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IL TESTO NELLA SEMIOLOGIA INTERPRETATIVA

3.2. Le strade del senso e la ricezione della teoria glossematica

3.2.2. La semantica interpretativa

Rispetto alla semiotica che si va delineando nella Scuola di Parigi passando attraverso le teorie greimasiane, François Rastier235 assume un approccio al testo e al senso decisamente

diverso236. La sua Semantica interpretativa di Rastier (1987) si distacca decisamente dalla Semantica strutturale di Greimas (1966), reintegrando già nel titolo il problema dell’interpretazione

nel lavoro di descrizione del senso, estromesso dalla semiotica strutturale237. Se inizialmente Rastier ha condiviso con Greimas la metodologia di analisi degli oggetti di senso238, la riflessione di questo

235 Recentemente, sono stati pubblicati alcuni contributi che hanno per oggetto la semantica interpretativa di Rastier.

Cfr. Louis Hébert (2002), «La sémantique interprétative en résumé» ; Duteil-Moguel (2004), «Introduction à la sémantique interprétative»; Nuessel (2008), «Interpretative semiotics»; Bronckart (2008), « Genres de textes, types de discours et “degrés” de langue. Hommage à François Rastier ». Una presentazione sintetica e recente della semantica

interpretativa è anche quella fornita dallo stesso Rastier (2007b).

236 Rastier (1992) ricostruisce i rapporti fra «Sémiotique et sémantique entre 1976-1987» in un contributo al volume

curato da Pottier (1992), Sciences du langage en France au XXème siècle.

237 Il saggio Strutturalismo e interpretazione di Paolucci (2010) ha recentemente riportato l’attenzione sul modo in cui

la semiotica strutturale ha affrontato il problema dell’interpretazione. Ciò che Paolucci discute è soprattutto la coesistenza della semiotica strutturale con quella che lo stesso autore (Paolucci 2007) aveva da poco riportato in primo piano come semiotica interpretativa. Il nostro approccio, però, segue una direzione diversa da quella individuata da Paolucci (2010). Un altro consitributo alla discussione della relazione fra strutturalismo e interpretazione è stato annunciato dalla rivista Versus, con un numero monografico previsto per gennaio 2012.

238 La prima elaborazione del quadrato semiotico è, infatti, sviluppata in un saggio scritto a quatto mani da Greimas e

Rastier nel 1968, « The interaction of semiotic contraints » (cfr. Rastier [1987] 2009: 33). In seguito, i due percorsi semantici si sono separati: se Greimas ha continuato a cercare le corrispondenze fra piano dell’espressione e piano del contenuto, Rastier ha lavorato in vista dell’integrazione dell’informazione contestuale nell’analisi semantica. A questo approccio possono essere ricondotti anche l’articolo pubblicato nella rivista Semiotica sul problema dell’ambiguità nell’analisi dei racconti (Rastier 1971: «Les niveaux d’ambiguïté des structures narratives»), confluito poi nella seconda parte della raccolta Essais de sémiotique discursive del 1973. In questa raccolta Rastier fornisce una prima visione complessiva del suo approccio ai testi linguistici, che si concretizza nelle nozioni di sema, che comprende quella di

sema nucleare come unità differenziale minima, e classema, responsabile degli effetti di senso. La loro combinazione è

ciò che Rastier riconosce come manifestazione. Esse vedranno il loro sviluppo teorico nei successivi saggi di semantica

interpretativa. La terza parte della raccolta Essais de sémiotique discursive, dedicata alla relazione fra letteratura e

ideologia, ricorda un altro contributo di Rastier (1972), Idéologie et théorie des signes : analyse structurale des Eléments d’idéologie d’Antoine-Louis-Claude Destutt de Tracy, e mette in evidenza uno degli aspetti fondamentali della sua prospettiva semiotica, cioè l’attenzione continuamente rivolta alla relazione fra testo linguistico e contesto. «Autour de 1970, le débat complexe entre les tenants d’une sémantique interprétative et ceux d’une sémantiques

générative ne portait que sur le caractère «central» ou non de la syntaxe. Pour la sémantique dite «interprétative», la

structure syntaxique est le point de départ de l’interprétation sémantique, alors que pour la sémantique générative, ce sont des représentation sémantiques qui servent d’entrée à la composante tranformationnelle. Il n’y avait là, […] , que une différence de directionnalité : les règles de la sémantique générative, qui assignent des interprétations syntaxiques à

due protagonisti della semiotica contemporanea ha poi seguito percorsi distinti239. È per questo motivo che Rastier prende esplicitamente le distanze dalla Scuola di Parigi. Egli sostiene che la

semantica interpretativa è un «percorso di ricerca» autonomo rispetto agli altri240. «La semantica interpretativa appartiene invece alla corrente generale del saussurismo, così com’è stata illustrata da autori così diversi quali Hjelmslev e Coseriu» (Rastier 2009: VIII, trad. nostra). Ma di quale saussurismo si tratta?

Innanzitutto, occorre sottolineare come quello cui fa riferimento Rastier sia un saussurismo retroattivo241 (motivo per cui viene indicato come un «neo-saussurismo», § 3.3.5.). Infatti, nel suo percorso teorico, è la mediazione hjelmsleviana delle teorie linguistiche saussuriane il riferimento teorico diretto. Saussure è presente nei contributi teorici di Rastier nella misura in cui la sua teoria della lingua passa attraverso la mediazione della lettura di Hjelmslev242 e limitatamente a ciò che

concerne la teoria del valore, l’analisi differenziale e la nozione di «istituzione sociale».

Rastier (2007c) sostiene che dagli studi testuali condotti da Saussure (cioè gli Anagrammi e le Leggende germaniche)243 si possa evincere una certa idea della testualità, della semiosi testuale, riassumibile in due punti: 1) il primato del globale (il testo) sul locale (il segno). «La valeur d’une forme est toute entière dans le texte dont on la puise» (CLG, ed. fr. 1972: 351). Secondo la lettura di Rastier, Saussure enuncia questo principio in ragione del carattere contestuale, quindi testuale, della

des objets sémantiques, ne font que reproduire le mécanisme inverse des règles de la sémantique interprétative qui assignent des interprétations sémantiques à des objets syntaxiques» (Rastier [1987] 2009: 214).

239 Il solo contributo a nostra conoscenza che apre al confronto diretto fra Greimas e Rastier, intorno ai problemi posti

dalla dimensione testuale, è di Ablali (2002).

240 «Sans doute périmée, la notion d’école ne favorise pas la recherche : je ne fais d’ailleurs partie d’aucune école et il

est juste que je ne sois pas mentionné dans l’ouvrage intitulé l’Ecole de Paris (édité par Greimas et Landowski, Paris, Hachette, 1976).» (Rastier 2009: VI).

241 Ciò può essere facilmente constatato osservando le bibliografie che accompagnano i primi contributi teorici di

Rastier alla costruzione di una teoria del testo (specialmente Rastier 1987, 1989), in cui prevalgono i riferimenti a Hjelsmlev (1943, 1954 in particolare) e alle raccolte di saggi hjelsmleviani (Hjelsmlev 1971, 1985), ma anche ai protagonisti della linguistica testuale in via di affermazione (Coseriu 1973a, 1973b, 1980).

242 Bisogna ricordare, infatti, che Rastier cura la riedizione dei saggi linguistici di Hjelmslev (Essais linguistiques,

1971) e l’edizione dei nuovi saggi (Nouveaux essais, 1985). Ed è attraverso la lettura hjelmsleviana che il saussurismo emerge nei suoi scritti. Saussure diventa un riferimento diretto per Rastier (2003a, 2006a, 2007c, 2010) soltanto in seguito alla pubblicazione degli ELG.

243 «Le recherches sur les anagrammes et sur les légendes se distinguent et se complètent. Les premières posent le

problème du rapport entre les deux plans du langage, qui participent de la sémiosis textuelle : il ne s’agit aucunement d’une correspondance terme à terme, comme dans le signe du CLG, puisque Saussure cherche en particulier comment une unité sémantique compacte peut être signifiée de manière diffuse par les phonèmes disséminés. Les secondes recherchent les normes de composition des legendes, y compris dans leurs transformations généralisées […]. Ainsi, les deux types d’études textuelles s’opposent et se complètent selon deux axes, celui de la sémiosis (qui relie le contenu et l’expression), et celui de la textualité (qui relie le mot, le passage, le texte et le corpus)» (Rastier 2007c, en ligne).

sua teoria della lingua. Ciò permetterebbe di oltrepassare la problematica logico-grammaticale in linguistica in favore di una riflessione sul testo, che permette di rendere ragione della determinazione della dimensione testuale su quella dei segni; 2) il primato metodologico della

parole sulla langue. Il concetto saussuriano di parole interessa, infatti, ogni realizzazione

linguistica, orale o scritta che sia. Un testo è, perciò, una «manifestazione della parole» (Rastier 2007c) e la linguistica dei testi rientra nel campo di una linguistica della parole. «La linguistica saussuriana resta rivoluzionaria perché è una linguistica del testo e non una linguistica del segno: non perché abbia cercato di fare una «grammatica del testo», ma perché la definizione stessa delle unità (anche grammaticali) è rinviata alla dimensione del testo in cui queste unità, altrimenti vuote e indefinibili, prendono il loro valore.» (Rastier 2007c). Qundi, nonostante non ci sia alcuna teoria del testo negli scritti saussuriani, secondo Rastier, una certa concezione della testualità emerge tanto dagli studi testuali condotti da Saussure, tanto da alcuni frammenti manoscritti244.

La posizione che Rastier occupa rispetto al «saussurismo» sembra, allora, delinearsi con precisione. «On a dépassé les simplifications des rédacteurs du Cours de linguistique générale […]. L’histoire du saussurisme se confond d’ailleurs avec ce dépassement, et les auteurs les plus remarquables, Hjelmslev notamment, ont su développer à partir du CLG les hypothèses très proches de celles que l’on découvre dans ses écrits posthumes.» (Rastier 2001b: 217). In maniera emblematica rispetto a ciò che accade nel contesto francofono, Rastier rilegge Saussure con lenti hjelmsleviane. Possiamo riassumere le sue posizioni rispetto alla teoria del linguaggio saussuriana attraverso le parole di Bouquet (1999), che condivide le posizioni teoriche del primo. Il problema che muove la teoria del linguaggio di Rastier è – come sostiene Bouquet – quello della referenza245. Esso si dispiega su due dimensioni: quella del segno che prevale nella tradizione logico- grammaticale, e quella del testo, che prevale invece nella tradizione retorico-ermeneutica (Rastier 1996d). Rastier (1996d) coglie il problema della referenza nella tradizione linguistica saussuriana e lo sviluppa, appunto, in una dimensione retorico-ermeneutica, proponendo così un approccio al testo linguistico diverso da quello dominante nella Scuola di Parigi.

Secondo Bouquet (1999: 40-41), è l’articolazione del valore in absentia e in præsentia dei segni linguistici ad aprire verso una dimensione «discorsiva»246 (Bouquet 1997: 344-345, n. 5), la

244 Nonostante Rastier faccia riferimento alla celebre «Note sur le discours» (Saussure 2002: 275), questa prospettiva

sembrerebbe più adeguata rispetto ad altri frammenti manoscritti, come abbiamo osservato in merito ai problemi epistemologici posti dalla nozione semiotica di discorso (§ 2.3.1).

245 Scegliamo di tradurre il francese référence come referenza per mantenere inalterato il senso ampio del termine

utilizzato nella sua accezione linguistica, che racchiude in sé tanto il senso del riferire/si a qualcosa/qualcuno (“referenzialità”), tanto quello di riferimento.

246 Sulla possibilità di trarre una linguistica testuale dalle premesse epistemologiche della linguistica generale

saussuriana, rivalutando contemporaneamente le analisi testuali condotte da Saussure parallelamente alla sua riflessione teorica, gli Anagrammi e le Leggende germaniche, di cui rappresenterebbero un complemento, Rastier è intervenuto recentemente (2007c, «Saussure et les sciences des textes»), facendo riferimento come Bouquet (1999) anche al

cui trasversalità attraverserebbe la separazione fra langue e parole, lasciando così aperta la questione del senso. Di conseguenza, secondo Bouquet, Saussure aprirebbe un varco nella dimensione retorico-ermeneutica, che verrebbe occupato dall’ermeneutica materiale, fondata su un’epistemologia delle scienze del linguaggio «nel senso che questa espressione può prendere nelle riflessioni contemporanee come quelle di P. Szondi o di F. Rastier» (Bouquet 1999: 41, trad. nostra). Infatti, per sfuggire ai propri limiti, la tradizione logico-grammaticale avrebbe dovuto assumere una prospettiva interpretativa propria soltanto alla tradizione retorico-ermeneutica247 (Rastier 2006a). È soltanto ponendosi in continuità con la tradizione retorico-emrmeneutica che Rastier può assumere, allora, la semiosi testuale248 come oggetto specifico delle proprie ricerche. Ciò gli consente di aprire un varco nella semiotica francese –distaccandosi, perciò, dalla Scuola di Parigi – in vista una vera e propria teoria del testo, rendendo il testo un oggetto specifico di conoscenza così come fino ad allora era stato il segno, che aveva relegato il testo ad un semplice oggetto di servizio. Pur prendendo le mosse nell’ambito della Scuola di Parigi, la semantica

interpretativa si emancipa da questa e si distingue per l’attenzione rivolta al testo e

all’interpretazione (§§ 3.5.1, 3.5.2), problema estromesso da quella semiotica che attinge all’epistemologia strutturale.

Nel saggio «La structure en question», Rastier (2006c) fa il punto sulla sua posizione in una delle due ricezioni produttive della teoria del linguaggio di Hjelmslev individuate da Badir (2001b),

manoscritto saussuriano «Note sur le discours» (ELG: 275). A proposito della linguistica, Saussure scrive: «Elle comporte deux parties : l’une qui est plus près de la langue, dépôt passif, l’autre qui est plus près de la parole, force active et véritable origine des phénomènes qui s’aperçoivent ensuite peu à peu dans l’autre moitié du langage. Ce n’est pas trop que les deux» (ELG: 275). Anche Rastier (2007c) si rifà a questo scritto, per sostenere come gli «studi testuali» condotti da Saussure rappresentino il luogo di formazione delle teorie su «il Soggetto, la Storia e la Società», da cui emergerebbe anche un’idea di testualità.

247 «Or, dans notre tradition, deux problématiques se partagent l’histoire des idées linguistiques. Elles semblent

inconciliables : la première, dominante, de tradition logique et grammaticale, est fondée sur l’ontologie et gagée sur le signe ; la seconde, moins unifiée, de tradition rhétorique ou herméneutique est fondée sur une praxéologie et gagée sur le texte. Ces deux problématiques se partagent de fait les dualités saussuriennes : en bref, les pôles privilégiés par la tradition logico-grammaticale sont la langue, le signifiant, la synchronie, la masse, la nécessité, alors qu’en revanche la tradition rhétorique / herméneutique privilégie la parole, le signifié, la diachronie, l’individu, la volonté. En affirmant l’incidence déterminante de la parole sur la langue, Saussure a suggéré la détermination de la problématique rhétorique / herméneutique sur la problématique logico-grammaticale qui en semble alors une inversion simplifiée sinon appauvrie. S’il n’a pas établi que cette dominance relative permet d’échapper à l’antinomie entre problématiques, il a cependant projeté un remembrement, au sein de la sémiologie, des disciplines du langage et secteurs de la linguistique : « Sémiologie = morphologie, grammaire, syntaxe, synonymie, rhétorique, stylistique, lexicologie, etc., le tout étant

inséparable » (ELG : 45). Dans la mesure où la problématique rhétorique / herméneutique reste primordiale, ce

remembrement suggère une reconception de la linguistique à partir des études textuelles — les travaux de Saussure sur la poésie latine et les légendes germaniques ont d’ailleurs accompagné l’élaboration de sa linguistique générale.» (Rastier 2006a, on line).

248 «C’est pourquoi il faut élaborer une théorie de la sémiosis textuelle, qui, loin d’être une lointaine extension de la

linguistique, y occupe un rôle central, non seulement parce que le texte (oral ou écrit) est l’unité minimale d’étude, mais parce que c’est elle qui détermine la sémiosis des paliers inférieurs et permet de concevoir l’unité du contenu et de l’expression. Appuyée sur la sémiologie, une linguistique saussurienne renouvelée semble à présent la seule qui puisse rendre compte de ces phénomènes complexes et permette de concevoir trois complémentarités générales : (i) celle des niveaux de langage et de description (de la ponctuation et de la prosodie à la sémantique) ; (ii) celle des paliers d’organisation et de complexité : du mot à la période, au texte, au corpus ; (iii) celle des systèmes de signes à l’œuvre dans les documents polysémiotiques, en premier lieu les textes multimédia.» (Rastier 2006a, on line).

ma anche rispetto alla teoria della lingua di Saussure249, sviluppando «in una situazione altra lo studio che Greimas consacrava nel 1957 [sic! 1956] all’attualità del saussurismo» (Rastier 2006c: 93, trad. nostra). «Nous retiendrons […] du propos saussurien ces principes, qui sont autant de critères de caractérisation épistémologique: prééminence des relations sur les unités, détermination du global sur le local, lien entre description grammaticale et études textuelles, autonomie du langage à l’égard de tout critère référentiel, méthodologie différentielle synthétisant les pratiques de la linguistique au sein d’une sémiotique générale.» (Rastier 2006c: 93).