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Stefano Del Prato

Nel documento Consulenza genetica e diabete (pagine 111-122)

Presidente Fondazione Diabete Ricerca – Diabetologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e Università di Pisa

Negli ultimi anni la cura del diabete mellito ha visto la comparsa di nuove opportunità di terapia farmacologica non tanto caratterizzate da maggiore efficacia ma soprattutto da migliore sicurezza (1). La proliferazione di nuovi farmaci – sono oltre 10 le classi di farmaci oggi disponibili per la terapia del diabete – altro non è che il risultato di un’accresciuta conoscenza dei meccanismi che stanno alla base della perdita della omeostati glucidica e della progressione della ma- lattia (2). La diabetologia rappresenta un tipico esempio di come ricerca e impatto sulla cura e, quindi, sulla qualità di vita del paziente vadano di pari passo. Basti pensare all’insulina. L’insulina è stato il primo ormone estratto da tessuti e impiegato nella cura di una patologia umana, il primo ormone a essere prodotto con la tecnica del DNA ricombinante, il primo ormone la cui sequenza aminoacidica è stata modificata al fine di adeguarne le caratteristiche di farmacocinetica e farmacodinamica per una migliore terapia sostituiva (3). Le insuline umane modificate (gli analoghi dell’insulina) sono ormai farmaci di uso comune che non fanno nemmeno più pensare agli anni di ricerca e di sperimentazione che ne hanno permesso la formulazione e la produzione su vasta scala.

Ovviamente la ricerca diabetologica non si è limitata alla definizione di terapie più moderne ma è andata chiarendo via aspetti di fisiopatologia, di biologia molecolare, di genetica e di epidemiologia e dei tanti aspetti che la diabetologia com- prende. In questo continuo lavorio fatto di piccoli passi, di intuizioni, di errori, di conquiste è ben riconoscibile l’impronta e il contributo della comunità diabetologica italiana, una comunità vivace e attiva, integrata nell’ambito delle scienze en- docrine e metaboliche. Il valore della ricerca di questo settore meglio si può comprendere analizzandolo nella prospettiva della “competizione” scientifica mondiale. A tal fine vale, la pena, prima di scendere nel dettaglio dello stato di salute della ricerca diabetologica italiana, ricapitolare volume e valore della ricerca scientifica italiana nel suo complesso.

LA RICERCA BIOLOGICA E MEDICA IN ITALIA

A livello mondiale la produzione scientifica complessiva e per settore viene monitorata e regolarmente riportata in riviste specializzate come SCImago (4). Secondo gli ultimi dati pubblicati in rete (4) l’Italia si colloca, in termini di numero di do- cumenti scientifici prodotti nel periodo 1996-2014, all’8° posto su scala mondiale dietro a Inghilterra, Germania e Francia e davanti alla Spagna (Figura 1). Peraltro, se si considera il livello di citazione del prodotto scientifico, un parametro di valore del prodotto stesso, il nostro Paese sale di una posizione ponendosi al 7° posto della classifica mondiale (5).

L’exploit scientifico di un Paese è il risultato di un complesso cocktail di fattori: investimenti, personale coinvolto nella ricerca, propensione alla ricerca stessa, livello di educazione, popolazione generale, etc… Molti di questi aspetti, nono- stante la lusinghiera posizione nella classifica mondiale del nostro paese, rimangono carenti. Ad esempio, gli investi- menti in ricerca e sviluppo, sia pubblici che privati, sono ben al di sotto della media OCSE. Rispetto a un investimento medio del 2.4% del PIL dei paesi OCSE, l’Italia ha investito il 30% in meno (1.2%) con un progressivo, costante e preoccu- pante calo dal 2008 ad oggi (6) (Fig. 2).

Figura 1 X Classifica riguardante la produzione scientifica 1996-2014 secondo SCImago. L’Italia si colloca all’8° posto su scala mondiale per quanto riguarda il numero complessivo di documenti prodotti, ma la 7° posizione se se ne valuta il grado di ci- tazione (H-index) (5).

Stefano Del Prato

Non è certo messo meglio l’investimento privato che, rispetto alla media comunitaria, è pari al solo 50% (6) con un’im- mediata ripercussione sulla percentuale degli addetti alla ricerca che, nel nostro paese, non supera i 4.2 addetti per 1.000 persone impiegate rispetto al 7 per 1.000 dell’Europa a 27 Stati (7).

La stessa educazione e formazione alla ricerca, che dovrebbe essere uno dei compiti primari della formazione universita- ria, è da tempo in sofferenza nel nostro Paese. Nel 2008, quando i tempi erano considerati relativamente più favorevoli, la spesa per la formazione universitaria italiana era inferiore all’1% del PIL, cioè il 60% in meno rispetto agli Stati Uniti e il 35% in meno rispetto alla media Europea (8). Le polemiche riguardanti l’ultimo finanziamento (92 milioni di Euro in totale) per i Progetti di Rilevanza Nazionale (PRIN) non testimoniano di segni di ravvedimento in questa direzione. Nonostante questo clima sicuramente meno favorevole rispetto ad altri Paesi la posizione dell’Italia in ambito di produ- zione scientifica, come ricordato, evidenzia una situazione ben più rosea. Ma non è tutto oro quello che luccica, perché se il numero e la qualità dei documenti scientifici prodotti viene normalizzata per la popolazione l’Italia scivola, rispet- tivamente al 17° e 19° posto della classifica mondiale, suggerendo come la ricerca venga ancora vista come una attività elitaria.

In questa peculiare situazione la ricerca medica riveste, comunque, un ruolo di rilevanza primaria rendendo conto da sola di quasi un quarto della produzione scientifica globale italiana (9).

LA RICERCA ITALIANA NEL SETTORE ENDOCRINO-METABOLICO

Come illustrato in Fig. 3, la produzione scientifica medica rappresenta la fetta principale della produzione scientifica complessiva (9). Una attenta osservazione della figura mostra anche come nel periodo 1996-2014 il volume di questa pro- duzione scientifica ha subito una certa flessione. Infatti, il contributo della ricerca medica che 20 anni fa rendeva conto del 25.9% della produzione totale è scesa, nel 2014, al 20.3%. Questa contrazione non riguarda però l’attività scientifica in ambito endocrino-metabolico che, al contrario, nello stesso intervallo di tempo, è cresciuta del 130% circa, superando in termini di valori assoluti ambiti quali la nefrologia e, in termini di crescita percentuale (4), la cardiologia e la gastro- enterologia

In linea con queste osservazioni sono le recenti valutazioni ANVUR che pongono il settore endocrino-metabolico tra le 3 discipline top assieme all’ematologia e alla gastro-enterologia.

Quel che però più ci interessa è l’impatto della produzione scientifica endocrino-metabolica nella competizione interna- zionale, un impatto, quello italiano, davvero di elevatissimo livello. La produzione italiana nel settore “Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo” si colloca, secondo i dati più recenti riportati in SCImago (4), sia per volume di prodotti che per valore di H-index, al 3° posto, dietro solo a Stati Uniti e Inghilterra e sopravanzando tutti gli altri Paesi Europei (10) (Figura 3).

LA RICERCA ITALIANA IN DIABETOLOGIA

La ricerca diabetologica italiana contribuisce in modo rilevante al posizionamento internazionale della produzione scientifica del settore endocrino-metabolico. La ricerca diabetologica si svolge prevalentemente in una cinquantina di Centri, in prevalenza universitari, diffusi su tutto il territorio nazionale e operanti in vari settori di specifico interesse. La Figura 5 serve solo a fornire una mappatura indicativa della distribuzione di questi centri e di alcuni dei loro precipui interessi pur non dovendo essa essere necessariamente considerata esaustiva.

Questi centri impiegano circa 150 ricercatori di ruolo e altri 350 addetti alla ricerca, molti dei quali con posizione pre- caria. In pratica, una decina di ricercatori per gruppo ognuno caratterizzato da una vivace attività scientifica come di- mostra la produzione scientifica degli ultimi anni. Secondo una recente indagine della Società Italiana di Diabetologia, questa produzione è cresciuta, negli ultimi 15 anni, del 500% e nel solo 2013 il numero di articoli censiti su PubMed è stato di oltre 450. La produzione investe un po’ tutti i campi della ricerca in diabetologia. Più in dettaglio, gli articoli sul diabete tipo 2 rappresentano un numero pressoché doppio rispetto a quelli sul tipo 1. Di particolare rilievo è la produ- zione riguardante le complicanze della malattia diabetica e in particolare la malattia cardiovascolare oltre a un numero rilevante di trials clinici, studi di fisiopatologia, biologia molecolare, genetica…

Figura 3 X Produzione scientifica italiana 1996-2014 per area di ricerca (10).

Figura 4 X Classifica della produzione scientifica delle prime 10 nazioni livello mondiale nel settore Endocrinologia, Diabeto- logia e Metabolismo (10).

(http://www.scimagojr.com/countryrank.php?area=2700&category=2712&region=all&year=all&order=it&min=0&min_ type=it. Accesso del 30 marzo del 2016).

Stefano Del Prato

Una diabetologia, quindi, apparentemente “sana” che ancora una volta sembra volere rafforzare l’abusato concetto del “paradosso italiano”: poche risorse ma ottimi risultati. In effetti, la ricerca diabetologica italiana accede a finanziamen- ti pubblici relativamente modesti che rendono conto di un finanziamento pubblico medio di poco superiore a 80.000 Euro per centro di ricerca per anno come dettagliato in Fig. 6.

Figura 5 X Distribuzione geografica dei principali centri di ricerca diabetologica in Italia e loro principali aree di interesse scientifico.

Figura 6 X Fonte e distribuzione media dei finanziamenti per gruppo di ricerca diabetologica in Italia nel periodo 2003-2012. Fonte Indagine della Società Italiana di Diabetologia 2014.

Un’altra quota di finanziamento viene erogato dall’industria farmaceutica per la sperimentazione del farmaco e, in mi- nor misura, per studi iniziati dall’investigatore (Investigator Initiated Studies), anche noti come studi non profit.

Gli ultimi dati relativi alla sperimentazione clinica dei medicinali sono stati presentati dal 13° Rapporto Nazionale re- datto dall’Agenzia del Farmaco (AIFA) (11). Non è facile scorporare da questo rapporto le voci relative alle sperimentazioni cliniche in ambito diabetologico ma alcune considerazioni sembrano comunque possibili. Nel 2013 le sperimentazioni in ambito endocrinologico sarebbero state solo 12 (2.1% del totale) ma questo dato è sicuramente sottostimato perché non include, ad esempio, studi di outcome cardiovascolare nel diabete che negli ultimi anni hanno visto un profu- so impegno della nostra diabetologia. Peraltro, questa stessa analisi suggerisce un certo grado di sofferenza poiché il numero complessivo di sperimentazioni è passato da 761 nel 2009 a 583 nel 2013 con una consensuale contrazione delle sperimentazioni non profit a favore di quelle profit (80 vs. 20%) (11). Questa contrazione risente ovviamente, del momento economico non favorevole ma riflette anche un sistema ancora troppo lento rispetto ai tempi che la competizione inter- nazionale ormai impone per l’approvazione e implementazione della ricerca clinica. È interessante, a questo proposito, notare come proprio uno studio sostenuto dalla Società Italiana di Diabetologia, lo studio TOSCA.IT (vedi più avanti) sia stato preso a modello per un’analisi e verifica di questi tempi dimostrando come il sistema rimanga lungi dall’essere performante (12).

In conclusione, una ricerca diabetologica nel complesso vivace ma che si dibatte in una situazione di estrema fragilità tale da imporre la ricerca di fonti di finanziamento alternative. In questa situazione anche le Società Scientifiche posso- no svolgere un ruolo così come la Società Italiana di Diabetologia da tempo sta cercando di fare.

IL RUOLO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI DIABETOLOGIA NEL SOSTEGNO ALLA RICERCA

La Società Italiana di Diabetologia, da sempre, ha avuto tra i suoi obiettivi istituzionali il supporto alla ricerca ponendo in essere a una serie di iniziative e, soprattutto, di investimenti ad hoc. Queste iniziative includono la promozione della ricerca mediante i premi istituzionali (Premio Alcmeone per l’eccellenza scientifica, Premio Giovani Ricercatori, Premio Umberto Di Mario, Premio Celso alla carriera scientifica), il finanziamento su base competitiva di progetti di ricerca, la promulgazione di borse di studio e di assegni di ricerca... Queste attività sono riassunte e quantificate nella Figura 7

Figura 7 X Finanziamenti per le attività concernenti la ricerca erogate dalla Società Italiana di Diabetologia e/o dalla Fonda- zione Diabete Ricerca nel periodo 2007-2013.

Stefano Del Prato

dalla quale si può evincere come dal 2007 al 2013 la Società Italiana di Diabetologia ha investito circa 2.5 milioni di Euro cifra che con le manovre più recentemente messe in atto dalla Fondazione Diabete Ricerca ha ormai largamente supe- rato i 3 milioni di Euro.

L’analisi della figura mette in luce anche l’impegno della Società nel sostegno diretto di programmi di respiro naziona- le. Lo studio Thiazolidinediones or Sulfonylureas and cariovascular Accidents. Intervention Trial (TOSCA) è l’ultimo di questi esempi e rimane ormai l’unico trial di outcome cardiovascolare non sostenuto dall’industria e per questo motivo più volte indi- cato come esempio di ricerca indipendente in letteratura (13). Lo studio, co-finanziato da AIFA, ha reclutato oltre 3.000 pazienti con diabete tipo 2 in fallimento terapeutico con metformina randomizzati all’associazione con una sulfonilurea o con pioglitazone al fine di confrontarne gli outcome cardiovascolari. Lo studio è ancora in corso ma ha già prodotto 4 pubblicazioni su riviste recensite (14-17).

TOSCA è comunque l’esempio più recente di altri programmi di ampio respiro. Lo studio Multifactorial Intervention in Type 2 Diabetes – Italy (MIND-IT) ha coinvolto 9 tra i maggiori centri diabetologici distribuiti su tutto il territorio nazionale (Torino, Piacenza, La Spezia, Pavia, Carrara, Pisa, Perugia, Roma, Bari) e ha comportato l’arruolamento di circa 2.000 pazienti con diabete di tipo 2. L’obiettivo dello studio era, in una prima fase, di descrivere la gestione e il trattamento della malattia diabetica in Italia e il grado di applicazione delle linee guida per la prevenzione delle malattie cardiovasco- lari nella pratica clinica. Lo studio prevedeva poi di valutare l’effetto sul compenso glico-metabolico e soprattutto sugli eventi cardiovascolari, di un intervento intensivo, attuato mediante modifiche dello stile di vita ed un uso appropriato di farmaci, che mirava alla correzione ottimale delle glicemia e degli altri fattori di rischio cardiovascolare. I risultati pubblicati (18, 19), mostrano come l’aderenza alle indicazioni dettate dalle linee guida sulla gestione del diabete nella pratica clinica in Italia è scarsa, in quanto solo il 5% dei pazienti raggiunge tutti gli obiettivi indicati dalle linee guida, mentre più della metà presenta contemporaneamente almeno 3 fattori di rischio cardiovascolare non controllati. GENFIEV (GENetica, FIsiopatologia ed EVoluzione del diabete tipo 2) è uno studio multicentrico italiano il cui obiettivo è di iden- tificare le caratteristiche genotipiche e fenotipiche dei soggetti a rischio di sviluppare diabete tipo 2. Nell’arco di 3 anni (dal 2003 al 2005) sono stati arruolati nello studio GENFIEV 1.017 soggetti (589 donne e 428 uomini), indirizzati dal medico di Medicina Generale ai Centri Diabetologici partecipanti allo studio perché ritenuti ad alto rischio di DM2 secondo uno screening opportunistico. I soggetti con alterata glicemia a digiuno (IFG = Impaired Fasting Glucose) o alterata tolleranza ai carboidrati (IGT = Impaired Glucose Tolerance), arruolati nello studio, sono stati seguiti per 6 anni per stimare il tasso di conversione verso DM2 e identificare i soggetti a maggior rischio di progressione e quali sono i meccanismi fisiopatolo- gici responsabile di tale conversione. Lo studio ha sinora prodotto 5 articoli su riviste internazionali (20-24)oltre a varie comunicazioni a congresso.

L’obiettivo dello studio Non-Insulin Requiring Autoimmune Diabetes (NIRAD) è stato quello di valutare le caratteristiche gene- tiche, immunologiche, fenotipiche e bio-umorali del diabete autoimmune dell’adulto (LADA) e identificare i possibili “predittori” di insulino-dipendenza nell’ambito di questa eterogenea popolazione. Lo studio ha coinvolto 83 centri per la cura del diabete distribuiti su tutto il territorio nazionale reclutando 5.330 pazienti per la successiva caratterizzazione clinica, immunologica e genetica. I risultati di questo studio sono stati oggetto di 9 pubblicazioni su riviste di elevato impatto scientifico(25-33).

Infine, risultati di grandissimo rilievo internazionale sono stati conseguiti dallo studio Renal Insufficiency And Cardiovascular Events (RIACE), studio che si proponeva di stimare, in una coorte di 15.000 diabetici rappresentativa della popolazione diabetica in carico presso le strutture diabetologiche italiane, la prevalenza della riduzione del filtrato glomerulare, la sua associazione con l’albuminuria e i fattori di rischio tradizionali e il suo ruolo predittivo su morbilità e mortalità car- diovascolare in un follow-up di 5 anni. Lo studio è tuttora attivo ma ha già generato 15 pubblicazioni di altissimo livello e di enorme risonanza internazionale (34, 48).

Questi studi collaborativi multicentrici eseguiti sotto l’egida e con il contributo finanziario della Società Italiana di Dia- betologia sono anche l’esempio di una proficua ed eticamente corretta collaborazione con l’industria che ha contribuito in modo determinante non solo al conseguimento dei risultati ma anche, e soprattutto, a riconfermare il ruolo primario che la ricerca diabetologica italiana ricopre a livello internazionale.

Sempre nell’ottica di una sempre più efficace collaborazione la Fondazione Diabete Ricerca e industria del farmaco van- no interpretati i recenti importanti investimenti che hanno permetto l’istituzione di 20 borse di studio assegnate a

giovani ricercatori operanti a livello nazionale e internazionale per due anni consecutivi oltre all’attivazione, nel pros- simo futuro, di bandi di ricerca in grado di intercettare le proposte più accreditate provenienti dalla intera comunità diabetologica italiana.

La testimonianza della vocazione al sostegno della ricerca diabetologica della Società Italiana di Diabetologia si ritrova anche nelle attività del Centro Studi nato con l’obiettivo di creare una rete organica di centri di diabetologici tra loro collegati e coordinati in grado di rispondere alle diverse esigenze della ricerca sia essa di base, epidemiologica o clinica capace di favorire l’investimento privato nel nostro Paese.

In conclusione, anche con il supporto e l’impegno delle Società Scientifiche, la ricerca diabetologica italiana rappresen- ta, ancora, un punto di riferimento a livello internazionale.

QUALE FUTURO PER LA RICERCA DIABETOLOGICA ITALIANA

Se da una parte il rapporto costo:beneficio della ricerca italiana in genere e di quella diabetologica in particolare può es- sere guardato con un moto di orgoglio, dall’altro non può sfuggire il delicato equilibrio su cui i successi di questa attività si basano. Dopo anni di silenzio, il governo sembra aver dato segno di una qualche attenzione sul problema promuo- vendo un piano di rientro per 500 ricercatori italiani dall’estero. Il problema non è però solo il loro rientro, piuttosto la necessità di creare condizioni affinché chi rientri e chi già opera nel nostro paese possa ancor meglio sfruttare il parados- so italiano: se così poco dà già così tanto, un piccolo incentivo potrebbe catalizzare un’autentica esplosione di risultati innovativi della ricerca diabetologica italiana. Questo processo non fa riferimento al mero aumento dell’investimento in ricerca quanto ad una razionalizzazione e definizione degli obiettivi di un progetto di rinnovamento complessivo della ricerca scientifica Italiana. Per quanto riguarda la diabetologia, il numero di ricercatori è troppo piccolo e i pochi in attività troppo anziani. L’immissione nei gruppi di ricerca di nuovi, giovani ricercatori, è insufficiente e a fronte del rientro di qualche “cervello” ancora troppi potrebbero essere quelli che formati con grande impegno di energie, continu- ino espatriare o abbandonare la ricerca senza che si possano offrire loro sbocchi professionali adeguati. Anche quando le risorse (poche) sono disponibili il loro impiego è ingessato da un eccesso di burocratizzazione e di regole che incom- prensibili e spesso non apparentemente giustificate. I processi di assegnazione dei finanziamenti rimangono troppo disomogenei e ancora da migliorare per un più adeguato riconoscimento del merito delle richieste. Queste operazioni rischiano però di non trovare attuazione se non percepite come necessarie a livello di Società. Per questo motivo assieme a tutte le iniziative poste in essere anche dalla Società Italiana di diabetologia a favore della ricerca, è necessario creare sensibilizzazione nella opinione pubblica. Proprio con questo obiettivo è stata creata l’Associazione Diabete Ricerca, un’Associazione aperta al mondo laico con il quale intessere un rapporto di comunicazione e informazione a sostegno della ricerca sul diabete (49).

La ricerca diabetologica italiana è viva e vivace, la qualità della sua produzione è riconosciuta a livello internazionale. Basterebbe “addolcire” la strada a tanti giovani ricercatori che sono pronti a dare il loro contributo al raggiungimento di risultati che potrebbero cambiare le aspettative e la qualità di vita di quasi 4 milioni di italiani con diabete.

BIBLIOGRAFIA

1. Tahrani AA, Bailey CJ, Del Prato S, Barnett AH. Management of type 2 diabetes: new and future developments in treatment. Lancet 2011 Jul 9; 378(9786): 182-197.

2. Kahn SE, Cooper ME, Del Prato S. Pathophysiology and treatment of type 2 diabetes: perspectives on the past, present, and future. Lancet 2014 Mar 22; 383(9922): 1068-1083.

3. Cahn A, Miccoli R, Dardano A, Del Prato S. New forms of insulin and insulin therapies for the treatment of type 2 diabetes. Lancet Diabetes Endocrinol 2015 Aug; 3(8): 638-652.

4. http://www.scimagojr.com. Accesso 30 marzo 2016.

5. http://www.scimagojr.com/countryrank.php. Accesso del 30 marzo 2016. 6. http://www.oecd.org/sti/sci-tech/RD-budgets.xlsx, accesso del 30 marzo 2016.

7. http://www.oecd.org/innovation/inno/researchanddevelopmentstatisticsrds.htm. Accesso del 30 marzo 2016. 8. http://dx.doi.org/10.1787/888932461275. Accesso del 30 marzo 2016.

Nel documento Consulenza genetica e diabete (pagine 111-122)