IL TESTO NELLA SEMIOLOGIA INTERPRETATIVA
3.3. Un’altra teoria del testo in semiotica
3.3.3. Discorso, genere, testo: una diversa architettura teorica
Rastier (1998: 104) mostra come i due paradigmi predominanti nelle discipline del linguaggio, quello logico-grammaticale e quello retorico-ermeneutico, si distinguano fondamentalmente per il ruolo assunto dal contesto nell’analisi linguistica.
Fuori contesto Significazione Frase «Testo»
In contesto Senso Enunciato Discorso Rastier (1998: 104, trad. nostra)
277 Questa possibilità di identificare la testualità come proprietà emergente fa sorgere allora una domanda: prima che i
testi siano oggetto di analisi, come potrebbe essere considerato il loro stato anteriore? Dovremmo, infine, considerare questa sorta di «pre-testo» (Ablali 2003: 88) comme non-testuale oppure extra-testuale? «Or, sur son état antérieure, son “pre-texte”, si nous pouvons dire, Hjelmslev ne souffle mot. Peut-être parce qu’il voit en l’état du texte avant l’analyse un objet extralinguistique qu’il incombe à la génétique, ou à la philologie d’analyser» (Ablali 2003: 88). A questa domanda è possibile rispondere, però, soltanto attraverso un’interrogazione filosofica del testo. Rinviamo la discussione di questo problema al § 4.9.
Un’adeguata teoria del testo deve partire proprio dai limiti che i vari modelli interpretativi applicati al testo hanno mostrato.
1) Un modèle de la référence n’est pas un modèle du texte. Même si l'explication extrinsèque que propose ce modèle s’appuie sur la longue et puissante tradition du réalisme philosophique, la référence reste conçue comme une propriété du signe et de la proposition, mais devient évasive au palier du texte.
2) Un modèle de l’intention ou de la production ne peut passer pour un modèle du texte, du moins tant qu’il n’est pas articulé à un modèle linguistique; et, même alors, l’intention demeure une conjecture.
3) Un modèle de l’interprétation n’est pas non plus un modèle du texte. Les abstractions comme le Lecteur-
Modèle (Eco) ou le Superreader (Riffaterre) hypostasient les performances bien attestées de ces deux auteurs, mais ne
peuvent, nous semble-t-il, prétendre à une validité plus étendue (Rastier 1996c: 13; 2001: 15).
«Or, c’est précisément la subordination à ces trois pôles extrinsèques qui empêche de
concevoir la textualité. Dans les trois cas de réduction en effet, le texte est rapporté à un autre niveau ontologique que celui du langage, ce qui empêche de concevoir son statut propre» (Rastier
1996, ed. on line). Questi tre modelli che riassumono le posizioni dominanti nelle teorie del testo sottendono tre diverse posizioni filosofiche che sono altrettanti esempi di riduzionismo. Essi obbediscono, infatti, a due forme di semplificazione del testo e del problema della testualità: una «semplificazione causale» e una «semplificazione funzionale» (Rastier 1996c).
La simplification causale voudrait qu’il y ait des causes isolables, et que l’effet se connaisse tout entier dans la cause (ici, l’intention de l’émetteur ou du récepteur). Cette simplification témoigne du prestige des sciences physiques, que le positivisme avait exalté, et permet de reduire les faits humains à des faits psychiques, puis neuronaux, enfin physico-chimiques. Elle repose sur l’idée d’un déterminisme universel, qui voudrait régir par les mêmes lois tous les niveaux de la réalité. Ou toutes les « couches de l’Être ».
La simplification fonctionnelle dépose en creux dans le langage l’empreinte de la pensée, traditionnellement considérée comme autarcique et dominatrice. En admettant que le langage est un instument déterminé par ses focntions, on reprend le modèle des sciences de la vie, et le précepte adaptationniste que la fonction crée l’organe. La linguistique focntionnelle procède de cette autre forme de déterminisme (Rastier 2001: 16).
Questi modelli del testo, e le conseguenti riduzioni che essi realizzano, impediscono perciò di concepire la testualità. Il testo viene definito, infatti, in relazione a tre poli ontologici extratestuali, che abbandonano il testo stesso in partenza. «Nel quadro di una semantica linguistica, questi poli hanno un’incidenza sul testo attraverso la mediazione di un genere, perché tutto procede da un genere. Il genere definisce il posto dell’enunciatore e del destinatario; circoscrive quello del referente.» (Rastier 1996c: 15, trad. nostra). I tre poli ontologici, estrinseci rispetto al testo, trovano, allora, nel genere la mediazione che ne permette la realizzazione nel testo stesso. La mediazione si
realizza attraverso il livello enunciativo in cui convergono le strategie testuali. Il livello enunciativo media la relazione fra testo e contesto, attraverso il genere. Tuttavia, la coesione testuale, che fa del testo una globalità, dipende dall’isotopia che non è un meccanismo ascrivibile al solo livello enunciativo, bensì attraversa il testo nella sua complessità e restituisce l’idea di testo come globalità. Ed è questa stessa globalità che permette poi la valorizzazione delle singole componenti testuali. «Le sens même, la recevabilité d’un énoncé, ne peuvent être définis hors de son contexte
linguistique et/ou de son entour pragmatique. Aussi, le texte n’est pas “après”, mais “avant” l’énoncé : notamment par les phénomènes d’isotopie, la cohésion du texte détérmine celle de l’énoncé» (Rastier [1987] 2009: 165). Così, rispetto alla relazione fra testo ed enunciazione, Rastier
si trova in una posizione intermedia fra le posizioni della semiotica generativa e quelle dell’ermeneutica filosofica: per Greimas l’enunciazione precede il senso; per Ricœur è il senso che precede l’enunciazione; per Rastier, invece, è il testo che precede l’enunciazione ed il senso si cotruisce come percorso fra il testo e il suo contesto, ossia ciò che ingloba anche l’uniciazione. (cfr. Rastier 1987: 218). Le strategie testuali di mediazione riconducono a loro volta alla nozione di
genere, inteso come codificazione nel testo di un tipo testuale specifico. Rastier parla, allora, di una
necessaria «disontologizzazione» del testo: partendo da punti di vista esterni, infatti, il testo non può esser oggetto di un’analisi specifica, bensì un oggetto secondario.
Il fatto che il senso di un testo sia immanente a una situazione di comunicazione, piuttosto che al testo, fa sì che situazioni tipiche determinino tipi particolari di testi (Rastier 1989, cap. III). Rastier (1989: 43-47) prende in considerazione le tipologie testuali proposte nell’ambito delle teorie linguistiche, ma sostiene che la loro parzialità e inadeguatezza dipende dall’esclusione della
sistuazione di comunicazione come criterio di determinazione dei tipi testuali, spesso decisi secondo
un modello funzionale della lingua e dei segni linguistici, inadeguato per ciò stesso all’analisi dei testi. Infatti, secondo Rastier, se il senso è immanente alla situazione di comunicazione, e non al testo, è proprio la situazione di comunicazione l’elemento decisivo per la costruzione di una tipologia testuale. I percorsi interpretativi che permettono di (ri)costruire il senso testuale subiscono, infatti, la mediazione dei tipi testuali: questo permette di superare i limiti delle ermeneutiche regionali, che si concentrano sullo studio di testi specifici (religiosi, letterari, giuridici…), così come i limiti della linguistica testuale (cap. 6), che porta invece su uno studio generale del testo linguistico. Ecco, allora, che nella semantica interpretativa interviene la nozione di genere, che diventa oggetto di una specifica teoria dei generi solo recentemente nella riflessione teorica dell’autore278 (Rastier 2001b). «Un genere è un programma di prescrizioni positive o
278 Anche la teoria dei generi proposta da Rastier (1989, 2001b) deriva da una lettura «produttiva» della teoria
del linguaggio di Hjelmslev (1943b). «Da questo punto di vista l’analisi del testo, comprese le parti del testo che abbiano grande estensione, spetta inevitabilmente al linguista. Si cerca di compiere una partizione del testo, tenendo
negative, e di licenze che regolano tanto la generazione di un testo quanto la sua interpretazione; esse non derivano dal sistema funzionale della lingua, ma da altre norme sociali. Non esiste testo (né enunciato) che possa essere prodotto dal solo sistema funzionale della lingua (nel senso ritretto di linguisticizzazione). In altri termini, la lingua non è mai il solo sistema semiotico all’opera in una sequenza linguistica, poiché altre codificazioni sociali, specialmente di genere, sono all’opera in ogni comunicazione verbale.» (Rastier 1989: 37, trad. nostra). Il genere sopperisce a quel vuoto che la teoria del testo riporta alla luce nel momento in cui si passa dall’analisi dello strato della forma all’analisi dello strato della sostanza. Nella mediazione del genere ritroviamo, allora, in nuce il programma di una semiotica delle culture che Rastier svilupperà soltanto in seguito (cf. § 3.4.1).
«Riduciamo troppo spesso l’oggetto della linguistica alla sola “forma”. La “sostanza” linguistica, giudicata non pertinente relativamente al sistema linguistico, è infatti strutturata attraverso dei sistemi di cui una linguistica limitata non tiene conto. È questa “sostanza semioticamente formata” costituita da sistemi non descritti dalla linguistica (fra cui i generi), ma all’opera in ogni testo, che costituisce secondo Hjelmslev, il “punto di contatto della lingua con le altre istituzioni sociali”. Vale a dire che lo studio dei generi testuali rientra nel campo della semiotica ma non della linguistica? Conveniamo piuttosto sul fatto che niente di langagier dovrebbe sfuggire alla linguistica, e che la semiotica testuale non ha fatto che rimediare alle insufficienze di una linguistica troppo limitata. In breve, lo studio dei generi rientra di diritto nel campo della linguistica. È compito allora della semiotica pensare l’interazione di diversi sistemi che producono un testo, come la sua inserzione nella situazione di comunicazione da cui prende il suo senso.» (Rastier 1989: 38, trad. nostra).
L’uso di una lingua è un’attività sociale, così come lo è ogni altra situazione di comunicazione. Perciò l’uso della lingua è relativo ad una determinata pratica sociale, che impone in quanto tale i propri vincoli. Per questo motivo Rastier pone alla base della sua semantica interpretativa «l’onnipresenza dei generi». Ad ogni pratica sociale è associato infatti un discorso: la pratica giuridica si associa ad un discorso giuridico, quella religiosa a un discorso religioso, ecc. Rastier rifiuta l’uso anglosassone che costruisce un’equivalenza fra le nozioni di discorso e testo,
selezione e reciprocità come basi della divisione, e a ogni stadio dell’analisi si cercano le parti di estensione massima. Ed è facile vedere che un testo di estensione molto grande o illimitata offre la possibilità di una partizione in parti di grande estensione definite da reciproca selezione, solidarietà o combinazione. La prima di tali partizioni è quella in linea del contenuto e linea dell’espressione, che sono solidali. Quando queste siano ulteriormente partizionate sarà possibile [p.106] e necessario, tra l’altro, analizzare la linea del contenuto in generi letterari, e poi analizzare le scienze in presupponenti (selezionanti) e presupposte (selezionate). La sistematica dello studio della letteratura e della scienza in generale trova dunque la propria scienza naturale entro la struttura della teoria linguistica, e nell’analisi delle scienze la teoria linguistica deve arrivare a contenere la sua stessa definizione. A uno stadio più avanzato del procedimento le parti del testo più grandi devono essere ulteriormente partizionate: produzioni di singoli autori, opere, capitoli, capoversi e così via in base alla presupposizione, e poi analogamente periodi e proposizioni. A questo punto, fra l’altro, i sillogismi saranno analizzati in premesse e conclusioni, ciò che è ovviamente uno stadio dell’analisi linguistica in cui la logica formale deve situare una parte importante dei suoi problemi. In tutto questo si vede un significativo allargamento della prospettiva, degli schemi di riferimento, e delle capacità della teoria linguistica, e una base per una motivata o organizzata collaborazione fra la linguistica in senso stretto e varie altre discipline che fino ad ora, ovviamente più o meno a torto, si sono ovviamente considerate estranee alla scienza linguistica.» (FTL: 105-106).
come abbiamo visto (cap. 2). Il discorso corrisponde a ciò che Rastier chiama «domini semantici», formazioni di senso cui si fa ricorso nell’interpretazione. Poiché coinvolto in diverse pratiche sociali, il locutore deve quindi essere capace di gestire discorsi diversi, quindi deve essere capace di gestire generi diversi (Rastier parla, inftti, di due tipi distinti di competenze del locutore, «produttiva» e «interpretativa»), che altro non sono se non le codificazioni dei discorsi (quindi, a monte, delle pratiche sociali) nei singoli testi. La mediazione dei generi si rivela indispensabile per l’interpretazione dei testi, poiché permette di formulare dei criteri di plausibilità di lettura e contribuisce a determinare l’«impressione referenziale» del testo (Rastier 1987). «Insomma, un discorso si articola in diversi generi, che corrispondono ad altrettante pratiche sociali differenziate all’interno di uno stesso campo. Così un genere è ciò che collega un testo a un discorso. Una tipologia di generi deve tenere conto dell’incidenza delle pratiche sociali sulle codificazioni linguistiche.» (Rastier 1989: 40, trad. nostra). Perciò la mediazione del genere279, la cui origine è
riconducibile alla differenziazione delle pratiche sociali, rende evidente quale sia l’eredità che Rastier coglie contemporaneamente e dal saussurismo, e dalla mediazione hjelmsleviana di questo: la pluralità delle istituzioni sociali, fra cui la lingua, che trovano realizzazione attraverso le pratiche sociali, si rivela nella pluralità dei generi, codificazioni delle pratiche stesse, che permettono di ritrovare nei testi linguistici – che a loro volta attraverso i generi si riallacciano ai discorsi di cui fanno parte – le tracce delle istituzioni sociali non-linguistiche con cui la lingua è in relazione. Tuttavia, questo si evince soltanto dall’analisi della «sostanza» linguistica, rivelando così il posto che questa teoria del testo occupa fra le teorie linguistiche contemporanee.