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Dalla storiografia alla ricerca archivistica: il Brianzonese nel regno di Francia

6. Gli escartons rimasti sotto la sovranità francese nel XVIII secolo

6.2 La difesa delle autonomie

Attraverso una controversia, comparsa nei decenni centrali del Settecento sul versante francese, è possibile rendersi conto del modo in cui il problema delle frontiere venisse percepito localmente, per essere usato come leva a proprio favore verso le autorità dello stato. Nel 1737 era successo che il direttore delle

fermes avesse ingiunto a Hypolyte Des Ambrois, signore di Nevache, il pagamento

del diritto di franco-feudo; il nobile si oppose, presentando i privilegi del 1343, aggiungendo inoltre le ultime lettere patenti di Luigi XV del 1727, che avevano

5 BMG, Fonds Dauphinois, R 259, Lettres patentes du roi Louis XV, du mois de mai 1727, portant

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confermato la carta di franchigie medievali. L’ufficiale rispose utilizzando un argomentazioni volutamente provocatorie: il Brianzonese non poteva gioire di un diritto di cui era stata privata la stessa città di Parigi, i cui abitanti erano stati condannati a pagare il diritto di franco-feudi, nonostante i privilegi accordati alla città. Ma l’esito della controversia confermò la linea politica dello stato sulla frontiera: nel 1738 l’intendente del Delfinato accolse con favore le richieste del signore di Nevache6.

In seguito l’opposizione ai privilegi si manifestò per analoghe motivazioni. I consoli e gli abitanti dell’escarton di Briançon, intorno alla metà del Settecento, presentarono una supplica all’intendente del Delfinato, per opporsi a Jean- Jacques Prevost, appaltatore generale delle fermes7. L’uomo aveva protestato contro le esenzioni di cui gioivano le comunità, giudicate «comme d’inutiles monuments d’une distinction sans motif». Il ricorso all’intendente era avvenuto quando ad alcuni particolari del Brianzonese non era stato riconosciuto il diritto di possesso di franco-feudi.

La memoria difensiva degli avvocati dei richiedenti mostra quali tesi argomentative venissero utilizzate per corroborare le ragioni degli escartons. Il primo elemento di forza era dato dalle vicende storiche. Le autonomie del Brianzonese traevano le proprie radici fin da quando i romani avevano capito che era necessario di «assurer des passages des Alpes et d’en soumettre les habitants». Il trattato di Augusto con i popoli delle Alpi Cozie aveva consentito a questi ultimi di partecipare «aux privileges de ce titre». Durante le invasioni germaniche era dunque entrato nella consuetudine il «droit italique», permanendo per l’alto medioevo, attraverso i regni romano-germanici8. Ma le invasioni saracene erano state individuate, per i popoli alpini, un periodo di rottura: «réduisirent ceux des anciens habitants, qu’ils ne déstruisirent pas, à vivre errants et fugitifs dans les bois»; si erano poi riprese soltanto con la crescita del potere dei conti d’Albon,

6 BMG, Fonds Dauphinois, R 259, Extrait de la requite présentée à m. l’intendant de Dauphiné, par le

sieur Desambrois, seigneur de Neuvache dans le Briançonnois, tendante à être déchargé du droit de franc-fief, et l’ordonnance conforme, rendue sur ladite requête, le 25 janvier 1738.

7 BMG, Fonds Dauphinois, O 11735, metà del XVIII secolo.

8 Per quano riguarda una panoramica generale, E.GENTA,Elementi di diritto comune. appunti dalle

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grazie ai quali le popolazioni alpine avevano riscoperto il loro pays. La fedeltà al potere dei primi delfini aveva consentito di ottenere la carta di franchigie, nel 1343. Il principe aveva esentato le popolazioni dal «droit de gabelle, c’est-à-dire des impôts et des tributs ordinaires qui se percevoient sur le peuple». Gli statuti della grande charte - sottolineavano i deputati degli escartons – erano il risultato di più antichi privilegi entrati nella consuetudine locale, in cambio del riconoscimento dei quali le comunità avevano versato una cifra una tantum di 12000 florini, e si erano impegnati a pagare un canone annuo di 4000 ducati, valutati a metà Settecento in 13432 lire9. Le popolazioni non avevano pertanto ricevuto privilegi in cambio di nulla: avevano invece pagato «à titre onéreux; et on peut même ajouter à titre fort onéreux». Era dunque necessario dimostrare se il diritto di franco feudo fosse compreso nelle concessioni di Umberto II. Ci si soffermava dunque sul significato e l’origine di questo diritto; alcuni giuristi ritenevano che fosse il «prix de l’incapacité du roturier de posséder des fiefs», pagato alla corona in quanto sua proprietà inalienabile. Altri autori, invece, non erano d’accordo sull’incapacità personale dei non nobili di possedere dei feudi. Secondo le ordonnances di Filippo l’Ardito e Filippo il Bello andava inteso come un tributo da versarsi come indennizzo per la dispensa dal servizio militare. Ma il delfino aveva concesso ai Brianzonesi la possibilità di succedere ai feudi, elevandoli inoltre allo status di franco-borghesi. Molti giuristi ritenevano inoltre che le concessioni di diritti fatte dai delfini prima del passaggio alla corona di Francia erano da considerarsi alienazioni irrevocabili; questi principi non erano «simples dépositaires des biens qui appartenoient à l’Etat», perché il loro dominio era considerato «patrimoine propre». Il trattato di transport alla Francia avrebbe quindi trasmesso diritti precedentemente stabiliti senza possibilità di revoca. Per questi motivi l’atto del 1343 conteneva la cessione di un diritto demaniale irrevocabile. Ma i privilegi si esprimevano anche in forma cerimoniale; il contratto aveva stabilito che gli abitanti del Brianzonese avrebbero prestato una forma di omaggio al delfino che prevedeva il bacio dell’anello, a differenza dei non nobili, che dovevano baciare il pollice, non dovendo inoltre inginocchiarsi

9 Delle quali, come si è detto nelle pagine precedenti, soltanto 8423: 18: 9 lire erano al momento

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durante la cerimonia. Forse questa citazione poteva essere considerata, ad un «oeil philosophe» come una «chimere vaine», ma quali potevano essere, allora, le ragioni più profonde, se non quelle che i privilegi sarebbero stati in grado di distinguere gli abitanti del Brianzonese, conferendogli il diritto al possesso dei feudi?

Alle paventate ragioni giuridiche seguivano, poi, le motivazioni “ambientali”: «Confinés dans les vallées étroites que des rochers affreux laissent entr’eux, réduits ò cultiver un sol ingrat et aride, couverts de chaume, et presque toujours sous des monceaux de glace ou de neige, les habitants du Briançonnois ne fauroient être attachés à leur partie par les liens qui y attachent les autres peuples, les doceurs du climat ou le bien-être; leurs vallées cependant sont peuplées; les habitants qui en fortent, y rapportent avec empressement le fruit de leurs travaux; ils quittent, après avoir fait une sorte de fortune, les villes et les contrées les plus riches, pour venire les habiter». Le correnti migratorie invernali non comportavano mai un abbandono delle proprie terre; chi usciva dal pays rientrava, e dopo aver fatto fortuna abbandonava città ricche per tornare nelle case d’origine. Qual’era dunque la motivazione di un legame così forte? «Nulle autre que les petites distinctions qu’on leur dispute; nulle autre qu’une administration, la même en effet, mais un peu moins dépendante peut-être, que celle des autres contrées de la France; lien sacré, et qu’on doit trembler d’affoiblir»; il senso di appartenenza ai luoghi, la possibilità di gioire di privilegi con caratteristiche di unicità rafforzava dunque i legami con la loro terra, differentemente dai vicini della Savoia e della Tarantasia, terre considerate più fertili e soleggiate, che si sottoponevano, invece, a continue migrazioni. L’appello del collegio difensivo mirava però a toccare questioni di maggiore interesse per lo stato. Ancora una volta veniva ribadita l’importanza della fedeltà dei sudditi nelle terre di frontiera, come già era avvenuto nel secolo precedente, quando i deputati degli escartons d’Oulx e di Pragelat avevano supplicato il governatore del Delfinato, ricordandogli che la povertà delle comunità alpine nuoceva anche agli interessi dello stato10. Le motivazioni espresse presentavano il

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medesimo tono: «Dans les temps de guerre, quelle ressource l’état ne trouve-t-il pas dans l’affection de ces peuples? Guides sures pour nos troupes, défendeurs intrépides des défilés de leurs montagnes, ils fatiguent, harcellent, arrêtent nos ennemis: eux seuls ont même eu quelquefois l’avantage de s’opposer à leurs incursions». La conoscenza dei luoghi, l’esperienza lungo i sentieri, la capacità di rallentamento delle avanzate nemiche costituivano una garanzia per uno stato impegnato nella difesa delle Alpi. Era dunque possibile consentire che un interesse particolare compromettesse la tranquillità di questa frontiera?11.

Per questi motivi, dunque, alcuni particolari del Brianzonese, che erano stati direttamente interessati dalle ingiunzioni dell’appaltatore delle fermes, chiedevano una modifica alla sentenza precedentemente emessa a loro sfavore. Sebbene non sia stato possibile, al momento, rintracciare gli esiti della vicenda, la riconferma di «tous et chacuns les privileges, concessions, franchises, libertés, droits et immunités», avvenuta nel 1775 da parte di Luigi XVI, è un indizio di quanto la corona, ancora sul finire del Settecento, ritenesse giustificato il mantenimento dello status quo lungo la frontiera alpina12.

Si avrà peraltro modo di sottolineare, a riguardo del versante sabaudo, che le autonomie del Brianzonese non erano destinate a rimanere inattaccabili. Negli anni seguenti la conferma di Luigi XVI, alcune innovazioni, imposte sia dall’autorità regia che dal Parlamento di Grenoble, minarono i privilegi, mettendo alla prova la resistenza al cambiamento delle comunità: nel 1784 i delegati del Consiglio comunale di Briançon intentarono una causa presso il Parlamento contro l’ordine degli avvocati della città. La memoria scritta, presentata dal collegio difensivo del Consiglio, descrive una vicenda che ben rappresenta l’evoluzione interna ai ceti sociali cittadini, in rapporto alle differenti posizioni assunte nei confronti delle franchigie; il cuore della controversia risiedeva nel tentativo di restringere l’accesso alle cariche municipali, superando il sistema egalitario sancito dalla grande charte. Le comunità del Brianzonese avevano il

11 «L’intérêt vil de quelques hommes, trop souvent le fléau de la Nation, pourroit-il donc balancer

la tranquillité de toute cette Contrée? Elle ne doit ni le craindre, ni même le croire possible».

12 BMG, Fonds Dauphinois, R 259, Lettres patentes du Roi Louis XVI, heureusement regnant, du mois

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diritto di scegliere in autonomia i propri ufficiali, mentre l’articolo XXXV della carta, concedendo lo status di franco-borghesi, sanciva nei fatti il riconoscimento di una società egalitaria13.

Il corpo municipale della ville di Briançon, a metà Settecento, era composto da 90 ufficiali, tra i quali vi erano tre consoli; il primo di questi, che godeva di un’autorità maggiore, veniva rieletto ogni anno, scegliendo il sostituto tra i più capaci, senza distinzione di stato e qualità; nessun cittadino aveva più diritto di un altro, in quanto vigeva lo status di franco-borghesi, che permetteva a chiunque la possibilità di ricoprire un ruolo nell’amministrazione locale. A questa carica salivano spesso uomini provenienti dal corpo degli avvocati, ma non in quanto appartenenti ad un ordine cetuale, bensì soltanto perché scelti sulla base del merito. Nei villaggi degli altri escartons erano invece i notai a rivestire, spesso, il ruolo consolare. Ma sul finire del 1764 alcuni esponenti dell’ordine degli avvocati reclamarono il diritto alla nomina nella prima carica municipale, incontrando l’opposizione della comunità. Il 12 maggio 1766 il re emanò un editto che regolamentava l’amministrazione nelle villes e bourgs del Delfinato. Gli articoli 52 e 53 stabilivano, sulla base del numero di abitanti, il numero di ufficiali e le modalità di elezione sulla base del censo. Nel 1768 a Briançon il primo console, avvocato, di concerto con il vicebalivo, impose l’applicazione dell’editto, pur lasciando la piena libertà di elezione senza distinzione di rango. Ma capitò che da quel momento i primi consoli venissero scelti tra gli avvocati o tra gli ufficiali del balliaggio, nonostante le candidature avessero riguardato soggetti di varia estrazione sociale. Nel 1783 avvenne ancora un’innovazione: un’ordonnance del Parlamento stabilì che i tre consoli dovevano essere scelti tra gli ufficiali di giustizia, tra i medici e tra gli avvocati. La contestuale elezione di tre avvocati alle cariche consolari, incontrò, però, l’opposizione degli altri ceti, che videro nell’operazione un attacco agli antichi privilegi. La contrapposizione si spinse fino al livello di impedire i lavori consigliari: a seguito della convocazione di un’assemblea, che doveva discutere l’ordonnance, prevedendo un’opposizione a

13 BMG, Fonds Dauphinois, V4658, Memoire pour le bourgeois et habitants taillables de la ville et

communauté de Briançon, opposants aux ordonnances sur requêtes rendues par la Cour, les 8 janvier 1765 et 22 août 1783, post 1785.

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sfavore degli avvocati, venne presa «l’indécence jusqu’à s’emparer des clefs de l’hôtel de ville, pour empêcher toute delibération»; il vicebalivo prese le parti di «cette espece de rébellion, en refusant de faire droit aux justes requisitions» del magistrato municipale che si era preso carico di convocare la riunione. Si intravvedeva una contrapposizione tra ceti: da un lato gli ordini degli avvocati e dei medici, sostenuti dagli ufficiali del balliaggio e dal vicebalivo, dall’altro i mercanti ed i borghesi, in quel momento rappresentati da Charbonnel Salle, magistrato municipale14. Il 12 ottobre 1783 venne pertanto convocata un’altra assemblea alla quale non partecipò, deliberatamente, il vicebalivo, per discutere ancora dell’intenzione di tentare l’abrogazione dell’ordonnance. Due giorni, un’assemblea convocata dai notabili, revocò la delibera precedente, definendola contraria agli interessi della comunità, e quindi illegale. La contrapposizione tra i ceti trovava la sua collocazione istituzionale in due centri di potere amministrativo: da un lato i consoli, provenienti dai notabili della città, dall’altro il Consiglio, rappresentato dai ceti borghesi. L’azione di questi ultimi fu indirizzata a condurre le proteste dinanzi il Parlamento di Grenoble, allo scopo sia di evitare l’applicazione dell’editto del 1766 al Brianzonese, che di revocare l’ordonnance del 1783. Ma l’ostinata opposizione condotta dai borghesi presso il Parlamento, che faceva quindi nascere una causa giudiziaria contro gli altri ceti, provocò l’abbandono del campo da parte dei medici e degli ufficiali di giustizia, che dichiararono di non prendere parte alle contestazioni degli avvocati, dichiarandosi altresì disponibili ad accettare i borghesi nelle maggiori cariche municipali. La contrapposizione era dunque giunta ad un livello tale che l’intendente del Delfinato aveva deciso di visitare Briançon, anche allo scopo di arbitrare la controversia, per condurla ad una soluzione condivisibile. L’occasione spinse gli avvocati ad anticipare un’azione di conciliazione nei confronti dei borghesi, manovra che ebbe quale risultato una frattura all’interno del fronte: l’8 settembre venne stipulato un trattato, al quale presero parte tutti gli esponenti degli schieramenti, che stabilivano di eleggere le tre cariche più alte derogando

14 Indicato come premier échevin., ovvero un «Magistrat municipal (gén. des villes du Nord),

assistant le maire ou le prévôt, exerçant notamment des fonctions de juge, échevin»: dal

Dictionnnaire du Moyen Français (1330-1500), consultabile on line all’indirizzo

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alle precedenti norme: due erano scelti tra i «gentilhommes, officiers de justice, avocats et autres gradués», mentre il terzo tra i «procureurs, notaires, negociants et autres bourgeois». Nonostante venisse sottoscritto anche da esponenti dei borghesi, il trattato venne giudicato, dai «principaux habitants», in opposizione ai privilegi del 1343 ed all’editto del 1766, che nonostante tutto concedeva il diritto alla partecipazione politica dei cittadini, senza distinzione di rango. Questa nuova opposizione portava evidentemente ad una spaccatura all’interno dei borghesi: l’échevin Charbonnel-Salle, Ollagnier, Morand, Ferrus, Cot ed Armand, che avevano sottoscritto il trattato con i notabili, furono sfiduciati dai restanti rappresentanti della ville e del tierce, comprendente le frazioni dipendenti: il 24 gennaio 1785, 200 delegati nominarono nuovi difensori per proseguire la causa presso il Parlamento, allo scopo di ottenere il riconoscimento delle libertà del Brianzonese sancite dalla carta di franchigie del 1343, e che le cariche più alte venissero selezionate senza distinzione di rango.

La controversia era dunque il risultato di un atteggiamento dei Brianzonesi, ostinati a difendere senza compromessi l’integrità dei privilegi, da più di quattrocento anni religiosamente osservati. L’opposizione a più livelli, sia contro gli appaltatori di imposte che contro l’influente ceto degli avvocati, è in primo luogo testimonianza dell’abilità delle comunità alpine, capaci di studiare strategie difensive e di affermare le proprie ragioni, con competenza, presso le corti di giustizia, anche grazie alla radicata presenza di ceti notarili, detentori di un sapere giuridico derivato dal diritto comune e rielaborato nella specificità alpina: «Nel complesso i ceti dirigenti locali furono capaci di assorbire velocemente i contenuti e i valori che stavano alla base del diritto comune e della sua affermazione e quindi anche di controllare i settori professionali e le funzioni che vi si riconnettevano. Le competenze di natura giuridica avrebbero posto anche gli esponenti delle piccole élites periferiche alpine nelle condizioni di mediare tra posizioni differenti; di tradurre e rielaborare contenuti appartenenti a linguaggi diversi, consolidando la loro preminenza a livello locale. Notai, causidici e giusdicenti, nei secoli dell’età moderna vennero identificati quali referenti privilegiati anche in merito a questioni che andavano oltre le loro specifiche

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competenze.. l’amministratore incaricato dalla comunità di agire in nome di questa, il membro eletto nei consigli ristretti, era quasi sempre portatore di una qualche competenza professionale in campo giuridico e tali competenze finirono con il costituire una componente importante nella costruzione del profilo sociale delle élites locali»15.