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I mutamenti negli assetti giurisdizionali della valle d’Oul

Il Delfinato “di qua dai monti” nel regno di Sardegna

Capitolo 7 Il governo della frontiera all’epoca delle riforme, tra continuità e mutament

7.3 I mutamenti negli assetti giurisdizionali della valle d’Oul

Si è visto che a partire dagli anni ’70 del Seicento le comunità della valle di Bardonneche avevano acquistato i diritti giurisdizionali dai signori del luogo31. La valle si era orientata in questa via «pour se tirer des procez quelles avoint journellement», finendo però con l’indebitarsi notevolmente per l’esborso di denaro32. Il Consiglio di Bardonneche, pochi anni dopo l’annessione allo stato sabaudo, inviò una lettera nella quale esponeva il problema della giurisdizione, che comprendeva i diritti di alta, media e bassa giustizia, mero e misto impero, i cui introiti erano stati sfruttati fino a quando il re aveva deciso di imporre, per tutte le valli conquistate, un solo giudice maggiore. Dopo la pubblicazione della pace le comunità avevano difatti ricorso a Vittorio Amedeo II, per chiedere conferma dell’esercizio della giustizia sul luogo, ottenendo che l’esame della domanda venisse rimessa a Pierre Mellarède, ed in subordine all’intendente Ferrero; dopo la morte di quest’ultimo, i rappresentanti locali, evidentemente consci che le loro richieste non avevano ottenuto in tempi rapidi risposta, repicarono le suppliche, insistendo affinché potessero riscuotere i diritti di giustizia, per riassestare le casse esauste, ma anche per punire i crimini che si continuavano a commettere in un momento di debolezza del potere giudiziario locale. In questo frangente le autorità sabaude si erano però adoperate per verificare la correttezza dei titoli pretesi, muovendosi fino a Grenoble33. Dagli atti, risultava che tra il 1670 ed il 1684 le comunità di Bardonneche, Millaures, Beaulard, Melezet, Arnauds e Rochemolles avevano pagato 107200 lire per l’acquisto delle giurisdizioni, di cui erano state

31 Si veda il paragrafo 4.7, pp. 104-106.

32 ASTO, Corte, Paesi, Susa, Provincia di Susa, Valli di Oulx e Bardonneche, Susa, m. 6, n. 9, cit.

33 Ivi, n. 8, Stato degli acquisti di diversi dritti signorili fattisi dalle comunità della Valle di

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investite dalla Chambre des comptes. Ma la corona temporeggiava, dando probabilmente preoccupazione ai rappresentanti locali, che nel 1725 avevano indirizzato una nuova supplica, in risposta alla richiesta del 29 settembre 1723, di indirizzare al sostituto procuratore generale Rossetti, presso il Consiglio di Pinerolo, i titoli affinché venissero esaminati e riconosciuti i diritti pretesi. Le comunità avevano quindi seguito le istruzioni, «en remettant touttes les pieces justifficatives», ritenendo opportuno ricorrere nuovamente al re, «pour qu’il luy plaise ordonner a monsieur De Rossety de donner son avis en conformité de l’ordre porté par ce premier decret du 29 septembre 1723». A seguito della lettera, Vittorio Amedeo II ordinò dunque alla Camera dei conti di esprimere il suo parere nel merito della questione34.

In applicazione all’editto del 16 aprile 1734, il procuratore della comunità di Bardonneche presentò il consegnamento a Susa, presso il regio notaio Cesare Andrea Careno, dei diritti signorili in suo possesso. Come da prassi, la comunità ed i suoi uomini si riconoscevano al «presente, et avvenire veri homini ligii, e fedeli sudditi della S.R.M. di Carlo Emanuele re di Sardegna»35, consegnando il possesso della baronia, acquistata in passato dal signor De Jouffrey, che comprendeva censi, fitti minuti di grano e «servitii in denari», quattordicesima dei frutti, diritto di prelazione, laudemii, pascoli, «uso di prendere, et esigere, e far riconoscere altri dritti espressi nell’infra dessignato contratto sopra», bandi campestri, diritti d’acqua, caccia, pesca. La signoria comprendeva, con tutti i titoli da essa dipendenti, bassa, media e alta giustizia, diritto di nomina del castellano, «o sia podestà», segreteria annessa alla giurisdizione, redditi derivanti dalla taglia comitale, da forni e mulini. Ma nell’atto notarile, siglato a Susa presso un notaio di nomina sabauda, il procuratore riconobbe che il diritto di nomina del castellano e del giudice, così come gli altri diritti giurisdizionali – eccetto quelli sul mulino del luogo -, erano da considerarsi decaduti dopo il passaggio delle valli poste sotto il Montgenevre alla corona di Savoia; una clausola stabiliva perà che vi era la

34 ASCB,Sezione prima,Cartella 3, Fascicolo 14, Supplica della comunità di Bardonecchia per ottenere

conferma dei diritti signorili, 1725.

35 ASCB,Sezione prima,Cartella 3, Fascicolo 19, Consegnamento dei diritti signorili della comunità di

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possibilità di «rientrare in detto privileggio di nomina «si, et come S.M. si compiacerà di accordarlo». Si specificava, inoltre, l’obbligo di consegna ogni qual volta venisse richiesto, ordinando altresì il pagamento della cavalcata. Le dichiarazioni sottoscritte nell’atto mostrano che era in corso una complessa e lunga trattativa, non ancora risolta. I rappresentanti della valle si rivolsero a poco tempo di distanza all’autorità regia, chiedendo di essere mantenuti nei diritti di nomina dei giudici, del castellano e degli ufficiali per l’amministrazione della giustizia, e di ottenere riconoscimento dei diritti signorili, acquistati negli anni compresi tra il 1670 ed il 1684; sostenevano inoltre di aver pagato in passato il

fermier francese per l’esercizio di tali diritti, ricevendo l’investitura dalla Chambre des comptes, passaggio che aveva consentito la nomina degli ufficiali giudiziari. Per

questi motivi supplicavano l’invio delle patenti di conferma «de leurs droits»36. La complessa dialettica tra le parti mostra che il passaggio di sovranità non aveva comportato un’automatica traslitterazione di diritti e privilegi; la rinuncia ai diritti signorili, di cui era stata investita dalle istituzioni francesi, era necessaria affinché il rientro nel loro possesso potesse avvenire solamente a patto che l’investitura feudale promanasse dall’autorità sabauda, verso la quale si doveva prestare il consegnamento con pagamento della cavalcata. In questo modo si esaurivano diritti e doveri dovuti verso uno stato straniero. Pare che le suppliche avessero, infine ottenuto parere positivo: nel 1742 il feudo risultava nelle mani di Bardonneche, per il quale doveva pagare la cavalcata alle regie Finanze37.

Intorno agli anni ’30 vi furono innovazioni anche su altri fronti nel versante delle giurisdizioni; per la corona si prospettava la possibilità di vendere nuovi feudi, da destinare a notabili pronti a versare nelle casse dello stato denari freschi, al fine di accedere così a titoli ed emolumenti feudali. Tale politica ebbe effettivamente un parziale successo, ma non senza opposizioni. La prima occasione si presentò nel 1733, quando, per far fronte alla guerra di successione polacca, Carlo Emanuele III

36 ASCB,Sezione prima,Cartella 3, Fascicolo 20, Supplica riconferma diritti signorili, 1734 ca.

37 Come si deduce dal documento conservato in ASTO, Sezioni Riunite, Ministero delle finanze,

Intendenza di Susa, mazzo 41, Stato de redditi de beni feudali annessi, e non annessi alle giurisditioni

secondo li consegnamenti fatti da possessori di essi nell’anno 1742 et dovuti nel 1747 a tenore del regio editto de’ 22 maggio anno suddetto 1747.

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diede luogo ad una nuova campagna di infeudazioni. Ancora una volta le necessità belliche ponevano la corona di fronte a scelte sulle quali Vittorio Amedeo II, pochi anni prima, aveva posto un rigido controllo38. Il re aveva dunque concesso la vendita di feudi ai vassalli che lo avrebbero richiesto39.

Le nuove infeudazioni avevano riguardato diversificati territori, e tra questi le valli del Delfinato. Il 10 febbraio 1734 fu venduto al conte Carlo Tomaso Demorra, senatore di Piemonte, la giurisdizione di Fenils, che venne costituita in feudo con titolo comitale, per 7500 lire40. Il 2 marzo Giovanni Battista Brunetta di Pinerolo acquistò la giurisdizione di Usseaux nella valle di Pragelat, anch’essa eretta in feudo con titolo comitale, per 6000 lire, mentre Francesco Tesauro ebbe il feudo di Mean per 7500 lire. Antonio Maria Allodi acquistò la borgata denominata la Torretta nel cantone di Sant’Eusebio, valle di Chateau Dauphin, per 3000 lire, mentre i diritti feudali su Sant’Eusebio pervennero nelle mani di Alberto Tomaso Saluzzo di Mombarone, per 12000 lire, ed ancora nella medesima valle Gaspare Orazio Franco, figlio del defunto capitano Niccolò, acquisì quella di Pontenella, con i suoi cantoni, per 11000 lire.

Le infeudazioni di Fenils, Usseaux e Mean provocarono però l’opposizione delle valli d’Oulx, Cesanne e della val Chisone, ostili ad una polverizzazione giurisdizionale che favoriva elementi esterni al contesto territoriale41. I delegati

38 A. MERLOTTI, L'enigma delle nobiltà: Stato e ceti dirigenti nel Piemonte del Settecento, Firenze,

L. S. Olschki, 2000.

39 La campagna di rimpinguamento delle regie Finanze era più ampia: fu imposto ai vassalli il

pagamento della cavalcata (come già si è dimostrato per Bardonneche), venne organizzata una lotteria di trentamila biglietti, la cui vincita era costituita da una pensione vitalizia, venne inoltre chiesto un prestito di 600.000 lire da restituirsi entro un anno, con l’interesse del 6 per cento, e fu aggiunta una straordinaria imposizione sulle comunità, anche alla città di Torino; per queste notizie

si vedano le memorie storiche del regno di Carlo Emanuele III in ASTO, Corte, Materie politiche per

rapporto all’interno, Storia della real casa, Storie particolari, m. 25, fasc. 3, Memorie istoriche del

regno di Carlo Emanuele terzo duca di Savoia, e primo di questo nome re di Sardegna, 1768, fol. 66.

Sulla redazione delle memorie del vecchio sovrano, scritte dall’abate Pasini, si veda RICUPERATI, Lo

Stato sabaudo, cit., pp. 136-144.

40 ASTO, Sezioni riunite, Prima Archiviazione, Feudi e giurisdizioni, mazzo 6, n. 2, Notizie delli

cassinali, e terre del Piemonte da infeudarsi…, 1734.

41 ASTO, Corte, Paesi, Susa, Provincia di Susa, Valli di Oulx e Bardonneche, Susa, m. 6, n. 12, Pareri

del procuratore generale Maistre, et dell’avvocato generale Dani sul ricorso delle comunità delle Valli d’Oulx, Cesana, e Val Chisone a S.M., ad’ effetto d’ottenere la confermazione de’ loro privilegi portati dall’instrumento 29 maggio 1343, e confermati da diversi re di Francia, come altresì per ottenere qualche provvidenza contro li feudatari di Fenils, Usseaux, e Mean, i quali in virtù delle infeudazioni

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delle valli erano pertanto ricorsi alla corona, preoccupati che le infeudazioni potessero pregiudicare i diritti spettanti alle comunità, sulla base delle prerogative espresse dalla carta di franchigie: «les seigneurs des dits lieux, pretendent s’attribuer plusieurs droits, et devoirs seigneuriaux qui appartiennent aux dittes communautes en suite des acquisitions qu’ils en ont fait par acte du 29e may 1343».

I supplicanti ricordavano che la transazione con il delfino Umberto II aveva riguardato concessioni in diversi campi della propria vita economica, sociale e politica, ma soprattutto avevano ricevuto il diritto al possesso di feudi, retrofeudi e proprietà nobili42. In cambio ricordavano di aver pagato 12000 fiorini al delfino, mentre nella situazione presente versavano alle regie finanze un canone corrispondente ad un terzo dei 4 mila ducati, in proporzione della quota di Delfinato passata sotto la sovranità sabauda, ovvero 1333 ducati, e concorrevano alle contribuzioni della taglia reale; la correttezza fiscale doveva quindi sottolineare la buona accettazione del cambio di sovranità; era peraltro vero che le valli avevano consegnato gli atti comprovanti le carte di franchigia a seguito dell’editto del 16 aprile 1734. Sottolineavano infine che avevano avuto un solo giudice per tutte le valli, e che i signori, entrando in possesso di diverse giurisdizioni, erano intenzionati ad introdurne per ogni feudo, con un aumento non irrilevante delle spese di giustizia. Era peraltro noto che nello scambio del trattato di Utrecht, si era stabilito che «les pays reciproquement ceddés [sic] seroyent tenus et possedes, avec les mesmes usages, et droits, dont ils joüissent avant ledit eschange», ed in fondo sul versante francese la valle di Barcellonetta aveva già ricevuto conferme del re Luigi XV nel 1716.

A fronte di queste richieste, il procuratore generale Maistre non credeva che le franchigie, ad un’attenta lettura, entrassero in contrasto al diritto di nuove infeudazioni del mero e misto impero, primo e secondo grado di giudizio, e della possibilità di deputare giudici, fiscali, segretari, campari «ed altri inservienti alla

ultimamente rapportate dalla M.V. pretendono attribuirsi diversi diritti signorili, contro li privilegi d’esse comunità, 1736–1737, cit.

42 «par le mesme acte les habitans du dit païs ont esté habilites de clarés capables a posseder tous

fiefs, et arriere fiefs, biens et heritages nobles tant en general, qu’en paricullier, et leur a permis de faire des leveés de deniers sur eux faire des impositions, et permis de s’asembler pour leurs affaires communes, quand il c’eroit necessaire».