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Pedagogia dell’infanzia e sfide contemporanee

Cultura dell’infanzia, diritti e pedagogia dell’infanzia

3. Pedagogia dell’infanzia e sfide contemporanee

Il tema dei diritti dell’infanzia trova terreno di sviluppo soprattutto in una prospettiva interculturale, che coinvolge il dibattito pedagogico a maggior ra- gione nel tempo presente (Catarci, Macinai, 2015; Catarci, Fiorucci 2015; Ta- rozzi, 2015 e molti altri). Il fenomeno dei flussi migratori dei richiedenti asilo che attualmente stanno attraversando i Paesi Europei impone questioni specifi- che anche alla pedagogia dell’infanzia. Si tratta da un lato di interrogarsi sulle modalità di accoglienza e “inclusione” dei migranti, dall’altro lato di interro- garsi sulle esigenze specifiche dei minori in arrivo sul nostro territorio. L’atten- zione europea su queste tematiche è alta: interessante è il documento di impe- gno del Committee on Migrant Workers e del Committee on the Rights of the

Child per la preparazione di un General Comment sui diritti umani dei bambini

in contesti di migrazione internazionale2. Per l’Italia, infine, un problema sem-

pre più rilevante è quello dei minori non accompagnati, i quali necessitano di strategie di accoglienza specifiche.

Una tematica trasversale, che si riconnette ad una riflessione sulla famiglia e sulla crisi dei modelli educativi tradizionali (Iori, 2001, 2006; Corsi, Strama- glia, 2009; Riva, 2012; Pati 2014), è connessa alla necessità da parte del mondo adulto di una presa in carico autentica dei bambini e delle bambine. Sullo sfondo del già citato dibattito sui diritti dell’infanzia, va infatti segnalata la preoccupazione crescente per quei comportamenti adulti che, su livelli diversi, si appropriano dei bambini quali “oggetti” del proprio possesso. Si intende, con questo, uno spettro molto ampio di comportamenti e posture (anche solo cultu- rali) che vanno dalla mercificazione dei minori – si pensi alla tratta dei bambini e delle bambine per il mercato della prostituzione (vedi Convenzione di Lanza- rote, 2007), che riguarda troppo spesso anche il nostro Paese come cliente di questi mercati – ad una adultizzazione dell’infanzia (Contini, 2010; Demozzi, 2016) che ne nega, così, le specificità.

Sempre in tema di bambini come soggetti di diritto e oggetto di diritto, seb- bene in una prospettiva assai diversa, si segnala il dibattito sulla genitorialità, sui processi di affido nei contesti di separazioni non consensuali, così come sulle dinamiche di adozione. Quanto, infatti, il figlio può essere considerato un diritto? Quanto essere genitori è un diritto? Si tratta di una tematica complessa ed etica che interroga oggi anche il dibattito pedagogico. In una società ove domina il “bambino re” e dove gli adulti rifiutano di accettare ruoli un tempo connessi all’età matura, per restare indefinitamente giovani, quando non adole- scenti, i rapporti tra le generazioni (e tra i sessi) sono rapidamente cambiati (Gauchet, 2010). Il compito socio-culturale della pedagogia, in questo scenario, appare ancora più complesso e importante.

Un ulteriore tema di interesse a livello europeo è connesso alle modalità di far fronte all’impoverimento della società, che comporta anche problemi speci- fici per l’infanzia. In Italia questo impone uno sguardo attento e specifico sulle ricadute che i fenomeni di impoverimento provocano a cascata. Rispetto alla prima infanzia, per esempio, la questione che si pone è in che modo rendere i servizi educativi per le famiglie realmente accessibili, con percorsi di acco- glienza che facilitino anche la richiesta di aiuto, laddove necessaria.

Inoltre, questa tematica riapre ad altri interrogativi, come il ruolo fra infan- zia e lavoro (Macinai, 2012). La Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza ha evidenziato un aumento della povertà minorile decisamente più significativo di quello riferito alla popolazione adulta. Se per la popolazione adulta si è passati da 9,6 milioni di poveri nel 2012 a poco più di 10 milioni nel 2013, per i minori poveri si passa da 4,8 milioni a 6 milioni. In particolare, il numero di minori in povertà assoluta risulta raddoppiato in due anni: nel 2011 erano 723.000, mentre nel 2013 sono arrivati a 1.434.000. Nel confronto euro- peo, l’Italia si colloca agli ultimi posti della classifica. Ciò si deve al fatto che nel nostro Paese non solo si investono meno risorse per i minori rispetto ad altri Stati, ma i trasferimenti monetari non sono accompagnati da servizi adeguati, quindi sono scarsamente efficaci.

Dunque, proprio mentre cresce la domanda di educazione, diminuiscono (in Italia come nei paesi più colpiti dalla crisi economica) gli stanziamenti finan- ziari. Ciò mentre anche la riflessione economica ha dimostrato le ricadute po- sitive di un precoce investimento sull’infanzia e la sua educazione – basti ri- mandare ai lavori di James Heckman (premio Nobel Economia nel 2000). Tale investimento non implica solo una concentrazione di risorse finanziarie, ma an- che una politica saggia di formazione degli adulti (educatori, insegnanti, ope- ratori, genitori). Troppo spesso, anche sui media, la parola è data a medici, psi- cologi, politici e non anche a pedagogisti. La pedagogia italiana, dunque, ha un

compito di grande responsabilità, che può assolvere grazie alla serietà scienti- fica dei suoi lavori e all’apertura al confronto e al dibattito internazionale, con un impegno teorico e militante al tempo stesso (Tomarchio, Ulivieri 2015).

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