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terapia ipoglicemizzante

Nel documento Consulenza genetica e diabete (pagine 74-80)

Laura Sciacca

pazienti in corso d’infusione insulinica, dovrà essere programmato un monitoraggio glicemico più stretto che preveda la determinazione della glicemia capillare ogni 2-4 ore (3, 4). Per i pazienti non critici, che assumono pasti regolari e che non necessitano di terapia insulinica infusionale, il monitoraggio della glicemia giornaliera può generalmente essere eseguito in fase pre-prandiale (prima di colazione, pranzo e cena) ed intorno alle ore 23:00 (3, 4).

Nel caso in cui i pazienti diabetici siano ricoverati per altre patologie, sebbene la gestione possa essere condotta da ogni medico di reparto (non diabetologo), è stato chiaramente dimostrato da diversi studi clinici che il coinvolgimento dello specialista diabetologo o del team diabetologico è molto importante perché permette, tra l’altro, di ridurre i tempi medi di degenza, di migliorare il controllo glicemico a breve termine, l’esito finale della degenza ed evitare la riammissione, con conseguenti importanti vantaggi anche sui costi sanitari complessivi. A tal fine è quindi importante richiedere una consulenza diabetologica e, se possibile, anche una consulenza dietologica e infermieristica. La consulenza dia- betologica per pazienti allettati viene svolta al letto del malato, mentre per i soggetti che possono recarsi presso l’U.O. di Diabetologia, si effettua la valutazione negli spazi ambulatoriali, con la presenza delle varie figure del team diabe- tologico. La consulenza infermieristica ha l’obiettivo principale di rendere autosufficienti le persone con diabete nella gestione dell’autocontrollo glicemico domiciliare e della eventuale terapia insulinica pre-dimissione, attraverso una terapia educazionale strutturata e dedicata al paziente e/o ai familiari, da parte di infermieri esperti. I dietisti possono essere interpellati sia per la preparazione di un programma nutrizionale ospedaliero, sia per migliorare l’educazione ad una corretta alimentazione, con consegna di schemi personalizzati al momento della dimissione.

PAZIENTE RICOVERATO CON DIABETE NON NOTO

È stato dimostrato che la presenza di diabete (noto o di nuova diagnosi) aumenta il rischio di infezioni e di complicanze, peggiora la prognosi, prolunga la degenza media e determina un incremento significativo dei costi assistenziali. Tale rilievo vale anche per soggetti con iperglicemia di nuovo riscontro (5-7). Secondo gli Standard Italiani per la cura del diabete mellito 2014 (3), i pazienti nei quali si riscontrano valori glicemici superiori alla norma durante la degenza ospe- daliera possono essere suddivisi in almeno tre diverse categorie:

a) diabete mellito noto preesistente al ricovero;

b) diabete mellito di prima diagnosi durante la degenza, persistente dopo la dimissione;

c) iperglicemia correlata alla degenza o iperglicemia da stress: si tratta di persone non note come diabetiche, con un’i- perglicemia comparsa per la prima volta durante il ricovero e che regredisce alla dimissione.

La distinzione fra queste forme non è sempre immediata ed è di grande utilità a questo scopo la misurazione dell’HbA1c Tabella 1 X Checklist per la gestione della persona con diabete in ospedale

Classificazione del tipo di diabete (tipo 1, tipo 2, altri tipi) Terapia ipoglicemizzante praticata a domicilio

Stato delle principali complicanze croniche micro e macro-vascolari Fattori di rischio cardiovascolari concomitanti

Valori recenti di HbA1c

Uso del glucometro a domicilio ed eventuale diario delle glicemie Capacità di gestione dell’iperglicemia

Frequenza e capacità di gestione dell’ipoglicemia

Terapia nutrizionale praticata a domicilio e da praticare durante il ricovero

Continuare la terapia ipoglicemizzante domiciliare o passare a (o rinforzare la) terapia insulinica? Necessità di educazione terapeutica (o di rinforzarla)?

(8). Il Position Statement dell’ADA 2016 sulla cura del diabete in ospedale (4) suggerisce un valore soglia di HbA1c di 6.5% per differenziare l’iperglicemia da stress dall’iperglicemia associata a diabete (non noto o non diagnosticato).

Infine, sebbene il ricovero non sia il momento più idoneo all’impostazione di un programma educativo organico sulla malattia diabetica, può tuttavia rappresentare un’opportunità per un intervento educativo su alcuni aspetti essenziali, quali le modalità di somministrazione dell’insulina, la prevenzione e il trattamento dell’ipoglicemia e i principi dell’au- tocontrollo glicemico (3).

L’intervento educativo durante la degenza di pazienti diabetici in reparti non diabetologici deve essere semplice e ben strutturato in modo tale da garantire la dimissione in sicurezza. È fondamentale, infine, che sia il paziente di nuova diagnosi come anche il diabetico già noto che ha modificato la terapia, debbano essere presi in carico rapidamente dal servizio di diabetologia per l’ottimizzazione della terapia e del controllo glicometabolico, per la valutazione delle com- plicanze croniche e per la verifica ed il rinforzo educazionale.

OBIETTIVI GLICEMICI PER IL PAZIENTE DIABETICO RICOVERATO

Gli Standard Italiani per la cura del diabete mellito del 2014 (3) e il Position Statement dell’ADA del 2016 (4) raccoman- dano una differenziazione degli obiettivi glicemici, durante ricovero ospedaliero, in funzione delle diverse situazioni cliniche:

– pazienti in situazione critica: valori glicemici 140-180 mg/dl, in funzione del rischio stimato di ipoglicemia. In particolare, l’ADA raccomanda di iniziare la terapia insulinica in caso di iperglicemia persistente, a partire da una soglia di 180 mg/dl. Obiettivi più stringenti possono essere appropriati per pazienti selezionati, purché ottenuti in assenza di ipo- glicemie. I pazienti critici necessitano di un protocollo di insulina per via endovenosa che ha dimostrato efficacia e sicurezza senza aumentare il rischio di ipoglicemia grave (4);

– pazienti in situazione non critica: valori glicemici preprandiali <140 mg/dl, postprandiali <180 mg/dl o valori random <180 mg/dl, se ottenibili senza rischi elevati di ipoglicemia. Target più stringenti possono essere perseguiti in soggetti cli- nicamente stabili e con precedente controllo glicemico ottimale. Target meno stringenti possono essere accettati in presenza di gravi comorbilità.

È importante anche utilizzare un protocollo di gestione dell’ipoglicemia. Tutti gli episodi ipoglicemici devono essere registrati in cartella clinica. In pazienti ospedalizzati l’ipoglicemia si definisce per valori <70 mg/dl (4), mentre si parla di ipoglicemia grave per valori <40 mg/dl (4).

GESTIONE DELLA TERAPIA IPOGLICEMIZZANTE

Per mantenere un buon controllo glicemico nella maggior parte dei casi dei pazienti ospedalizzati è necessario praticare terapia insulinica con uno schema basal-bolus. Spesso è conveniente passare a terapia insulinica (o rinforzarla) pazienti che a domicilio praticavano ipoglicemizzanti orali. Diverse possono essere le motivazioni per questa scelta: la stessa cau- sa del ricovero può peggiorare il controllo metabolico o controindicare i farmaci antidiabetici orali; lo stress del ricovero e l’inattività fisica; la programmazione all’eventuale imminente intervento chirurgico; non ultimo, la maggiore facili- tà di gestire il monitoraggio glicemico in ambiente protetto, che consente un più rapido raggiungimento e uno stabile mantenimento dei target glicemici.

La somministrazione di insulina per via sottocutanea si può iniziare per la maggior parte dei pazienti in maniera pru- dente, considerando una dose di 0.3 UI/Kg/die. Molti pazienti richiedono più di 0.4 UI/Kg/die e nei pazienti a più rischio di iperglicemia potrebbe essere appropriato iniziare con una dose di 0.5-0.6 UI/kg/die. La dose totale di insulina calcolata (fabbisogno insulinico giornaliero) si suddivide per il 40-50% come insulina basale e per il restante 60-50% come insulina prandiale, che può essere a sua volta suddivisa nei tre pasti principali ad esempio con lo schema 20-40-40% rispettiva- mente a colazione, pranzo e cena. La posologia dell’insulina va successivamente modificata sulla base del monitoraggio glicemico. Nei pazienti critici e/o che non si alimentano, nel periodo pe rioperatorio, nelle situazioni di grave instabilità metabolica, la terapia insulinica deve essere praticata per infusione endove nosa continua, secondo algoritmi validati e basati su controlli frequenti della glicemia capillare (3). L’insulina che si utilizza per via e.v. è solitamente l’insulina

Laura Sciacca

umana regolare, ma si possono utilizzare anche gli analoghi dell’insulina ad azione rapida, ricordando che l’insulina glulisina non deve essere miscelata con soluzione glucosata o con ringer (3).

In alcune circostanze per i pazienti ben controllati con il solo trattamento ipoglicemizzante orale e a seconda del motivo del ricovero, si può mantenere la stessa terapia tenendo conto delle caratteristiche dei vari farmaci ipoglicemizzanti e delle loro controindicazioni (3, 4). Per i pazienti diabetici in sola terapia dietetica bisogna monitorare la glicemia ed in- tervenire farmacologicamente se compare iperglicemia. Bisogna inoltre considerare l’eventuale rischio di iperglicemia in caso in cui il paziente debba essere sottoposto a procedure stressanti o a farmaci iperglicemizzanti (esempio terapia steroidea).

GESTIONE DELLA TERAPIA IN CASO DI PROCEDURE DIAGNOSTICHE

La preparazione degli esami diagnostici per i pazienti diabetici non differisce da quella che si pratica per i pazienti non diabetici se si esclude la maggior attenzione per la terapia ipoglicemizzante. È preferibile organizzare l’esecuzione delle procedure diagnostiche al mattino presto per interferire il meno possibile con la terapia ipoglicemizzante. I principali aspetti da tenere in considerazione sono: l’età, l’eventuale terapia anticoagulante, la necessità di digiuno, la presenza di complicanze croniche, il controllo metabolico. La preparazione necessaria alla corretta esecuzione dell’esame mo- difica la normale routine quotidiana soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione e questo può interferire con la gestione del diabete (9). Il digiuno è una condizione critica nel paziente diabetico che non sempre si accompagna alla riduzione della glicemia. In caso di digiuno assoluto occorre mantenere un accesso venoso e somministrare una quota di carboidrati per prevenire i fenomeni catabolici (soluzioni glucosate al 5% con aggiunta di insulina umana regolare con un rapporto insulina/glucosio di 0.3 UI/grammo di glucosio). Eventuali aumenti della glicemia (superiore a 180 mg/dl) possono essere corretti con quote extra di insulina secondo algoritmi prestabiliti. Nei pazienti diabetici insulino trattati bisogna prestare particolare attenzione ai tempi per evitare che alle ore di digiuno della notte si sommino i tempi di atte- sa per l’esecuzione della procedura, per il ritorno al luogo di degenza ed eventuali altre ore di digiuno in attesa del primo pasto distribuito in reparto. A questo proposito è opportuno che nel reparto dove vengono eseguiti gli esami i pazienti diabetici abbiano la precedenza.

È importante ricordare che alcuni ipoglicemizzanti orali (sulfoniluree e glinidi) possono dare ipoglicemia anche a di- stanza dall’ultima somministrazione. È pertanto necessario monitorare la glicemia prima, durante e dopo la procedura. In caso di esami che richiedono una lunga preparazione con una dieta priva di scorie sarà probabilmente necessario ridurre la somministrazione di insulina (ridurre sia l’analogo dell’insulina ad azione rapida somministrato ai pasti, sia l’analogo dell’insulina ad azione prolungata somministrato la sera precedente) e mantenere un frequente controllo della glicemia (prima dei pasti e 2 ore dopo i pasti).

In caso di esame contrastografico è buona norma mantenere prima, durante e dopo l’esame uno schema di idratazione per ridurre al minimo il danno renale. L’idratazione non è controindicata nel diabetico, ma tuttavia occorre prestare at- tenzione alla possibilità di sovraccarico idrico in pazienti che potrebbero essere portatori di una cardiopatia silente (e in terapia con tiazoledinedionici) o di insufficienza renale lieve trattati con meformina. In caso di terapia con metformina è opportuno interromperne la somministrazione 48 ore prima o al momento dell’esame se la procedura non è procrasti- nabile, riprendendo la somministrazione non prima di 48 ore dopo l’esame e solo dopo aver controllato che la funzione renale sia normale (3).

GESTIONE DELLA TERAPIA IN SITUAZIONI CLINICHE PARTICOLARI

Quando si inizia una terapia insulinica sottocutanea nei pazienti ospedalizzati con iperglicemia è importante va- lutare anche il filtrato glomerulare (GFR). Pazienti anziani possono avere una riduzione importante nonostante un aumento solo lieve della creatinina. Nel caso di pazienti con filtrato glomerulare <45 ml/min è consigliabile iniziare con una dose 0.25-0.3 UI/Kg/die, suddividendo la dose totale calcolata in circa 50% come insulina basale e circa 50% come analogo dell’insulina ad azione rapida suddiviso ai tre pasti principali. Nel caso di pazienti con insufficienza renale avanzata, vi è da una parte un aumentato rischio di iperglicemia secondario all’insulino-resistenza indotta

dall’uremia, dall’altro un rischio elevato di ipoglicemia legato alla riduzione della clearance dell’insulina e della glu- coneogenesi renale. Il giorno precedente la seduta dialitica molti pazienti, insulino resistenti a causa dell’uremia, spesso richiedono una dose maggiore di insulina. La clearance dell’insulina (sia endogena, ma soprattutto esogena) si riduce quando il filtrato glomerulare è <20 ml/min. L’emodialisi migliora la resistenza all’insulina per cui nelle 24 ore successive alla seduta dialitica potrebbe essere necessario ridurre l’insulina basale, mentre non varia il fabbisogno insulinico dei pasti (10).

La terapia con glucocorticoidi influenza negativamente il controllo glicemico nei pazienti con diabete e può determinare la comparsa di iperglicemia nel 20-50% dei pazienti senza storia di diabete (11). L’iperglicemia indotta dalla terapia ste- roidea è prevalentemente postprandiale, con modifiche minori della glicemia a digiuno. Nei pazienti in buon controllo glicemico, quindi, la glicemia a digiuno potrebbe risultare nella norma, mentre si può avere il riscontro di valori elevati della glicemia (300-400 mg/dl) nell’arco della giornata per poi ritornare nuovamente normale il mattino successivo. Le variabili che possono complicare la gestione dell’iperglicemia indotta dalla terapia con glucocorticoidi comprendono la durata d’azione, la dose, la via e la frequenza di somministrazione dello steroide (12). Una brusca interruzione della terapia cortisonica mette a rischio di ipoglicemia il paziente in trattamento insulinico. Nei pazienti con iperglicemia persistente da glucocorticoidi il farmaco di scelta è l’insulina. La dose e lo schema con cui iniziare la terapia insulinica dipendono, oltre che dal tipo e dalla dose dello steroide, anche dalla gravità dell’iperglicemia. Se viene somministra- to uno steroide a lunga durata d’azione o per via intra-articolare è preferibile ricorrere ad un analogo dell’insulina ad azione prolungata (1 iniezione di glargine o di degludec, 1-2 iniezioni di detemir). Nei pazienti che sviluppano livelli marcatamente elevati di glicemia (o persistentemente superiori a 180 mg/dl) o se sono previste 2-3 somministrazioni/die di steroide è raccomandabile iniziare da subito uno schema insulinico basal-bolus (esempio 0.3 UI/Kg di insulina basale + 0.1 UI/Kg per ogni pasto) (11). Se il paziente è già in terapia insulinica si può continuare con la stessa dose e utilizzare boli correttivi secondo necessità.

DIMISSIONE

La dimissione segna il passaggio di responsabilità da una situazione nella quale il personale ospedaliero gestisce il dia- bete ad una situazione di auto-gestione. Richiede il coordinamento tra diverse figure professionali e non (medici di reparto, infermieri, dietisti, medico di medicina generale, assistente sociale, parenti del paziente). Una corretta di- missione deve essere pianificata fin dall’inizio del ricovero raccogliendo precocemente informazioni su capacità cogni- tive, livello culturale, acuità visiva, abilità manuali e contesto socioeconomico e familiare. Poiché bisogna assicurare una continuità assistenziale, la dimissione di un paziente diabetico deve essere spesso una “dimissione protetta”. Un paziente diabetico relativamente giovane, senza particolari complicanze e in terapia con dieta e ipoglicemizzanti orali può tranquillamente essere inviato alle cure del medico di medicina generale che valuterà quando inviarlo poi al servi- zio di diabetologia. Invece il diabetico con complicanze plurime che spesso è anziano, ha necessità di una “dimissione protetta” con continuità assistenziale “ospedale-territorio” (13). Difficoltà burocratiche, problemi organizzativi, lunghi tempi di attesa possono provocare una soluzione di continuo fra cure ospedaliere e domiciliari con conseguente rischio di peggioramento metabolico, di rientro precoce in ospedale o di ricorso improprio alle prestazioni del pronto soccorso. È necessario pertanto realizzare un collegamento tra l’azienda ospedaliera e le strutture e le risorse presenti sul territorio. In questo contesto un ruolo centrale per la gestione del paziente riveste la comunicazione tra il medico specialista del reparto e il medico di medicina generale.

Al momento della dimissione è importante controllare che il paziente sia in possesso di quello che è stato definito un vero e proprio “kit di sopravvivenza”:

– Esenzione ticket per la malattia diabetica nel caso di neodiagnosi; – Piano terapeutico per i presidi;

– Materiale educazionale (depliant, fogli illustrativi, prospetto di dieta, ecc.); – Farmaci per la dimissione;

– Data eventuale per il successivo controllo diabetologico in un servizio di diabetologia; – Indicazioni per un contatto telefonico.

Laura Sciacca

BIBLIOGRAFIA

1. CINECA-SID. Osservatorio ARNO Diabete. Il profilo assistenziale della popolazione con diabete. Bologna: Centauro Srl - Edizioni scientifiche, Volume XXIII - Collana Rapporti Arno, 2015 https://osservatorioarno.cineca.org/.

2. Policardo L, Seghieri G, Anichini R, De Bellis A, Franconi F, Francesconi P, Del Prato S, Mannucci E. Effect of diabetes on hospitalization for ischemic stroke and related in-hospital mortality: a study in Tuscany, Italy, over years 2004-2011. Diabetes Metab Res Rev 2015; 31: 280-286.

3. Standard italiani per la cura del diabete mellito AMD SID 2014. http://www.standarditaliani.it

4. American Diabetes Association. Standards of medical care in diabetes-2016. Diabetes Care 2016; 39: S99-S104.

5. Capes SE, et al. Stress hyperglycemia and increased risk of death after myocardial infarction in patients with and without diabetes: a systematic overview. Lancet 2000; 355: 773-778.

6. Capes SE, et al. Stress hyperglycemia and prognosis of stroke in nondiabetic and diabetic patients. A systematic overview. Stroke 2001; 32: 2426-2432.

7. Umpierrez GE, et al. Hyperglycemia: An independent marker of in-hospital mortality in patients with undiagnosed diabetes. JCEM 2002; 87: 978.

8. Greci LS, et al. Utility of HbA1c levels for Diabetes case finding in hospitalized patients with hyperglycemia. Diabetes Care

2003; 26: 1064-1068.

9. Joint British Diabetes societies for Inpatient Care Group. Management of adults with diabetes undergoing surgery and elective procedures: improving standards. Report of a joint working party NHS Diabetes 2011.

Available from www.diabetologistsabcd.org.uk/JBDS_IP_Surgery_Adults_Full.pdf.

10. Baldwin D, Apel J. Management of hyperglycemia in hospitalized patients with renal insufficiency or steroid-induced diabetes. Curr Diab Rep 2013; 13: 114-120.

11. Umpierrez GE, Hellman R, Korytkowski MT, Kosiborod M, Maynard GA, Montori VM, Seley JJ, Van den Berghe G. Management of Hyperglycemia in Hospitalized Patients in Non-Critical Care Setting: An Endocrine Society Clinical Practice Guideline. J Clin Endocrinol Metab 2012; 97 (1): 16-38.

12. Perez A, Jansen-Chaparro S, Saigi I, Bernal-Lopez MR, Minambres I, Gomez-Huelgas R. J Glucocorticoid-induced hyperglycemia. J of Diabetes 2014; 6: 9-20.

13. Wheeler K, et al. Inpatient to outpatient transfer of care in urban patients with diabetes. Arch. Intern Med 2004; 164: 447-453.

Nel documento Consulenza genetica e diabete (pagine 74-80)