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Differenti strategie per differenti stil

Il valore formativo degli experiential learning

3. Differenti strategie per differenti stil

Non esiste una strategia di insegnamento che possa essere accreditata come la migliore. Differenti infatti sono gli stili di apprendimento che caratterizzano le persone, e conseguentemente differenti dovrebbero essere le strategie che vengono messe in atto in un ambiente di apprendimento. Una teoria che può essere tacciata di eccessivo schematismo, ma che può essere utile per costruire una visione adeguatamente articolata delle differenze negli stili di apprendi- mento, si ricollega al modello di Kolb (1984), secondo il quale l’estrema varietà e originalità dei modi di apprendere si collocano fra le seguenti due polarità: stare nella concretezza e mirare all’astrazione, osservare e sperimentare. Te- nendo conto di questa visione, il docente competente si qualifica come colui che diversifica le strategie didattiche in modo da rendere accessibili alla classe i metodi che meglio rispondono alle caratteristiche dei diversi modi di appren- dimento in essa rinvenibili.

Nel concepire un contesto di apprendimento diversificato, può essere di uti- lità il Learning Style Inventory (LSI), che codifica quattro stili di apprendi- mento in base al modo di costruire la conoscenza: divergente, assimilativo, con- vergente e adattivo. Il divergente preferisce i metodi di apprendimento che si legano all’esperienza e che implicano una osservazione riflessiva; mostra inte- ressi culturali ampi ed è interessato al confronto con gli altri. I divergenti sono

definiti feeling oriented: preferiscono contesti di apprendimento che invitano a considerare i problemi da differenti punti di vista, che mirano a fare generare nuove idee. La loro forza risiede nella capacità immaginativa che possiedono e nella consapevolezza che dimostrano nei confronti dei diversi universi di signi- ficati e valoriali (Kolb, 1984; Geiger, Boyle, Pinto, 1992; Kolb, Boyatzis, Mai- nemelis, 1999).

Anche coloro che possiedono uno stile adattativo preferiscono un’acquisi- zione di conoscenza basata sull’esperienza diretta: l’adattativo preferisce pro- gettare ed essere coinvolti in esperienze sfidanti, ma, a differenza del diver- gente, lo stile adattivo si affida all’intuizione piuttosto che all’analisi formale dei problemi. Nel cercare le informazioni utili alla soluzione di un problema, gli adattativi cercano il confronto diretto con gli altri piuttosto che affidarsi ad un’analisi solipsistica. Si adattano facilmente a situazioni complesse e sono di- sposti ad assumersi dei rischi, inoltre sanno modificare il loro comportamento per adattarsi al cambiamento delle circostanze; sono solitamente a loro agio con le persone anche se talvolta possono essere impazienti (Kolb, 1984; Geiger, Boyle, Pinto, 1992; Kolb, Boyatzis, Mainemelis, 1999).

Coloro che possiedono invece uno stile “assimilativo” preferiscono un ap- proccio ai problemi che, a partire dall’accesso a molte informazioni, arrivi quanto prima al livello di elaborazioni di concetti generali. L’assimilativo si trova in una situazione favorevole quando ha a disposizione un numero elevato di informazioni da processare, per giungere a elaborare la conoscenza attra- verso un processo induttivo. Sono meno interessati alle persone e più ai concetti astratti e alle idee: allo stile assimilativo viene attribuita la tendenza a cercare teorie formalmente coerenti piuttosto che azioni dal valore pratico (Kolb, 1984; Geiger, Boyle, Pinto, 1992; Kolb, Boyatzis, Mainemelis, 1999).

Infine lo stile convergente si avvicina alla conoscenza attraverso la concet- tualizzazione astratta, tuttavia riesce a radicare i contenuti di tale astrazione at- traverso una sperimentazione attiva. Il convergente preferisce avere a che fare con questioni tecniche o con problemi aperti piuttosto che affrontare tematiche che chiamano in causa la dimensione sociale o interpersonale. La loro forza risiede nella loro capacità di problem-solving e decision-making, che essi rie- scono agevolmente a calare in un contesto pratico (Kolb, 1984; Geiger, Boyle, Pinto, 1992; Kolb, Boyatzis, Mainemelis, 1999).

La consapevolezza dell’esistenza di diversi stili di apprendimento rende chiaro come la scelta di una strategia educativa non possa essere compiuta in modo slegato rispetto alle caratteristiche che emergono dai soggetti in forma- zione. Infatti, se pure è vero che «il compito vitale dell’educazione, nel suo aspetto intellettuale, è quello di coltivare le attitudini del pensiero riflessivo» (Dewey, 1986, p. 147), è altrettanto vero che tale traguardo deve essere rag-

giunto da persone diverse attraverso sentieri diversi. Il rischio, ove tale cam- mino non sia studiato in coerenza con il passo di chi lo percorre o peggio sia eccessivamente “diretto”, è che esso si trasformi semplicemente in «un’altra lezione – qualcosa da attraversare e poi lasciare dietro di sé, come se avesse poco a che fare con la vita reale»3 (Noddings, 2006, p. 33).

Va inoltre sottolineato che il pensiero critico non è esente da rischi: esso può essere esclusivamente finalizzato ad azioni destruens e non construens; può es- sere rivolto esclusivamente all’altro da sé e mai rivolto verso se stessi, oppure può essere utilizzato come uno schermo che mantiene distanti dalle cose, senza un reale e responsabile coinvolgimento. Ecco perché, così come una strategia didattica non è buona “di per sé”, ma solo se è coerente con lo stile di appren- dimento a cui si rivolge, allo stesso modo il pensiero critico, per assumere un ruolo positivo all’interno di un contesto educativo, deve essere finalizzato a insegnare non tanto un “cosa” pensare, ma un “come” pensarlo. Lo scopo di un’educazione al pensiero critico è dunque quella di sostenere la fioritura di una generazione in cui la capacità di ognuno di riflettere in modo equo e rigo- roso su di sé, sulla sensatezza delle proprie azioni, sulle conseguenze delle pro- prie azioni si sostituisca a un indottrinamento acritico e sterile.

La presentazione semplice di alcune delle tipologie di “experiential lear- ning” ha lo scopo di evidenziare come sia possibile differenziare i contesti di apprendimento, in modo da fornire agli studenti la maggiore variazione possi- bile di esperienze didattiche. Un’offerta differenziata consente non solo di creare le condizioni per sviluppare differenti tipologie di competenze, ma allo stesso tempo di offrire a ciascuno la possibilità di trovare un contesto idoneo al proprio stile di apprendimento. A qualificare però un contesto di apprendimento non sono le soluzioni tecniche e organizzative, ma il tipo di competenze che cerca di sviluppare; in ogni livello di formazione ma soprattutto nella higher education è importante che gli studenti siano inviati a sviluppare quella che viene definita la competenza riflessiva, cioè la capacità di pensare non solo a quello che si fa ma anche ai pensieri che accompagnano il nostro agire. Quando la postura riflessiva è coltivata in un contesto di “service learning” dove lo stu- dente è chiamato a impegnarsi a favore della comunità, allora la formazione contribuisce allo sviluppo di quella che viene definita competenza di cittadi- nanza, che consiste nel portare il proprio contributo alla qualità della vita della comunità di cui si è parte. In un momento storico in cui la passione per la de- mocrazia, l’impegno per il miglioramento della qualità della vita pubblica sono in crisi è essenziale che le istituzioni formative rimettano al centro l’educazione alla partecipazione responsabile alla vita democratica.

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