L’autoconsapevolezza emozionale e cognitiva
3. Tra paradosso e progetto
L’educazione non è finita (Demetrio, 2009), ma è vero che viviamo dentro a un paradosso: in una società caratterizzata da frammentazione, omologazione, dispersione e spreco di risorse ambientali e umane e cionostante inseguiamo l’idea-limite di creare una rete dotata di intenzionalità formativa, così come teo- rizzato a partire dagli anni Ottanta e Novanta del Novecento (Frabboni, Pagliar- dini, Tassinari, 1990; Frabboni, Guerra, 1991)4, riconoscendo il bambino nella
sua unicità: non solo come scolaro/allievo, figlio/a, allenato da. Il progetto di una rete che connetta il sistema formativo di un territorio/comunitá si basa sull’as-
4 Alcuni studiosi, come Vincenzo Cesareo (1990) hanno preferito definirlo sistema formativo
allargato o anche sistema formativo policentrico (sottolineando l’evoluzione complessa e diffi- cile, la pluralità e articolazione delle agenzie e opportunità formative, quindi una struttura per certi versi precaria e in transizione). Altri, come Franco Frabboni (1990, 1991), hanno preferito definirlo e progettarlo come sistema formativo integrato, basato su una progettualità pedagogica in cui ogni agenzia formativa conserva e rafforza la propria specificità, ma nel contempo entra a far parte di una rete sistematica di rapporti più o meno strutturati e formalizzati con altre agenzie. Al centro del progetto di un sistema formativo integrato è il compito e la responsabilità di pro- muovere il collegamento delle differenti risorse per realizzare una costruttiva continuità forma- tiva tra scuola-famiglia/e-enti locali-associazionismo-istituzioni culturali, nella consapevolezza che laddove i traguardi della scuola sono elevati, si crea la domanda di un sistema non formale più forte, e viceversa. In altre parole, l’ipotesi/progetto di un sistema formativo integrato gioca su un doppio tavolo: sul piano istituzionale persegue un’alleanza pedagogica tra le agenzie «isti- tuzionalmente» formative; sul piano culturale persegue la connessione dei differenti luoghi/con- testi dell’educazione, evitando sovrapposizioni e rispettando le rispettive specificità.
sunto di una responsabilità congiunta da parte di differenti soggetti intenzional- mente formativi (scuola, famiglia/e, chiesa/e, associazioni, ecc.) ciascuno con il proprio ruolo.
Tendiamo a idealizzare il concetto di sistema e/o di rete nella speranza di poter controllare l’incertezza e l’insicurezza che dominano le nostre vite e la nostra società. Ma, come scrive Maria Grazie Riva in questo stesso volume: le reti, di per sé, possono espandersi o implodere, essere centrifughe e portare alla disper- sione. E allora, in che modo l’educazione permanente, riletta attraverso un sguardo pedagogico critico (e clinico) può aiutare le persone e le comunità a stare bene? E soprattutto, come valorizzare la dimensione del Lifedeep learning «per comprendere le ragioni profonde, latenti, implicite e anche inconsce sia delle di- namiche educative e apprenditive dei soggetti sia di quelle – a esse strettamente intrecciate – del sistema che, nel bene e nel male, le ricomprende al tempo stesso in cui ne è alimentato»? (Riva, 2016, pp. 214-215). Di fronte a tale e tanta com- plessità e problematicità, crediamo che serva portare al centro le energie e le ri- sorse, il che significa attenzione ai processi, alla capacità di connettere, di raffor- zare i nodi della rete. E crediamo di poter rispondere, con l’Autrice citata, che la pedagogia dispone di uno specifico potere pedagogico: quello di costruire conte- sti, attraverso dispositivi che permettano che «qualcosa di esperienzialmente si- gnificativo possa accadere» (ivi, p. 214) avendo il progetto di formare non solo il produttore/consumatore ma anche il cittadino (Baldacci, 2016) e sapendo che an- che l’educazione alla cittadinanza s’impara esercitandola fin dalle prime età della vita nella/e famiglia/e, nelle classi scolastiche, nei gruppi associativi e, più in ge- nerale nei contesti intenzionalmente formativi della comunità a cui si appartiene.
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