• Non ci sono risultati.

I percorsi della poesia

2. La nera costanza 1 Dal titolo al libro

2.2 Temi e statuto dell’io

La trasformazione della neutra pulsione di morte nella velatamente ossimo- rica nera costanza inocula nel testo un germe contraddittorio che ritroviamo nei sintagmi affini della «malnata costanza», del «mite furore», dell’«atroce preci-

sione», della «turbata negligenza» e della «felice guerra».17 Prima di indagare

quale percezione del proprio vissuto si nasconda sotto tali duplici formulazioni, dobbiamo però seguire la nera costanza nel suo diramarsi all’interno del libro, ovvero nei suoi equivalenti in altri campi semantici e nelle reti che essa com- pone con i significati affini e quelli antitetici. Al nero sono assimilabili altri due colori: il bianco (della neve), che guarda caso come il nero anche se in modo opposto (trattandosi di una luce molto intensa e non di assenza di luce) è un colore privo di tinta, e il rosso, che certo è il colore del sangue ma che più spesso

nell’ombra, questa qui/ nella boria. Ma il centro/ continua a franare a riformarsi” si trasforma in “franano nell’ombra ma dalla parte opposta”, mentre “Tutto il resto è attesa di/ una lettera che mai arriva,/ giorno dopo giorno, l’esasperazione/ fino a che finalmente l’hai squartata non sapendo di che si tratta” passa in “non ancora o mai arrivate/ […]/ non sapendo di che si tratta/ finalmente sono

squartate”» (Bonito 1996, 39-40). I testi ashberiani convocati da Ortesta sono The Tomb of Stuart Merrill, River, The One Thing That Can Save America, letti nella traduzione garziantiana di Aldo

Busi dell’Autoritratto in uno specchio convesso (Ashbery 1983).

17  [Resta girata dalla parte opposta] 15, [Chi ti sta addosso e ti spintona] 6, [Bambina misconosciuta] 5, La pasqua rosata 1, [può vivere in Baviera] 9.

fa segno a imbarazzo, pudore, castità. Questi colori puri e privi di tinta costitui- scono il cromatismo specifico proprio del mondo della mente, prodotto di occhi chiusi che impediscono l’accesso alla luce reale. Passando dai colori ai climi, già nel Bagno avevamo incontrato il correlato climatico dell’oscurità, vale a dire il freddo o il gelo invernale, ulteriori componenti di un paesaggio artico che trova la propria massima rappresentazione in un componimento posto al centro del libro, Il margine dei fossili.18 Il termine proprio che può essere rintracciato al di

sotto del nero, del bianco e del freddo, è ovviamente la morte, che però è spesso

nominata senza eufemismi e collocata in posizioni testualmente marcate,19 oltre

che visualizzata volta a volta come fatto accaduto, processo, pulsione o tensio- ne a, infine oggetto di pratiche esorcistiche e rituali. La costanza del titolo, per parte sua, trova ideale proseguimento negli Elementi di stabilità ai quali è inti- tolata la quarta sezione, vale a dire in un ampio corredo di temi il cui comune denominatore può essere reperito nella pietra e nella sua durezza: fossili, rocce, architetture, incisioni rupestri, strutture che contengono e che fissano la vita in una forma ne varietur, consegnandola a una morte preventiva. La struttura tematica della Costanza si fonda dunque sui caratteri della chiusura, della fissità, dell’oscurità e del gelo. Ma non è tutto qui, perché il soggetto che affida a questi tratti semantici il compito di disegnarne il ritratto e di proteggerlo dai traumi e dai pericoli inerenti all’immersione nel tempo e nella vita, si mette in scena come presenza non compiutamente organica a tale mondo.

Il personaggio lirico ha scelto, fin dal titolo, di ricondurre il proprio vissuto al dominio di una pulsione di morte che ne alimenta la vita e, con essa, la poesia: la condizione in cui versa è quella dell’atonia sentimentale, della paralisi affetti- va. Ma va subito precisato che il riconoscimento di questo stato rappresenta un progresso (sulla strada della peculiare forma di salute cui egli sembra tendere) rispetto al connubio di frantumazione percettiva, incapacità linguistica e coatta riproposizione della scena primaria posto in essere nel Bagno. Il soggetto della

Costanza è viceversa un soggetto integro, depositario di un’enunciazione per lo

18  Cfr. infra, pp. 101-10.

19  Esemplari sono quei testi nei quali la menzione della morte è l’oggetto di una sorta di attesa culminante nel verso finale, talvolta nella clausola di quest’ultimo: [Da neve a neve] 16 «sognarti come morto»; [Ardenti malinconie] 10 «morto di paura»; [In un volo basso] 11 «un duro appello l’infinita agevolezza del morire»; [Soffocati tutti i suoi corsieri] 10 «le api caddero ammazzate»; [Vai dicendo che avesti alla tua corte] 15 «tanto durasti che giungesti a morte». Si tratta in realtà del caso più marcato di una tecnica costruttiva che isola nel finale, attraverso accorti tagli metrici e giri sintattici, l’elemento semantico più significativo: Protezione notturna 7 «respinge; [Cresce, ma

dimentica] 4 «notturna bestia si volge alla mammella»; [Solo tua madre] 12 «il premio di restare

in vita»; [Chi ti sta addosso e ti spintona] 5-6 «che gentilezza volle con amore / stringere in mite furore»; [resta girata dalla parte opposta] 15 «e la pancia riempite di neve, di malnata costanza». Una rilevanza peculiare ha in questo senso la collocazione finale del verso breve monoverbale. Sulla tendenza al taglio metrico isolante e all’accorciamento finale del respiro metrico cfr. infra, pp. 197-98.

più assai solida, provvisto di un punto di vista coerente, di capacità narrative e figurative notevoli. Lo caratterizza la presenza di una minima ma decisiva distanza da sé stesso, che gli consente non solo la riappropriazione della lan-

gue (seppure nella variante artificiale della lingua poetica con le sue licenze),

ma anche una più generale capacità di oggettivare il proprio vissuto in figure e rapporti spaziali e temporali delineati con mano ferma. Con la conseguenza,

a parte lectoris, che il testo può dar luogo più facilmente all’immaginazione di

una scena in cui situare i referenti, i quali sono legati da rapporti meno ale- atori. Rovesciando un’efficace formula critica di Enrico Testa che comunque mantiene, rispetto alla poesia di Ortesta, una sua validità generale, potremmo dire che è caratteristica della Costanza una maggiore riconoscibilità dei moduli

con i quali il mondo risulta inscritto nel testo.20 Gli oggetti esterni non sono più

soltanto separati, come secondo Mauron e lo stesso Ortesta avveniva nei sonetti

mallarmeani,21 ma possono integrarsi in un contesto spazio-temporale, cosicchè

il vissuto rappresentato, pur rimanendo anonimo e frantumato, viene incontro alla coscienza del lettore con nuova disponibilità.

Quasi tutti gli acquisti più significativi della Costanza sono interpretabili nei termini di questa crescita di potenza oggettivante: la scelta della relazione amo- rosa in una delle sue varianti a più alto tasso culturale (amore cortese); l’apertu- ra extratestuale del discorso poetico attraverso il ricorso a riferimenti culturali e letterari da un lato e dall’altro a occasioni e dediche; l’adozione del quadra- to metrico rosselliano come strumento contenitivo; il cospicuo incremento dei tempi narrativi; l’enfasi tematica sulla vita fossilizzata e congelata. Per quanto riguarda il soggetto, la sua inedita forza progettante si esprime da una parte nella possibilità di confrontare la propria sorte a quella degli altri, dall’altra nel conflitto interno che rafforza i segnali di inquietudine già apparsi, come scarti

bruschi e quasi immotivati, nel Bagno.22 Il primo aspetto è certificato dal dodice-

simo testo della seconda sezione La casa comune: Da una corsa per gli orizzonti più chiari macchiandosi le dita

gente bruna senz’ombra di rosso alle guance tardi arrivò ma sicura

5 in ogni orto cercando in ogni intervallo

20  Cito l’attacco del cappello introduttivo presente in Dopo la lirica (Testa 2005, 321): «Nella poesia di Cosimo Ortesta […] le forme con cui la scrittura dà conto di un’esperienza diretta del reale (una memoria biografica, una geografia individuabile, una presenza di dati concreti e familiari) si contraggono sino a svanire. Esercizio rigoroso e solitario, la sua opera s’allontana, con coerenza rara nella poesia recente, dai moduli consueti della riconoscibilità del mondo nel testo».

21  Cfr. supra, pp. 46-47

22  «Hai dormito la notte / scavalcata da dirupi / al carbone aggiungendo i fuochi ardenti / delle tue tracce di piedi / per le due mani che non bastano / o luttuosa intenzione perché non crepi» [Hai dormito la notte].

non riparo né via di ristoro all’ardita pazzia di una pubertà.

Tutto, in questo breve e limpido componimento, si oppone alla nera costan- za e la tratteggia, per così dire, e contrario. Si considerino anzitutto il dinamismo che agita la «gente» (forse mimato dal costrutto ascendente che ritarda l’arrivo del soggetto ai vv. 1-3) e il cromatismo, dagli «orizzonti più chiari» alla «gente bruna senz’ombra di rosso alle guance», il cui attributo mancante si contrappo- ne platealmente al rossore che altrove tinge le guance di lui e di lei. La qualifi- cazione degli altri per via negativa si estende dall’incarnato al loro rapporto con lo spazio, negando la funzione protettiva degli spazi chiusi (6 «non riparo né via di ristoro»). All’utilizzo della litote in senso generico, cioè dell’affermazione at- tenuata tramite negazione, si accompagna lo sfruttamento del nesso avversativo (4 «tardi arrivò ma sicura») col fine di marcare la contrapposizione implicita con l’incertezza e i temporaggiamenti dell’io. La scelta, quanto, al tempus, del passato remoto, distanzia l’azione dal presente e contribuisce all’instaurazione di una testualità narrativa minima ma in sé compiuta.

Come dicevamo, infine, una certa inquietudine si manifesta nella messa a tema di quelle forze che nel soggetto si oppongono alla serena accettazione del proprio stato di cose interiori: lui può apparire «in dubbio / in istigazione dolo-

rosa»,23 oppure, più esplicitamente:

una vasca quieta si profuma

nella prospettiva del suo freddo continuo lo copre ma lui

non vuole soltanto morire questo sente: […]24