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Diramazioni tematiche e formal

I percorsi della poesia

4. Serraglio primaverile 1 La legge dell’ossimoro

4.2 Diramazioni tematiche e formal

Affronteremo in dettaglio la prima e la sesta sezione del libro, ma possiamo qui introdurre alcune di quelle che più che innovazioni sono ulteriori dirama-

zioni del corpo della poesia ortestiana.3 Come già anticipato, il Serraglio si ca-

ratterizza per la presenza di una peculiare visione dall’alto del proprio mondo poetico, che di questo coglie le linee essenziali, le funzioni primarie e le radici

profonde: il mondo chiuso e notturno, il «volo inquieto della vita assente»4 è

ricondotto alla sua essenza di morte simulata o «mai vita perfetta»,5 riportato

alla sua funzione rituale e al suo legame originario con l’interruzione traumati-

ca del godimento materno;6 e si sprecano le definizioni del proprio fare poetico:

un «sanguinoso epistolario»,7 oppure l’azione di «un passero [che] gorgoglia

vuote perle / e di parole non rivela dolcezza»,8 o ancora il gesto di un vecchio

che «Già assente prima di morire / annoda tacite congiure / fumo sottile senza

fiamma».9 Una simile operazione di bilancio e sintesi critica si accompagna alla

collocazione di tale mondo nel passato, secondo una vocazione retrospettiva.10

3  L’espressione è rubata allo stesso Ortesta, che con essa designa l’autoantologia coeva Una piega

meraviglia: «a cui non posso dare se non il nome di un’ulteriore diramazione, docile piega nel

lavoro che ho svolto nel corso di vent’anni» (Ortesta 1999c, 57). 4  [Misteriosa obbediente è uno stupore] 5.

5  [Dolce spaventosa voce] 4.

6  «Finiti i baci che mai restò dell’anima? / Un regno in una cella / guardando i due vulcani dell’infanzia» [Finiti i baci che mai restò dell’anima?] 1-3.

7  [Brevi lettere chiari pensieri] 2.

8  [Di numerosi albori stringersi al cuore] 10-11.

9  Ivi, 31-33. E si noti, in questo estratto e nel precedente, il paradosso tipicamente ortestiano di una parola che è silenzio, capace di riportarci indietro alle pause «potenti / e nere» ([Forma una

seconda nebbia] 2-3), oppure «gonfie e incomplete» ([Tutto comunque è qui] 2), del Progetto.

10  [Poteva in un lungo rito la neve cadere]: «Poteva in un lungo rito la neve cadere / giusta ferita / non più scandita da esperienza reale. / Poteva la mente esitare» ecc., dove il parallelismo incardinato sulla ripetizione del verbo all’imperfetto apre implicitamente lo spazio per una negazione, al presente, di quella possibilità (per una lettura più approfondita vedi infra, p. 227). Ma ancora poche pagine dopo: «Durante l’inverno la felicità / fu vedere come / dall’orlo del cielo / bestie cadevano alate / quanto spazio ancora quanti anni / in quella mente aspettavano / gli umori

Tuttavia, a causa del doppio legame in cui il soggetto si ritrova imprigionato, il presente non è soltanto il momento del distacco dalle vecchie disposizioni – come d’altronde in parte testimonia l’uso di locuzioni temporali e altri segni della discontinuità e della frattura – ma un tempo ambivalente nel quale molto

del passato ancora consiste.11

Si punti però ora lo sguardo su quanto di dirompente e dinamico trova po- sto nel discorso del Serraglio: lo spazio chiuso della casa e quelli affini appaiono

spesso assediati e distrutti dalla furia degli elementi naturali,12 e in particolare

da una combinazione di vento e fuoco – ma vi è altrove «un fuoco lento sen-

z’ombra»,13 oppure un fumo senza fiamma, che invece rappresenta il male con-

trollato della poesia. La potenza distruttiva della natura simboleggia nel testo la protesta della morte reale contro la simulazione luttuosa. La morte reale, nel suo congiungimento paradossale con la vita, si presenta come tensione all’auto- superamento, quasi che la vita biologica e quella poetica del soggetto trovassero il proprio adempimento, rispettivamente, nell’immobilità e nel silenzio. Il suo incombere sul soggetto fa della morte la soglia di un futuro prossimo e l’ogget- to di una peculiare speranza della fine, come sembra affermare la prima strofa dell’explicit (Stella 1-9):

Giusta e desiderata invecchiando altra speranza non c’è

se non proprio questa che muore e viene sepolta

nel battito minaccioso del cuore nel flusso mutevole del sangue

nel riverbero dell’improvvisa inclinazione dello spazio che annega tranquillamente senza badare alla terra e alle sue forme.

Nel Serraglio fa il suo ritorno la costellazione familiare, con il consueto sup- porto delle figure greche (qui Zefiro e Anchise)14 e la relativa novità delle sorelle,

dell’ultima neve / febbrile umiliata / nel nido del cucù» [Durante l’inverno la felicità].

11  [Filtra il chiarore]: «Filtra il chiarore / dalle finestre spettri televisori / al nostro passare su questa piana / dove l’uragano imperversa / ma restano – badate bene – / neve e giardini assorti / come se fossero in lontananza».

12  [Sopra un palo dello steccato]: «Sopra un palo dello steccato / in attesa di cibo a mezz’aria / impudente il becco rossarancio / non vede la tempesta avanzare / rotti sono gli argini e i flutti / invadono una landa abitata / dai lupi nella notte bianca». Questo come il testo citato nella nota precedente sono esemplari in virtù della presenza di una struttura bipartita che ordina ed enfatizza il combattimento tra “vecchio” e “nuovo” (sulla bipartizione testuale si veda infra, pp. 228-29).

13  [Una raffinatezza un fuoco lento senz’ombra] 1.

14  [Finiti i baci che mai restò dell’anima?] 16-17: «neppure una storia antica / del dolce Zefiro si può raccontare»; [Dolce spaventosa voce] 8-9: «docile Anchise che gli occhi / non volgi a un colore di fiamma».

talora gemelle,15 un motivo già comparso nel Progetto,16 egualmente suscettibile

di rinviare a entità biografiche oppure, sulla scorta del libro precedente, allo sdoppiamento di lei nelle due persone taciturna e loquace, reale e poetica. Dalla parte del nuovo si collocano invece quei testi sbilanciati in direzione realistica, nei quali è forte l’impressione di poter cogliere frammenti di un vissuto indivi-

duale e l’io lirico riduce la propria distanza dall’io empirico dell’autore.17 Tra i

segni di un generale incremento realistico è possibile poi annoverare la diversi- ficazione in specie di alcuni generi ben attestati come l’uccello: non più dunque soltanto la menzione indeterminata, di norma associata alle creature simboliche il cui volo attraversa la mente, ma accanto a essa l’accurata nominazione degli uccelli reali: colomba, allodola, usignolo, cucù, finanche il raro (e infatti subito

chiaro in nota) smeriglio.18 Molto simile il caso del campo cromatico, che final-

mente registra l’ingresso delle tinte miste (biancoazzurro, verdeturchese, rossa- rancio)19 accanto all’azzurro, al verde, al rosso e agli onnipresenti bianco e nero.

Si tratti o meno di un influsso diretto di Bertolucci,20 è certo che un simile mu-

tamento segnala l’inedita presenza della luce reale, «l’azzurro intravisto da una finestra» (La festa nera 55), dando seguito concreto alla generica «contrazione colorata» che già balenava nel Progetto. Il conflitto generalizzato proprio del

Serraglio si avvantaggia, per esprimersi, di strutture sintattiche e testuali messe

a punto da tempo e che risultano qui potenziate, dalla bipartizione metrica e

15  [Verso dove lo sai], [Al cantare del gallo uccello dell’aurora].

16  Cfr. [«contenta che non sia venuto?»] 23-27, dove però la relazione di parentela coinvolge una figura femminile e l’io stesso.

17  [Il sudiciume i precisi colpi di pettine]; Recitativo (in particolare il finale: 29-30 «nebbia in cima a scalinate / nel caldo cielo di Roma»); [Giornata di fine ottobre]; [Una carne assorta intima a se

stessa].

18  Esemplare risulta il contrasto tra la seconda sezione, Una piega meraviglia, dove sono frequenti ma generiche le immagini del volo e degli uccelli (in particolare cfr. [Fiele e bruciore ancora], [Spaventati testimoni], [Gemelli tutti i suoi pensieri], [Ombra fredda come dicembre – forzarla]), e la terza, Perfetta non pensata forma umana, dove compaiono il «gallo uccello dell’aurora» (esplicitamente contrapposto agli «uccelli notturni», [Al cantare del gallo uccello dell’aurora] 1-6), l’allodola e lo smeriglio (detto «piccolo falco aggressivo», in [Per chi si allarma per che cosa?] 2-3), la colomba ([Le labbra inondarono il cuscino] 5), il passero ([Di numerosi albori stringersi

al cuore] 10), il merlo e l’usignolo ([Così, lentamente, sei volte l’anno] 4-5). Da segnalare che il

termine smeriglio occorre nelle traduzioni mallarmeane (al v. 12 di Ventaglio) nel suo significato più usuale, di ambito minerale.

19  Dalla parte del letto 20: «da una tenda biancoazzurra tu»; contiguo al precedente, [Ognuno sa

cosa è meglio per sé] 2-4: «Qui viviamo senza più meravigliarci / anche se a volte un verdeturchese

/ raddoppia il battito del cuore»; [Sopra un palo dello steccato] 3: «impudente il becco rossarancio». 20  Vengono alla mente un verso della Camera da letto (XXIII 295 «l’acqua bianco-verde dal rosso delle trote») e certi punti di Viaggio d’inverno: «rifugio di quaglie interrogantisi nel grigioazzurro // zinco dell’alba» (I mesi 12-13); «un’intenta pazienza ma i miei occhi distratti / seguivano le planate rapinose degli uccelli plumbeoargentei» (I gabbiani 5-6). Vedremo come Bertolucci sia il più importante tra gli ospiti letterari del Serraglio, Ortesta vincolando alla Camera da letto l’intera raccolta e in particolare la sesta sezione (cfr. infra, pp. 169-80).

sintattica all’insistenza sui nessi avversativi alla ripartizione semantica in campi antitetici. Qualcosa di simile si può dire forse anche degli “scoppi” esclamativi e interrogativi, qui direttamente da collegare al generale aumento di pathos che

caratterizza la voce poetica: «[…] Che sparisca!»;21 «E a lui chi parla? / a lui chi

parla così? / ma come si chiama questa voce? / quale il suo nome? / è a lui che

parla?»;22 «[…] oh quietissima / luna senza viso oh vecchiezza / vuole indifesa

ascoltare»,23 «Ma che ora che notte è questa?».24

Quanto alle scelte formali visibili nel Serraglio, l’impressione è quella di as- sistere a una polarizzazione. È possibile notare un lieve aumento di sostenutezza lessicale e sintattico-ritmica (quest’ultima localizzata in pochi ma significativi

campioni),25 forse da connettere per contrasto all’umiliazione patita dal poe-

ta-albatros,26 mentre dall’altra parte sono visibili strappi e sospensioni del di-

scorso che testimoniano la natura ancora imperfetta del controllo razionale.27

Entrambe tali possibilità di svolgimento si innestano su una generale predile- zione per la brevitas, l’autore giocando di preferenza le proprie carte su piccoli blocchi molto coesi; non fanno eccezione i pochi testi lunghi, come La festa

nera (quindici strofe pentastiche) e altri composti di brevi sezioni monostrofiche

numerate,28 che quindi si distaccano dalle lunghe colate metrico-sintattiche dei

monologhi e dialoghi caratteristici del Progetto. La rastremazione del Serraglio, probabile indice di stile tardo da connettere all’aumentato realismo esperien- ziale e alla tensione autocritica che innerva il libro, rafforza e privilegia una tendenza al monostrofico breve presente fin dai tempi del Bagno degli occhi, la quale giungerà ad esiti di ancora maggiore secchezza e perentorietà negli inediti del 2006 (La passione della biografia).

21  [Di numerosi albori stringersi al cuore] 28. 22  La festa nera 21-25.

23  [Queste nutrici] 11-13.

24  [Ma che ora che notte è questa?] 1.

25  [Scendiamo per gradi confusamente]: «Scendiamo per gradi confusamente / dolcemente a un albore scendiamo / al non-cuore. E di chi / lo squasso le invase sponde e i trilli / devastati e i cespugli opache stille?» (per la cui lettura stilistica si rinvia infra, pp. 200-01); [Querula una

trama di foglie]: «Querula una trama di foglie / con unghie t’incanta / e un piumaggio di lacrime

mai piante / si gela e un po’ trema e si turba / dolcissimo lampo il tuo tepore»; [Come declina la

feroce volontà]: «Come declina la feroce volontà / da cuore a mente / tra serpi e fuochi fatui / un

imbroglio già nasce / lotta defunta di larve nutrita / e per indizi arde / e si arrovella, la bugiarda». 26  L’allusione baudelairiana è contenuta in un testo della prima sezione, [Oggi ha un nome diverso], e sarà affrontata infra, pp. 328-29.

27  Mi riferisco in particolare a testi come [Paura di bussare a certe porte e non trovare] – nel quale è reperibile un aggettivo sospeso, sintatticamente irrelato (su cui cfr. infra, p. 217) – o [A un figlio

più forte il più bello dei figli], il cui nucleo predicativo è lasciato fuori dal testo, confinato nel

silenzio, mentre ai puntini sospensivi è affidato il compito di segnalare la lacuna. 28  Si vedano Recitativo e [Finiti i baci che mai restò dell’anima?].