IL TESTO NEL METALINGUAGGIO SEMIOTICO: UNA SECONDA APERTURA ALL’ERMENEUTICA
2.3. La nozione di discorso negli strumenti semiologic
2.3.2. La nozione di discorsivizzazione
L’approccio generativo che contribuisce a costruire, insieme all’approccio strutturale, l’impianto teorico del DRTL sostiene i fenomeni di discorsivizzazione e testualizzazione (§ 2.7.1). Il fatto che il discorso sia presentato come il prodotto finale di un «percorso generativo» del senso consente di problematizzare le «strutture discorsive», le sole di cui possiamo avere esperienza, che (s)velano le «strutture profonde» di cui sono manifestazione. Occorre, allora, supporre, innanzitutto, un’istanza di manifestazione. Tuttavia, proprio in quanto istanza di manifestazione, essa sfugge alla possibilità dell’analisi. Oltre a portare in primo piano la dipendenza concettuale fra le nozioni di
discorso ed enunciazione, l’istanza di manifestazione, quindi il passaggio dalle «strutture profonde»
alle «strutture superficiali», è logicamente presupposta, nell’ambito del percorso generativo, all’istanza di enunciazione. Quest’ultima coincide con ciò che nel DRTL è chiamato
discorsivizzazione.
Discorsivizzazione è uno dei neologismi introdotti nella terminologia semiotica del DRTL.
La distinzione due livelli strutturali di cui si costituisce il discorso, cioè le strutture semio-narrative (profonde) e le strutture discorsive (superficiali), presuppone determinate «procedure della messa in discorso» (DRTL: 85). La «messa in discorso» è, appunto, la discorsivizzazione. Le procedure152
devono coprire «la distanza che separa la sintassi e la semantica narrative (che costituiscono il livello di superficie delle strutture semiotiche) dalla rappresentazione semantico-sintattica del testo. Quest’ultimo sarà allora suscettibile, in seguito alla testualizzazione, di servire da livello profondo alle strutture linguistiche di superficie (nel senso chomskiano)» (DRTL: 85, corsivo nostro). In questo senso, allora, discorsivo diventa sinonimo di narrativo, come avevamo visto già in Rey- Debove (1979). La discorsivizzazione riempie da un punto di vista narrativo il vuoto che sussiste fra strutture profonde e strutture superficiali, considerate nell’ambito di un percorso generativo del senso che prende in prestito generatività e profondità dalla teoria linguistica chomskiana (Chomsky 1957). La discorsivizzazione concerne la narratività delle strutture, tanto in profondità, quanto in superficie. Alle strutture di superficie si arriva, però, soltanto a testualizzazione compiuta. La
testualizzazione consiste in una deviazione del percorso generativo verso la manifestazione. Quali
152 Gli autori del DRTL sottolineano l’impossibilità all’epoca di precisare le forme di queste procedure. «Una
descrizione soddisfacente del processo di produzione del discorso è, allo stato presente delle ricerche in semiotica, compito che oltrepassa le sue possibilità : così pensiamo che occorra limitarsi ad abbozzare, a grandi linee, l’economia generale di queste porcedure, distinguendo per quanto possibile, le loro diverse componenti nell’attesa che analisi parziali si organizzino in una strategia d’insieme, permettendo una riformulazione meno intuitiva delle strutture e delle operazioni in gioco.» (DRTL: 85).
siano i rapporti fra le nozioni di discorsivizzazione e testualizzazione, però, resta un problema ancora attuale nella semiotica contemporanea153.
«Le procedure di discorsivizzazione – destinate a costituirsi in una sintassi discorsiva – hanno questo in comune: sono definibili come la messa in opera delle operazioni di débrayage154 e di embrayage155 e appartengono all’istanza dell’enunciazione.» (DRTL: 85). La discorsivizzazione è, allora, un enunciarsi del discorso, un’istanza di enunciazione, che è cosa diversa da un’istanza di
manifestazione. Le procedure di discorsivizzazione vengono distinte «in almeno tre sotto-
componenti: l’attorializzazione156, la temporalizzazione e la spazializzazione, che hanno l’effetto di produrre un dispositivo di attori e un quadro temporale e spaziale dove verranno a iscriversi i programmi narrativi che discendono dalla strutture semiotiche (o narrative)» (DRTL: 86). Esse provvedono, perciò, alla costruzione del percorso generativo del senso soltanto da un punto di vista
narrativo. Questo vuol dire che mentre la nozione di discorsivizzazione provvede alla
“narrativizzazione” nel percorso generativo del senso, a questa è presupposta una procedura di manifestazione. Per quetso motivo le due nozioni di discorsivizzazione (“narrativizzazione”) e
testualizzazione (manifestazione) devono mantenersi distinte.
«Anche in senso largo, la discorsivizzazione è da distinguere dalla testualizzazione, che per noi è una deviazione del discorso (eseguibile in linea di principio a partire da qualsivoglia istanza del percorso generativo) che tende verso la manifestazione, e si definisce in rapporto ad essa. Una delle procedure della testualizzazione è la linearizzazione, ovvero la decostruzione del discorso, dovuta alle costrizioni della linearità del testo, e la sua ricostruzione nel quadro di sempre nuove regole del gioco, che le sono imposte. Ne risulta una nuova segmentazione testuale, che produce unità testuali di nuovo genere. La testualizzazione ha per effetto di produrre un discorso lineare, segmentato in unità di dimensioni diverse, e formulabile come una rappresentazione profonda, pronta, passando alle strutture linguistiche di superficie, a realizzarsi come un discorso manifestato.» (DRTL: 86).
153 Questa difficoltà è stata messa in evidenza da Pasonetti (2005/2006).
154 Le operazione di débrayage, lo ricordiamo, eliminano l’istanza di enunciazione dalle strutture discorsive. Cf.
(DRTL: ad vocem).
155 Le operazione di embrayage, lo ricordiamo, inseriscono l’istanza di enunciazione nelle strutture discorsive. Cf.
(DRTL: ad vocem).
156 La relazione fra enunciazione e discorso rimanda a una nozione ampia di comunicazione. Il richiamo alla
comunicazione riporta l’attenzione sulle pratiche discorsive come risultato di un’interazione fra soggetti, che nella dimensione stessa del discorso si trasformano (senza, però, corripondervi) in attanti. Ciò è ripreso, ad esempio, nel complemento alla nozione di discorsivizzazione pubblicata nel secondo volume del DRTL. «Discursivisation CP [complément et proposition] 1. Rappelons d’abord que la procédure de discursivisation entre en jeu au niveau de l’énonciation, qui est aussi le niveau de la réalisation des structures sémio-narratives dans leur ensemble. Comme on le sait aussi, l’énonciation est l’instance du sujet de l’énonciation (le sujet producteur du discours qu’il ne faut pas confondre avec les sujets d’état et de faire actualisés dans la syntaxe narrative) qui recouvre deux positions actantielles : celles d’énonciateur et celle d’énonciataire. Pour comprendre le mode de génération des composantes discursives il faut donc comprendre comment le sujet de l’énonciation est instauré en tant que sujet du faire-discursif qui consiste à discursiviser les structures sémio-narratives. » (DRTL 1986 : ad vocem).
La nozione di discorsivizzazione si trova allora chiaramente distinta da quella di
testualizzazione: la prima è relativa a un’istanza di enunciazione, la seconda a un’istanza di manifestazione. Mentre la discorsivizzazione segna il passaggio delle strutture narrative da un
livello profondo a uno superficiale, in una relazione inestricabile con la nozione di narratività, la
testualizzazione apre alla manifestazione in qualunque momento del percorso generativo. La
nozione di testualizzazione è allora una nozione che sfugge all’analisi, perché incarna quella stessa
istanza di manifestazione che precede la possibilità di avere un oggetto di analisi, e nello specifico
di riconoscere un oggetto qualsiasi come testo prima ancora di analizzarlo come discorso in cui si realizza effettivamente157. A differenza della discorsivizzazione che spiega la «messa in discorso» dal punto di vista delle strutture narrative di un oggetto già manifestatosi, la testualizzazione è un «venire all’essere»158 (cap. 4), secondo le possibilità offerte dalla semiotica in questione, di
qualcosa come testo o discorso. La nozione di testualizzazione mantiene, allora, un valore filosofico residuale trasportato all’interno dell’epistemologia hjelmsleviana: la nozione di manifestazione, infatti, è una termine cardine della teoria del linguaggio hjelmsleviana (§ 2.6). Così conseidarata, allora, la testualizzazione rappresenta quel residuo di ontologia che rimane nel passaggio da una semiotica del segno ad una semiotica del testo (cap. 6). Proprio perché costituisce l’ultimo ponte con la realtà che la testualizzazione si trova ad affrontare le restrizione imposte dalla «materia dell’espressione», per utilizzare nuovamente i termini della teoria del linguaggio hjelmsleviana, risolvendosi allora nella linearizzazione delle strutture discorsive. Nell’ambito di una semiotica linguistica, viene proposta allora una relazione di identità fra testualizzazione e linearizzazione, che rimane ancora oggi controversa (§ 2.7.1).
157 Alla voce manifestazione del DRTL leggiamo: «poiché la manifestazione, concepita come la presentificazione della
forma nella sostanza presuppone preliminarmente la semiosi (o l’atto semiotico) che congiunge le due forme dell’espressione e del contenuto ancor prima, per così dire, della loro realizzazione materiale. La manifestazione è dunque, e anzitutto, la formazione del livello dei segni o, se si vuole, (e grossolanamente) la postulazione del piano dell’espressione al momento della produzione dell’enunciato e, all’inverso, l’attribuzione del piano del contenuto al momento della sua lettura. L’analisi immanente di una semiotica è allora lo studio di ciascuno dei due piani del linguaggio presi separatamente.» (DRTL: 190-191). Bisogna allora precisare che le strutture profonde artcolano l’immanenza in ciascuno dei due piani (dell’espressione e del contenuto), ma la manifestazione non identifica le strutture superficiali. «Ne deriva che le due coppie opposizionali: immanenza/manifestazione e profondità/superficie non sono né omologabili, né sovrapponibili.» (DRTL: 191). La manifestazione è l’interruzione del percorso generativo del senso, ossia l’interruzione dell’articolazione delle strutture profonde che costruiscono il percorso generativo stesso, «che obbliga un’istanza di questo percorso a costituirsi in uno dei piani dei segni. […] Quando il linguista analizza le strutture profonde e vuole renderne conto con l’aiuto di un sistema di rappresentazione qualsiasi, egli arresta, fissa, a un dato momento, il percorso generativo, e manifesta allora le strutture immanenti monoplanari servendosi di un concatenamento di segni biplanari (o di simboli interpretabili).» (DRTL: 191).
158 In una paragrafo estratto dalla definizione di manifestazione presente nel DRTL un eventuale valore ontologico
residuale nella semiologia rappresentata dal DRTL è esplicitamente negato. «Nel quadro delle modalità veridittive, lo
schema della manifestazione è quello dell’apparire/non-apparire, in opposizione (e complementarità) allo schema
dell’immanenza (essere/non-essere), senza che peraltro simili denominazioni implichino una presa di posizione ontologica.» (DRTL: 191). Le ragioni e le modalità dell’estromissione del problema ontologico dall’epistemologia semiotica le capiremo più tardi, in relazione alla nozione di testo (§ 3.2.1).
Nel complemento alla definizione di discorsivizzazione pubblicato nel DRTL (1986) viene portata in primo piano, invece, l’equivalenza fra le nozioni di enunciazione e realizzazione. «Ricordiamo innanzitutto che la procedura di discorsivizzazione entra in gioco al livello dell’enunciazione, che è anche il livello di realizzazione delle strutture semio-narrative nel loro insieme» (DRTL 1986: ad vocem, trad. nostra). Detto altrimenti, discorsivizzazione, enunciazione e
realizzazione rinviano a uno stesso livello di descrizione. L’equivalenza di discorsivizzazione e realizzazione riporta l’attenzione sulle nozioni di realizzazione159 e manifestazione160 nell’ambito della teoria del linguaggio hjelmsleviana. Queste sono fondamentali nella definizione della nozione di testo che emerge dalla teoria del linguaggio di Hjelmslev.
Emerge, allora, una prima distinzione fra discorsivizzazione e testualizzazione, la cu definizione rinvia evidentemente all’epistemologia hjelmsleviana, ricorrendo a due diversi problemi, rispettivamente la realizzazione e la manifestazione di un oggetto semiotico.
DRTL (1979, tr. it. 2009: 85-86) discorsivizzazione testualizzazione ↓ ↓ realizzazione manifestazione ↓ ↓ discorso testo
159 La nozione hjelmsleviana di realizzazione appartiene ha valore esclusivamente epistemologico, che elimina ogni
eventuale senso ontologico del termine: «chiamiamo realizzata una classe se essa può essere presa come oggetto di un’analisi particolare; altrimenti la chiamiamo virtuale [se essa può essere presa come oggetto di un’analisi universale]» (FTL: 44). La realizzazione è un concetto epistemologico che individua il tipo di analisi (particolare) che si può compiere soltanto su determinati oggetti (particolari).Questo concetto hjelmsleviano di realizzazione lo ritroveremo in merito all’analisi della nozione semiotica di testo. In quanto effettivamente realizzato in un modo piuttosto che in un altro, il discorso può essere assunto, allora, come oggetto di un’analisi particolare.
160 La manifestazione resta uno dei luoghi problematici della teoria del linguaggio hjelmsleviana. Riportiamo qui di
seguito alcune sue definizioni. «Ainsi une manifestation est une détermination entre un système linguistique et un système extra-linguistique, le système extra-linguistique déterminant le système linguistique. D’ordinaire, nous appelons le manifestant la substance, et le manifesté la forme. Alors que la forme est détérminée par la construction même de la langue, la substance est déterminée par l’usage.» (Hjelmslev 1939b: 80). «La sostanza non è dunque una presupposizione necessaria per la forma linguistica, ma la forma linguistica è una presupposizione naturale per la sostanza. La «manifestazione» in altri termini è una selezione in cui la forma linguistica è la costante, e la sostanza è una variabile » (FTL : 113). La manifestazione rivela tutta la sua problematicità nel saggio su La stratificazione del
linguaggio. «La relazione che riunisce i due piani (la relazione semiotica o, più precisamente, nel caso di una semiotica
ordinaria, la denotazione) è, come si sa, una solidarietà; mentre la relazione tra forma e sostanza (detta manifestazione) è una selezione, poiché la sostanza seleziona (manifesta) la forma.» (Hjelmslev 1954: 46); «la manifestazione, o relazione tra forma e sostanza all’interno di un piano» (Hjelmslev 1954: 68); «3° la relazione intrinseca, in particolare la manifestazione, dipende dall’uso» (Hjelmslev 1954: 69).