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Il bagno degli occhi: dal titolo al testo

I percorsi della poesia

1. Il bagno degli occhi 1 La cornice

1.3 Il bagno degli occhi: dal titolo al testo

Diversi critici a cominciare da Bonito hanno creduto di poter identificare la fonte del sintagma «bagno degli occhi» in un verso di Rimbaud, l’explicit di

Mémoire: 40 «Au fond de cet œil d’eau sans bords, – à quelle boue?».75 L’associa-

zione resta debole e ipotetica – il bagno non è l’acqua, e le due parole piene sono configurate in modo speculare: occhio d’acqua –, ma trova qualche sostegno in una lettura complessiva del componimento. Sono dieci quartine di alessandrini ripartite in cinque sezioni numerate di due quartine ciascuna, nelle quali l’os- servazione del paesaggio – un corso d’acqua, prati, uno stagno – cede continua- mente il campo alla visione, tra memoriale e onirica. Almeno due figurazioni si allacciano senza sforzo a quanto sarà inscenato nel Bagno: 1) l’associazione analogica tra l’acqua e l’occhio che rinvia alle sofferenze infantili (1 «L’eau clai- re; comme le sel des larmes d’enfance»), dà luogo all’immagine della «jaune et chaude paupière» (v. 13) e schiude nel finale la protratta descrizione dell’uomo

immobile sulla sua barca al centro di uno stagno che non ha riflessi né rive,76

possibile figura dell’adulto “fissato” al proprio orizzonte infantile; 2) la persona di Madame, in un punto detto Sposa (14 «ta foi conjugale, ô l’Épouse»), donna orgogliosa e distante che corre dopo la partenza dell’uomo in una possibile ri- proposizione dell’abbandono materno. I suoi tratti combaciano per certi versi con quelli della principessa che ossessionò Mallarmé, Erodiade (17 «Madame se

tient trop debout dans la prairie»), compresa una certa impronta luttuosa.77 Lo

stesso Mallarmé ci offre l’aggancio per un ulteriore rinvio, anche se va detto che in questo caso si tratta di poco più di una suggestione: una vera e propria «tra-

gedia dello sguardo»78 costituisce la parte centrale del progettato Tombeau per il

figlio Anatole, dove però la geometria dei ruoli familiari è differente – la madre e il padre scrutano ansiosi negli occhi del bambino nei quali si rivela tanto la sua

74  Deleuze 1975 [1969].

75  Così tradotto da Ortesta 1986a, 147: «In fondo a quest’occhio d’acqua senza sponde, – giù per quale fango?». Da quest’edizione provengono le altre citazioni.

76  Mémoire 31-32 «Puis, c’est la nappe, sans reflets, sans source, grise: / un vieux, draguer, dans sa barque immobile, peine»; 39-40 «Mon canot, toujours fixe; et sa chaîne tirée / au fond de cet œil d’eau sans bords, – à quelle boue?».

77  Mémoire 6-8 «[…] Elle, / sombre, ayant le Ciel bleu pour ciel-de-lit, appelle / pour rideaux l’ombre de la colline et de l’arche»; 23-24 «[…] Elle, toute / froide, et noire, court! après le départ de l’homme!».

illusoria vitalità (per la madre) quanto il suo destino di morte; la prospettiva è insomma quella dei genitori e non, come sarà nel Bagno, quella del bambino, e assai differente è la qualità dei traumi dai quali l’opera è determinata. Ma qual è, allora, il referente sotteso al bagno degli occhi? Ragioni collocate su diversi pia- ni ci inducono a identificarvi il condensato metaforico tanto dello choc trauma- tico vissuto dalla mente infantile al cospetto della scena primaria o di altri acca- dimenti familiari dolorosi e violenti, quanto della riattualizzazione che di quello choc propone in poesia la mente adulta del poeta, impegnata volontariamente in una regressione alle fonti primarie della sofferenza. Si tratta, per la poesia, di un compito impossibile nella misura in cui il suo oggetto diventa ciò che per sua natura sfugge alla dicibilità; ma anche, da un altro punto di vista, del compito a lei più congeniale, se, come sosteneva Francesco Orlando, proprio il linguaggio poetico e letterario con le sue figure consiste in una formazione di compromesso

capace di dar voce, al contempo neutralizzandolo, a un contenuto represso.79 I

riferimenti freudiani e quelli greci interni al libro, la cui zona di sovrapposizio- ne consiste guarda caso nel mito edipico, ci inducono a vedere nel bagno degli occhi anche un’allusione all’accecamento di Edipo, emblema del senso di colpa e delle tendenze autodistruttive che accompagnano il desiderio represso.

A tale costellazione analitica andrà riferita anche la dedica posta in esergo al libro – per mia madre – sulla quale bisogna però aggiungere qualcosa. Sfrut- tando lo spessore etimologico della preposizione, possiamo dire che la raccolta d’esordio si fa insieme dono ed attraversamento: opera in memoriam della ma- dre scomparsa durante la sua lunghissima lavorazione, iniziata già negli anni

Sessanta,80 essa è l’esito di un gesto gratuito che nasce dalla volontà di eternare

un legame di affetto e riconoscenza; e tuttavia al tempo stesso essa rappresenta il viaggio periglioso condotto verso le sorgenti di una presenza affettiva mitica e

la rottura originaria che ad essa lega indissolubilmente e per sempre.81

79  La proposta teorico-letteraria di matrice freudiana elaborata da Orlando (cfr. almeno Orlando 1992 [1973]) vede nella letteratura una formazione di compromesso, ossia la manifestazione semiotica di uno scontro di forze sempre riconducibili alla dialettica sociale e individuale tra repressione e represso. Il ritorno del represso emerge sotto forma di figuralità, intesa in senso ampio, sulla scorta del Gruppo µ, come qualsivoglia alterazione della trasparenza nel rapporto significante-significato.

80  Cfr. supra, p. 28.

81  Si potrebbe pensare che il vuoto causato dalla morte reale sia andato a sovrapporsi a una precedente frattura tra il sé e la figura materna. In proposito lo psicanalista francese André Green (2018 [1980]) ha chiamato «complesso della madre morta» quello che si sviluppa quando la madre subisce una grave depressione (in genere causata da un aborto), che causa un’improvvisa perdita di interesse nei confronti del figlio. Questo cambiamento repentino genera nel bambino un «nucleo freddo» (p. 229) che marchia indelebilmente i futuri investimenti erotici. Tale catastrofica perdita dell’affetto costituisce un violento trauma narcisistico, cui il soggetto può rispondere con diversi meccanismi di difesa: il disinvestimento dell’oggetto materno; l’individuazione di un capro espiatorio nel padre, conseguente alla costruzione immaginaria della scena primaria (da

Più in generale, ritornando al titolo del libro e sconfinando in direzione an- tropologica, il bagno degli occhi rappresenta la cecità inflitta come punizione a chi ha infranto un’interdizione visiva, ma accanto a essa può evocare forme di visionarietà e veggenza affidate a «un occhio interiore che supplisce alla vista fi- sica».82 Tornando all’analogia, il tertium della liquidità associa l’interno dell’oc-

chio agli specchi d’acqua, due realtà che proprio in virtù della liquidità – ma anche, come ci insegna Rimbaud, dell’assenza di bordi propria di certi stagni im- possibili – possono essere accostate agli attributi-chiave dell’inconscio: fluido, indifferenziato, infinito. Precipitare in queste profondità senza fondo significa,

nella simbologia del Bagno, annegare.83

In quali modi sia possibile dare conto, concretamente, del bagno degli occhi, lo mostra con grande efficacia il componimento che porta lo stesso titolo:

Nitida madre caduta a spron battuto 1a 4a 7a 9a 11a

da scalea posando calzata in cima al bisbiglio 3a 6a 9a 12a 15a

mi si musica a tutto misi mu 3a 6a 10a

parte senza un grido 1a 3a 5a

5 e mi pare di no 3a 6a’’

così come è che 3a 6a’’

a quattro a quattro si separa 2a 4a 8a

cadendo lontano dalla scala 2a 5a 9a

e non basta che a riva 3a 6a

10 il suono al colore la mano in cerca 2a 5a + 2a 5a

d’occhi neanche 1a 4a

gli occhi cadendo e occhi del bambino 1a 4a 6a 10a

che si bagna 3a

non basta al cavallo 2a 5a

15 frescura d’alloggi 2a 5a

né voce da pastiglia in atra notte 2a 6a 8a 10a

per celare culi in equilibrio 3a 5a 9a

ad alta voce: – Questo è l’anno di Rubens – 2a 4a 6a 8a 11a

una tazza mi sceglie soffiando 3a 6a 9a

20 scrocchiando il disegno e la fattura 2a 5a 9a

la mano siede in ascolto avvampa 2a 4a 7a 9a

stridendo tutta assai nella selva e si plasma 2a 4a 6a 9a 12a cui il soggetto è escluso); l’odio; l’autoerotismo; lo sviluppo precoce delle capacità immaginative e intellettuali. In particolare, il soggetto tende a cercare di ricostruire la propria unità attraverso la creazione artistica e il lavoro intellettuale, ma rimane particolarmente vulnerabile nell’ambito della vita affettiva, a causa della presenza “congelata” della madre morta, muta, indifferente, «che non finisce mai di morire» (p. 233) e che continua ad agire ogni volta che si tenta di riempire il vuoto lasciato da lei con nuovi oggetti [nota di Jacopo Galavotti].

82  Deonna 2008 [1965], 74.

83  [che finisca] 1-2 «che finisca / l’acqua in cui scorro»; [Nave con sigilli] 1-7 «Nave con sigilli / ventre di madre liscia sulla carne / di testa per spogliarmi / a più facce sfilata / coperta nella faccia / fornita sempre / nel flusso mi strozza».

e me a produrla /mi/ dai piedi appannati 2a 4a 6a 8a 11a

via via mi più lieve stravolgo 2a 5a 8a

25 petto non basta perché seno 1a 4a 7a 8a

è petto levato 2a 5a

in tempo d’uccelli 2a 5a

e mi pare di no 3a 6a

la siesta i roghi dei perlutti finiti 2a 5a + 3a 6a

30 i pasti in lingua chieduti 2a 5a 8a

al giardino pigolato si ruppe nella testa 3a 7a + 2a 6a

e bocche disfama seduta 2a 5a 8a

colonie di buona stagione – mia bella mano – 2a 5a 8a + 2a 4a

e botte in fracasso nelle diverse dita 2a 5a + 4a 6a

35 a nord a nord del piumato si spinge mi hanno 2a 4a 7a 10a 13a

mi hai timbri sul ferimento? 2a 7a

Il lettore è coinvolto in una situazione testuale complicata ma non impossi- bile da gestire: pur trovandosi di fronte a un indebolimento dei legami coesivi e, soprattutto, della coerenza testuale, può affidarsi ad alcune isotopie. La coeren- za, allora, più che assente, è realizzata parzialmente: vengono meno continuità e progressività del tema, non la sua unità. Nella prima strofa la madre, come altro- ve calzata, cade dalle scale e simultaneamente l’insorgere di una musica occupa la coscienza dell’io. Nella seconda strofa l’io-bambino è protagonista del bagno degli occhi in corrispondenza di una scena che con ogni probabilità è quella pri- maria (il cavallo-padre, l’«atra notte», i «culi in equilibrio») e che ritorna all’i- nizio della quarta strofa nel binomio di «petto» e «seno» (vv. 25-26). Di nuovo la madre è protagonista, nella terza strofa, di una scena domestica nella quale

sembra prendersi cura del bambino:84 la scelta della tazza (v. 19) ritorna come

richiesta del pasto (v. 30) e come suo svolgimento (v. 32) nel seguito. Un nuo- vo turbamento tuttavia insorge nella mente del figlio, figurato per sineddoche nella mano come poi al v. 33. La quarta strofa, oltre che da nuove immagini di perdita e violenza, è contraddistinta dalla comparsa degli uccelli, un motivo che s’intreccia a quello della violenza patita dal figlio fino alla fine del testo. Come forse si intuisce, i significati obbediscono a un principio di alternanza, come te- stimonia tra l’altro l’utilizzo delle ripetizioni a distanza: 5-28 «e mi pare di no»; 9-4-25 «non basta». L’alternanza interessa anche il tasso di opacità semantica: a passaggi più chiaramente intellegibili se ne alternano altri più disturbati, in corrispondenza dei quali alcuni fatti stilistici segnalano l’introiezione diretta degli choc nel tessuto verbale.85 Il più evidente è senza dubbio la dissoluzione del

84  O forse dell’adulto, se prestiamo fede alla sibillina indicazione cronologica dell’«anno di Rubens» (v. 18), che potrebbe riferirsi al quarto centenario della nascita (1977).

segmento «mi si musica» (v. 3) e il conseguente imperversare delle sillabe sciol- te mu e mi, sorta di tremito verbale che talora interrompe lo svolgimento sintat- tico-semantico. Altri segnali del turbamento sono identificabili nella ripetizione lessicale ravvicinata (11-12 «d’occhi neanche / gli occhi cadendo e occhi del bambino») fino all’epanalessi vera e propria (24 «via via», 35 «a nord a nord») e al polittoto verbale a contatto (35-36 «mi hanno / mi hai») e nell’addensarsi del lessico violento ed espressionistico (20-24 scrocchiare, avvampare, stridere, ap-

pannare, stravolgere, 34-36 botte, fracasso, ferimento). Proprio il lessico si rivela

decisivo nella sua facoltà di amalgamare un polo alto, aulico-letterario, ed uno basso, che unisce disfemia e neoconiazione. Oltre che dagli apporti squisitamen- te lessicali (a spron battuto, scalea, calzato, frescura, atro, celare, selva, disfamare), le movenze letterarie dipendono dalla morfosintassi («frescura d’alloggi», «in tempo d’uccelli») e dagli interventi operati sull’ordo verborum («tutta assai nella selva», «e bocche disfama sedute»). A questa costellazione si oppongono i «culi in equilibrio» e i neologismi traumatici ottenuti per composizione e alterazione morfologica (perlutto, chieduto), il trattamento nominale degli aggettivi (piuma-

to) e le iuncturae incoerenti (pigolato, detto di giardino). Si può dire, su questa

che è una caratteristica generale del libro, che la compresenza dei due lessici sembra rispondere a una logica di convergenza speculare: muoversi sopra e sot- to lo standard significa in entrambi i casi neutralizzare – nel senso orlandiano già ricordato di negare per rendere dicibile – la realtà dei referenti evocati nel testo, consentendo di dire e non dire l’oggetto del discorso.

Più difficile è descrivere le alterazioni del tessuto sintattico e testuale, im- prontate a un generale allentamento dei nessi. Ne fanno fede l’assenza presso- ché totale della punteggiatura, l’abuso della e copulativa, spesso in attacco di verso, che veicola semplici relazioni testuali di aggiunta, e la giustapposizione dei sintagmi nominali (29-30), lo svuotamento dei connettivi (6 «così come è che») e delle subordinate completive, e una generale assenza, in molti casi, di nuclei predicativi chiaramente identificabili. Gli stessi parallelismi anaforici, con la parziale eccezione di «non basta» (9-14-25), danno l’impressione di un meccanismo che gira a vuoto (5-28 «e mi pare di no») e veicolano più insistenza semantica che sviluppo. In compenso, l’articolazione metrica e ritmica si mani- festa con forza come organizzazione alternativa o quantomeno complementare della materia verbale e lo fa nei suoi modi consueti, ovvero a macchia di leo- pardo ma con continuità. All’interno di una generale insistenza sui moduli di 2a 5a e 2a 6a si possono differenziare coppie di versi e di emistichi isometriche e

maturo: «Ma la registrazione sismografica di chocs traumatici diviene nello stesso tempo la legge tecnica della forma musicale, che proibisce ogni continuità e sviluppo. Il linguaggio musicale si polarizza verso gli estremi: da una parte produce gesti di choc, simili a brividi corporei, dall’altra trattiene in sé, vitreo, ciò che l’angoscia fa irrigidire» (Adorno 2002 [1949], 47).

isoritmiche (vv. 5-6, 14-15, 33-34), serie scalari (vv. 9-12) e la combinazione delle

due tipologie in lunghe sequenze compatte (vv. 26-30).86