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La rappresentazione dell’infanzia, come mosaico scienti fico

Nuove metodologie e linee plurali di ricerca e di interpretazione

4. La rappresentazione dell’infanzia, come mosaico scienti fico

La storia dell’infanzia inizia ormai ad essere anche una storiografia, che ha come carattere di fondo una forte interdisciplinarietà e multidisciplinarietà, uni- tamente al senso di una perenne incompiutezza. Il genere rappresenta un ambito ancora poco analizzato. Se poco si sa dei maschietti, ancor meno si conosce dell’educazione e dei saperi formativi destinati alle femminucce, imbrigliate e costrette nelle pratiche educative che precocemente ne hanno codificato e ne definiscono la collocazione di subalternità sociale e sessuale (Ulivieri, 1999). Alle bambine è stata a lungo diretta una precisa “pedagogia dell’ignoranza”, tendente a togliere loro la parola, la riflessione ed anche l’immaginazione. I saperi a loro riservati sono stati quelli ornamentali delle classi più abbienti (la conoscenza delle lingue straniere, la musica, il ballo, la conversazione), e quelli della domesticità (saper tenere in regola una casa e conoscere l’economia do- mestica) per le figlie dei più poveri, non esitando le famiglie a venderne il corpo, avviandole alla prostituzione, in caso di bisogno economico. Le infor- mazioni sui bambini delle classi proletarie e sottoproletarie, poi, sono poche e in Italia bisogna ritornare al bel saggio già citato di Bertoni Jovine per parlare di infanzia sfruttata nel Mezzogiorno d’Italia. Nuto Revelli (1985) ha raccolto molte informazioni sullo sfruttamento dei minori nelle campagne, attraverso le interviste condotte in Piemonte, nelle Langhe. Da Cristo si è fermato a Eboli (1945) di Carlo Levi a Padre Padrone. L’educazione di un pastore (1975) di Gavino Ledda, tante poi sono le suggestioni/informazioni che molte autobio- grafie ci rimandano.

La storia dell’infanzia insomma si muove oggi nella piena consapevolezza della sostanza ondivaga, aporetica del suo oggetto. Ma ha presente, forse in

misura più intensa e più impegnata di altre tematiche della storiografia storico- educativa di oggi, una sua accreditata competenza scientifica e umana. In que- sto senso, come luogo di rischiaramento di un passato difficile – «un incubo da cui appena oggi iniziamo a destarci», la definisce De Mause – può forse lenire, col suo lungo racconto di negazioni e oggettivazioni, le contraddizioni e le mi- serie del presente, costituendosi come estremo luogo critico di conoscenza, in cui raccogliere le ragioni non viste e negate, i silenzi spesso complici, le solitu- dini tristi dei bambini e delle bambine. La storia dell’infanzia, come luogo di arricchimento e accrescimento di consapevolezza critica, può aiutare a modifi- care i comportamenti, a stimolare l’autoriflessività dei saperi che comunque attraversano il mondo infantile, avviando insomma una nuova definizione della “Pedagogia dell’infanzia”, attraverso un’etica dell’agire educativo e del legife- rare pubblico nei riguardi della “età bambina”.

Si sta costruendo un nuovo paesaggio che per quanto parziale è enorme, rispetto alla carenza di studi specifici di sessanta anni fa. Si tratta di un grande mosaico con tante tessere che probabilmente non sarà mai completo; tuttavia è forte la consapevolezza che questa nuova ricerca storiografica e pedagogica sull’infanzia è in cammino, che molto ha prodotto, e che ancora sta cercando altri itinerari, altre informazioni, altre suggestioni, altri contributi...

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