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I percorsi della poesia

3. Nel progetto di un freddo perenne 1 Persona

3.7 Un soggetto in divenire

La collocazione di fatto incipitaria del Margine dei fossili segnala al lettore del Progetto che il terzo libro intende prendere le mosse dalle funzioni poetiche e dalla condizione affettiva messe a punto nella Costanza; tralasciando le prime, si tratta quindi di ripartire dal congelamento del soggetto, da intendere come latenza o letargo di un io-moscardino, il quale riduce al minimo il proprio di-

spendio energetico per sopravvivere a un lunghissimo inverno.39 Un’immagine

nuova ma funzionalmente affine fa dipendere la sorte del soggetto da una pre- senza non umana, una divinità della chiusura: «che il dio non invoca dei muri e delle porte» [Viene dopo anni di guai] 8; «Una frase astuta ogni volta richie- sta / per piacere ai guardiani delle porte» [Può avere udito il tonfo] 9; «un dio instancabile sapendo che sempre casto / subito vivi ci avrebbe ingoiato» [Non

sollevammo il corpo] 7-8. Diversi motivi del Progetto vanno tuttavia in un’altra

direzione, aprendo lo spazio per un ripensamento della propria condizione pul- sionale e relazionale. Si preciserà però subito che si tratta sempre di immagini ambivalenti, la cui comparsa (e dunque affermazione) nel testo si accompagna sempre alla negazione, così da neutralizzarne in parte la portata eversiva. Per restare in ambito animale, al moscardino si sostituisce ora il lombrico, e l’im-

38  Con rimando intertestuale al successivo [Tutto questo era troppo per lei] 9-18: «La vidi divisa la vidi crescere insieme / – mente fiera che corre al declino – / sbattendo senza direzione / con cento piedi ma con un bel volto / pronta al suo regno di rettili e di pesci / mancandole le braccia e con mani delittuose / nel tunnel di polpa e di erba / dove in ogni punto si toccava / ad ogni aborto per calmarsi bruciandosi le mani / pronta a ridursi ad anima».

39  Per il sonno, si veda il trattamento ambivalente che ne dà [Le devo dare cibo e riposo]: 3-4 «qui dove dormo ancora e imputridisco / cotto da un’aria che mai si è fatta quieta» 8 «eppure da lei mi salvo ancora quando dormo». Per l’immobilità, basti un accenno al testo che segue il Margine, [Deve muoversi il meno possibile]: 1-2 «Deve muoversi il meno possibile, come restando in posa / senza più segreti riempiendo perfettamente la sua cruna». Proprio questo monostrofico di 34 versi però, con il suo ampio sviluppo insieme narrativo e meditativo, si palesa come correlato formale di una nuova consapevolezza della propria condizione che è anche accresciuta disponibilità al racconto di sé, all’esplicitazione (pur sempre ellittica ma meno ripiegata del solito) del vissuto. La temporalizzazione del vissuto individuale è resa evidente dallo stacco che è dato registrare nel presente rispetto al tempo che lo precede: 11 «lui si tenne sveglio nello stesso clima, ora non più»; 14-15 «ora sorpreso guardando fuori / in questa altra stanza». In più, nonostante l’adozione della terza persona, il soggetto è senza dubbio il personaggio lirico, senza più bisogno degli spostamenti figurali ai quali ci aveva abituati la Costanza (il paggio, Narciso, l’anonimo morto nell’incidente stradale, i delitti accaduti sulle strade).

pressione è che non si tratti del verme metapoetico e luttuoso di Lubrano, ma di una creatura che incarna una sorta di vitalità grezza o primigenia, di originaria tensione all’aria e alla luce ([Tutto comunque è qui] 7-9):

La sgomenta la vista di un lombrico che sporge la testa, il tenero sforzo del sottobosco nell’odore

in vista della luce40

Nello stesso testo si menziona, poco sopra, il «clima un poco impaziente / che l’aria attraversa matronale / colpendo l’orlo delle rose», il quale richiama un passaggio precedente, dove dell’io si dice che «lui si tenne sveglio nello stesso

clima, ora non più / nutrito quasi lavato dal buco che ha lasciato / per accostarsi

a ciò che fu dimenticato / ora sorpreso guardando fuori / in questa altra stan- za» [Deve muoversi il meno possibile] 11-14. La scelta dell’inverno sembrerebbe dunque quantomeno messa in dubbio, come conferma la comparsa dei segni primaverili: «ma dentro ti duole la gemma stipata / quasi morta che preme e ri- butta» [Poi dici che ti si nutre il cuore] 3-4; «Venne nella carne e aspettò bocconi / fino allo sgelo – lui uomo non sposato» [Venne nella carne e aspettò bocconi] 1-2; «Impudica escrescenza in altra stagione / lo costringe a chinare la testa / nel fermo splendore di questa primavera» [Comincia forte adesso e alto] 5-7. Si notino però le qualificazioni e predicazioni negative, che possono intervenire sull’oggetto stesso («quasi morta», «impudica», «nel fermo splendore») oppure segnalarne gli effetti disforici sul soggetto («ti duole», «lo costringe a chinare la testa»). Analoga sorte è riservata al motivo del paesaggio («Sediamo tranquilli in queste stanze / negli occhi un altro paesaggio / una contrazione colorata» [Sediamo tranquilli in queste stanze] 1-3; «[…] (non vedo paesaggi / né distese – il suo braccio silenziosamente / e la nuca scivola in alto» [Mai però ci sono

tracce o forme] 2-4), così come a quello, vicino e connesso agli ultimi due, del

guardare fuori attraverso la finestra: «ora sorpreso guardando fuori / in questa altra stanza» > «Su per le scale l’oscurità riprende fin nell’alcova / e la finestra è di scarsa importanza» [Deve muoversi il meno possibile] 14-15; 33-34; «Fatto pigro guardando attraverso la finestra / semplicemente di te non ho bisogno / impaziente che la voce temuta / allibita torcendosi tra i rami / insolente torni a sfavillare» [Fatto pigro guardando]. La finestra introduce un’apertura nello spazio domestico che altri testi sviluppano in modo più radicale come crollo e disfacimento del luogo chiuso: «Una dopo l’altra – mi disse – o tutte insieme / le case di Troia crollarono» [Una dopo l’altra – mi disse] 1-2; «e nell’orto disfatto

40  Ma si veda, con consueta contraddizione macrotestuale, come il rapporto tra l’io e i lombrichi possa essere costruito in senso compiutamente luttuoso: «Adesso ti curvi in una maglia di lombrichi – i tuoi veri compagni – / forte di un odio di antica data / che ogni giuntura indurisce e tutte le vertebre» [Poi l’hai ucciso tenendolo sotto] 15-17.

va scoprendo / che stormisce la madre velenosa» [Mai però ci sono ci sono tracce

o forme] 7-8. La casa può essere caratterizzata negativamente come avviene in

[Sediamo tranquilli in queste stanze], dove sembra venga messa in scena, attra- verso il ricorso al soggetto collettivo e la differenziazione tra diversi destini, una sorta di proiezione all’esterno delle diverse disposizioni che si danno battaglia nell’io:

Sediamo tranquilli in queste stanze negli occhi da un altro paesaggio una contrazione colorata e di noi chi è pronto alla fuga se costretti nel collo nella testa a badare a noi stessi

uno soltanto parla nel suo sonno nella maligna casa leggera dove cade e s’impiglia in un fiato41