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La rilevanza dell’educazione e cura della prima infanzia

Nidi e infanzia: ricerca pedagogica, educabilità e qualità

1. La rilevanza dell’educazione e cura della prima infanzia

L’attenzione verso i bisogni di crescita, apprendimento e benessere dei bam- bini si esprime oggi, significativamente e in modo integrato, nelle strutture identificate come ECEC, “Educazione e cura della prima infanzia”, rivolte alla fascia 0-6 anni.

L’ECEC come strumento di inclusione, di equità, di lotta alle disugua- glianze e prevenzione dell’insuccesso scolastico compare espressamente in di- verse Comunicazioni della Commissione Europea al Consiglio e al Parlamento Europeo. Per esempio, l’atto intitolato “Efficienza ed Equità nei sistemi europei di istruzione e formazione”1 definisce espressamente l’educazione preprimaria

come «mezzo efficace per creare le basi di ulteriori apprendimenti, prevenendo l’abbandono scolastico, rendendo più equi i risultati ed elaborando i livelli com- plessivi di capacità.». Un’ulteriore Comunicazione, denominata “Educazione e cura della prima infanzia: consentire a tutti i bambini di affacciarsi al mondo di domani nelle condizioni migliori”2, chiarisce che l’investimento sui servizi edu-

cativi per la prima infanzia è un obiettivo strategico di natura politica, econo- mica e sociale: «A questo periodo critico, di grandi opportunità ed al tempo stesso di particolari vulnerabilità, andrebbe dedicata una speciale attenzione per garantire il diritto di tutti i bambini ad un pieno sviluppo del proprio potenziale. Assicurare ad ogni bambino il miglior inizio possibile rappresenta una delle più lungimiranti ed efficaci politiche che un Governo o una amministrazione locale possa adottare».

Tuttavia, malgrado il crescente impegno dell’Unione Europea in materia, la diffusione dei servizi ECEC risulta ancora fortemente differenziata fra gli Stati membri ed è riconducibile a due modelli di offerta: un sistema integrato 0-6 anni, prevalente nei paesi nordici, ad accesso garantito per tutti i bambini e le bambine, affidati a personale educativo dalla qualifica omogenea e affiancato

1 COM (2006) 481 definitivo, 8 settembre 2006. 2 COM (2011) 66 definitivo, 17 febbraio 2011.

da altre figure professionali (come puericultrici o personale ausiliario); un si- stema differenziato per fasce, di norma 0-3 anni e 3-6 anni, solitamente gover- nato da ministeri diversi, con una formazione del personale distinta in base all’età dei destinatari e una condizione di accesso variabile, maggiormente co- perta nel segmento 3-6 anni e tuttora generalmente insufficiente per la fascia 0- 3 anni3. In alcuni Paesi i due modelli coesistono. In ogni caso, nel 2013 la do-

manda di posti nei servizi per la prima infanzia superava ancora ampiamente l’offerta nella maggior parte dei Paesi, come illustrato nella Figura 1.

domanda superiore all’offerta offerta adeguata alla domanda nessun dato disponibile a livello centrale nessun dato disponibile

Figura 1 – Offerta dei servizi per la prima infanzia in relazione alla domanda, rilevata nel 2013. (Fonte: Eurydice-Eurostat 2014)4

Se si considera la situazione italiana, nonostante un consistente incremento complessivo di circa sette punti percentuali nell’ultimo quinquennio, l’obiettivo comunitario del 33% di copertura fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del 2000 non è stato ancora raggiunto, e si registra una marcata eterogeneità territo- riale. Come si evince dal Rapporto di monitoraggio del Piano di sviluppo dei

3 Cfr. Eurydice, EACEA (2009), Educazione e cura della prima infanzia in Europa: ridurre le

disuguaglianze sociali e culturali, p. 75. Reperibile in: http://eacea.ec.europa.eu/Education/eury- dice/documents/thematic_reports/098IT.pdf.

4 Eurydice and Eurostat Report (2014), Key Data on early childhood education and care in Eu-

rope, fig. B12 a, p. 59. Reperibile in: http://eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/docu- ments/key_data_series/166EN.pdf.

servizi socio-educativi per la prima infanzia5 del Centro nazionale di documen-

tazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza6, presentato a Roma il 26 novem-

bre 2015, la disponibilità di servizi per la prima infanzia mostra, infatti, una seria criticità riguardo alle pari opportunità educative dei bambini e delle bambine in relazione all’area geografica di residenza. La disparità è evidente fra le regioni del Centro-nord, che assicurano una copertura superiore al 20% (con un’offerta maggiore del 33% in Valle d’Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Umbria) e quelle del Mezzogiorno, che soddisfano intorno a poco più del 10% della domanda potenziale. Le risorse statali straordinarie stanziate per il PAC (Piano d’Azione e Coesione per i Servizi di cura all’Infanzia e agli Anziani non autosufficienti), a disposizione dei territori per raggiungere l’obiettivo di incre- mentare i posti presso i servizi socio educativi per la prima infanzia, sostenerne i costi e garantirne la qualità risultano utilizzate in modo differente da Regione a Regione: gli interventi, che sono oggetto di monitoraggio annuale, variano se- condo le Intese che li sanciscono. Ad oggi permangono numerose difficoltà strut- turali e progettuali, oltre che economiche. Come osserva Fortunati (2015), se si intende potenziare la rete dei servizi per la prima infanzia, il Piano straordinario necessita di un proseguimento e di un rilancio in via “ordinaria”.

Lo scambio di esperienze, riflessioni, modelli, provvedimenti normativi ha comunque promosso, a livello nazionale, una vivace circolazione di idee non soltanto riguardo al problema della copertura, ma anche in relazione all’identità educativa dell’offerta, nella direzione, inizialmente sostenuta e condivisa solo a macchia di leopardo, di quella ridefinizione globale delle finalità dei servizi che risale formalmente alla riforma del Titolo V della Costituzione e alle varie sentenze della Corte Costituzionale7 che l’hanno accompagnata. Lo sviluppo

dei servizi per la prima infanzia pare così apertamente e stabilmente orientato alla preminenza della specificità educativa sulla curvatura assistenziale che ne aveva durevolmente caratterizzato il valore percepito e l’interesse sociale. Que- sta consapevolezza segna un cambiamento culturale rispetto alle politiche per

5 Il rapporto è disponibile on line all’indirizzo http://www.minori.it/it/piano-straordinario-

nidi/rapporti-di-monitoraggio.

6 Il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza è l’organismo di

cui si avvale l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza per lo svolgimento delle proprie funzioni ai sensi della legge n. 451/1997 e del DPR n. 103/2007. Il Centro nazionale supporta il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l’informazione, la promozione, la consulenza, il monitoraggio e il supporto tecnico per la realizzazione delle finalità della legge. Si attiva a livello tecnico e organizzativo per lo svolgimento della Conferenza nazionale sull’infan- zia e sull’adolescenza prevista ogni tre anni dalla stessa legge 285.

7 Cfr., per esempio, la sentenza della Corte Costituzionale n. 467 del 2002 che stabilisce che «Il

servizio fornito dall’asilo nido non si riduce ad una funzione di sostegno alla famiglia nella cura dei figli o in mero supporto per facilitare l’accesso dei genitori al lavoro, ma comprende anche finalità formative, essendo rivolto a favorire l’espressione delle potenzialità cognitive, affettive e relazionali del bambino».

l’infanzia (Nouret, 2005), in quanto estende la prospettiva dai bisogni degli adulti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, con particolare riferimento alla sfera familiare e alla cura dei figli, al diritto precipuo dei bambini e delle bambine a un pieno e armonioso sviluppo (Bobbio, 2007; Macinai, 2013).

Peraltro, rispetto al modello italiano di ECEC, attualmente differenziato per fasce d’età, si delinea un’innovazione verso il sistema integrato, con la “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione” prevista dalla legge n. 107 del 13 luglio 2015, che sancisce «l’istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, costituito dai servizi educativi per l’in- fanzia e dalle scuole dell’infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando di- suguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promo- zione della qualità dell’offerta educativa e della continuità tra i vari servizi edu- cativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie»8. Tale disegno nazionale, nel

mettere a tema contestualmente la disponibilità e la qualità dei servizi, riafferma il valore educativo dell’ECEC e impone ulteriori approfondimenti rispetto alle sfide pedagogiche, sociali e, più diffusamente, culturali che la legittima aspira- zione all’equità pone all’insieme del sistema formativo.

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