Dalla storiografia alla ricerca archivistica: il Brianzonese nel regno di Francia
4. Delfinato e Brianzonese nella prima età moderna
4.1.1 Villes e communautés
«Qu’est-ce que une ville»? La domanda non deve essere apparsa inopportuna a chi ha studiato in modo approfondito il Delfinato in età moderna, cercando di individuare su quali basi storiche si possano definire le villes, e cosa le distingueva dalle communautés1. Il lavoro di Favier si è posto nel solco della prospettiva storiografica impostata dal gruppo internazionale di storia urbana che presentò i suoi lavori al settimo convegno internazionale di Edimburgo, nel 1978, a cui seguirono una serie di ricerche, individuali o collettive, che prendendo a riferimento differenti regioni della Francia, ponevano quale filo conduttore il problema delle villes come centri di organizzazione territoriale2. Molteplici incontri, organizzati dal Centre d’études Urbaines de Bordeaux e dal Groupe
international d’histoire urbaine, si susseguirono, orientandosi verso lo studio delle
petits villes3. In questo filone, per la presenza di insediamenti di montagna e per il
persistente stato di frontiera, sono di un certo interesse gli studi sul Delfinato. Nella regione, recenti ricerche hanno sottolineato che in età moderna sussisteva una certa indeterminatezza nella definizione delle villes; non erano le carte di libertà a stabilire tale status, in quanto molte comunità avevano ricevuto franchigie, come quelle del Brianzonese nel 1343. Favier sostiene che lo status di
ville derivava da una tradizione storica, nei secoli conferita a dieci località
considerate le più importanti: Grenoble, capitale provinciale, Vienne, Romans, Valence, Montélimar, Gap, Dye, Crest, Embrun e Briançon. Lo status, secondo l’intendente Bouchu, derivava dal possesso del diritto di inviare propri deputati alle assemblee degli stati provinciali4; nel 1754, al di fuori di queste villes, gli altri
1 R.FAVIER, Les villes du Dauphinéaux XVIIe et XVIIIe siècles, Grenoble, Presses Universitaires de
Grenoble, 1993, pp. 15 sgg.
2 L.BERGERON,J.-C.PERROT,M.RONCAYOLO, Définition de la ville et profils d’urbanisation en France
(vers 1710 et vers 1810), in M. Flinn (ed.), Proceedings of the seventh International Economic History Congress, 1, Edinburgh, 1978, pp 83-89.
3 J. –P. POUSSOU,PH.LOUPÈS (sous la direction de), Les petites villes du Moyen Age à nos jours, Paris,
éd. du CNRS, 1987.
4 Come sostenuto da una memoria della fine del Seicento, di probabile mano del Bouchu; cfr.
Archives Départmentales de l’Isère (d’ora in poi ADI), Serie J, Pièces isolées, 1J703, , Memoire de la
Capitolo 4 - Delfinato e Brianzonese nella prima età moderna
50
insediamenti si dovevano considerare «comme de gros bourgs, parce que, dans le temps des Etats, il n’y avoit que les deputés des dix villes qui eussent le droit d’y avoir rang». Questa tipicità non si riscontrava soltanto nel Delfinato, ma era diffusa, con situazioni comparabili, in numerose province francesi5. Un’altra caratteristica saliente che colpiva gli osservatori, molto spesso intendenti, era data dalle funzioni amministrative e politiche che qualificavano la ville. Per Guy Allard (1635-1716), storico del Delfinato a cui si devono molte delle raccolte di documenti conservati presso la Bibliothèque municipale di Grenoble, la differenza tra due luoghi come Saint-Marcellin, poco ad ovest di Grenoble, e Saint-Paul-Trois Châteaux, risiedeva nella presenza di un governatore e di una sede di baliaggio per il primo, che veniva definito una ville, mentre il secondo non era che una petite
ville con vescovado6. Grenoble ospitava il Parlamento del Delfinato, ma aveva
anche una Camera dei conti ed era sede intendentizia. Le funzioni istituzionali, religiose e militari rappresentavano un indice di differenziazione rispetto ai restanti luoghi. Ma se da un lato gli osservatori antichi non mettevano in discussione lo status delle dix villes, dall’altro il loro numero poteva diventare più variabile, a seconda di chi ne segnalasse la qualificazione. Ad esempio Jean de Beins sosteneva che vi erano 21-23 località, e tra queste Oulx, sede di castellania e capoluogo di mandamento, mentre Labbé ne contava 20, tra cui Exilles, sede di castellania. Ad un livello minore, si ponevano le petits villes e i bourgs. Per Guy Allard, oltre a 14 villes vi erano 45 bourgs, mentre secondo una memoria anonima di fine Seicento tra i bourgs se ne distinguevano 30 di particolare rilevanza7. Si trattava di qualificazioni variabili, sottese alla sensibilità dell’osservatore. L’unico dato certo, che non fu messo in discussione, era dato dalla titolarità delle dieci località più importanti, di cui Grenoble era capitale provinciale.
Non meno problematica è la definizione che si può assegnare al concetto di
communauté. Soprattutto, su quali basi adottare questo il medesimo lemma in area
alpina, nell’economia di un lavoro come questo? Fabrice Mouthon ha cercato di
5 B.CHEVALIER, Les bonnes villes de France du XIVe au XVIe siècle, Paris, Aubier, 1982.
6 G. ALLARD, Dictionnaire historique, chronologique, géographique, généalogique, héraldique,
juridique, politique et botanographique du Dauphiné, Publié pour la première fois et d'après le
manuscrit original par H. Gariel, Grenoble, Imprimerie Edouard Allier, 1864.
Capitolo 4 - Delfinato e Brianzonese nella prima età moderna
51
rispondere ad una domanda simile, ponendo in primo luogo la questione della diversità sul piano del condizionamento ambientale, che imponeva specificità strutturali anche all’interno della stessa catena montuosa: altitudine, esposizione solare, posizionamento8. Ma studi recenti hanno rimesso in discussione l’approccio tradizionale al concetto di comunità. Le critiche al “funzionalismo” hanno fatto emergere nuove prospettive, in particolare da parte dell’antropologia storica9. Queste ricerche pongono allo studioso il problema del modo in cui le fonti consentono di «esprimere e raffigurare lo spazio politico locale in termini di comunità»10; la copiosa documentazione conservata negli archivi comunali piemontesi permette anche di intraprendere un altro percorso, capace di rappresentare lo spazio locale in termini di frammentazione e policentrismo, dove i villaggi non sono costituiti da unità compatte, bensì da microinsediamenti e frazioni di gruppi parentali o vicinati attivi sul piano rituale; il comune rurale sarebbe dunque un associazione territoriale formata da diversi insediamenti, dove
il nesso tra la residenza e l’accesso alle risorse non esaurisce ovviamente la questione dell’appartenenza comunitaria. Le istanze politiche locali si esprimono in strutture che non convergono necessariamente nelle forme del comune rurale o del comune di villaggio: il territorio è percorso da diritti e pretese di molti corpi sociali strutturati, la cui proiezione territoriale si connota in modi diversi. Parentele, solidarietà spirituali, borgate, villaggi, comunità di valle: sono realtà profondamente diverse ma che convergono nell’organizzare la vita sociale rurale e nell’incanalare le istanze politiche espresse da questa società. Ciò che soprattutto distingue in modo radicale queste diverse strutture è l’ampiezza e la coesione della loro proiezione territoriale, molto alte ad esempio per le comunità di valle, spesso
molto basse per le parentele11.
Se prendiamo la grande charte concessa nel 1343 dal delfino Umberto II, possiamo notare che l’atto era destinato alle universitates hominum Briançonnensis, ovvero ai villaggi ed alle comunità di parrocchia delle diverse vallate soggette alla
8 F. MOUTHON, Les communautés alpines et l'État (milieu XIIIe-début XVIe siècle), in Actes des
congrès de la Société des historiens médiévistes de l'enseignement supérieur public, 34e congrès,
Chambéry, 2003. pp. 151-178.
9 G.DELILLE, Famiglia e comunità nel Regno di Napoli, Torino, Einaudi, 1988; E.GRENDI, In altri
termini. Etnografia e storia di una società di antico regime, a cura di O. Raggio e A. Torre, Milano,
Feltrinelli, 2004; LEVI, L’eredità immateriale, cit.
10 Si veda l’introduzione al volume di BORDONE,GUGLIELMOTTI,LOMBARDINI,TORRE (a cura di), Lo
spazio politico locale, cit.
11 L.PROVERO, Le comunità rurali nel medioevo: qualche prospettiva, in Bordone, Guglielmotti, Lombardini, Torre, Lo spazio politico locale, cit., pp. 335-340.
Capitolo 4 - Delfinato e Brianzonese nella prima età moderna
52
giurisdizione del balliaggio di Briançon. In una memoria militare dei primi anni del Settecento l’identificazione della comunità brianzonese con una data parrocchia era ancora radicata: «Toutes ces communautés sont paroisses»12. Se poi utilizziamo la memoria del Delfinato degli ultimi anni del Seicento, di probabile mano dell’intendente Bouchu, i riferimenti a villes, bourgs, e villages13, restringono il campo delle distinzioni a caratteristiche di tipo amministrativo ed istituzionale, che non tengono conto della granulosità sociale, rituale, religiosa di una comunità di uomini e parentele che potrebbero emergere solo da specifiche ricerche microstoriche. Se dunque la storiografia ha continuato a ricordare che la complessità dei luoghi non può essere semplificata da una visione meramente monocromatica14, spesso derivante dal ricorso a tipologie di fonti che descrivono gli oggetti della ricerca da una luce esterna al luogo stesso, dall’altro si rende necessaria una definizione di communauté che possa in qualche modo rappresentare, nel modo più chiaro possibile, un concetto che ricorrerà molto spesso lungo il corso di questo lavoro.
Le fonti consultate, di natura essenzialmente amministrativa e giurisdizionale, sono state prodotte da diversi apparati istituzionali, dagli uffici periferici di governo del regno di Francia e degli Stati sabaudi fino agli enti locali, nonché dagli escartons, vere e proprie istituzioni riconosciute dai poteri superiori, che coodinavano le comunità di valle attraverso la partecipazione di proprie rappresentanze politiche; le comunità esposte in questo lavoro erano dunque delle unità giurisdizionali in rapporto o ai poteri dello Stato, o alle assemblee degli escartons. I differenti interlocutori con cui dialogavano, intendenti, governatori, giudici del Parlamento, del balliaggio e dell’elezione, ragionavano ricorrendo al termine di comunità per identificare un ente con una giurisdizione esercitata su un determinato territorio in rapporto con altri soggetti giurisdizionali, capace di imporre una fiscalità riconosciuto e riconoscibile rispetto ai poteri dello Stato. Ma la complessità delle comunità alpine emerge anche dalle fonti istituzionali; ad
12 BMG, R 5919, Mémoire et description particuliere du Briançonnois. Comme aussi des vallées de
Barcellonette, de St. Martin et de Perouze qui appartienneit a present au roy, 1708, [a lato] Blottière ingenieur ordinaire du roi.
13 ADI, Serie J, Pièces isolées, Memoire de la province du Dauphiné ,1J703, cit.
Capitolo 4 - Delfinato e Brianzonese nella prima età moderna
53
esempio, per il calcolo delle quote di taglia reale da assegnare, si utilizzava il numero dei feux, che in lingua italiana potrebbero essere tradotti con “fuochi”; pur accettando la lezione, si deve prestare attenzione a non cadere nell’errore di assimilare il fuoco ad una famiglia; è invece più probabile che il feu, nella ripartizione dei carichi comunitari, fosse un metro di misurazione che no divideva la comunità per “teste” o per famiglie, ma su una base diversa, di tipo insediativo o topografico.