IL TESTO NEL METALINGUAGGIO SEMIOTICO: UNA SECONDA APERTURA ALL’ERMENEUTICA
2.10. Un oggetto ermeneutico: il testo linguistico
Come si evince dalle ultime definizioni presentate, in bilico fra semiotica e semiologia, la nozione di testo si emancipa progressivamente dalla sua linguisticità nella prospettiva semiotica, mentre rimane un testo linguistico nella prospettiva semiologica. Questa differenza trova le sue ragioni nella distinzione epistemologica che costituisce il fondamento della distinzione terminologica fra semiotica(o) e semiologia(co). Come abbiamo visto (§ 2.1.1), se la prospettiva semiotica lavora alla sua emancipazione dalla linguistica, la prospettiva semiologica, invece, si identifica proprio per questa vicinanza alla linguistica, assunta come modello di analisi. Per questa ragione, se nella prospettiva semiotica il testo si emancipa progressivamente dalla sua linguisticità per diventare un oggetto2 generale di analisi, come emerge dallo studio di questa nozione che abbiamo condotto nel corso di questo capitolo, nella prospettiva semiologica, invece, il testo resta inevitabilmente un testo linguistico. Questa differenza epistemologica fondamentale fra semiotica e semiologia determina il destino della nozione di testo nelle discipline del linguaggio contemporanee. Come vedremo (parte II), questa divergenza epistemologica determina i rapporti fra la semiotica, la semiologia e le altre prospettive di ricerca sul linguaggio. Ad esempio, la nozione di
testo diventa il luogo di incontro e di scontro fra semiotica/semiologia ed ermeneutica. Se nella
prospettiva semiotica il dialogo con l’ermeneutica è limitato e l’incontro si rivela essere uno scontro, nella prospettiva semiologica, invece, l’incontro con l’ermeneutica si rivela produttivo.
Questo perché la ragione che giustifica la vicinanza fra semiologia ed ermeneutica risiede nella comune assunzione di una nozione di testo intesa come testo linguistico, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Vedremo, allora, (parte II) come si delinea il confronto fra semiotica ed ermeneutica attraverso il testo linguistico, quali sono le differenze di approccio ad esso e come queste determinano il dialogo fra semiotica/semiologia ed ermeneutica. Vedremo, inoltre, che tutto questo si volge intorno a concetti diversi di oggettività con cui le prospettive di ricerca sul linguaggio legittimano il proprio particolare approccio al testo linguistico e come questa concezione di oggettività viene affrontata all’interno del loro impianto teorico.
2.11. Conclusioni
«La guerre des dieux à notre époque est une lutte de paradigmes.» (Jacques 1987: 60).
L’imporsi della nozione di testo nella terminologia semiotica, attraverso la pubblicazione degli strumenti semiologici che abbiamo avuto modo di analizzare (§§ 1.3 ss.), rende evidente lo spostamento dell’asse della ricerca semiotica dalla dimensione del segno (e dai sistemi di segni) verso quella del testo. La nozione di testo si afferma nella storia della semiotica contemporanea soprattutto grazie alla mediazione di Hjelmslev (§§ 2.6., 2.6.1). Nello stesso tempo, Hjelmslev riporta l’attenzione sulla necessità di affinare gli strumenti epistemologici della stessa ricerca semiotica. Attraverso l’analisi degli strumenti semiologici abbiamo osservato come la rivalutazione della nozione di testo sia contemporanea a quella di discorso, specialmente nel dibattito epistemologico francese. Tuttavia, l’attenzione rivolta alla nozione di testo nell’ambito della storia delle idee linguistiche non è paragonabile all’attenzione rivolta alla nozione di discorso. Così come dall’affermarsi della nozione contemporanea di discorso si sono realizzate nuove «divisioni disciplinari» (Chiss & Puech 1999) nella seconda metà del Novecento (cap. 5), anche la nozione di
testo si è rivelata un cardine intorno al quale ruotano le discipline213 del linguaggio contemporanee (cap. 6).
Complessa è, infatti, la relazione fra le nozioni di testo e discorso nell’ambito della Scuola di Parigi (§§ 2.4, 2.7). Dopo aver contribuito in maniera fondamentale all’affermazione dell’analisi
del discorso214, la rivista Langages dedica il primo numero alle «Sémiotiques textuelles»215 (1973).
213 Per una definizione di disciplina, cf. Boutier, Passeron, Revel (2006).
214 Ricordiamo il numero 24 di Langages (1971) in cui compare l’articolo di Haroche, Henry e Pêcheux (1971) in cui le
«Semiotiche testuali. Il plurale dice molto: la definizione non è semplice» (Coquet 1973: 3, trad. nostra). Questa difficoltà di definizione delle «semiotiche testuali» come uno stesso campo disciplinare è immediatamente messa in relazione alla difficoltà di distinguere fra semiotiche e
semiologie216 (§ 2.1.1). Nella presentazione di Coquet, la nozione di testo mostra tutta la sua
importanza epistemologica. Infatti, mentre il termine discorso è qui sistematicamente utilizzato per parlare di un ordine di discorso (il «discorso semiotico», il «discorso teorico», il «discorso scientifico», ecc.), il termine testo assume un ruolo strategico nell’affermarsi di uno specifico «discorso semiotico»217. «Senza dubbio, ma precisamente, il testo è il nostro metro di valutazione (il nostro oggetto reale) e noi acquisiamo dei modelli (gli oggetti di conoscenza) che ci rendono intellegibile ciò che ci è dato attraverso i sensi» (Coquet 1973: 12, trad. nostra). La nozione di testo assume, allora, una posizione epistemologica fondamentale dal momento in cui viene contemporaneamente equiparata alla nozione di oggetto, in una doppia accezione di «oggetto empirico» e «oggetto di conoscenza».
Nell’osservare l’affermazione di una specifica epistemologia semiotica, abbiamo constatato come la nozione di testo si sia imposta rapidamente nella semiotica contemporanea ed abbia contribuito a sancire la sua stessa autonomia disciplinare, attribuendo nello stesso tempo
analisi del discorso. Cf. nota bibliografica in Maldidier (1990b). Per il ruolo che le riviste hanno avuto in Francia in questo periodo nella costruzione di una nuova epistemologia linguistica, cf. Chevalier & Encrevé (1984).
215 Nonostante la pubblicazione di un numero che portasse esplicitamente sulle semiotiche testuali, ricordando così la
differenza con le modalità dell’analisi del discorso che si costituiva in quegli anni, questo numero di Langages dedicato ai testi non si impone con la stessa forza del corrispettivo numero dedicato al discorso poiché (tranne l’articolo di M. Arrivé, «Pour une théorie des textes poly-isotopiques ») non propone nuove modalità di analisi, presentando piuttosto analisi di testi o discussioni di nozioni semiotiche.
216 «Sémiotique vs sémiologie. Si, dans les textes qui suivent, le mot de sémiologie n’apparaît pas, sauf exception, c’est
que les chercheurs de cette dernière décennie ont en générale visé à décrire des systèmes de signification et non plus des systèmes de signes. Or, l’objet de la sémiologie saussurienne est bien < l’étude de la vie des signes au sein de la vie sociale >. Pour marquer leur autonomie par rapport à Saussure et affirmer l’originalité de leur projet, les chercheurs ont avancé un nouveau terme: sémiotique.Il avait d’ailleurs déjà ses lettres de noblesse. Attesté depuis plus longtemps que "sémiologie" (il peut même s’écrire plus agréablement en caractères grecs), il a été utilisé couramment par les philosophes, les sociologues et anthropologues de langue anglaise» (Coquet 1973: 3). Secondo Coquet tre «principales forces » regolano la costruzione della semiotica : «1) un projet scientifique 2) une théorie du sujet 3) une théorie de l’histoire » (Coquet 1973 : 3)
217 «Le discours sémiotique. Rappelons que la première opération effectuée par le sémioticien consiste à distinguer objet
réel et objet de connaissance. Autrement dit, il devrait être admis que le sens ne se prélève pas à la surface du texte mais qu’il se construit. Bien entendu, le postulat implicite, comme le souligne A.-J. Greimas dans sa présentation de la collection Univers sémiotiques, est que le monde humain est intelligible et que nous désirons le comprendre. Encore faut-il ajouter que l’intélligibilité d’un texte dépend de cet autre texte (le métatexte) que nous avons su lui appliquer; que ce métatexte dépend lui-même du type de discours théorique que nous avons élaboré, qui, lui-même, etc. Nous le savons depuis les découvertes de Gödel, il est impossible de conclure. A ce prix, il est claire que notre savoir ne peut être que limité et qu’il ne peut y avoir de vérité du texte. Pourquoi donc ne pas parler en ce sens de «texte infini» (R. Barthes), de «connaissance infinie du texte» (H. Meschonnic), de «signifiant infini» (J. Kristeva) ? Nous ne manquerons pas toutefois de relever le sort fait par ces auteurs à l’infini: ce n’est plus seulement une notion ou un concept, mais encore un talisman destiné à protéger l’écrivain (le scripteur) contre l’illusion positiviste toujours renaissante. Qu’on le sache: au bout de la «germination» textuelle, il n’y a pas de Sens, mais une «infinité signifiante», une «pluralité infinie», c’est à dire, rien. Le clivage est net. Pour A.-J. Greimas, «l’infinité de lectures possibles» est un «propos à la mode tendant à nier la possibilité de toute analyse scientifique d’œuvre littéraires: les lectures possibles peuvent en effet être en nombre "infini", mais ces variations relèvent uniquement de la performance des lecteurs sans pour autant "détruire" ou "déstructurer" le texte» [Essai de sémiotique poétique, Larousse, 1972, p. 18]» (Coquet 1973: 4-5).
scientificità al metodo e legittimità all’oggetto di analisi di volta in volta assunto218. La nostra ipotesi è che entrambe, sia la scientificità del metodo, sia la legittimità dell’oggetto di analisi, siano venute alla semiotica per tramite di una nozione linguistica di testo contesa fra le discipline del senso contemporanee fra gli anni Settanta e Ottanta (cap. 6). Nella semiotica contemporanea usiamo il termine testo, allora, soltanto per aequivocationem, dopo essersi affrancato dalla sua accezione comune di «testo linguistico scritto» nel passaggio attraverso la teoria del linguaggio hjelmsleviana. Ciò ha permesso, allora, di sostituire una nozione linguistica con una nozione generale di testo. La nozione di testo ha perso, così, la sua accezione comune di «testo linguistico scritto» per acquisire il senso generico di «oggetto di analisi», attribuibile a qualsiasi oggetto potesse essere analizzato attraverso un metodo specificamente semiotico.
«Posta al centro della disciplina […] e poi assorbita dalle categorie più comprensive (quella di testualità, discorso e, oggi, quella di pratica), la nozione di testo ha sempre vissuto entro una duplice caratterizzazione: da una parte è stata utilizzata per dire un’unità di senso conchiusa e soprattutto strutturata, dall’altra è servita per generalizzare a tipologie diversificate lo statuto di unità di pertinenza semiotica (può essere definito testo uno show televisivo, è testo una pièce teatrale, è testo – tanto quanto un racconto – un pezzo musicale). Da una parte, dunque, ha richiamato la disciplina semiotica alla sua vocazione “scientifica”, riferendola a un oggetto chiuso, delimitato, strutturato e come tale analizzabile; dall’altra, ha aperto la disciplina a linguaggi diversi, affrancandola dai limiti della letterarietà.» (AA.VV. 2005: 151).
218 «Una (tale) analisi empirica [dei testi], però, per avere reale efficacia esplicativa, ha bisogno di un preciso metodo
che permetta di dirigere verso quegli insiemi significanti uno sguardo orientato, una ricognizione che vada alla ricerca di pertinenze prestabilite, che trasformi cioè la primitiva percezione di una qualche presenza del senso in un vero e proprio testo. L’analisi semiotica, da questo punto di vista, è analisi testuale perché riconfigura i dati sensibili da esaminare in termini di precise forme, ossia di sistemi e di processi di significazione. E la nozione di testo, in tal modo, non comprende soltanto i testi proriamente detti, ossia i supporti materiali scritti di cui si occupano i filologi, e nemmeno tutti i prodotti comunicativi di ogni altro linguaggio (gestuale, iconico, musicale ecc.), ma, più in generale, qualsiasi porzione di realtà significante che può venire studiata dalla metodologia semiotica, acquisendo quei tratti formali di chiusura, coerenza, coesione, articolazione narrativa, molteplicità di livelli ecc., che si riscontrano con maggiore facilità nei testi propriamente detti (ma che, a ben guardare, li eccedono).» (Fabbri, Marrone 2000: 8-9).