in cui è indi- viduato il ruolo dei pediatri di libera scelta e medici di medicina generale (PLS/MMG), il secondo livello riferito a Strut- ture Specialistiche Pediatriche di Diabetologia (SSPD) che operano nell’ambito di Unità Operative di Pediatria e il terzo livello specifico dei Centri Regionali di Riferimento per la Diabetologia Pediatrica (CRRDP). Nel corso del 2012 (gennaio- agosto) è stata condotta un’indagine sulle caratteristiche dei centri pediatrici italiani (10) attraverso una scheda inviata

Questionario SEVEN IF per l’identificazione dei casi con probabile mutazione della glucochinasi (MODY-2)

Assenza dei markers autoimmuni (GAD e/o IA2 e/o IAA e/o ZnT8) SI - NO Terapia insulinica non praticata per lungo periodo SI - NO Emoglobina glicosilata (HbA1c) > 6% 42 mmoli/moli SI - NO Età di esordio compresa tra i sei mesi e i 25 anni SI - NO Almeno un genitore o un nonno affetto da diabete mellito SI - NO Assenza di segni patognomonici di altre dorme di diabete (obesità, acantosi, ecc.) SI - NO

a tutti i componenti del Gruppo di Studio Diabetologia della S.I.E.D.P. Sono stati individuati 68 centri che hanno in cura 15.563 pazienti di età inferiore ai 18 anni.

Nella Tabella 2 sono riportati, in sintesi, le tipologie delle strutture di diabetologia pediatrica e il numero di soggetti in cura regione per regione.

Il buon livello di qualità assistenziale raggiunto dalla Diabetologia Pediatrica Italiana è dimostrato dallo studio mul- ticentrico “International Quality of Care for type 1 Diabetes Group” sulla qualità delle cure dei bambini con diabete di molti paesi del mondo, presentato al congresso dell’European Association for the Study of Diabetes” (EASD) del 2013. Utilizzando come parametro l’emoglobina gliclata (HbA1c %) si è osservato che tra i soggetti <15 anni di età gli italiani avevano il valore medio migliore in Europa (Figura 1). Le categorie più a rischio erano invece gli adolescenti e i giovani adulti (15 e 25 anni), ma anche in questa fascia di età i risultati italiani erano più adeguati (Figura 2) (11). La qualità della assistenza diabetologica pediatrica in Italia peraltro ha compiuto notevoli passi avanti nell’ultimo decennio come dimostra il confronto di questi dati con quelli del 2005 quando l’indagine MCDC (Metabolic Control in Diabetic Children) aveva riscontrato una valore medio intorno all’8.8% (12).

Tabella 1 X Classificazione del diabete non autoimmune in età pediatrica (7).

Nome Gene Mutato Sintomi Età alla diagnosi Terapia Complicanze MODY-1 HNF4alfa Macrosomia ed ipoglicemie alla nasci-

ta. Progressiva apoptosi beta cellulare con comparsa di diabete in pubertà o nel giovane adulto

Nascita-Pubertà Dieta- Insulina- Sulfaniluree

Frequenti

MODY2 Glucochinasi Lieve iperglicemia a digiuno (>100 mg/dl) e postprandiale (>140 mg/dl)

Nascita Dieta Rare

MODY3 HNF1alfa Iperglicemia e chetoacidosi. Ridotta soglia renale al glucosio

Pubertà Insulina e possibilità di usare sulfaniluree a basso dosaggio

Frequenti

MODY4 IPF-1-PDX1 Eterozigote: lieve iperglicemia. Omozigote: aplasia pancreatica

Eterozigote: età adulta. Omozigote: diabete neonatale Eterozigote: dieta. Omozigote: insulina Rare

MODY5 HNF1beta Diabete e malformazioni urogenitali Pubertà o giovane adulto Dieta-Insulina e possibilità di usare sulfaniluree a basso dosaggio Rare

MODY6 NEUROD1 Lieve iperglicemia Giovane adulto Dieta-Insulina Non definite MODY7 KLF11 Lieve iperglicemia Giovane adulto Dieta-Insulina Non definite MODY8 CEL (Carbossil

Estere Lipasi)

Interessamento sia del pancreas endocrino (diabete) che esocrino (mal digestione)

Giovane adulto Dieta-Insulina- Enzimi pancreatici

Non definite

MODY9 PAX4 Iperglicemia Non definite

MODY10 INS Produzione di insulina anomala e discrepanza tra c-petide e insulinemia. Apotosi beta cellule

Diabete dell’“Infancy”

Insulina Frequenti

MODY11 BLK Tirosinchinasi Linfocita B specifica

Iperglicemia di grado variabile Età pediatrica Non definite

MODY12 ABCC8-SUR1 Iperglicemia Diabete

dell’“Infancy”

Insulina-Sulfanilurea Non definite

MODY13 KCNJ11-KIR Iperglicemia Diabete del-

l’“Infancy”

Insulina-Sulfanilurea Non definite

Mitocondriale DNA mitocondriale Eredità diaginica-Diabete, sordità neurosensoriale-maculopatia con daltonismo acquisito Età pediatrica, puberale e del giovane adulto Insulina Frequenti

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LE RACCOMANDAZIONI SUL TRATTAMENTO DEL BAMBINO CON DIABETE IN ITALIA

Nel corso di questi anni la S.I.E.D.P. ha elaborato numerose raccomandazioni volte ad uniformare l’assistenza al bam- bino con diabete sul territorio nazionale, quali: le linee guida sul trattamento della chetoacidosi diabetica, patrocinate anche dalla Società Italiana di Medicina delle Emergenze ed Urgenze Pediatriche (SIMEUP) (13), sull’automonitoraggio (14), sulla terapia insulinica (15) e sull’utilizzo del microinfusore di insulina (16).

RACCOMANDAZIONI SUL TRATTAMENTO DELLA CHETOACIDOSI E PREVENZIONE DELLA CHETOACIDOSI DIABETICA ALL’ESORDIO IN ITALIA

La chetoacidosi in età pediatrica è una complicanza acuta che, se non trattata tempestivamente ed adeguatamente, può comportare un elevato rischio di mortalità e morbilità, per cui sono necessari una diagnosi precoce, un corretto tratta- mento e un attento monitoraggio del quadro clinico e delle sue complicanze. Soprattutto nel caso delle forme gravi la

Tabella 2 X Distribuzione di centri pediatrici in Italia, durante il 2012.

Regione OD UOS UOSd UOC Numero totale di centri

Numero totale di pazienti (età < 18 anni) in trattamento Valle d’Aosta 1 1 35 Piemonte 3 1 4 815 Lombardia 6 2 8 1965 Trentino 1 1 2 365

Friuli - Venezia Giulia 2 2 253

Liguria 3 3 568 Veneto 2 1 1 4 768 Emilia-Romagna 6 6 802 Toscana 2 1 1 4 964 Marche 1 1 500 Umbria 1 1 265 Lazio 2 1 3 1619 Abruzzo 1 1 2 400 Campania 2 1 3 978 Puglia 5 1 6 620 Basilicata 1 1 20 Calabria 10 10 335 Sicilia 1 2 1 4 1766 Sardegna 2 1 3 2610 Total 44 17 2 5 68 15648 Legenda:

OD - Unità Operativa Dipartimentale; UOS - Unità Operativa Semplice;

UOSd - Unità Operativa Semplice dipartimentale; UOC - Unità Operativa Complessa.

gestione va effettuata in strutture che abbiano notevole competenza nel trattamento e siano dotate di team di esperti sotto la supervisione di un pediatra diabetologo (17).

In considerazione della eterogeneità della tipologia delle SDP sul territorio nazionale, della disomogenea esperienza nella gestione della chetoacidosi e dei differenti quadri di presentazione viene consigliato il tempestivo trasferimento in strutture qualificate (identificate nei Centri di Riferimento Regionale secondo il Piano nazionale del Diabete) (18). Figura 2 X International Quality of Care for type 1 Diabetes Group (EASD 2013). Pazienti con diabete tipo 1 in età adolescenziale.

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Soprattutto in presenza di chetoacidosi grave, come avviene in bambini di età inferiore ai 6 anni, si dovrebbe quindi evitare il ricovero in Rianimazione e procedere al trasferimento in SDP di elevata esperienza entro le prime due ore di trattamento durante le quali deve essere iniziata solo terapia reidratante con soluzione fisiologica e possono anche esse- re eseguiti gli accertamenti di base che non devono ritardare l’invio del bambino.

C’è ancora molto da fare in Italia per quel che riguarda la prevenzione in età pediatrica della chetoacidosi grave ed il coma all’esordio del diabete. La Tabella 3 mostra la prevalenza di chetoacidosi all’esordio in diversi studi italiani: essa si mantiene ancora oggi molto elevata e non sembra essersi ridotta nel tempo.

In uno studio recente (19) è stata analizzata la prevalenza di chetoacidosi in campione di 2.453 bambini neo-diagnosticati nel biennio 2012-2013 in 68 SDP italiane. La chetoacidosi è stata riscontrata nel 38,5% dei soggetti e nel 10,3% era di grado severo (pH <7,1). Considerando solo i bambini con età inferiore a 6 anni all’esordio di DMT1, la chetoacidosi era presente nel 72% e nel 16,7% in forma grave. L’edema cerebrale si è manifestato nello 0,5% della casistica totale.

Un tentativo efficace di prevenzione della chetoacidosi diabetica è stato realizzato attraverso la “Parma Campaign”, pro- mossa nelle scuole e negli ambulatori dei pediatri di famiglia di Parma e Provincia, dove venne apposto un poster con la fotografia di un bambino che dorme sorvegliato dai suoi genitori preoccupati e nel quale venivano forniti messaggi semplici e pratici: “Il tuo bambino beve e urina più del solito? Ha ripreso a fare la pipì a letto? Accertati che non abbia lo zucchero alto nel sangue . Consulta oggi stesso il tuo pediatra. Anche i bambini possono avere il diabete”.

La campagna di Parma, che è stata poi replicata con successo in altri Paesi, riuscì a ridurre l’incidenza di chetoacidosi dal 78% al 12,5% nell’arco di due anni; uno studio condotto dopo otto anni ne ha confermato l’efficacia anche sul lungo periodo sottolineando peraltro la necessità di rinnovare periodicamente l’intervento preventivo (20).

Sulla scorta di questa interessante esperienza la S.I.E.D.P. ha intrapreso quest’anno una campagna di prevenzione a livello nazionale che si avvarrà non solo della stampa di manifesti ma utilizzerà anche mezzi più moderni di comunica- zione per raggiungere ampie fette di popolazione ed indurre i genitori a ricorrere alle cure del Pediatra ai primi sintomi di malattia (Figura 3).

LE RACCOMANDAZIONI SULLA TERAPIA INSULINICA IN ETÀ PEDIATRICA ITALIA

Da sempre in pediatria e in Italia in particolare si è insistito sulla necessità di personalizzare la terapia insulinica tenen- do conto dell’età e delle caratteristiche peculiari del bambino e dell’adolescente rispetto all’adulto (21).

Sebbene la fisiologica secrezione di insulina non possa essere eguagliata da alcuno schema di terapia sostitutiva, oggi

Tabella 3 X Incidenza di chetoacidosi diabetica nei bambini italiani.

Studio rilevazionePeriodo identificazioneMetodo Num pazientiEtà chetoacidosiDefinizione Incidenza % Sebastiani 1992 1989-1990 Italia Studio coorte 1970 <14 anni pH < 7,3 36,6 Pocecco 1993 1987-1990 Italia Cartella clinica Registri esenzione 730 <16 anni pH < 7,3 41,1 Vanelli 1999 1991-1997 Provinciale Studio prospettico 546 < 13 anni pH < 7,3 51,8 (totale) 12,5 (Parma)

83,0 (Piacenza e Reggio Emilia) Prisco 2006 2003 Campania Cartella clinica 1180 < 18 anni pH < 7,3 32,2 Vanelli 2007 1999-2006 Provinciale Studio prospettico 730 < 16 anni pH < 7,3 52,7 (totale) 12,5 (Parma)

80,9 (Piacenza e Reggio Emilia) Marigliano 2012 2000-2011

multicentrico

Studio coorte 5100 < 16 anni

pH < 7,3 34,7 Zucchini 2016 2012-2013 multicentrico Cartella clinica 2453

< 14 anni

pH < 7,3 38,5

disponiamo di preparati insulinici e strumenti di somministrazione che consentono di mimarla efficacemente. Va co- munque ricordato che i nuovi analoghi dell’insulina, non sono immediatamente prescrivibili in età pediatrica allorché vengono immessi in commercio ma necessitano di lunga fase di sperimentazione.

Il bambino con diabete presenta alcune peculiarità quali:

– peculiarità anatomiche: il sottocutaneo più sottile aumenta il rischio di iniezione intramuscolare, assorbimento più rapi- do e minore durata d’azione dell’insulina;

– peculiarità della secrezione insulinica: più giovane è l’età del bambino, minore è la secrezione residua di insulina e più eleva- ta è necessità di garantire un’adeguata insulinizzazione basale;

– peculiarità della farmacocinetica insulinica: più basso il volume di insulina somministrata corrisponde un più rapido l’assor- bimento e più breve durata d’azione;

Figura 3 X Manifesto della campagna di prevenzione della chetoacidosi diabetica elaborato dalla Società Italiana di Endocri- nologia e Diabetologia Pediatrica.

L’A S S I S T E N Z A D I A B E TO LO G I C A P E D I AT R I C A I N I TA L I A

– peculiarità correlate alla crescita e sviluppo: le modificazioni dell’assetto ormonale alla pubertà inducono una fisiologica e transitoria fase di insulino-resistenza che modificano il fabbisogno e modalità di somministrazione dell’insulina. Ulteriore complessità della condotta terapeutica deriva dalla incostante assunzione del cibo del bambino, spesso asso- ciata a malattie intercorrenti e che può arrivare in adolescenza a veri e propri disturbi del comportamento alimentare. Nella scelta del regime insulinico interviene anche il bisogno di omologazione con i coetanei che comporta per i bambini più piccoli il piacere di consumare insieme lo spuntino a scuola e per l’adolescente la frequentazione di pub, pizzerie e fast-food soprattutto nei fine-settimana.

L’insieme di questi fattori ha fatto sì che si sia sviluppata e proposta una notevole molteplicità di schemi di terapia insu- linica basati sullo stile di vita e sulle situazioni contingenti.

In Tabella 4 a titolo esemplificativo sono riportati alcuni schemi di terapia differenziati in base all’età.

LA DIABETOLOGIA PEDIATRICA ITALIANA E L’USO DELLE TECNOLOGIE NELLA TERAPIA DEL DIABETE Nonostante che la terapia con microinfusore sottocutaneo di insulina sia stata introdotta da circa 20 anni, la sua dif- fusione in Italia è iniziata solo nell’ultimo decennio: tra il 2005 e il 2013 si è registrato un aumento di circa 4 volte del numero di microinfusori applicati a bambini ed adolescenti. Una recente survey, coordinata anche dal nostro gruppo, ha rilevato che nel bambino e adolescente la prevalenza attuale dell’uso di microinfusori è del 27%, superiore a quella degli adulti italiani e sovrapponibile a quella delle casistiche pediatriche europee (22).

Già dal 2008, il Gruppo di Studio Diabete della S.I.E.D.P. aveva pubblicato le linee guida per l’utilizzo del microinfusore in età pediatrica, delineando una vera e propria “via italiana” all’utilizzo di tale presidio, che teneva conto delle peculia- ri abitudini alimentari correlate al clima e stagione, della utilità di un consenso informato e della necessità di omologa- zione e di stile di vita che caratterizzano le età pediatriche rispetto all’adulto. Dopo un’ampia disamina della letteratura, infatti, il Gruppo ha elaborato raccomandazioni basate sull’evidenza per quanto attiene alla selezione del soggetto, alla

Tabella 4 X Schemi insulinici proposti da diabetologi pediatri italiani (da voce bibliografica 14 modificata).

Età Microinfusore Basale bolo con analoghi Basale bolo con Insulina umana regolare e NPH Prescolare La terapia di scelta in questa fascia

d’età dovrebbe essere la CSII, come ampiamente documentato dalle linee guida NICE e da numerosi lavori pub- blicati negli ultimi anni.

L’uso degli analoghi, non solo ad azio- ne rapida, ma anche lenta, è stata autorizzata anche nei bambini in età prescolare, a partire dai 2 anni sia per quanto riguarda Glargine, che Dete- mir. Per Tresiba autorizzata dall’EMA a partire da 1 anno di età non esistono dati consolidati sull’utilizzo clinico per fasce di età. Le ipoglicemie not- turne si verificano significativamente meno spesso dopo la somministrazio- ne a colazione dell’analogo lento.

In casi selezionati (scarsa complian- ce), per andare incontro alle esigenze dei bambini e delle famiglie, è possi- bile pensare a schemi terapeutici che prevedano la somministrazione di una miscela di insulina NPH e rego- lare, sia per limitare il numero di inie- zioni, fattore che potrebbe pregiudi- care l’aderenza al trattamento, che per coprire gli spuntini di metà mattina e merenda. Rimane comunque di prima scelta l’uso dell’analogo rapido prima del pasto serale per ridurre il rischio di ipoglicemie notturne.

Scolare La terapia con Microinfusore è indica- ta per ridurre il rischio di ipoglicemia, migliorare la qualità della vita, miglio- rare il controllo glicemico se i pazienti e le famiglie sono motivati ed adegua- tamente istruiti.

La terapia basal bolus con un analogo lento e 3-4 iniezioni giornaliere di ana- logo rapido prima dei pasti è la prima scelta terapeutica. È possibile preve- dere l’uso di insulina regolare a cola- zione quando in orario scolastico non è pos-sibile una somministrazione di analogo rapido a metà mattinata (la- voro dei genitori, incompleta autono- mia del bambino).

L’uso dell’insulina rapida dev’essere contemplata per migliorare la com- pliance della famiglia e dei bambini quando somministrazioni frequenti di analogo rapido non sono tollerate dai pazienti o non possono essere pra- ticamente eseguite (orario scolastico, lavoro dei genitori). L’uso dell’analogo rapido prima del pasto serale riduce il rischio di ipoglicemie notturne. Adolescente In questa fascia di età si preferisce

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