IL TESTO NEL METALINGUAGGIO SEMIOTICO: UNA SECONDA APERTURA ALL’ERMENEUTICA
2.6. La nozione di testo nella teoria glossematica
2.6.1. Sistema/processo, manifestazione/realizzazione, sintagmatica/paradigmatica
«Il testo è il modo d’essere del linguaggio» (Caputo 2010: 124).
Nell’ambito della teoria glossematica, la nozione di testo resta imbrigliata fra coppie di nozioni diverse, ma interdefinite: oggetto/teoria, manifestazione/realizzazione, sistema/processo,
sintagmatica/paradigmatica178
. Le querelle terminologiche in merito sono ancora attuali. Ad esempio, per Badir (1998b) la nozione di testo oscilla fra oggetto dell’analisi e modello dell’analisi stessa (Marrone 2007, 2010). Proponendo una mappatura delle occorrenze del termine testo, Kyeng (2005) contesta allora le posizioni del primo. Proponiamo, allora, di ritornare brevemente sull’interazione fra la nozione di testo e alcuni termini del metalinguaggio hjelmsleviano.
Secondo Badir (1998b), il testo nei FTL è l’equivalente sia della realizzazione linguistica che della manifestazione linguistica: esso è innanzitutto realizzazione poiché è impossibile avere un
testo senza una lingua soggiacente, mentre una lingua può esistere senza che ci sia un testo che la
realizzi179. Inoltre, Hjelmslev parla del testo come sintagmatica senza specificare se questa sia realizzata o meno, quindi il testo potrebbe essere una manifestazione senza essere necessariamente anche una realizzazione.180 Il tentativo di Kyeng (2005) è mostrare, invece, come non ci sia confusione fra queste due nozioni perché non c’è confusione fra le due occorrenze del termine testo (al singolare) e testi (al plurale). Questa differenziazione permetterebbe di mantenere distinti rispettivamente il testo (al singolare) inteso come manifestazione dai testi (al plurale) intesi come
realizzazioni. Tuttavia, questa distinzione deve tener conto della nozione glossematica di realizzazione, secondo cui è possibile sottoporre i testi ad analisi particolari proprio perché essi
realizzano (nel senso comune e nel senso glossematico del termine) un sistema ad essi soggiacente. Come ricorda, invece, Conte (1985: 172), nella teoria glossematica i termini si presentano generalmente in coppie e la loro relazione reciproca può essere espressa da una proporzione: «il text è, per Hjelmslev, il correlato della lingua (sprog) e viene da lui eguagliato al processo (forløb), che è, a sua volta, il correlato del sistema (system). Il text sta allo sprog come il forløb sta al system.» (Conte 1985: 172-173). Tuttavia, anche l’identificazione di «processi o testi» (FTL: 20) mantiene una certa ambiguità. «Il primo compito dell’analisi è dunque di affrontare una partizione [analisi in componenti] del processo testuale. Il testo è una catena, e tutte le parti […] sono similmente catene» (FTL: 33). Tenendo presente che il processo è un’entità sovraordinata rispetto alla catena, cui si arriva attraverso l’analisi del primo e di cui è appunto componente, vediamo che testo è allora contemporaneamente il tutto e la parte, il processo e la catena (FTL, cap. 10). La distinzione fra «catena» e «processo linguistico (testo)» viene riproposta più volte (FTL: 40-41). Le ambiguità si ritrovano anche in altri luoghi dei FTL.
178 Greimas sintetizza la relazione fra la nozione hjelmsleviana di testo e le suddette dicotomie in questo modo: «è noto
che egli [Hjelmslev] attribuisce a questo termine il senso generale di processo sintagmatico, il quale può essere paragonato all’infinità degli enunciati della grammatica generativa» (Greimas 1970: 99).
179 «Une langue peut, au contraire, exister sans qu'il se trouve de texte construit dans cette langue. Cela veut dire que
cette langue est prévue par la théorie du langage comme un système possible, sans qu'aucun processus correspondant en ait été réalisé. Le processus textuel est virtuel» (Hjelmslev 1971a[1943], p. 56.).
180 «Une langue peut être définie comme une paradigmatique dont les paradigmes se manifestent par tous les sens, et un
texte peut être défini de manière semblable comme une syntagmatique dont les chaînes sont manifestées par tous les sens» (Hjelmslev [1943b] 1971a : 137).
«Resta, talvolta, in passi di notevole importanza sul piano teorico (per es., Fondamenti, cap. 11), l’ambiguità del termine testo, che ora può essere interpretato come processo nello schema, ora come processo manifestato. Anche in questo caso la risoluzione resta affidata alla lettura contestuale. Le ambiguità si sarebbero in parte risolte se si fossero coniati due termini rigorosamente distinti: uno per indicare il passaggio dal sistema al processo (ed è il temine mancante), l’altro per indicare il passaggio dalla forma alla sostanza (operazione per la quale H. usa indifferentemente “manifestazione” e “realizzazione”)» (Prampolini 1981: 114).
Mentre processo e sistema sono termini generali, relativi a una qualsiasi semiotica, text e
sprog sono termini più specificamente linguistici. Ed è in termini linguistici che Hjelmslev parla
inizialmente di «processo testuale» (FTL: 12). «Quando si tratta di linguaggio nel senso ordinario del termine, che solo ci interessa qui, possiamo usare anche designazioni più semplici: possiamo chiamare il processo testo e il sistema lingua» (FTL: 43). Punto di partenza dell’analisi linguistica sono quindi i testi, e in quanto analizzabile il testo è anche definito come una catena, le cui parti sono, a loro volta, catene perché ulteriormente analizzabili. «Il testo è una catena, e tutte le parti (per esempio proposizioni, parole, sillabe e così via) sono similmente catene, tranne le eventuali parti ultime che non si possono sottoporre ad analisi » (FTL: 33). Da questa pluralità di definizioni nell’ambito della teoria glossematica, Conte (1985) vede nella nozione di testo non un oggetto determinato, bensì un termine della teoria glossematica che consente di accedere sia all’analisi del linguaggio che alla stessa dimensione linguistica181. Il testo è perciò un oggetto di conoscenza transitorio in vista della conoscenza della lingua, ovvero il processo è un oggetto di conoscenza transitorio in vista della conoscenza del sistema182. «Il est certain que l’analyse du texte [...] échoit
181 «Quanto sono compatibili questi presupposti e il sistema dei principî della glossematica con l’assunzione della
priorità del testo? È noto che la linguistica hjelmsleviana ha attuato una svolta nella concezione del rapporto tra testo (processo) e sistema. Negli anni in cui scrive i Principes de grammaire générale (1928), Hjelmslev crede nella priorità del testo e nella possibilità di costruire una scienza del linguaggio mantenendo tale priorità. Poi, negli anni ’30, inverte la prospettiva e nei Fondamenti arriva a enunciare in modo inequivocabile la priorità del sistema. Dal nuovo punto di vista, il sistema risulta prioritario non solo come obiettivo del linguista, ma anche come luogo della effettiva costituzione (luogo delle regole costitutive) della produzione linguistica. Bisogna tenere nella dovuta considerazione l’importanza, esplicitamente e più volte dichiarata da Hjelmslev, della priorità del sistema sul processo testuale. A partire dagli anni ’30, l’obbiettivo hjelmsleviano è di fare della glossematica una procedura che, dato un testo, lo traduca nell’inventario delle unità e delle regole che lo producono. Appare, in questo senso, giustificata la critica che viene mossa da M.-E. Conte (1985: 176-177): “Il suo interesse è per lo sprog e non per il text (…). Essa è una teoria nella quale il testo è terminus a quo, non terminus ad quem. È una teoria non del testo, ma attraverso il testo”. E quanto più il concetto di sistema coincide con quello di inventario, di una lista di unità da enumerare, tanto più il bisogno di economia spinge verso operazioni di riduzione. […] la lingua è a posto così com’è, nella forma dei testi in cui si
manifesta. […] Significa che il compito della descrizione linguistica è di prendere la forma, così come si manifesta
testualmente, e di analizzarla nelle sue articolazioni: ed è quello che fa la commutazione. Significa che l’analisi ha un vincolo, che la glossematica rispetta: operare una partizione in componenti presenti e manifesti del testo. Fare analisi
equivale a separare in praesentia una forma da quelle contigue; non equivale a tradurre in absentia una forma in altre
forme profonde. E che cosa è questa, se non una riaffermazione delle priorità del testo?» (Prampolini 1997: 108-109).
182 Tuttavia, il testo ovvero il processo può diventare localmente l’oggetto di conoscenza specifico dell’analisi. «Per la
nostra ricerca presente [riferito al momento dell’argomentazione], che si occupa di analisi testuale, interessa il processo e non il sistema.» (FTL: 29). In un altro passo ancora Hjelmslev spiega in cosa consiste l’analisi testuale nell’ambito della teoria glossematica. «L’analisi testuale completa prenderà dunque la forma di un procedimento che consiste di una
au linguiste comme une obligation irréductible» (Hjelmslev [1943b] 1971a: 28). «Text è dunque,
per Hjelmslev, una qualsiasi manifestazione della lingua, una catena di qualsiasi lunghezza. E una lingua viva è essa stessa un testo, un testo illimitato. […] Il text per Hjelmslev è, dunque, non un’unità linguistica, ma una mera forma d’esistenza d’una lingua.» (Conte 1985: 174). Posizione che la stessa Conte aveva argomentato anche in precedenza, analizzando gli esordi della linguistica testuale (Conte 1977 : 24-25).
Il termine testo, allora, non è né una grandezza linguistica determinata, né un oggetto linguistico particolare, ma individua uno stato attraverso il quale il linguaggio (sprog) deve passare per poter essere oggetto di analisi: è la dimensione di manifestazione del linguaggio, che può quindi essere realizzata, cioè presentarsi concretamente in modo tale da essere sottoposta ad analisi particolare, ma può anche essere virtuale, cioè mera possibilità di manifestazione secondo le regole del sistema. In quanto dimensione di manifestazione del linguaggio, il testo consente di approcciarsi al linguaggio, poiché costituisce un passaggio obbligato dell’analisi. Infatti, l’analisi del linguaggio non può che essere un’analisi che parte dai testi particolari, ma che istituisce il testo in quanto tale, che si propone come un termine del metalinguaggio hjelmsleviano che individua un’istanza di
mediazione (§ 2.6.) necessaria e obbligatoria per accedere alla dimensione linguistica (sprog).
Nonostante nel metalinguaggio hjelmsleviano la nozione di testo (al singolare) venga poi specificata e precisata come testo linguistico, questa condizione generale di istanza di mediazione, ossia questa condizione di passaggio obbligato dell’analisi per accedere alla conoscenza del sistema (scopo ultimo dell’analisi)183 che in esso si manifesta, fa sì che la nozione di testo possa perciò oltrepassare facilmente i limiti della riflessione sul linguaggio verbale ed essere, quindi, il termine che in ogni metasemiotica individua quell’istanza di mediazione necessaria che è l’istituzione di un oggetto di analisi. Ciò che è accaduto nell’epistemologia semiotica contemporanea è, allora, una generalizzazione di questa nozione glossematica di testo. Ciò giustifica l’interesse che è emerso recentemente per la nozione semiotica di testo (Marrone 2007, 2010; Tore 2005), in vista di un’interrogazione epistemologica della semiotica contemporanea nel tentativo di elucidare un pantestualismo altrimenti inspiegabile.
È proprio perché la nozione di testo nel metalinguaggio semiotico non individua alcun oggetto specifico che Conte (1985) sostiene l’impossibilità di attribuire alla teoria glossematica la
partizione [analisi in componenti] continuata o di un complesso di partizioni, in cui una singola operazione consiste di una singola partizione minima.» (FTL: 34). Un altro passaggio lo troviamo più avanti nel cap. 10 (FTL: 36). Il posto dell’analisi testuale nella teoria del linguaggio hjelmsleviana è ben preciso: «la teoria linguistica prescrive un’analisi
testuale, che ci porta a riconoscere una forma linguistica dietro alla «sostanza» immediatamente accessibile
all’osservazione dei sensi, e dietro al testo una lingua (sistema)» (FTL: 103).
183 «Compito della teoria linguistica, è quindi, per Hjelmslev, non solo dare la possibilità di descrivere un testo dato, ma
anche, e soprattutto, fornire la possibilità di predire «qualunque testo concepibile o teoricamente possibile nella stessa lingua » (FTL, 20). […] Scopo della teoria di Hjelmslev, è, dunque, non la descrizione di un testo in sé e per sé, ma piuttosto la scoperta del sistema linguistico dietro ad esso [FTL, 47, 43].» (Conte 1985 : 175).
fondazione della linguistica testuale. Conte sottolinea, infatti, come il testo non sia nella teoria glossematica un terminus ad quem, bensì un terminus a quo, e come la teoria glossematica non sia una teoria del testo, ma una teoria attraverso il testo184. «In breve: scopo di Hjelmslev è individuare «quel che fa di una lingua una lingua» (FTL, 10), e non quel che fa di un testo un testo. Quella di Hjelmslev è, insomma, una sprogteori («una teoria linguistica della lingua», FTL, 119), non una
textteori.» (Conte 1985: 177).
Proponiamo, allora, di leggere nel termine testo (al singolare) un’istanza di mediazione necessaria 1) alla possibilità dell’analisi; 2) alla stessa possibilità di oggettivazione, cioè alla possibilità di avere un oggetto di conoscenza scientifica. La generalizzazione del termine testo ad ogni altro tipo di semiotica, quindi anche ad ogni semiotica non linguistica, dipende dal fatto che certe semiotiche non linguistiche sono fortemente dipendenti dalle prime, poiché assumono le semiotiche linguistiche come modelli di riferimento185. È in un’accezione specificamente linguistica
che il termine testo si presenta, infatti, nei FTL.
«Gli oggetti che interessano la teoria linguistica sono i testi. Lo scopo della teoria linguistica è di fornire un procedimento per mezzo del quale un dato testo possa essere compreso attraverso una descrizione coerente ed esauriente. Ma la teoria linguistica deve anche indicare come qualunque altro testo della stessa natura specifica si possa capire allo stesso modo, e ci fornisce per queso strumenti applicabili a qualunque altro testo di tale natura.»186 (FTL:
19).
«[I]l termine lingua è riferito esclusivamente alla gerarchia paradigmatica delle semiotiche onniformative, vale a dire delle lingue umane (FTL, Def. 89.); mentre con il termine testo (FTL, Def. 90.) si fa riferimento alla gerarchia sintagmatica delle stesse semiotiche onniformative e alla loro proprietà di potersi manifestare con catene di lunghezza illimitata. Insomma, sono chiamati testi solo le manifestazioni delle così dette lingue storico-naturali. In alternativa,
184 «Il text è da Hjelmslev concepito come un processo sintagmatico illimitato. Questo concetto di testo non consente né
di delimitare singoli testi, né di esplicitarne la costitutiva coerenza. La delimitazione di singoli testi e l’esplicitazione della loro testualità postulano criteri i quali isolino processi linguistici parziali e orientati. E questi criteri non vengono forniti da Hjelmslev. […]. Per questa ragione, il text di Hjelmslev non è un concetto sul quale si possa fondare una linguistica testuale. [cf. Conte 1977: 24-25] Ma Hjelmslev non intende elaborare un linguistica del testo. Il suo interesse è per lo sprog, e non per il text. La conoscenza dei texter (delle catene sintagmatiche) è, per Hjelmslev, in funzione della conoscenza dello sprog : «la teoria linguistica prescrive un’analisi testuale, che ci porta a riconoscere […] dietro al testo una lingua (sistema) » (FTL, 103). » (Conte 1985 : 176-177). Conte fa riferimento al saggio di Berta Sierstema (1954, «A Study of Glossematics. Critical Survey of Its Fundamental Concepts», ‘s-Gravenhage, Nijhoff, p. 19), nel quale l’autrice equipara testo e uso, ma non accetta la comparazione poiché la nozione di uso in Hjelmslev ha un valore tecnico.
185 Cf. Segre (1983, 2001).
186 A questo passo seguono gli esempi proposti da Hjelmslev sui «testi danesi», intendendo evidentemente i testi
linguistici. «La conoscenza acquisita riguarda non soltanto o non essenzialmente i processi o testi da cui è astratta, ma il
sistema o lingua da cui tutti i testi della stessa natura specificata sono costruiti e con cui possiamo costruire dei testi
nuovi. Con l’informazione linguistica così ottenuta riusicremo a costruire qualunque testo concepibile o teoricamente possibile nella stessa lingua. Ma la teoria linguistica deve servire a descrivere e a predire non solo qualunque testo possibile composto in una certa lingua, ma anche, in base all’informazione che essa fornisce sul linguaggio in generale, qualunque testo possibile composto in qualunque lingua.» (FTL: 20).
fuori dalle lingue e dalle loro manifestazioni, abbiamo semiotiche che non sono lingue, ma ne prendono a modello la non conformità » (Prampolini 2007: 39-40).
Di conseguenza, l’assunzione del termine testo, che dipende dalla necessità di assumere un
oggetto2 che possa delinearsi (1) come oggetto di analisi (2) scientifica, genera una confusione
ineliminabile fra gli oggetti1 delle semiotiche non-linguistiche e gli oggetti1 propriamente linguistici, fra i quali si inserisce una nozione specificamente semiotica di testo come oggetto2.