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Nidi e infanzia: ricerca pedagogica, educabilità e qualità

3. Il fiore dell’educabilità

Quale che sia la direzione assunta dalla spinta condivisa verso un ideale di qualità nei servizi per la prima infanzia, la negoziazione dell’equilibrio mezzi- fini dovrebbe osservare come criterio regolativo la complessiva (ri)definizione dell’identità culturale e progettuale di un luogo connotato essenzialmente come educativo, al fine di evitare la polverizzazione di iniziative rispondenti a istanze accidentali o la partecipazione acritica a tendenze metodologiche occasionali e decontestualizzate, che, nel confondere la parte per il tutto, offrono scorciatoie generatrici di una qualità illusoria o fuorviante. Così, un agrinido o un nido nel bosco non coincide con un’azienda agricola o un sito in cui compiere esperienze di natura, uno spazio-famiglia non è un parco giochi al coperto, un nido sonoro non è una struttura pre-accademica per coltivare competenze musicali precoci, una garderie bilingue non è un luogo di pratiche di immersione linguistica. La valorizzazione delle specificità passa, bensì, attraverso la loro integrazione ar- moniosa e coerente nel progetto pedagogico del servizio che diviene così l’unità basilare di riferimento per la costruzione di identità e la valutazione della qua- lità (Becchi, Bondioli, Ferrari, 1997).

Ora, il tratto identitario per eccellenza che fonda e legittima ogni scelta pe- dagogica è il principio di educabilità, fulcro primario della mediazione teoria- prassi.

L’educabilità di tutti e di ciascuno, senza condizioni né pregiudizi, rappre- senta, in quanto principio, la sfida etica più alta alla responsabilità adulta verso l’infanzia (Meirieu, 1995). Al tempo stesso, sul piano della sua concreta tradu- zione pedagogico-didattica, costituisce un precipitato della trama storico-cultu- rale di valori, idee di bambino e del suo sviluppo, sistemi di credenze che com- pone e configura, spesso in modo implicito e contraddittorio, il ventaglio di decisioni educative che ne orienta la progettualità. Infatti, la complessità dei fenomeni educativi non consente di adottare un impianto deduttivo, con l’indi- viduazione di un sistema assiomatico nel quale da una serie di postulati discen- dono necessariamente precise proposizioni operative: il principio di educabilità non può essere “applicato”, ma esige di essere interpretato. La dimensione cri- tico-ermeneutica risulta, così, il baricentro della triangolazione teoria-prassi- teoria e incorpora genuinamente quell’intreccio di incertezza, provvisorietà, creatività, dinamismo evolutivo che rende unici i fatti e i fenomeni educativi, ma che rischia, peraltro, di disorientare gli attori impegnati in processi di im- plementazione della qualità. La ricerca pedagogica, almeno per quanto attiene alla particolare funzione di produrre modelli di intelligibilità dei fatti educativi

(Crahay, 2002)10, svolge allora un ruolo cruciale nel sostenere la costruzione di

significati fra coloro che a vario titolo operano per assicurare qualità, mettendo a disposizione parametri di congruenza epistemologica, pertinenza concettuale, compatibilità metodologico-procedurale, accompagnando percorsi non prede- finiti e partecipati che conducano, di volta in volta, a interpretazioni attendibili. Le insidie di una declinazione riduttiva o parziale del principio di educabilità si manifestano, infatti, frequentemente, sotto forma di deroghe, limitazioni, so- spensioni, eccezioni connesse a caratteristiche, strutturali o contingenti, dei de- stinatari, dei responsabili, dei mediatori, delle sedi, dell’organizzazione, dell’azione educativa. In questi casi, la fallacia risiede nella subordinazione della progettualità a modelli deterministici, nel primato della razionalità tecnica sulla razionalità riflessiva (Clarke, 1995; Mortari, 2003), o, ancora, nel dominio di una logica di adattamento a scapito di una logica di compatibilità. Nel quadro vivace e plurale delle attuali trasformazioni dei servizi per la prima infanzia, rendere intelligibile la realtà educativa alla luce del principio di educabilità può sostenere il perseguimento della qualità in un’ottica identitaria che accoglie, valorizza e mette a confronto in una prospettiva evolutiva la storia, le aspira- zioni, le teorie implicite, i modelli espliciti, le pratiche, le risorse e i vincoli di situazione di una particolare struttura.

Fra le opzioni metodologiche indirizzate all’accrescimento dell’intelligibi- lità, il ricorso a modelli è una prassi feconda, che consente una molteplicità di livelli di analisi e offre la possibilità di avviare processi mirati di contestualiz- zazione-decontestualizzazione-ricontestualizzazione del dato educativo. Pro- poniamo qui un modello che, a partire da una postura costruttivista-situazionale, nell’ambito di un’elaborazione partecipata, ecologica, “dal basso”, non norma- tiva della qualità, può rappresentare una chiave di lettura concettuale del pro- getto pedagogico presente o futuro di un servizio, suscettibile di indurre una regolazione consapevole di processi decisionali e soluzioni innovative. Ripren- dendo la definizione di Bertin, un modello è «lo schema concettuale secondo cui possono essere connessi ed ordinati i vari aspetti della vita educativa in rap- porto ad un principio teleologico che ne assicuri coerenza ed organicità»11 . Nel

nostro caso, il principio di educabilità è il cuore del modello che abbiamo scelto di denominare “fiore dell’educabilità” (Figura 2).

10 «Plus réalistement et, sans doute, plus modestement, nous assignons à la recherche en éduca-

tion l’objectif d’élaborer des modèles d’intelligibilité et de les soumettre à l’épreuve de la véri- fication des faits (empiriques et/ou historiques)» Crahay M. (2002), La recherche en éducation: une entreprise d’intelligibilité de faits et de représentations ancrés dans l’histoire sociale, in Leu- tenegger F., Saada Robert M. (Eds, 2002), Expliquer et comprendre en Sciences de l’Education, De Boeck Supérieur, Bruxelles, pp. 253-273, p. 270.

Figura 2 – Il fiore dell’educabilità

L’immagine del fiore, «la parte più bella e appariscente della pianta, che contiene gli apparati della riproduzione»12 sembra adatta a restituire la genera-

tività e la preziosa dignità del principio di educabilità, come pure la sua impal- pabile delicatezza, che invoca cura: una cura pedagogica, innanzitutto, attra- verso un impegno costante e vigile dedicato a preservarne l’universalità, espres- sione della direzione utopica e della logica del possibile che presiedono a ogni gesto schiettamente educativo.

Il fiore è stato elaborato idealmente attraverso sei concetti-chiave, scelti per la loro significativa complementarietà nel concorrere a produrre educabilità: partecipazione, accoglienza, innovazione, qualità, equità, intenzionalità si in- tersecano reciprocamente e convergono nel principio di educabilità che ne porta a sintesi l’interdipendenza. La scelta non ha pretese di perentorietà né di esau- stività: alcuni “petali” possono essere sostituiti e altri possono essere aggiunti, sia sulla base di una riflessione teorico-fondativa sia a seguito di una procedura

induttiva generativa di significati, per esempio a partire da una ricerca-forma- zione sulla declinazione di senso dell’educabilità in relazione a particolari ser- vizi socio educativi. In ogni caso, ciascuno dei sei concetti-chiave è impregnato di una ricca tradizione pedagogica che ne struttura le fondamenta e ne organizza variamente la gamma di evidenze. La vasta letteratura disponibile non sarà evo- cata in questa sede, per concentrare prioritariamente l’attenzione sulla funzio- nalità del modello rispetto ai dispositivi di miglioramento della qualità dell’ECEC, con l’aiuto di alcuni esempi.

Più precisamente, la riflessione sull’identità culturale e progettuale di un servizio educativo per la prima infanzia a partire da questo modello può pren- dere impulso da almeno tre configurazioni dinamiche.

La prima riguarda i legami espliciti o impliciti fra ciascun concetto-chiave e il principio di educabilità. Un’elaborazione di significati può muovere, per esempio, dalla declinazione del costrutto “partecipazione” rispetto alla comu- nità (ruolo del territorio, delle amministrazioni locali, in termini di reciprocità), alla gestione (coinvolgimento degli attori dell’educazione, dei committenti, dei destinatari, dei portatori di interesse), alle famiglie (promozione del partena- riato, valorizzazione della dimensione informale delle relazioni, sostegno alla genitorialità), alla formazione professionale (tecniche di analisi di bisogni vs. dispositivi che prevedono la formulazione di obiettivi top down), o alla ricerca (scelta di paradigmi di ricerca collaborativa). Successivamente, si può appro- fondire il senso che tali significati acquistano nel contesto del servizio in esame per divenire promotori dei più ampi benefici educativi, da integrare nel progetto pedagogico inteso proprio come «anticipazione di possibilità operative fondate su precisi presupposti esplicitamente declinati» (Becchi, Bondioli, Ferrari, 2002, p. 81). Si intuisce la ricchezza dei percorsi di dialogo teoria-prassi aperti da un simile approccio: la validità delle scelte, delle procedure, delle esperienze è intrinsecamente connessa alle accezioni condivise di concetti e immagini, alla luce di una finalità (Baldacci, 2010), a seguito di una valutazione critica (Becchi, Bondioli, Ferrari, 1997) che ne amplia il campo simbolico e gli scenari operativi.

La seconda configurazione è data dalle combinazioni. I sei concetti-chiave, presi a due a due, danno luogo a quindici combinazioni che rappresentano al- trettante prospettive di indagine delle caratteristiche progettuali di un servizio in relazione al principio di educabilità. Analogamente, si possono considerare le venti combinazioni che scaturiscono da terne concettuali e così via. Per esem- pio, se si esamina il progetto pedagogico di un nido d’infanzia considerando la coppia equità-accoglienza, si può lavorare sul modo in cui si percepiscono, si concepiscono e si trattano le differenze riguardo allo scopo puntuale di far sì che non degenerino in discriminazioni, con l’esplicito intento, dunque, di sal- vaguardare il diritto di tutti al più ampio beneficio educativo, sia in termini di

accessibilità (pari opportunità, eventuali meccanismi di discriminazione posi- tiva) sia rispetto alle opportunità di sviluppo (come parità di acquisizioni, obiet- tivi massimali). L’uguaglianza nella differenza esprime, infatti, istanze di giu- stizia (Rawls, 1971) ma anche di riconoscimento dell’irriducibile unicità, alte- rità e ulteriorità di ogni singolo individuo (Paparella, 2005) che potrebbero in- scriversi in campi semantici o esperienziali disomogenei oppure rimandare a particolari rappresentazioni sociali più o meno consistenti dal punto di vista pedagogico. Tali istanze potrebbero risultare, inizialmente, separate o indipen- denti: il nesso che si determina nel momento in cui entra in gioco l’educabilità dispiega non soltanto nuovi significati da condividere ma anche nuovi assetti progettuali. Pensare la categoria della differenza in termini congiunti di equità

– accoglienza per assicurare educabilità previene facili semplificazioni, impe-

disce l’instaurarsi di comuni soluzioni “a somma zero”, come, per esempio, l’impoverimento degli obiettivi a fronte di un aumento dell’accessibilità: l’uti- lizzo del modello rende evidente la discrepanza che una scelta siffatta introduce nella combinazione equità-accoglienza con riferimento al principio di educabi- lità, stimolando così la ricerca di opzioni alternative.

La terza configurazione si articola intorno agli assi tematici. I concetti di- sposti lungo i tre assi radiali del fiore offrono una lettura rispettivamente rela- zionale (partecipazione-accoglienza), etica (equità-innovazione), programma- tica (intenzionalità-qualità) dell’educabilità. Per esempio, un’elaborazione di criteri di qualità risolutamente contestuale (quindi: né precedente né succes- siva) all’attività deliberativa e progettuale aiuta a collocare su di un continuum programmatico un ideale educativo dichiarato e la sua realizzazione, depoten- ziando a priori ogni meccanismo di spostamento di responsabilità derivante dalla scissione, concettuale o pragmatica, dell’intenzione dall’azione. Inoltre, la riflessione sulla qualità si arricchisce in tal caso di una dimensione di empo-

werment che sostiene la motivazione e promuove la crescita professionale at-

traverso un’esplicita assunzione di responsabilità, il cui criterio regolativo è il principio di educabilità.

Le tre configurazioni, vale a dire i legami semplici, le combinazioni, gli assi tematici, possono essere adottate per favorire la costruzione partecipata di si- gnificati da sottoporre a verifica, per esempio nell’ambito di percorsi di ricerca- intervento-formazione in cui il partenariato fra operatori e ricercatori estende il campo di sviluppo di saperi, risorse e competenze (Desgagné & Bednarz, 2005; Stoloff & Beaudoin, 2012) che favoriscono una risposta sempre più articolata e pertinente alla necessaria attuazione del principio di educabilità per la prima infanzia. È il caso di un progetto di ricerca-azione svolto in Valle d’Aosta, co- struito a partire dall’esigenza di rendere pedagogicamente sostenibile la com- presenza di più servizi educativi – spazio gioco, centro famiglie, asilo nido tra-

dizionale – in un ambiente polifunzionale contraddistinto da flessibilità orga- nizzativa13. Nello specifico, il ricorso agli assi tematici del fiore ha permesso di

delucidare, enucleare e inquadrare concettualmente significati nella sfera rela- zionale, per giungere all’elaborazione di un modello di ambientamento e tran- sizione famiglia-servizio coerente sia con la complessità delle nuove condizioni organizzative sia con la connotazione educativa della struttura.

4. Conclusioni

Un complesso di rilevanti trasformazioni culturali, economiche e sociali at- traversa attualmente l’educazione e cura dell’infanzia, e associa a istanze tal- volta contraddittorie (come l’aumento dei servizi e la contrazione delle risorse, o l’esigenza di elevate qualifiche per il personale educativo e il ridimensiona- mento delle condizioni di esercizio della professionalità, oppure l’espansione della categoria dei portatori di interesse e l’accentramento decisionale su base economica) una crescente consapevolezza del suo ormai inconfutabile valore per la comunità nel suo insieme.

Ora, il dinamismo che si riscontra nel proliferare di spinte innovative genera qualità nella misura in cui imprime sviluppo all’identità pedagogica del servizio ispirata e guidata dal principio di educabilità. Fissare obiettivi, criteri e modalità di monitoraggio e regolazione della qualità; progettare l’offerta formativa; so- stenere lo sviluppo professionale e la ricerca educativa; coinvolgere le famiglie e la comunità sono azioni che acquistano rilevanza pedagogica nel momento in cui sono intenzionalmente ed esplicitamente ricondotte alla finalità di rispon- dere alla domanda: “come realizzare l’educabilità di tutti i bambini e le bambine, in quel particolare servizio?”. Per riaffermare questo indirizzo conoscitivo in un contesto culturale che tende talvolta a concentrare gli sforzi su epifenomeni o questioni occasionalmente emergenti, la ricerca pedagogica può mettere a di- sposizione modelli che aiutino a rendere intelligibili le pratiche, i progetti ma anche i valori che li orientano. La maggiore comprensione di fatti e fenomeni educativi così ottenuta si inserisce spontaneamente in un dinamismo evolutivo che genera cambiamento: uno sguardo inedito sulla realtà incoraggia e svela anche originali possibilità di azione su di essa. L’impegno pedagogico a saldare il principio di educabilità ad ognuna di esse può rendere la sfida dell’innova- zione dei servizi per la prima infanzia partecipe di un più vasto disegno di in- clusione e di coesione sociale.

13 Il progetto è stato realizzato nel Sistema ECEC della Valle d’Aosta, che promuove l’amplia-

mento dell’accesso alle strutture educative rivolte alla prima infanzia (0-3 anni) offrendo nuove forme organizzative caratterizzate da flessibilità di accesso e da obiettivi educativi specifici.

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La scuola dell’infanzia nella prospettiva

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