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I percorsi della poesia

3. Nel progetto di un freddo perenne 1 Persona

3.2 Elementi paratestual

Nel progetto di un freddo perenne6 esce a tre anni di distanza da La nera co-

stanza, del quale si configura fin dal paratesto come il palese prolungamento; in

copertina è infatti riportata la sesta stazione del Margine dei fossili, del quale una premessa d’autore rivela il trasferimento nella nuova opera assieme ad altri due

testi: Persona e [Resta girata dalla parte opposta].7 Resterebbe in realtà ancora

una poesia da menzionare tra quelle trasportate nel terzo libro, [Da una corsa

per gli orizzonti più chiari],8 la cui assenza si deve forse a una svista o forse,data

la presenza di casi analoghi di svelamento-omissione,9 a ragioni più profonde le-

gate al bisogno di nascondersi o di indicare la natura in parte “agita”, inconscia ed eterodiretta, delle proprie decisioni poetiche. Tanto la destinazione editoria- le (la “bianca” Einaudi) quanto l’intervento di Giovanni Giudici (che firma la quarta) evidenziano le potenzialità consacranti, purtroppo disattese, dell’uscita: «è uno di quei libri che letteralmente consacrano una personalità di poeta e

la impongono».10 Il titolo, intenso e memorabile come di norma sono quelli di

Ortesta, merita qualche parola, a cominciare dalla forte continuità col preceden- te: il freddo è l’equivalente climatico del nero, perenne intensifica costante. È

6  Ortesta 1989a.

7  «Le poesie qui pubblicate sono state scritte tra il 1985 e il 1988. Fanno eccezione Il margine dei

fossili; Persona; Resta girata dalla parte opposta; tratte dalla raccolta La nera costanza (1985)» (ivi,

2).

8  Lo nota già Bonito 1996, 51.

9  Si veda quanto avviene con la presenza della Camera da letto di Bertolucci nel Serraglio (cfr. infra, p. 171) o, sempre nello stesso libro, il caso del componimento dedicato a Gerard Manley Hopkins, [nemmeno adesso al riparo del tempo] (cfr. infra, pp. 151-52).

nuova, invece, la scelta del sintagma preposizionale, con quel che di immersivo e partecipante che lo caratterizza e la cui portata sarà chiarita dall’analisi della rete intertestuale sottesa al titolo, di straordinaria ricchezza. Il primo rimando è interno, ancora una volta alla Costanza, dove un verso molto simile compare in un contesto “inquieto” dove il soggetto manifesta una tensione vitale che mal si accorda al proprio volontario asservimento alla pulsione di morte:

una vasca quieta si profuma

nella prospettiva del suo freddo continuo

lo copre ma lui

non vuole soltanto morire

Questo verso a sua volta dipende da due ipotesti tra loro in contraddizione, sottintendendo un rinvio a) alla prima sezione di The rock, un lungo compo- nimento senile di Wallace Stevens e b) al Cantique de Saint Jean di Mallarmé, l’ultimo dei soli tre testi conclusi dedicati a Erodiade. Se, infatti, il riferimento a Stevens si schiera dalla parte di colui che non vuole soltanto morire, alludendo alla presenza, nel cuore del nulla, di «un’ipotesi essenziale, un’impermanenza / Nel suo freddo permanente, un’illusione così desiderata» che coincide con

«l’essere vivi, un incessante essere vivi»11, il rinvio mallarmeano tocca invece

la «froidure / Éternelle» di una Bellezza ideale la cui contemplazione non può che coincidere, per il genio umano, con la sua morte, così come muore il Battista dopo aver posato lo sguardo sulla principessa. Il progetto del freddo perenne condivide allora qualche cosa con il rifiuto della contingenza e la milizia menta- le che possono condurre il poeta al Bello universale. Un ultimo rovesciamento, a conferma di un’ambivalenza che sarebbe ingenuo provare a tagliare, deriva dalla possibilità di accostare il progetto al Vorlaufen e all’Entschlossenheit, ov- vero rispettivamente al precorrimento e alla decisione (o risolutezza) di Essere e

tempo, termini che nell’analitica esistenziale del primo Heidegger designano la

possibilità, per l’ente, di «assumere la finitezza del suo proprio essere», di «de-

cidersi per questa finitezza che gli è propria».12 Il posizionarsi nel progetto rap-

presenterebbe dunque l’inizio di un secondo percorso (mosso dall’irrequietezza già apparsa nella Costanza e prima, per minimi accenni, nel Bagno) rispetto a quello centripeto e insieme digressivo che simula il male per esorcizzarlo, volto a spostare l’asse della poesia dalla morte simulata per fini rituali al confronto

doloroso, salvifico, aperto, con l’orizzonte della propria morte reale.13

11  Stevens 1998 [1986], 95 (trad. di Massimo Bacigalupo).

12  Fabris-Cimino 2009, 61. La carica heideggeriana del termine progetto è approfondita infra, p. 327.

13  Un ultimo collegamento, più stringente anche se forse meno produttivo, è quello col volume

Progetto e metodo di Bianca Bottero (Bottero 1988), uno studio architettonico sulle saline reali

di Arc-et-Senans nel quale confluiscono le Cinque poesie per Charles Ledoux a Arc et Senans già comparse nella quarta sezione della Costanza. La valenza architettonica del termine potrà essere

La penultima poesia della sesta sezione, Nel progetto di un freddo perenne, può aggiungere ancora qualcosa:

Nel progetto di un freddo perenne lenimento si sveglia inerme

a severa distanza un lamento all’orecchio. Tra le crepe nel suo stesso odore

5 ancora cresce illusione non desiderata

dentro un cerchio antico di due forme una forma che accresciuta non grida non vuole

venire fuori

lí per un accesso di dolore

10 inosservata chiedendo più attenzione a eccesso di colore

«Nel progetto di un freddo perenne», ciò a cui spetta di alleviare il dolore («lenimento») «si sveglia inerme», consegnato a una vulnerabilità che ne com- promette il buon funzionamento – continua però a confinare altrove la sofferen- za: «a severa distanza un lamento dell’orecchio». All’inermità si sommano poi ulteriori segnali di apertura e dinamismo: una forza misteriosa, che l’allusione al testo già citato di Stevens consente di ricondurre alla forza vitale (illusione «desiderata» in Stevens, essa diventa in Ortesta «non desiderata»), cresce tra le crepe, ma appare infine comunque incapace di aprirsi una strada verso l’esterno e di trovare ascolto e riconoscimento. In sintesi, l’esorcismo della poesia è in crisi ma resiste, mentre la tensione vitale che gli si oppone è in crescita ma an- cora non abbastanza da comprometterne seriamente il dominio. Il bisticcio dei versi finali «accesso di dolore»/«eccesso di colore» ci riporta invece ancora una volta a Persona, e precisamente alla sua seconda incarnazione, l’altra che parla di un dolore reale e di animali dalla coda scura; è a lei, al fantasma luttuoso della poesia (qui lenimento), che la vita chiede «più attenzione».