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Morti per 1000 soggetti per anno BMI (kg/m

Nel documento Consulenza genetica e diabete (pagine 178-186)

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)

Mortalità per

Cardiopatia

Ischemica e Stroke

Cardiopatia

ischemica

Stroke

Uomini

Donne

I L P RO B L E M A O B E S I TÀ N E L D I A B E T E

Sanità (OMS) ha individuato i valori soglia di BMI per definire le diverse classi di obesità per quanto riguarda i soggetti adulti. Si può parlare di:

– normopeso, per BMI compreso tra 18,5 e 24,9; – sovrappeso, per BMI compresi tra 25 e 29.9; – obesità di classe I: tra 30 e 34,9;

– obesità di classe II: tra 35 e 39,9;

– obesità di classe III: BMI maggiore o uguale a 40.

Nell’ambito della pratica clinica, pertanto, il BMI rappresenta un buon indicatore per identificare i soggetti in sovrappe- so o obesi e per valutare le variazioni ponderali nel tempo.

Diversi studi prospettici confermano una stretta associazione tra l’incremento del tessuto adiposo corporeo e da un lato il diabete di tipo 2 dall’altro la morbidità e mortalità per malattie cardio- e cerebro-vascolari (Figura 2). Nello studio Nurses Cohort Study, è stato documentato che il BMI rappresenta un fattore prognostico fondamentale del rischio di insorgenza di diabete, indipendentemente dall’età (1). In particolare, si è osservato come rispetto ai soggetti con un BMI inferiore a 21 kg/m2, il rischio di insorgenza di diabete incrementava di 5 volte per coloro che avevano un BMI pari

a 25 kg/m2, di circa 28 volte per quelli con un BMI pari a 30 kg/m2, e di circa 93 volte per i soggetti con un BMI maggiore

o uguale a 35 kg/m2. Oltre 55 milioni di persone in Europa soffrono di diabete. Solo in Italia negli ultimi trenta anni si è

passati dal 3% al 6,5% di persone con diabete di tipo 2 e nei prossimi venti anni si potrebbe superare il 10%, configurando il quadro di una vera e propria epidemia. Come è noto, nel diabete di tipo 2, 10-20 volte più frequente del diabete di tipo 1, l’insulina viene ancora prodotta ma in quantità insufficiente a tenere sotto controllo la glicemia, e questo perché le cellule beta del pancreas deputate a tale compito sono mal funzionanti e anche ridotte di numero. A questo si aggiunge inoltre una ridotta efficacia dell’insulina stessa per una condizione detta di “insulino-resistenza”. Il notevole aumento della diffusione del diabete di tipo 2 negli ultimi anni è in primo luogo sostenuto dall’aumento del sovrappeso e dell’o-

besità nella popolazione, che sono in grado di aumentare la insulino-resistenza e anche di peggiorare la performance secretoria delle cellule beta-pancreatiche. Recentemente, è stato anche descritto un ruolo del sovrappeso e dell’obesità anche nel favorire l’insorgenza del diabete di tipo 1, in particolare in soggetti in età evolutiva.

Certamente la definizione di obesità basata sul BMI non tiene in conto in maniera accurata della quantità di grasso cor- poreo, delle sedi di accumulo, della proporzione tra massa grassa e massa magra, del sesso e delle differenze etniche. A tal proposito la misurazione della circonferenza addominale rappresenta un importante indice antropometrico di accu- mulo di grasso a livello viscerale e un fattore predittivo indipendente di rischio per l’insorgenza di insulino-resistenza e diabete di tipo 2. Infatti, secondo quanto riportato dal National Heart, Lung e Blood Institute (NHLBI), soggetti che presentano una circonferenza addominale superiore a 102 cm, per quanto riguarda il sesso maschile, e superiore a 88 cm per il sesso femminile, mostrano un rischio di insorgenza di patologie cardio-metaboliche molto elevato. Per esempio, lo studio Dallas Heart Study (2) ha dimostrato che nei soggetti obesi il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 è associato alla quantità di accumulo di grasso viscerale ed epatico e non alla quantità di grasso sottocutaneo. A tal proposito molti studi clinici hanno dimostrato che il tessuto adiposo sottocutaneo è caratterizzato da una limitata di capacità di espan- sione lipogenetica (accumulo di lipidi intracellulari) e adipogenetica, ovvero ridotta capacità di reclutare nuove cellule adipose (3-5). La capacità di reclutare nuove cellule adipose rappresenta un meccanismo in grado di prevenire la ecces- siva espansione volumetrica delle cellule adipose (ipertrofia) e la conseguente infiammazione e disfunzione del tessuto adiposo (3-4). Così, nei soggetti con maggiore intake calorico e ridotto dispendio energetico, l’incapacità del tessuto adiposo sottocutaneo di accumulare lipidi attraverso il reclutamento di nuove e piccole cellule adipose (adipogenesi) promuove l’accumulo di lipidi in sedi ectopiche favorendo l’espansione del tessuto adiposo viscerale e l’accumulo di li- pidi intraepatico (3). Studi recenti hanno dimostrato che soggetti non obesi con uno o più parenti di primo grado affetti da diabete di tipo 2 hanno un tessuto adiposo sottocutaneo costituito da adipociti ipertrofici e disfunzionali, a indicare un’alterata capacità del tessuto di reclutare nuove cellule adipose, e questo si associa a ridotta sensibilità insulinica e au- mento del rischio di sviluppare malattie cardio-metaboliche (3, 7). Numerosi studi illustrano hanno anche documentato il ruolo dannoso degli acidi grassi saturi e delle citochine pro-infiammatorie rilasciati dal tessuto adiposo disfunzionale sulla sensibilità insulinica, sulla secrezione di insulina, sulla sopravvivenza delle cellule beta-pancreatiche, sulla fun- zione endoteliale e sulla sopravvivenza delle cellule cardiache.

ASPETTI EPIDEMIOLOGICI E SOCIO-SANITARI

La prevalenza dell’obesità è in aumento non solo nei paesi industrializzati, ma anche in quelli in via di sviluppo al pun- to da considerare l’obesità come vera e propria “epidemia globale” (7). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (2014), circa 2 miliardi di adulti sono in sovrappeso e, di questi, più di 600 milioni risultano affetti da obesità (BMI >30 kg/m2). Inoltre, secondo le tendenze attuali, è stato stimato che nel 2025 circa 2,7 miliardi di adulti potrebbero essere in

sovrappeso, più di 1 miliardo obesi e circa 177 milioni affetti da obesità severa. Inoltre, in Europa si osserva come la pre- valenza dell’obesità sia più elevata tra i soggetti di sesso femminile (10-30%) rispetto ai soggetti di sesso maschile (10-25%) (8). Analogamente, in Italia nel 2012 più di un terzo della popolazione adulta è risultata in sovrappeso (35,6%), mentre una persona su dieci, obesa (10,4%) secondo quanto riportato dal rapporto “Osservasalute 2013” che fa riferimento ai risultati dell’Indagine Multiscopo dell’Istat. In particolare, si registra come nelle Regioni meridionali vi sia una più alta prevalenza di persone obese (Puglia 12,9% e Molise 13,5%) e in sovrappeso (Basilicata 39,9% e Campania 41,1%) rispetto a quelle settentrionali (obese: Liguria 6,9% e PA di Bolzano 7,5%; sovrappeso: Liguria 32,3% e PA di Bolzano 32,5%). Come suggerito da alcuni studi, i motivi di questo divario sono probabilmente da ricercare nelle diverse abitudini socio-cultu- rali e nelle differenti condizioni economiche che risultano più sfavorevoli nell’Italia Meridionale (9).

Per quanto riguarda le conseguenze cliniche dell’obesità, questa patologia emerge come una delle maggiori cause di aumentata morbidità, disabilità e mortalità. In particolare, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha previsto, per la prima volta, una notevole riduzione dell’aspettativa di vita a causa delle complicanze legate all’obesità per il 2020 (10). Le più frequenti anomalie cardio-metaboliche che si associano all’obesità, in particolare di tipo viscerale, sono rappresentate da insulino-resistenza e ridotta tolleranza al glucosio, dislipidemia, ipertensione e stato pro-trombotico generalizzato. Queste alterazioni, inoltre, costituiscono degli importanti fattori di rischio per l’insorgenza di patologia

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cardiovascolare, diabete mellito di tipo 2 e steatoepatite. Altre comorbidità possono essere rappresentate da osteoartrite, apnee ostruttive del sonno, patologie psichiatriche (depressione) e alcune neoplasie (cancro della mammella, dell’utero, del colon-retto, epatocarcinoma). Pertanto, si può osservare una notevole compromissione della qualità della vita. Inoltre, è opportuno far riferimento anche all’impatto dell’obesità sul sistema socio-sanitario. I costi diretti includono servizi di prevenzione, di diagnosi e di trattamento relativi alle comorbidità. È stato osservato come le nazioni europee spendano il 2-8% del loro budget di assistenza sanitaria per l’obesità, pari mediamente allo 0,6% del prodotto interno lordo (PIL) (11). Negli Stati Uniti, le stime basate su dati del 2008 indicano che le spese dovute all’obesità/sovrappeso ammontano a $ 147.000.000.000 sul totale delle spese mediche (12). Inoltre, vi sono anche costi indiretti e diretti per la società, spesso trascurati e sostanzialmente più elevati, rappresentati da diminuzione della produttività, attività limi- tata e disabilità, assenteismo, morte prematura e cambiamenti infrastrutturali necessari per favorire la mobilità dei soggetti obesi.

REQUISITI CLINICO-ORGANIZZATIVI DEI CENTRI DI ELEVATA SPECIALIZZAZIONE PER IL TRATTAMENTODELL’OBESITÀ

Team Multidisciplinare

Per il corretto inquadramento e per la gestione delle diverse e complesse problematiche legate all’obesità, anche di quella che accompagna il diabete di tipo 2, è necessaria un’esperienza specifica. L’acquisizione di tale bagaglio di esperienza è in genere favorita da situazioni contingenti che più spesso vedono coinvolto il medico specialista in endo- crinologia-diabetologia, seppure altre figure specialistiche possano raggiungere le medesime competenze attraverso percorsi di formazione differenti. È comunque necessaria la figura di un “medico esperto nella gestione dell’obesità”, che abbia acquisito e sedimentato le nozioni di base di altri specialisti/figure professionali e operi come cardine di un percorso integrato di gestione del paziente obeso, evitando la continua delega di decisioni terapeutiche, consigli e prescrizioni che contribuiscono a ridurre la compliance del paziente (13). Inoltre, un centro di elevata specializzazione per il trattamento dell’obesità si deve avvalere di un team multidisciplinare costituito da personale in pianta organica che garantisca la continuità delle attività e possieda competenze professionali specifiche e capacità di lavoro interdi- sciplinare.

Il medico esperto nella gestione dell’obesità ha il compito di classificare l’obesità ed escludere le principali cause di obe- sità secondaria (endocrinopatie, obesità sindromiche, obesità monogeniche, etc.) che, seppur rare, devono essere tem- pestivamente riconosciute e adeguatamente trattate; effettuare l’inquadramento clinico-metabolico del paziente obeso ed una prima stratificazione del rischio in base alla presenza, documentata o presunta, delle possibili complicanze: l’ipertensione arteriosa, le alterazioni del metabolismo glucidico incluso il diabete mellito, le dislipidemie, l’epatopatia steatosica, la colelitiasi, l’iperuricemia, la malattia da reflusso gastro-esofageo, i disturbi respiratori e del sonno, la malattia osteo-articolare, le alterazioni della funzione gonadica e della fertilità, le patologie neoplastiche; identificare gli obiettivi di calo ponderale (ad esempio: -10% dopo 6 mesi di trattamento, -10 percentili di BMI nel caso del bambino obeso); definire il conseguente percorso diagnostico-terapeutico (ambulatoriale, in regime di ricovero o residenziale- riabilitativo) e iniziare a trattare le complicanze dell’eccesso ponderale, impostando direttamente le terapie del caso (ipotensiva, anti-iperglicemica, ipolipemizzante, ecc..) e/o richiedendo esami-consulenze di secondo livello per meglio inquadrare le diverse comorbidità (individuazione di eventuali forme di ipertensione secondaria, screening delle com- plicanze di diabete, ipertensione arteriosa e dislipidemie, ecc...). Parimenti importante è saper analizzare criticamente la terapia in atto al fine di individuare eventuali farmaci con effetti sfavorevoli sul bilancio energetico (corticosteroidi, psicofarmaci, ecc…), sostituendoli ove possibile o riducendone la dose; individuare il setting sociale/familiare del pa- ziente, i disturbi della sfera affettiva, l’atteggiamento alimentare, e le abitudini di vita al fine di fornire indicazioni dietetico-comportamentali mirate. La visita con il medico, come primo evento all’ingresso del paziente nel centro, deve prevedere una precisa strategia motivazionale “ad personam”, le raccomandazioni dietetiche di base e consigli mirati alla personalizzazione dell’attività fisica quotidiana, ponendo il paziente nella condizione di partecipare attivamente e in modo consapevole alle scelte terapeutiche (empowerment); decidere se e quando iniziare una terapia farmacologica specifica per l’eccesso di peso, conoscere le indicazioni alla chirurgia bariatrica al fine di proporla alle giuste categorie

di pazienti obesi, saper gestire il follow-up per tutte le tipologie di intervento terapeutico; considerare programmi d’in- tervento terapeutico-riabilitativo per l’età pediatrica che prevedano il coinvolgimento della famiglia e più in generale dei caregiver.

L’esperto in nutrizione deve avere prolungata e comprovata esperienza nel trattamento dei pazienti obesi, con o senza di- sturbi del comportamento alimentare. Deve possedere esperienza nel trattamento individuale e di gruppo, conoscere le nozioni mediche basilari relative all’eziologia dell’obesità e delle malattie associate ed essere consapevole delle differenti opzioni terapeutiche. Deve saper personalizzare i consigli dietetici, calibrandoli alle caratteristiche/abitudini alimen- tari del paziente obeso, adattando lo schema dietetico conformemente alla valutazione del medico (dieta ipoglicidica, ipolipidica e/o a basso apporto di sale). Tramite l’analisi di strumenti compilativi, quali il diario alimentare, fornisce importanti informazioni al team multidisciplinare sulle abitudini alimentari del paziente, contribuendo alle decisioni relative all’uso di farmaci anti-obesità ed alla scelta dell’intervento di chirurgia bariatrica più opportuno. Deve inoltre avere conoscenze specifiche per assistere i pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica nel post-operatorio, attraverso le varie fasi di rieducazione alimentare.

Psichiatra e psicologo collaborano nella gestione del paziente obeso con funzioni complementari e sinergiche. Posso- no entrambi essere parte integrante del team o configurarsi come consulenti esterni con specifiche competenze nel campo dell’obesità. Lo psichiatra deve avere approfondita conoscenza delle forme di obesità secondaria a malattie psichiatriche e valida esperienza nella diagnosi e trattamento dei disturbi del comportamento alimentare. Deve colla- borare alla definizione del percorso medico/chirurgico. Deve saper gestire sapientemente gli psicofarmaci, cercando di evitare quelli con potenziali effetti dannosi sul bilancio energetico. Deve saper individuare i tratti psicopatologici che controindichino il ricorso alla chirurgia bariatrica o orientino verso un trattamento chirurgico di tipo misto piut- tosto che verso una tipologia puramente restrittiva. Lo psicologo deve essere esperto nella somministrazione di test psicometrici e deve saper interagire con il paziente mediante colloqui motivazionali individuali o di gruppo, al fine di aumentare l’aderenza alle tecniche di modificazione dello stile di vita. Deve aver acquisito esperienza anche nel follow-up dei pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica, quando a radicali cambiamenti dell’aspetto corporeo spesso corrispondono altrettanto importanti cambiamenti dell’assetto psicologico. Il centro deve essere in grado di attuare cicli di terapia cognitivo-comportamentale.

Il centro rivolto prevalentemente alla gestione del paziente obeso adulto deve prevedere la presenza di chirurghi di com- provata esperienza nel campo della chirurgia bariatrica, con un’attività continuativa non inferiore agli 80 interventi/ anno, che siano in grado eseguire le principali tipologie di intervento, gestire eventuali complicanze peri-operatorie e post-operatorie, seguire il paziente in un follow-up a lungo termine (14). Il chirurgo bariatrico contribuisce con gli altri membri del team a porre indicazione alla terapia chirurgica e alla scelta del tipo di intervento. Il team deve essere dotato di un endoscopista con comprovata esperienza nella gestione del paziente obeso.

Il centro di cura dell’obesità in età evolutiva che segua anche pazienti in età tardo-adolescenziale deve prevedere la possi- bilità di rapido accesso ad un team di chirurgia bariatrica con le caratteristiche sopradette, tenuto conto delle più recenti indicazioni alla possibile scelta di tale opzione terapeutica in pazienti di questa fascia d’età con obesità di alto grado già gravata da comorbidità soprattutto di tipo metabolico.

IL PERCORSO TERAPEUTICO-RIABILITATIVO DEL PAZIENTE OBESO

Affinché il trattamento dell’obesità risulti efficace, sia in termini di risultati che di mantenimento degli stessi, è neces- sario affiancare all’intervento medico inteso in senso stretto un intervento educativo che consenta al soggetto di com- prendere le cause del problema e di mettere in atto nella vita di tutti i giorni i comportamenti idonei a raggiungere gli obiettivi prefissati (Tabella 1). Il mantenimento di un sufficiente livello di esercizio fisico viene considerato il momento primario della rieducazione, da affiancare alla riabilitazione nutrizionale e comportamentale. Il centro deve offrire la possibilità di accesso ad una struttura di rieducazione-riabilitazione del paziente obeso (qualora non presente struttural- mente nel centro medesimo), dove sia possibile mettere in pratica e rafforzare le indicazioni dietetico-comportamentali discusse e prescritte in ambiente ospedaliero. L’accesso al percorso di riabilitazione intensiva residenziale o semiresi- denziale deve poter avvenire anche in assenza di un episodio acuto, in base agli indici di disabilità e di appropriatezza

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clinica per il trattamento riabilitativo. Gli interventi devono essere inseriti in una logica multidimensionale-interdisci- plinare. Il programma rieducativo-riabilitativo deve prevedere:

– intervento nutrizionale finalizzato a ottenere un adeguato calo ponderale e a ricostruire durevolmente le corrette abi- tudini alimentari.

– programma riabilitativo motorio/funzionale finalizzato a riattivare le strutture muscolari, a recuperare la mobilità articolare, a migliorare la performance cardio-circolatoria e respiratoria, a aumentare il dispendio energetico e ad aumentare il rapporto massa magra/massa grassa.

– educazione terapeutica e interventi psicoterapeutici diretti a riconoscere i reali fabbisogni dei pazienti, correggere le convinzioni errate sullo stile di vita, migliorare le competenze, allenare alla gestione e all’autocontrollo, migliorare il rapporto con il corpo e l’immagine corporea, favorire la compliance terapeutica.

– nursing riabilitativo volto a migliorare le risposte a malattie croniche, potenziare i supporti ed i compensi ambientali e sociali, stimolare le capacità funzionali e relazionali.

REQUISITI STRUTTURALI E STRUMENTALI

I centri ospedalieri di alta specializzazione devono disporre di ampi locali facilmente accessibili anche ai disabili. – Area di attesa:

L’area di sosta dei pazienti in attesa delle prestazioni deve essere proporzionata all’afflusso, ben areata/condizionata e dotata di servizi igienici.

– Ambulatori:

Gli Ambulatori devono essere allocati vicini tra loro, nello stesso stabile ed idealmente sullo stesso piano al fine di facilitare gli spostamenti dei pazienti obesi e di garantire un’adeguata interazione tra le diverse figure del team mul- tidisciplinare. Il collegamento telefonico tra i vari ambulatori ha lo scopo di permettere un’agevole comunicazione tra le figure preposte all’accoglienza /gestione del paziente obeso.

– Day-Hospital/Ambulatorio complesso:

Si tratta di una struttura rivolta ai pazienti obesi in grado di muoversi autonomamente ed agevolmente, che debbano eseguire un percorso preordinato finalizzato alla valutazione di specifiche problematiche. Consiste di spazi dedicati, gestiti da personale sanitario con competenze specifiche, e deve essere comprensivo di un ambulatorio per la visita medica e di una stanza attigua dotata di poltrone per prelievi, materiale sanitario e suppellettili idonee alla gestione del paziente obeso.

– Reparto:

Il ricovero ordinario è destinato ai pazienti obesi con difficoltà alla deambulazione/movimento che richiedano un ap- profondimento diagnostico, un periodo di osservazione per specifiche patologie o per l’adeguamento della terapia far- macologica. Il luogo di degenza deve prevedere stanze e servizi igienici adeguati e arredati per rispondere alle esigenze dei pazienti grandi obesi, ampi corridoi e collegamento con i contigui reparti/sale operatorie, di dimensioni idonee per lo spostamento in barella/sedia a rotelle del paziente obeso.

– Sale Operatorie:

Devono essere allestite con attrezzatura idonea a sostenere pazienti di peso fino a 300 kg, colonna laparoscopica con Tabella 1 XProgramma terapeutico-riabilitativo nell’obesità.

Team approach multidimensionale

Medici specializzati (endocrinologi, internisti, nutrizionisti clinici, psichiatri, fisiatri, pneumologi e chirurghi quando indicato), psicologi, dieti- sti, fisioterapisti, educatori ed infermieri.

Percorso terapeutico-riabilitativo

Intervento nutrizionale, programma di rieducazione funzionale e ricondizionamento fisico, educazione terapeutica, motivazione al cambia- mento.

doppio monitor, insufflatore di CO2 ad alto flusso, registratore digitale degli interventi, strumentario laparoscopico

completo e strumentario specifico, strumentario anestesiologico per intubazioni difficili, monitoraggio della profon- dità dell’anestesia, monitoraggio della curarizzazione, monitoraggio della pressione arteriosa cruenta.

Il centro deve disporre di tutte le apparecchiature atte a garantire il corretto inquadramento e la corretta assistenza del paziente grande obeso:

– strumenti per la misurazione dei parametri antropometrici e degli indici vitali (bilance fino a 300 kg (200 kg nel caso del Centro Pediatrico), densitometro per la determinazione della composizione corporea o impedenziometro, sfig- momanometri i per obesi (con bracciali di altezza adeguata alle diverse età, nel Centro pediatrico), apparecchiature fornite di bracciali per obesi per registrazioni pressorie nelle 24 h, calorimetria indiretta)

– strumenti per lo studio delle complicanze (oftalmoscopio, elettrocardiografo, reflettometro per glicemia, ecografo, spirometro per esecuzione delle prove di funzionalità respiratoria, apparecchiatura per il monitoraggio notturno car- diorespiratorio completo, polisonnografia con sistema portatile)

– mobilia, dispositivi ed apparecchiature necessarie per la gestione assistenziale di tutti i tipi di obesità (sedie, letti per visite ambulatoriali, letti antidecubito per la degenza ordinaria con adeguate caratteristiche di resistenza alle solle- citazioni dovute a pesi eccessivi, letti operatori che permettano di ottenere una inclinazione anti-Trendelemburg di almeno 30°, sollevatori in grado di reggere pesi fino a 300 Kg, barelle/sedie a rotelle, ambulanze appositamente attrez- zate, gambali a compressione intermittente per la prevenzione della trombosi venosa profonda, protesi ventilatoria con C-PAP o Bi-level).

LA RETE TERRITORIALE

È fondamentale che il centro promuova e collabori alla creazione di una rete territoriale di servizi per l’obesità che con- senta ai pazienti di accedere agevolmente alle prestazioni, attraverso percorsi che attribuiscano la corretta collocazione nei protocolli assistenziali, in base a criteri di gravità della malattia e di priorità dell’intervento. Il modello hub and

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