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La vicinanza di Ortesta ad alcuni nomi forti dell’editoria di poesia milanese sullo scorcio degli anni Settanta (in primis Raboni e Cucchi) non deve indurre a

55  Su questo aspetto del postmoderno cfr. almeno Jameson 1989 [1984], in part. 28: «Il postmoderno teorico abbandona non solo il modello ermeneutico (la possibilità di instaurare un rapporto critico tra opera e mondo), ma anche il modello dialettico di essenza e apparenza, il modello freudiano di latente e manifesto, il modello esistenzialista di autenticità e inautenticità, la grande opposizione semiotica tra significante e significato».

56  Ortesta 2004, 265: «L’impegno civile. Celui de tous les jours suffit. Encore faudrait-il qu’il y en ait».

57  Cfr. le dichiarazioni di Ortesta 2001c, riportate infra, p. 156n. 58  Ortesta 2004, 265.

sopravvalutare la sua dipendenza dal coevo campo poetico (in senso bourdieu- siano). Il primo e maggiore contributo all’intelligenza della sua poesia viene piuttosto dalla considerazione delle sue letture e traduzioni, e dei legami di ami- cizia e discepolato che egli seppe intessere con autori e autrici più anziani di lui: con l’eccezione del padre nobile Ungaretti, la cui parola scavata nell’abisso della vita ha più di qualche rapporto con l’ortestiana passione della biografia, sono soprattutto alcune teste di serie della terza e quarta generazione ad assumere il ruolo di modelli e di amici, da Giovanni Raboni a Giovanni Giudici, da Vittorio Sereni ad Attilio Bertolucci, da Andrea Zanzotto ad Amelia Rosselli. Un simile tessuto relazionale, unito al dato anagrafico (è nato nel 1939) e soprattutto alle qualità intrinsecamente moderne e novecentesche della sua poesia, conduce a mettere tra parentesi l’esordio tardivo (1980), coevo all’avvio della fase manieri- sta e postmoderna della poesia italiana, e a retrodatare la posizione storica della

poesia ortestiana in seno alla poesia italiana del Novecento.59 I punti di riferi-

mento più utili per collocare l’esperienza di Ortesta sono parabole primo-nove- centesche come quelle di Campana e Ungaretti oppure cronologicamente più vicine, ma le cui radici affondando comunque in un altro tempo, com’è il caso di Giudici, Bertolucci, Rosselli. Non c’è spazio, in questa costellazione, per le impeccabili professioni di inautenticità di una Valduga – con la quale la poesia di Ortesta si pone in un rapporto di opposizione polare in virtù del modo in cui sono messi in forma i temi pur condivisi del desiderio, della sofferenza e della morte – e la poesia si dedica invece alla ricerca di una verità personale intima- mente legata al trauma e alla sua indicibilità, a un’investigazione sui margini del linguaggio condotta con l’ausilio di forme metriche libere ma rigorose, sempre reiventate ma al contempo allusive della tradizione. Se legami di simultaneità vi sono, essi avvicinano Ortesta ai grandi esordienti – tutti più giovani di lui – de- gli anni Settanta, Cucchi, Viviani e De Angelis, la cui parabola poetica ha più di qualche somiglianza con quella del tarantino, riassumibile com’è nel progressi- vo scioglimento di una parola inizialmente sconnessa, enigmatica, ostinatamen- te refrattaria alla comprensione. Ortesta pubblica Il bagno degli occhi a 40 anni, quando questi autori hanno tutti già all’attivo almeno un libro: è un esordiente maturo in un momento in cui è ancora forte il mito post-sessantottesco del po- eta giovane, attorniato da autori più giovani e visibili di lui e in qualche modo schiacciato tra due aree generazionali, quella dei nati negli anni Cinquanta e quella dei nati negli anni Dieci e Venti – i suoi veri compagni di strada –, ancora

59  Una simile ipotesi critica risulta suffragata dai tempi di composizione del Bagno degli occhi, che l’autore stesso, in una lettera a Flavio Ermini (direttore di «Anterem»), colloca negli anni Sessanta: «Ti mando anche il preziosissimo Il bagno degli occhi che include La passione della biografia. L’ho scritto negli anni Sessanta ma è uscito nell’80» (Lettera di Cosimo Ortesta a Flavio Ermini del 18 maggio 1998, custodita presso il Centro di documentazione sulla poesia contemporanea Lorenzo Montano della Biblioteca Civica di Verona).

in piena attività. Se a questi elementi affianchiamo la natura schiva e riservata dell’uomo forse iniziamo a comprendere la relativa invisibilità di Ortesta e la sua assenza nelle ricostruzioni che hanno provato a ripercorrere la storia poe- tica italiana degli ultimi decenni. Concludiamo quindi col proporre tre rapporti possibili, idealmente fecondi, con poeti più giovani la cui produzione è suscet-

tibile di entrare in risonanza con le armoniche di quella ortestiana.60 Anzitutto

Giuliano Mesa (1957-2011), col quale Ortesta condivide la matrice beckettiana della scrittura e la correlata combinazione di immaginario catastrofico, destrut-

turazione testuale e rigore formale.61 Un altro nome da fare è quello di Mario Be-

nedetti (1955-2020): lo accomuna a Ortesta la devozione a un doloroso passato familiare e, legata ad essa, la postazione infantile e regressiva del soggetto, la cui percezione straniata del quotidiano è consegnata a una lingua ingorgata e a trat- ti sconnessa. Ferruccio Benzoni (1949-1997) è invece marginale di professione e poeta elegiaco e luttuoso, autore di una sorta di lungo, frammentato epicedio

stilisticamente all’insegna di un «serenismo impressionante».62

10. Biografia

La prima intenzione di questo libro è quella di presentare la figura di Cosi- mo Ortesta partendo dalle sue poesie, dal suo lavoro di traduttore e di critico, fornendone una proposta di interpretazione complessiva. Non possiamo però concludere questa introduzione senza dettare almeno le principali coordinate di una vita intellettuale che, condotta in maniera appartata e schiva, è stata ricca di collaborazioni prestigiose e di fertili amicizie con alcuni tra i principali prota-

60  Nel caso di Vitaniello (o Vito M.) Bonito, più che di somiglianza è lecito parlare di influenza, e di influenza fortissima e capillare. Nella poesia di questo importante critico en artiste dell’opera poetica di Ortesta, come lui devoto insieme al Barocco di Lubrano e al Novecento di Beckett, la presenza del poeta tarantino sembra agire su più livelli, a cominciare da una poetica che mette al centro del discorso i traumi biografici e su tutti quello della morte della madre. Ma a colpire il lettore sono poi soprattutto i titoli decisamente ortestiani delle prime raccolte (Nella voce che

manca, A distanza di neve) insieme con l’ossessività di alcune immagini (madre, morte, neve, mente, fiore) e il ricorso a una sintassi vaga e rastremata in associazione con strutture testuali

quali la partitura sintattica per terza persona femminile e il dialogo con la scomparsa.

61  Sulla radice beckettiana della scrittura di Ortesta e Mesa hanno insistito rispettivamente Zublena 2006 e Inglese 2006.

62  Il sintagma (in origine di Pier Vincenzo Mengaldo) figura nel titolo del saggio dedicato da Andrea Afribo agli assetti linguistico-stilistici della poesia benzoniana, ora in Afribo 2017, 127- 46. Val subito però la pena di visualizzare, con l’aiuto dello stesso Afribo, la soglia temporale e culturale che separa la poesia di Ortesta da quella del poco più giovane Benzoni, il cui serenismo «può riflettere il sentimento poetico dei nuovi anni Ottanta, essere anzi una delle espressioni più estreme dello spirito di quel tempo e della sua poesia, così postuma e postmoderna, […] nevroticamente e feticisticamente sovraccarica di cultura e letteratura, così dedita se non devota alla citazione e al montaggio» (p. 128).

gonisti della poesia del secondo Novecento.

Cosimo Ortesta è nato a Taranto il 13 novembre 1939, secondo di cinque fi- gli. Il padre, Francesco, è commerciante d’olio all’ingrosso; la madre, Rosaria, ha studiato pianoforte al conservatorio di Bergamo e Cosimo condivide con lei e la famiglia una grande passione per la musica classica e per l’opera lirica. Allievo brillante, termina gli studi classici presso il Liceo Archita di Taranto con un anno di anticipo, frequentando anche fuori dall’orario di lezione il giovane pro- fessore di filosofia, Gianfranco Morra (1930), futuro docente di sociologia all’U- niversità di Bologna. Si iscrive poi a Lettere a Roma, dove può conoscere perso- nalmente Giuseppe Ungaretti e seguirne le lezioni. Nel 1962 si laurea discutendo con Carlo Muscetta una tesi su Cesare Pavese. Di lì inizia la sua carriera di inse- gnante nelle scuole superiori, prima all’istituto magistrale di Taranto, poi nel Lazio e a Roma, e infine, dal 1977, all’istituto tecnico Carlo Cattaneo di Milano. Sospende l’attività d’insegnamento solo in due occasioni. La prima volta è per compiere il servizio militare a Roma, dove si trova quando apprende la morte improvvisa del padre, nel 1964. La seconda è per tornare nella città natale ad accudire la madre malata dagli ultimi mesi del 1971 fino alla morte, avvenuta nel febbraio 1972. La sua attività di giornalista comincia con una recensione a La

storia di Elsa Morante uscita sul «Manifesto» il 31 luglio 1974, in cui polemizza

con la ricezione dell’opera da parte di Pasolini da un lato e della neoavanguardia

dall’altro.63 L’esordio poetico avviene nel 1975 sul n. 29 di «Carte segrete», in

cui pubblica Teatro degli organi sulla passione della biografia (o: vitascrittura) con una presentazione di Jacqueline Risset. Nel 1977 il poemetto è ripreso sul n. 26 dei «Quaderni della fenice» insieme ad altri testi, tra cui uno dedicato a Zanzot- to, introdotti da un profilo anonimo da attribuire a Giovanni Raboni. Dello stes- so anno è il saggio Il tempo del verme sul poeta barocco Giacomo Lubrano ap- parso su «Paragone Letteratura». L’anno successivo vede la pubblicazione ad aprile dell’importante ristampa del vecchio volume Vita non romanzata di Dino

Campana, opera di Carlo Pariani, lo psichiatra che aveva avuto in cura il poeta

di Marradi a Castel Pulci e aveva raccolto la testimonianza dei suoi ultimi anni di vita. Al libro Ortesta accompagna una notevole postfazione in cui riflette sui rapporti tra follia e creazione poetica. Sempre nel 1978 sue poesie escono sulla rivista di Milo De Angelis, «Niebo». L’esordio in volume data al 1980, ed è un doppio esordio: a marzo come traduttore dei Sonetti di Mallarmé, da lui anche prefati, per Guanda; a maggio come poeta in proprio con Il bagno degli occhi per la Società di poesia. Con la prima raccolta vince il premio Viareggio Opera pri- ma: tra i giurati figura Giovanni Giudici. Sempre nel 1980 escono per sua cura i trenta sonetti delle Moralità tratte dalla considerazione del verme setajuolo tratti dalle Scintille poetiche di Lubrano sull’almanacco di Guanda «Poesia Uno», e

ancora per Guanda collabora con alcune recensioni al neonato «Foglio. Notizie di poesia», che però chiude l’anno successivo dopo sole tre uscite. Intanto suoi inediti vengono pubblicati sul n. 17 di «Alfabeta». Il lavoro su Mallarmé non si interrompe, e ai Sonetti segue la curatela di Poesie e prose – uscito nel maggio 1982 – nella collana «Classici» di Guanda. Nella realizzazione dell’opera, Orte- sta si avvale della collaborazione di altri traduttori (tra cui nomi di primissimo livello come Magrelli, Cucchi e Raboni) e di Jacqueline Risset, che firma la pre- fazione. Nel volume sono ripubblicate le traduzioni dei sonetti, ma egli tiene per sé anche quelle di testi capitali come Erodiade e Prosa (per des Esseintes). Nel 1983 escono «due sequenze» di poesie sull’undicesimo «Almanacco dello spec- chio» con presentazione di Giovanni Giudici, e Ortesta collabora inoltre alla

redazione del Dizionario della poesia italiana curato da Maurizio Cucchi.64 L’an-

no seguente è incluso in una rassegna sulla poesia in Lombardia pubblicata da Domenico Cara sulla rivista forlivese «Quinta generazione» e traduce alcuni testi di poeti del Rinascimento francese per il volume Lodi del corpo femminile, curato da Raboni. All’aprile del 1985 risale la seconda raccolta di poesie, La nera

costanza, che l’anno successivo gli vale il premio Pozzale Luigi Russo.65 Il libro

fa parte della collana «La nuova Guanda» dell’editore Acquario di Palermo, e nel giugno di quell’anno Ortesta partecipa alla presentazione dell’iniziativa edi-

toriale a Roma con Raboni (cui si deve anche l’anonimo risvolto di copertina),66

Yves Bonnefoy ed Elio Pagliarani.67 Nello stesso anno escono due volumi da lui

tradotti e curati, entrambi per SE: le Lettere alla madre di Baudelaire, con postfa- zione di Raboni, ed Erodiade di Mallarmé. Due libri tradotti anche nel 1986, questa volta da Rimbaud, Poesie (Guanda) e Illuminazioni (SE). Intanto, su due diversi numeri di «Paragone Letteratura», escono un suo saggio su Mario Luzi e alcune sue poesie. Ancora per SE traduce nel 1987 una delle ultime opere di René Char, Le vicinanze di Van Gogh, e nell’aprile dello stesso anno partecipa a

una lettura pubblica di poesia al Teatro delle Marionette di Milano.68 Suoi inedi-

ti escono inoltre sulla rivista marchigiana «Lengua». Nel 1988 avvia la sua col- laborazione al mensile «Leggere», che continuerà fino al 1993, e pubblica suoi testi poetici su «Forum Italicum». Cinque poesie dedicate all’architetto visiona- rio francese Claude-Nicolas Ledoux, già incluse nella Nera costanza, sono ripub-

64  Il 12 dicembre 1983 si tiene a Venezia l’incontro Nuove forme della poesia, presieduto da Mario Baratto e presentato da Raboni, con Ortesta, Valduga, Riccardo Held e Gilberto Sacerdoti. Cfr. «Ateneo Veneto», XXI (1983), p. 280.

65  Cfr. anche l’intervista rilasciata a D’Orrico 1986. Il volume concorre anche al Viareggio Poesia, quell’anno vinto da Vasco Pratolini (cfr. Premio Viareggio. Gli autori in lizza, «La Repubblica», 5 giugno 1985).

66  L’identificazione è possibile grazie alle citazioni incluse in Ortesta 1990a.

67  Domani incontro con tre poeti al caffè Rosati, «Corriere della Sera – Roma», 3 giugno 1985. 68  Franco Manzoni, Le voci poetiche degli anni ’80 si misurano sul palcoscenico, «Corriere della Sera», 22 aprile 1987.

blicate nel volume Progetto o metodo di Bianca Bottero. Ortesta aveva infatti partecipato ai lavori di un convegno sulle Saline reali di Arc-et-Senans nel 1985, organizzato dall’architetta e prima moglie di Giovanni Raboni. La sua raccolta più fortunata, Nel progetto di un freddo perenne, esce nella “bianca” di Einaudi nel maggio del 1989 (ma con il copyright dell’anno precedente) con una quarta di copertina firmata da Giovanni Giudici, e sarà poi finalista al premio Carducci

1989.69 L’anno precedente alcuni testi erano stati anticipati su «Titus» e sul

quarto numero della neonata «Poesia», diretta da Patrizia Valduga. In quest’ul- timo Ortesta aveva curato anche la ripubblicazione di alcune poesie di Giacomo Lubrano. Nell’ottobre del 1989 partecipa a Milano a una tavola rotonda in occa-

sione del centenario della morte del poeta romantico romeno Mihai Eminescu.70

Comincia nel 1991 la sua collaborazione con «L’indice dei libri del mese» (usci- ranno solo due suoi articoli in due anni) e sue poesie inedite vengono pubblica- te ancora su «Poesia». Per una tomba di Anatole, la traduzione dei frammenti di Mallarmé dedicati alla morte del figlio, esce da SE nell’ottobre 1992, e per questo lavoro gli viene conferito il premio Mondello 1993: a leggere la motivazione del

premio è Jacqueline Risset.71 A giugno del 1992 era uscita la prima di numerose

recensioni su «L’Unità», con cui collaborerà fino al 1997, occupandosi anche di molti dei più importanti poeti contemporanei (tra cui Bandini, Bertolucci, Erba, Giudici, Neri, Viviani). Nel 1990 e nel 1992 pubblica inoltre due poesie sulla ri- vista «Trame» di Roberto Deidier e Marina Guglielmi. Nel 1995 Garzanti pubbli- ca la sua traduzione annotata della Pelle di zigrino di Balzac, in un volume cura- to da Lanfranco Binni. L’anno successivo nei «Classici» di Giunti viene pubbli- cata la sua traduzione dei Fiori del male, in una ricca edizione prefata da Attilio Bertolucci e con un saggio introduttivo di Francesco Orlando. Sempre nel 1996 esce anche la traduzione della Stagione all’Inferno di Rimbaud per SE, e suoi testi inediti sono pubblicati su «Bollettino ’900» e su «Frontiera», supplemento alla rivista modenese «Gli immediati dintorni». Vitaniello Bonito, che ha curato

69  Marco Conti, E la critica scopre le poesie “intimiste” del biellese Alberto Gatti, «La Stampa», 7 settembre 1989.

70  Cronaca flash, «Corriere della Sera», 12 ottobre 1989. Dal programma del convegno risulta che con lui erano Grigore Arbore, Cucchi, Erba, Fortini, Giudici, Franco Manzoni, Adam Puslojič, Sanguineti, Marin Sorescu e Vigorelli.

71  Daniela Pasti, Demenza & crudeltà, «La Repubblica», 15 ottobre 1993. Il servizio televisivo Rai sulla premiazione, andato in onda il 19 ottobre 1993, è disponibile a questo indirizzo: http://www. regionesicilia.rai.it/dl/sicilia/video/ContentItem-71a0dd23-3244-47fc-a9b8-63408a56b860.html [consultato l’ultima volta il 04/05/2020]. Alla primavera del 1992 risale poi una piccola polemica con Paola Dècina Lombardi su «Tuttolibri». La critica, nella sua recensione alle Poesie di Mallarmé tradotte da Patrizia Valduga, indica alcuni dei precedenti traduttori, impaginando in maniera poco felice l’elenco, in modo che gli ultimi due nomi risultano «Cosimo Ortesta (Fortini?)». Nel numero del 18 aprile viene pubblicata una lettera in cui Ortesta segnala che in questo modo il suo nome può venire inteso da un lettore inavvertito come pseudonimo di Fortini. Alla lettera seguono un intervento di Alberto Scarponi (25 aprile) e infine le scuse della Dècina Lombardi (I maggio).

queste pubblicazioni, include nel suo Il gelo e lo sguardo. La poesia di Cosimo

Ortesta e Valerio Magrelli il primo ampio saggio in volume a lui dedicato. Radio

3 lo intervista nella trasmissione «Poesia su poesia» nel maggio del 1997 e a

giugno partecipa al festival «Romapoesia»,72 mentre «Rivista di estetica» acco-

glie nell’ultimo numero di quell’anno alcune sue versioni dallo svizzero france- se Philippe Jaccottet. Nello stesso anno esce la sua traduzione del romanzo La

sesta prova di Laurence Cossé per Garzanti. Nel 1998 sue poesie vengono pub-

blicate su «Anterem», con cui collaborerà fino al 2000, pubblicando anche tra- duzioni da Jean Thibaudeau, Yves Bonnefoy e Claude Ollier. Sempre nel 1998 traduce Il circolo dei contastorie di Jean-Claude Carrière e pubblica una sequenza

inedita di poesie nell’antologia Lune gemelle.73 La quarta raccolta poetica, Serra-

glio primaverile, esce dalla romana Empirìa nel febbraio 1999,74 mentre a settem-

bre la casa editrice veronese Anterem, legata all’omonima rivista, gli conferisce

il premio Montano opere scelte75 pubblicando contestualmente l’autoantologia

Una piega meraviglia, accompagnata da un saggio di Bonito. A ottobre en plein officina di Meri Gorni pubblica il piccolo libro d’arte La bestia, con due poesie di

Ortesta (già presenti nel Serraglio) e una fotografia di Michael Taylor. Nel 2000, anno del suo definitivo ritorno a Roma, escono la traduzione di Le parole di

Tianyi di François Cheng e sue poesie sulla rivista «Galleria». Milli Graffi lo

intervista per «Il Verri» nel 2001 in una rassegna sul lavoro di poeta; escono intanto sue poesie su «Versodove» e due sue traduzioni di saggi per Garzanti:

L’euforia perpetua di Pascal Bruckner e Il volto di Van Gogh di François Bernard

Michel. In occasione di una nuova edizione dei Sonetti di Mallarmé per SE, del 2002, Ortesta ne rivede la traduzione. Nel gennaio del 2003 partecipa alla tra- smissione «Occasioni» su Radio 3, in una puntata dedicata ad Attilio Bertolucci. Un suo inedito, Céleste, tradotto da Martin Rueff, esce nel 2004 nella rivista francese «Po&sie», nell’ambito di una rassegna sulla poesia italiana contempo- ranea, per cui rilascia anche una breve intervista. A Roma partecipa a una tavo-

la rotonda dedicata a Elsa Morante il 26 novembre 2005.76 Nel marzo del 2006

esce da Donzelli il suo ultimo volume, a metà tra raccolta e autoantologia, che

riprende il titolo del poemetto d’esordio, La passione della biografia.77 Una breve

72  Claudio Lazzaro, Poeti in festival, un recital col pubblico, «Corriere della Sera», 24 giugno 1997. 73  A marzo 1998 si tiene anche un incontro a Grosseto con Ortesta e Jacqueline Risset su Poesia e

traduzione, cfr. Poesia, «Il Tirreno», 26 febbraio 1998.

74  La raccolta sarà poi finalista al premio Camaiore 2000, cfr. È la notte di Alda Merini. Alla poetessa

milanese il premio Camaiore, «Il Tirreno», 18 settembre 2000.

75  Paola Azzolini, «Montano», festa della poesia, «L’Arena», 25 ottobre 1999.

76  Una signora di mio gusto, «Internet Culturale», 11 novembre 2005, http://www.internetculturale. it/it/18/news/26755/una-signora-di-mio-gusto [consultato l’ultima volta il 04/05/2020].

77  L’autore partecipa a due presentazioni pubbliche del libro a Roma, il 4 ottobre 2006 e il 25 maggio 2007, cfr. Cosimo Ortesta, versi con la passione della biografia, «Corriere della Sera», 4 ottobre 2006;

intervista rilasciata ad Andrea Cortellessa esce nel 2006 in un volume dedicato alla fortuna di Beckett in Italia. Nel 2007 esce una nuova edizione dei suoi Fiori

del male con prefazione di Giovanni Cacciavillani; intanto, la rivista online

«Carte nel vento» ripubblica Il margine dei fossili. A dicembre del 2008 escono alcune poesie inedite sulla rivista «Poeti e poesia», diretta da Elio Pecora, men- tre viene annunciata su «Nazione indiana» un’edizione completa delle sue poe-