1.5. La stratificazione del linguaggio e la spirale della conoscenza semiotica
1.5.1. Il livello immediato della sostanza: il posto dell’interpretazione nell’epistemologia glossematica
La descrizione della sostanza presuppone per Hjelmslev (1954) la descrizione dei diversi livelli di cui si costituisce questo stratum del linguaggio: il livello fisico, quello socio-biologico e quello degli apprezzamenti collettivi. Gli apprezzamenti collettivi identificano quella sostanza semiotica immediata che rappresenta il solo livello valutativo/interpretativo (Hjelmslev 1954: 53) individuato nella stratificazione del linguaggio. Gli apprezzamenti collettivi identificano un’interpretazione già avvenuta, perché non sono più materia84 del contenuto, in attesa di essere formata, bensì già
83 «La relation du langage au métalangage a été théorisée par la logistique russellienne, dont Hjelmslev reste ici tributaire. La coupure qu'elle instaure doit être problématisée. Les usages métalinguistiques d'une langue ne la transforment pas pour autant en métalangue: ils diffèrent simplement par leurs normes des autres usages. Hjelmslev reconnaît que la langue est sa propre métalangue, mais veut toutefois créer un code symbolique propre à la théorie du langage. Une ambiguïté demeure, car la théorie n'est pas un métalangage. Elle consiste en définitions: or, en termes hjelsmsléviens, la définition est une division, dans la même langue, et sur le même plan. L'équivalence entre le défini et le définissant ne peut être confondue avec une identité, et dépend de conventions locales. Or, dans la théorie hjelmslévienne la question de l'équivalence n’est pas posée. Selon nous, la réflexivité dont témoigne le principe de définition est le propre des sciences humaines et ne peut être assumé que par la reconnaissance d’une circularité virtueuse: celle qui tient à leur caractère herméneutique et critique» (Rastier 1997, in Zinna 1997: 147).
84 «Ogni lingua traccia le sue particolari suddivisioni all’interno della «massa del pensiero» [CLG 155-157] amorfa, e
dà rilievo in essa a fattori diversi in disposizioni diverse, pone i centri di gravità in luoghi diversi e dà loro enfasi diverse. È come una stessa manciata di sabbia che può prendere forme diverse, o come la nuvola di Amleto che cambia aspetto da un momento all’altro. Come la stessa sabbia si può mettere in stampi diversi, come la stessa nuvola può assumere forme sempre nuove, così la stessa materia può essere formata o strutturata diversamente in lingue diverse. A determinare la sua forma sono soltanto le funzioni della lingua, la funzione segnica e le altre da essa deducibili. La materia rimane, ogni volta, sostanza per una nuova forma, e non ha altra esistenza possibile al di là del suo essere sostanza per questa o quella forma.» (FTL: 56-57). «È tuttavia opportuno considerare che il concetto di materia (dan.
mening, ing. purport, franc. matière o sens, it. materia o senso) include sia l’accezione di substrato amorfo, sia
l’accezione di ipotesi, di presupposizione necessaria per l’analisi semiotica […] Di questo termine abbiamo, quindi, tre accezioni che si alternano o si intrecciano. La prima è quella estensiva di massa amorfa, di “substance sémiotiquement
non formée” (Rastier 1971: 9); la seconda è quella epistemica, per la quale la materia si dice condizione necessaria per
la sussistenza di una manifestazione semiotica (il discorso, il testo nella sua determinatezza spazio-termporale), ma anche condizione necessaria per la teoria corretta rispetto al principio empirico, per la descrizione esauriente dei fatti semiotici; infine, la terza accezione è quella di materia formata, di “subtance sémiotiquement formée” (Rastier: ibid.), che coincide con la sostanza.» (Prampolini 2005: 188). Alla distinzione proposta da Rastier si avvicina quella proposta da Caputo, rispettivamente come «materia signanda» (Caputo 2010) e «materia signata» (Caputo 1996, 2000, 2010). «La materia ha una forma non-scientifica, non-semiologica, il che vuol dire che è un sostrato scientificamente amorfo e al contempo luogo di ogni possibile segnatura. In quanto tale è materia signanda.» (Caputo 2010: 181). Tuttavia, poiché «la materia ha una forma», essa è contemporaneamente anche una materia signata, nonostante la sua forma sia una forma «non-scientifica, non-semiologica». La materia è signanda poiché la sua forma mostra una diversità, un eccesso di senso, che deve ancora essere sottoposto ad analisi, acquisendo soltanto in questo modo una forma scientifica, quindi divenendo attraverso l’analisi una materia signata. «Così la materia, oltre che termine di accezioni plurime, finisce per risultare un concetto ambiguo : in relazione alla sostanza e alla forma, la materia resta fittizia, è un’ipotesi necessaria ma non accessibile ; come residuo della descrizione, la materia è talmente reale da riguadagnare
sostanza del contenuto. L’interpretazione occupa, allora, un posto ben preciso nella stratificazione
del linguaggio. Se il «livello primario, immediato» della sostanza costituisce quel livello valutativo/interpretativo che rimane all’interno della stratificazione del linguaggio, ciò vuol dire che questo «livello immediato» di «apprezzamento sociale» è presente in tutte le semiotiche, linguistische e non linguistiche. È soltanto il modo di manifestarsi (nel senso hjelmsleviano del termine manifestazione) che cambia da una semiotica all’altra. «Nelle semiotiche non linguistiche […] i livelli sono sempre rappresentati da settori, ed è perciò possibile una molteplicità di sostanze del contenuto: una stessa forma del contenuto ammette diverse “interpretazioni”» (Hjelmslev 1954 : 64-65).
«Pare, dunque, che il primo dovere del linguista, o più in generale del semiologo che volesse intraprendere una descrizione della sostanza del contenuto, consisterebbe nel descrivere quello che abbiamo chiamato il livello dell’apprezzamento collettivo, seguendo la raccolta di conoscenze e di opinioni adottate dalle tradizioni e dalle usanze della società in esame. Va da sé, poi, che per fornire una descrizione esauriente e adeguata del contenuto nel suo complesso è necessario integrarla con una descrizione di altri livelli, che presentino dei rapporti con il livello immediato. Non si deve credere che questi altri livelli siano solo di carattere fisico. Sarà sicuramente necessario procedere ad uno studio delle condizioni socio-biologiche e del meccanismo psicofisiologico che, grazie alle disposizioni naturali e alle abitudini acquisite valevoli per le esperienze sensoriali e per altre ancora, permettono ai soggetti parlanti, appartenenti alla comunità linguistica in questione, di creare, di riprodurre, di evocare e di trattare in diversi modi gli elementi di apprezzamento di cui abbiamo parlato e le unità che da questi si possono formare.» (Hjelmslev 1954: 55-56).
Gli apprezzamenti collettivi costituiscono un deposito in cui sedimentano le interpretazioni portate dalle diverse istituzioni sociali che si rendono perciò come tali immediatamente disponibili in una comunità data. Il livello che sta immediatamente in rapporto con quello della sostanza immediata è ciò che Hjelmslev chiama il livello socio-biologico. Questo sembra essere il livello delle abitudini sedimentate, ossia quel sostrato di abitudini più o meno consapevoli – ed è il luogo in cui potremmo collocare l’attività epilinguistica menzionata da Culioli (1969) – che caratterizza il vivere quotidiano di una certa comunità linguistica in un certo “ambiente culrutrale”. Ed è questo insieme di abitudini che consente di compredere meglio il carattere sociale del contenuto85
descrivibilità sotto altre forme. Ora nella prospettiva semiologica si può aggiungere che la materia è tutto ciò che non è
oggetto in un’operazione, tutto quanto non può essere descritto attraverso una rete di dipendenze in ottemperanza al
principio empirico.» (Prampolini 2005 : 195). Cf. anche Ricci (2007).
85 «Non solo “cavallo”, “cane”, “montagna”, “abete”, ecc. saranno definiti in maniera diversa in una società che
conosce (e riconosce) queste cose come indigene e in un’altra per cui restano fenomeni estranei; cosa che non impedisce, come ben si sa, che la lingua disponga di un nome per designarle, come fa, per esempio, per l’elefante la parola russa: slon. Ma l’elefante è qualcosa di diverso per un indù o un africano che lo utilizza e lo alleva, che lo doma e che lo ama, e per quelle società europee o americane per le quali l’elefante esiste solo come oggetto di curiosità esposto in un giardino esotico, nei circhi o dietro le gabbie, e che è descritto nei manuali di zoologia. Il “cane” avrà una definizione semantica del tutto diversa presso gli eschimesi, dai quali è considerato soprattutto animale da tiro, presso i
(Hjelmslev 1953). Queste conoscenze sono già disponibili nella forma di abitudini nelle istituzioni
sociali di una certa comunità e perciò rilevabili come apprezzamenti collettivi, attraverso l’analisi
della sostanza immediata. Si può comprendere, allora, come il livello socio-biologico (se inteso come insieme di abitudini, tanto sociali, quanto biologiche) possa selezionare il livello degli
apprezzamenti collettivi, cioè possa determinare quali apprezzamenti collettivi vadano a costituire il
livello della sostanza immediata. Le abitudini si rivelano come interpretazioni sedimentate, come apprezzamenti collettivi propri di certe comunità linguistiche. Lo stesso vale per la selezione che il
livello fisico opera sul livello socio-biologico. Le restrizioni ambientali insieme alle restrizioni
fisiche e biologiche costituiscono, infatti, una sorta di filtro alla formazione delle abitudini. È quindi comprensibile come il livello fisico possa selezionare il livello socio-biologico, la cui denominazione («socio-biologico») richiama la duplice natura dall’abitudine, come agire biologicamente condizionato, ma nello stesso tempo socializzato. La selezione dei livelli: livello
fisico → livello socio-biologico → livello degli apprezzamenti collettivi potrebbe allora leggersi nel
senso di una selezione che opera come una sorta di filtro: il livello fisico seleziona le abitudini possibili e queste, poi, si sedimentano (e si esplicitano) come conoscenze nel livello degli apprezzamenti collettivi. Perciò Hjelmslev può parlare della sostanza semiotica immediata come «la sostanza semiotica per eccellenza, la sola sostanza (nel senso più appropriato del termine) che sia immediatamente pertinente dal punto di vista semiotico» (Hjelmslev 1954: 57). Fra i livelli si costruiscono, allora, rapporti ben precisi:
«questo livello, o sostanza semiotica immediata, che evidentemente seleziona la forma che manifesta, e con cui è complementare, è a sua volta selezionato dagli altri livelli, due dei quali sono stati da noi indicati: il livello fisico e quello socio-biologico. Questi ultimi sono anch’essi specificati dalla sostanza semiotica immediata. Aggiungiamo poi, per maggiore completezza, che relazione e correlazione sembrano essere orientate in senso inverso per quanto riguarda i rapporti tra il livello fisico e quello socio-biologico: il livello fisico sembra selezionare il livello socio-biologico, e il livello socio-biologico sembra specificare quello fisico.» (Hjelmslev 1954: 57).
Quello che emerge dall’analisi della sostanza non è soltanto una stratificazione ulteriore, interna a questo stesso stratum, ma un’idea di stratificazione del linguaggio generalizzata. Riprendendo e sviluppando in profondità i temi che chiudono i FTL, Hjelmslev prosegue una riflessione il cui centro di gravitazione è il problema ineliminabile della socialità instrinseca del linguaggio. Questo gravitare intorno alla nozione di socialità assume un peso rilevante specialmente nei saggi Langue e parole (1943a), La forma del contenuto come fattore sociale (1953) e, appunto,
La stratificazione del linguaggio (1954). Ed è seguendo questo percorso che possiamo riportare alla
parsi, per i quali è animale sacro, presso quelle società indù dove è disprezzato come paria, e presso le nostre società occidentali, per cui è soprattutto l’animale domestico addestrato alla caccia e alla vigilanza.» (Hjelmslev 1954: 54-55).
luce le aperture ermeneutiche della riflessione di Hjelmslev, che si realizzano nel continuo riferimento alla nozione saussuriane di istituzione sociale (Prampolini 2004), senza tuttavia dimenticare il rigore e il formalismo che caratterizzano la sua teoria del linguaggio86.