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I diritti dei bambini in prospettiva pedagogica

Pedagogia e diritti dei bambin

3. I diritti dei bambini in prospettiva pedagogica

È in questo processo di individualizzazione e per così dire di ammorbidi- mento dell’idea di diritti che il bambino può finalmente emergere come sog- getto attivo, portatore di bisogni specifici e individuali da prendere in carico, ma anche di competenze sociali e relazionali che rendono insufficiente una let- tura di tali bisogni nei termini di assoluta incapacità di agire.

Nel testo della Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia (Conven- tion on the Rights of the Child – CRC) del 1989 questo passaggio si compie in maniera piena ed esplicita, ma senza che venga risolto il contrasto che adesso chiaramente si manifesta tra protezione dell’infanzia e partecipazione attiva dei bambini9.

8 Su questo stesso approccio al tema dei diritti fondamentali, cfr. anche il recente Rodotà, S.

(2013), Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari.

9 Su questo aspetto, cfr. per esempio Cantwell, N. (1992), The origins, development and signifi-

cance of the Convention on the rights of the child, in Detrick, S. (1992, editor), The United Na- tions Convention on the Rights of the Child, Nijhoff, Dordrecht, Boston and London, pp. 19-30; King, M. (2004), I diritti dei bambini in un mondo incerto, Donzelli, Roma.

Un approccio pedagogico consente di affrontare la questione. Intanto per- mette di accogliere fino in fondo quanto affermava convintamente Alfredo Carlo Moro (1996, p. 131), che definiva la CRC un’autentica «pedagogia dello sviluppo umano».

Il testo è giuridico e l’interpretazione letterale funzionale alla sua attuazione tecnica compete, in primo luogo, come è evidente, ai giuristi. Ma i principi che danno fondamento all’articolazione del testo sono più ampi e discendono da una cultura dell’infanzia in cui, come anticipavo, il contributo pedagogico è determinante.

Leggendo dunque la CRC e interpretando l’immagine di bambino che da essa emerge in tutta la sua complessità, si può rimontare fino alla cultura peda- gogica dell’infanzia che ha alimentato all’inizio del secolo scorso il riconosci- mento dei suoi diritti particolari. Solo per suggerire alcuni spunti senza il tempo di svilupparli adeguatamente in questa sede:

– nella proclamazione del diritto del bambino al rispetto, si pensi all’eredità di Korczak (1929) e di Montessori (1916) possiamo leggere il primo appello al pieno riconoscimento della dignità umana del bambino;

– nell’invocazione del diritto del bambino a vivere nel presente scorgiamo la prima anticipazione dei diritti di cittadinanza del bambino;

– nella rivoluzione educativa imperniata sul principio del “puerocentrismo” riconosciamo un’espressione ante litteram del principio del migliore inte- resse del bambino e del fondamentale diritto all’ascolto;

– nelle sperimentazioni educative e didattiche proposte nel modello della scuola “attiva” possiamo trovare in nuce il riconoscimento delle libertà fon- damentali e dell’agentività del bambino.

Da questo punto di vista, la CRC può essere considerata come una concre- tizzazione chiara ed esplicita della nuova cultura dell’infanzia che mette al cen- tro non semplicemente un’idea di infanzia alternativa rispetto a quella espressa nei secoli precedenti: bensì una cultura dei diritti che riconoscendo la dimen- sione della Participation accanto a quelle della Provision e della Protection, afferma la soggettività del bambino, da un lato, e, dall’altro, riconosce l’infan- zia come forma strutturale della società direttamente osservabile e non nascosta all’interno della famiglia, e di conseguenza i bambini come categoria partico- lare di cittadini, attori sociali creativi, capaci di creare le proprie culture e con- tribuire al miglioramento delle società adulte10.

10 Per approfondimenti, cfr. per esempio Qvortrup, J. (2004), I bambini e l’infanzia nella strut-

tura sociale, in Hengst, H., Zeiher, H. (2004, a cura di), Per una sociologia dell’infanzia, Angeli, Milano, pp. 25-44; Corsaro, W.A. (1997), The Sociology of Childhood, Pine Forge Press, Thou- sand Oaks; Qvortrup, J., Corsaro, W.A, Honig, M.-S. (2009, eds.), The Palgrave Handbook of Childhood Studies, Palgrave Macmillan, Basingstoke; Baraldi, C. (2008), Bambini e società, Ca- rocci, Roma.

A distanza di quasi trent’anni dall’approvazione della CRC, il passo in più da compiere è allora quello di coinvolgere in maniera seria i bambini in questo pro- cesso partecipativo di crescita culturale, riconoscendo il loro protagonismo so- ciale, e in ultima analisi politico, scongiurando il pericolo di un’ennesima espro- priazione da parte del mondo adulto, rischio che, come ha mostrato Egle Becchi (2010) in maniera esemplare, fa sempre parte delle dinamiche attraverso le quali prende forma in ogni epoca della nostra storia la relazione adulto/bambino.

Se il rischio dunque è quello di lasciare che i diritti dei bambini rimangano sulla carta, come una ulteriore narrazione ideologica dell’infanzia, allora l’edu- cazione è la principale risorsa per scongiurarlo, come preconizzava Moro nella citazione precedentemente ricordata:

– primo: perché i diritti richiedono un’alfabetizzazione precoce e pertanto im- parare a conoscere i propri diritti è il primo passo da compiere per rivendi- carli e difenderli;

– secondo: perché conoscere i diritti non significa studiarli, com’è ovvio, bensì esercitarli e viverli, e questo può avvenire solo all’interno delle rela- zioni intersoggettive e nei contesti sociali dove esse prendono forma. Allora pensare e costantemente ripensare la qualità delle relazioni educative e di cura significa porsi il problema della promozione dei diritti per quei soggetti bambini e ragazzi che nell’ambito di tali relazioni incontriamo;

– terzo: perché nella relazione educativa e di cura, la conoscenza dei soggetti bambino e bambina, ragazzo e ragazza si approfondisce di sempre nuovi significati che sfidano a prendere consapevolezza della costante insuffi- cienza delle categorie di pensiero che utilizziamo per interpretare i bisogni e le potenzialità di queste età della vita, e dall’incontro con i soggetti incar- nati misuriamo lo scarto che inevitabilmente passa tra ciò che pensiamo essi siano e ciò che ciascuno di loro in realtà è.

Farsi carico dell’impegno di colmare questo scarto significa porre le basi per completare quotidianamente quel processo di riconoscimento, trasferendolo dal piano astratto del monologo teorico a quello concreto e vivo del dialogo tra pari.

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Nidi e infanzia: ricerca pedagogica, educabilità

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